Patmos, Lipsi, Leros, Kalymnos

Quello che le guide turistiche non possono raccontare…
Scritto da: puccy
patmos, lipsi, leros, kalymnos
Partenza il: 21/05/2011
Ritorno il: 05/06/2011
Viaggiatori: 2
Spesa: 1000 €
Questo diario di viaggio è dedicato ai numerosi lettori del precedente racconto “Kos, Simi, Tilos, Nisyros” in quanto propone un altro itinerario nel meraviglioso Dodecaneso, sempre utilizzando Kos come base di partenza ed arrivo. Della amata Kos, però, non dirò nulla, rinviando al precedente e citato racconto, considerato poi che, per questo itinerario, ci siamo rimasti giusto il tempo necessario. Alle quattro meravigliose Isole protagoniste di questo viaggio, molto diverse fra loro per ambiente ed atmosfera, ho invece dedicato singoli capitoli, scanditi dal ritmo dell’itinerario e delle giornate. Come sempre, ho raccolto e riassunto in fondo le notizie di carattere pratico per i lettori più frettolosi. A tutti coloro che sono interessati a visitare queste isole ho cercato di dare dritte oggettive, in modo che ciascuno possa rendersi conto di cosa possa trovare o trovare quello che cerca. A tutti coloro che amano la Grecia, ed hanno magari già visitato queste isole, metto invece fra le mani le mie emozioni e i miei pensieri, il viaggio interiore che solo la Grecia riesce a regalare e che le guide turistiche non possono raccontare. A tutti, comunque, buon viaggio!

PATMOS – L’ISOLA PERFETTA

Il nostro volo low-cost Milano-Kos parte puntuale alle ore 08.00 ed arriva a Kos alle 11.00. Prendiamo un taxi fino al porto e lasciamo i bagagli presso il nostro ospitale supermercato vicino al Municipio, abbiamo tutto il tempo per pranzare e godere un po’ della città. Il traghetto per Patmos è previsto per il pomeriggio ma arriva con discreto ritardo e non partiamo prima delle 20.00. A Patmos arriviamo a notte fonda, è l’una passata, dal ponte della nave la vediamo rompere il buio con un grappolo di tremule luci. Ancora lontani, si distingue su una altura il fiero Monastero di San Giovanni, una fortezza, una corona di luce che domina una manciata di case, una sorta di grande faro che catalizza lo sguardo e i pensieri. Sbarcare su un isola egea è sempre un emozione, arrivarvi di notte è come entrare in un sogno, affascinati dal sonno incantato che solitamente le avvolge. Ma Patmos non sta dormendo. Scendiamo dal traghettone un po’ frastornati dal viaggio di 5 ore passato in compagnia di una allegra orda di tifosi del Panathinaikos che continueranno a navigare, fra cori e tamburi, verso il Pireo. Le banchine del porto sono un brulicare di gente vociante, bagagli, merci, macchine e motorette; come al solito non abbiamo prenotato nulla, ma, fortunatamente, nonostante la tarda ora, gli affittacamere sono pronti con i loro cartelli e dopo nemmeno 5 minuti siamo in automobile con le sig.ne Grillis dell’Hotel Hellinis. Veniamo accompagnati in una tranquilla dependance di 4 camere circondata di oleandri, alberi di fico e gelsomini: la notte egea erompe nel nostro inizio vacanza con il suo silenzio, le sue enormi stelle, i suoi profumi.

La vivacità del porto di Skala e il magico Sud dell’isola

Finalmente ci rendiamo conto di dove siamo. A 20 mt dal nostro studios c’è l’Hotel Hellinis vero e proprio ed il lungomare di Skala, un ampio e lindo semicerchio contornato da caffè moderni e tradizionali, taverne e ristoranti. Skala è il porto commerciale di Patmos ed anche il suo principale centro turistico, si trova proprio a metà dell’isola, in posizione strategica per ogni escursione e ai piedi della Chora da cui dista solo 3 Km. Tutti i principali servizi turistici sono situati nel raggio di 100 mt dal molo dei traghetti dietro il quale troverete anche la stazione dei taxi e dei bus che portano a Chora, Grikos e Kampos. Il cuore di Skala è proprio qui, dietro il suo molo, qui trovate l’ufficio postale, le banche e la farmacia, e l’animata Platia dominata dal bell’edificio portuale, con una imponente torre quadrata, costruito durante la dominazione italiana. All’interno dell’edificio portuale italiano si trovano l’Ufficio Turistico ed il famoso Kafenion Houston, il più bello e antico kafenion del Dodecaneso, dove potrete bere non solo un ottimo caffè greco e il migliore ouzo, ma anche rari ed aromatici liquori provenienti da Rodi, la kanellada di Kos e la soumada di Nisyros o di Leros, un vero viaggio fra le specialità di questo angolo di Grecia.

Attrezzati di motorino prendiamo la strada che dal centro di Skala scende verso sud e, tenendo sempre il mare alla nostra sinistra, dopo 5 km arriamo a Grikos. Questo piccolo paese era una volta l’antico porto della Chora ed era abitato soprattutto da pescatori; oggi è una buona alternativa a Skala per soggiornare in tranquillità godendo di buone spiagge di sabbia, ombreggiate da tamerici e attrezzate con ombrelloni e lettini. La baia su cui si affaccia Grikos, dal punto di vista paesaggistico, è molto bella e dolce, quasi lacustre per via del suo mare che, ben protetto dall’isolotto di Traonissi, è uno specchio immobile. Una stradina costeggia la baia e, passando per un tratto direttamente sulla spiaggia, arriva fino all’istmo che termina con la grande roccia chiamata Kalikatzou dietro la quale si apre la baia di Petra. Kalikatzou è una strana roccia, tondeggiante ed isolata che, dal lato di Grikos, sembra galleggiare sull’acqua come una immensa pomice e, dal lato di Petra, sembra una immensa spugna rimasta all’asciutto ma ancora ben ancorata alle rocce. Ad accrescere la sua magia o la sua stranezza sta anche il fatto che diversi eremiti la scelsero come dimora e sono ancora ben visibili, scolpiti nella roccia, alcuni scalini, una cisterna, una focolare, nicchie per le candele e … delle specie di impronte di dita. Petra è una ampia ed assolata spiaggia attrezzata, per gli amanti delle lunghe nuotate è più di un sogno, una immensa piscina col fondo di ciottoli chiari, acqua trasparentissima, ferma, immota. Da Grikos prendiamo la strada che sale fra le alture e, raggiunto il bivio che porta anche alla Chora, deviamo verso sud, costeggiamo l’immancabile Profitis Ilias e raggiungiamo il promontorio di Kouvari che supera i 200 mt di altezza ed offre un bel panorama sulla sottostante baia di Stavros. Le scoscese pendici dei monti scendono veloci, brulle e chiare, verso il mare blu scuro, non ci sono paesi e il piccolo e solitario Monastero di Kouvari, con il suo fazzoletto di orto, una ventina di ulivi, qualche pianta da frutto ed un’aiuola fiorita, sembra un’oasi nel deserto. Torniamo indietro per un breve tratto e prendiamo a destra la strada che scende ancora più a sud e che, attraversando un solitario paesaggio carsico, finisce alla strozzatura che divide la baia di Stavros, a ovest, da quella di Diakofti ad est. Verso Diakofti la strada finisce a ridosso di una serie di spiaggette, alcune con ombra, altre fazzoletti di sabbia fra le rocce, tutte tranquille e con un bel mare calmo e trasparente: in sostanza Diakofti è la parte meridionale di Petras. All’ombra di un grande albero di tamerici ci godiamo la pace, il silenzio e il paesaggio, il sole inizia la sua discesa e i colori acquistano una vivida nitidezza. Rientrando siamo del tutto stregati dalla magnetismo di questa isola perfetta, dove i rilievi color ocra si frantumano in coste frastagliate, dove innumerevoli baie azzurre si rincorrono, dove le spiagge sono orlate da ciglia di frondose tamerici, dove la seducente semplicità di piccoli monasteri convive con la superba bellezza di un grande monastero fortificato, dove la Chora candida ed abbagliante illumina sempre il tuo orizzonte, dove la pace è percepita come qualcosa di reale e concreto.

Il fascino selvaggio di Psili Ammos e il fascino nobile della Chora

Di buon ora lasciamo il nostro terrazzino ombreggiato da un generoso albero di fico e riprendiamo la luminosa via del sud. Arriviamo ancora allo stretto che separa le baie di Stavros e di Diakofti, ma stavolta giriamo verso destra e, superata la chiesetta di Stavros, lasciamo il motorino nel piazzale della Taverna Kostas dove finisce del tutto la strada. Da qui un sentiero porta in 30 min circa alla meravigliosa spiaggia di Psili Ammos, giustamente considerata la più bella dell’isola. Il sentiero non è impegnativo ed è molto panoramico, nel primo tratto costeggia il lato meridionale della baia di Stavros dove, volendo, si potrebbe già fare sosta in un paio di ampie e belle spiagge assolate e sabbiose. Quindi si sale un poco per attraversare il promontorio e qui il sentiero diventa più stretto e roccioso, con le scarpe si va però velocemente, quando poi si inizia a scendere, Psili Ammos fa subito capolino fra le rocce con un ciuffo di verde ed uno spicchio di blu. Solo quando arriverete in fondo al sentiero ed avrete superato la rustica taverna che sembra chiudere il passaggio, Psili Ammos vi apparirà in tutto il suo splendore e vi compenserà di ogni fatica. Grandi, antichi e frondosi tamerici, sabbia fine, impalpabile e dorata, onde morbide, lente e leggere, rocce rossastre a destra e bionde dune a sinistra. Scegliete un albero ed abbandonatevi alla contemplazione di questa mezzaluna selvaggia e paradisiaca. Solo a pomeriggio inoltrato riusciamo a vincere l’incantesimo di Psili Ammos, ma ancora narcotizzati dalla sua bellezza andiamo a gironzolare per le viuzze della Chora aspettando l’ora di cena. La Chora di Patmos è bellissima, elegante, nobile, nessuna costruzione è fuori luogo, le antiche dimore sono tutte restaurate e ben tenute, sfoggiano bei portali di pietra, stipiti e frontoni scolpiti. La cosa migliore è seguire l’istinto e non un itinerario, così scoprirete gli angoli più belli. Platia Xanthou con i suoi monumenti agli eroi della liberazione, l’elegante Municipio, il mercato e i negozietti di souvenir sacri e profani, i caffè e le allegre taverne di Platia Agia Levias. Girando intorno alle mura del Monastero di San Giovanni scoprirete un bel giardino panoramico che, con fiori e palme, circonda la chiesa della Panagia Diasozousa che custodisce l’icona miracolosa della Madonna Salvatrice completamente ricoperta di offerte votive. In ogni angolo scoprirete piccoli monasteri e cappelle. Il tramonto più bello lo vedrete dalla collina dei mulini che sovrasta la baia di Skala, con il sole che scende dietro il profilo scuro di Ikaria e le altre isole vicine. Emozione garantita e foto magiche.

L’Isola Sacra e i suoi Monasteri

Nel 1983 il Parlamento greco ha dichiarato Patmos “Isola Sacra” e l’Unesco l’ha dichiarata monumento e patrimonio dell’umanità inserendola fra le sette destinazioni religiose d’Europa. Non poteva essere diversamente per la terra in cui San Giovanni visse parte della sua vita e scrisse il libro dell’Apocalisse, per la terra da sempre dominata come un vero feudo dal suo potente monastero, per la terra dove la fiera cristianità non ha mai ceduto il passo e lo scettro a nessuno, neppure all’impero ottomano. Leggendo qualsiasi guida turistica vi renderete conto che la storia, la vita e l’economia dell’isola e del Monastero di San Giovanni sono praticamente un tutt’uno, un indissolubile intreccio di sacro e profano che ancor oggi caratterizza Patmos. La fama dei sacri Monasteri di San Giovanni e dell’Apocalisse richiama ormai da tempo non solo devoti pellegrini ma anche sciami di frettolosi turisti, soprattutto croceristi, quindi, se volete visitare in pace questi due monasteri, attenzione agli orari! Noi siamo saliti al Monastero di San Giovanni di primo mattino, entrando per primi, ed abbiamo visitato quello dell’Apocalisse appena prima della sua chiusura, riservando le ore “di punta” a due monasteri meno visitati. Ricordatevi di abbigliarvi in modo adeguato, sarete ben accetti ovunque. Il Monastero di San Giovanni è situato al centro della Chora, circondato da vie che pullulano di souvenir, in tutti i sensi è la vera star dell’isola e nessuno vi può restare indifferente. All’esterno sembra un compatto ed inespugnabile castello medievale con alte mura merlate ed un accesso fortificato con due torri squadrate e un balcone da cui ti aspetti che vengano lanciate frecce ed olio bollente. All’interno è una labirintica combinazione di edifici costruiti su cinque livelli, cortili, scalinate, stretti corridoi, gallerie, dieci cappelle ed una chiesa, un prezioso Tesoro ed una ricchissima Biblioteca di oltre 4.000 volumi, manoscritti e codici miniati. Del monastero fondato nel 1088 dal Beato Cristodoulo restano la chiesa principale, gli edifici del cortile ad essa antistante e la cisterna con il pozzo: questo è il cuore del monastero ed il suo angolo più bello, il più mistico, profumato di cera d’api, incenso e muschio, il più prezioso con antichi affreschi, marmi scolpiti e porte lignee intagliate, ed al tempo stesso il più sobrio, severo e, quasi, modesto. Da non perdere è la visita alle stanze del Tesoro in cui si potranno ammirare alcuni manoscritti miniati ed una preziosa serie di icone, paramenti, suppellettili sacre e doni di ricchi devoti: meravigliosi i pendenti aurei che riproducono i velieri di Patmos. Tutto, in questo monastero, esprime, in modo inequivocabile, forza e potenza, e non solo dal punto di vista religioso. Quando arrivano i primi gruppi, ce ne andiamo e raggiungiamo a piedi il vicino Monastero Zoodochou Pigis. Situato in quartiere tranquillo e poco turistico, lo troverete, nascosto fra candidi muri merlati, seguendo le indicazioni. Fondato nel 1607 è il secondo in grandezza della Chora ed è abitato da poche suore che, ancor oggi, tengono viva la tradizione artistica del ricamo famosa in Patmos. Queste laboriose api religiose, le cui mani danno vita a veri e propri capolavori, non hanno ricchezze da mostrare nel loro monastero, ma saranno liete di aprirvi la linda chiesetta ed il grazioso giardino fiorito, non dimenticherete la loro soave gentilezza e il loro sguardo sereno. Con il motorino raggiungiamo poi il Monastero Evanghelismos, cinque minuti a sud della Chora. L’edificio è imponente, simile a una fortezza, con un piccolo portone di ingresso sormontato dalla rappresentazione dell’Annunciazione ed ingentilito da grandi piante di ficus. Quando il portoncino si richiuderà dietro di voi, il mondo ne resterà fuori e trionferà davanti a voi un magnifico ed incontaminato paesaggio che scende fino al mare. Forse ispirata da un paesaggio tanto bello, Suor Olympias ha qui avviato una scuola di pittura sacra che oggi rappresenta uno dei più importanti atelier di iconografia contemporanea. La novizia che ci accoglie ci spiega che Olympias Vassilaki, scomparsa a 80 anni nel 2004, era una vera pittrice di fama, allieva del poliedrico artista Fotis Kontoglou strenuo sostenitore della reintroduzione della tradizione iconografica bizantina. Giustamente la nostra suorina è orgogliose di mostrare le pitture di Suor Olympias all’interno della grande chiesa e il laboratorio di pittura. Oggi sono Suor Cassiani e Suor Christofora che dirigono il laboratorio e formano le novizie alla tecnica, utilizzata da più di mille anni, della tempera all’uovo su tavola di legno con dorature di foglie d’oro. Qui si intuisce che la pittura sacra, quella delle icone in particolare, non è sullo stesso piano della pittura profana, non è una semplice scelta di soggetto o il risultato di una ispirazione, ma una attitudine interiore, una disposizione d’animo nutrita dalla preghiera e dalla meditazione. La visita si conclude, ovviamente, nello shop del monastero. A metà strada fra la Chora e Skala, circondato da grandi e profumati albero di pino c’è il candido Monastero dell’Apocalisse, il luogo dove Giovanni udì la voce di Dio. La facciata è molto semplice e non lascia trapelare nulla del complesso interno che assomiglia ad un piccolo villaggio di bianche casette arroccate su un dirupo. I piccoli edifici, adibiti a celle ed ambienti di servizio, fiancheggiano la breve scalinata che scende alla Sacra Grotta dove ai pellegrini viene mostrato il luogo dove è stata scritta l’Apocalisse, il luogo dove si sdraiava san Giovanni e dove si appoggiava nel dettare, il punto dove la grande roccia si squarciò al risuonare della voce di Dio. In tutta sincerità, circondati da tante sensazionali “reliquie”, questo monastero ci è sembrato più una attrazione turistica che un luogo sacro. Vale però la pena di visitare questi grandi monasteri ed anche quelli che incontrerete casualmente sulla vostra strada: ciascuno vi lascerà una immagine diversa dell’Isola Sacra e, forse, saranno i più umili a farvi credere che il Paradiso esiste.

I paesaggi del Nord: verdi colline, solitarie cappelle e spiagge per tutti i gusti

Da Skala salendo verso Kampos, dopo il distributore di benzina, si può scendere alla spiaggia di Agriolivadi una lunga striscia di sabbia con alberi, ombrelloni e lettini, due ristoranti ed un bar. La successiva spiaggia, a circa 9 km da Skala, è quella di Kampos che è la più lunga e grande dell’isola, la più attrezzata, punto di ritrovo sia dei residenti che dei turisti amanti della tradizionale vita da spiaggia. La concentrazione turistica si ferma comunque qui, e da Kampos, poi, potete scegliere fra tre itinerari molto diversi fra loro. Livadi Kalogiron si raggiunge salendo verso verdissime colline coperte da una fitta macchia di arbusti aromatici e cisti fioriti che, a tratti, invadono la carreggiata. Il paesaggio corre alto sull’Egeo e, sferzato dal vento del nord, assomiglia alle brughiere irlandesi. I contadini strappano alla macchia fazzoletti di grano, confezionano profumati covoni di fieno e li caricano sulla schiene di pazienti asinelli, i cani trotterellano festosi intorno ai loro padroni e ai candidi batuffoli delle pecore, minuscole viti protette da cannicci annunciano i loro grappoli: queste resteranno fra le immagini più belle di Patmos. La baia di Livadi appare dall’alto come un piccolo e riparato porticciolo con un molo teso fra acque trasparenti, dominato solo dall’eremo costruito dai monaci provenienti del Monte Athos. Sul lato sinistro c’è una sorta di cantina con sedie sgangherate, ma niente altro, la spiaggia è di ciottoli e ha grandi alberi sotto i quali troviamo un immenso gregge di capre. La strada che porta a Lampi (Lambi o Labi) segue un piccolo fiume fino a Christos, una delle più antiche cappelle di Patmos, poi attraversa il promontorio e scende alla riparata ed ampia spiaggia famosa per i suoi bellissimi, colorati e scintillanti ciotolini, unici in tutta l’isola. Il terzo itinerario corre lungo la Penisola di Geranou che termina con la chiesetta della Panagia Geranou. Questo promontorio è veramente bello ed offre angoli di autentico paradiso. Da Kampos incontrerete per prima la spiaggia di Vagia, dove una caffetteria domina in posizione panoramica la spiaggia lunga ed aperta, e poi Liginou, le Spiagge Gemelle, poco frequentate e servite da una improvvisata cantina. Quindi potrete scendere a Livadi Geranou una meravigliosa spiaggia di sabbia fine orlata da una fitta cinta di alberi di tamerici e protetta dall’isola di Agios Georgios che, volendo, si può raggiungere a nuoto. All’inizio della spiaggia c’è anche una delle migliori taverne di Patmos per il pesce, piuttosto frequentata, ma non avrete problemi a trovare un angolo tranquillo. Da qui fino alla fine del promontorio troverete ancora un paio di solitarie spiagge senza servizi dove godere in santa pace il sole, il silenzio e il panorama dominato dalla Chora e dal suo Monastero. La cappella della Panagia Geranou chiude infine il percorso con un panorama bellissimo e assoluto sul blu profondo dell’Egeo. Tornando verso Skala potete dare un’occhiata alla spiaggia di Meloi, in fondo di una piccola pianura e nulla di speciale, ed alla poetica Aspri, piccola ed alberata, con un magnifico panorama sulla Chora ed un fantastico ristorante, con sedie azzurre sistemate praticamente sull’acqua, chiamato To Kyma (L’onda), ideale per la cena di addio a Patmos con uno scenario indimenticabile.

LIPSI – L’ISOLA di CALYPSO e di TAXIARCHIA

Lo sportello dell’aliscafo si apre e Lispi ci accoglie con una luce sfavillante. L’acqua del porto è turchese, le case distese lungo la baia sono bianchissime, il paesaggio è immoto e privo di ombre. Il colpo d’occhio è suggestivo, per un attimo sembra di essere sbarcati nelle Cicladi. Lungo la banchina del porto i titolari di pensioni e studios cercano di attirare, con i loro colorati cartelli, l’attenzione dei turisti appena arrivati. Uno di loro si avvicina a noi mostrando il book con le foto della sua struttura, ma, decisa, una robusta signora si intromette offrendoci la sua camera con un concorrenziale ribasso di prezzo. Alzo gli occhi e incrocio lo sguardo brillante di Taxiarchia Grilli, la titolare degli studios Mira Mare: non riusciamo a dirle di no e ci troviamo immediatamente caricati sulla sua auto. Calypso, nella mitologia greca, è una ninfa il cui nome deriverebbe da kalyptein, colei che nasconde, sua dimora era l’isola Ogygia. Ulisse vi sbarcò dopo il terribile naufragio in cui perse tutto, compagni, navi e speranze. Calypso lo accolse, lo amò e lo tenne con se, ben nascosto e lontano dal mondo, per sette o addirittura dieci anni. Ma nel cuore di Ulisse, ad un certo punto, si risvegliò forte il desiderio di tornare ad Itaca e Calypso, a malincuore, gli fornì legname per costruirsi una zattera e provviste per il viaggio, lei gli indicò gli astri sui quali regolare la rotta, lei gli indicò la via. Molti luoghi nel Mediterraneo rivendicano il diritto ad essere identificati nella mitica Ogygia, fra tutti i più accreditati sono l’isola di Gozo, e, soprattutto, Lipsi, grazie all’assonanza con il nome di Calypso. Siamo stati in entrambe le isola e, se dovessi esprimere parere, voterei per Gozo: Ulisse non avrebbe desiderato andarsene da Lipsi. Lipsi è dunque un luogo magico, frammentato in mille scogli, sfuggente nei suoi mille contorni, ha mille grotte, mille anfratti scavati dal mare e dal vento. Lispi offre sicuro rifugio e nascondiglio a mille uccelli migratori e, forse, alle ultime foche monache; Lipsi trattiene gelosa il suo ritmo di vita genuino e tradizionale. Lipsi non ti lascia partire facilmente, e poi, quando sei partito, ti resta comunque dentro, come una storia d’amore. Taxicarchia, vive a Lipsi da sempre, non è una ninfa ma un donna in carne ed ossa, ha corti capelli biondi arricciati dalla permanente, occhi verde-azzurri come il suo mare, ha una fisico forte e robusto, seno generoso e prorompente, una risata gaia che spesso si spegne in un sorriso malinconico. Da ragazza era forse una delle più belle del paese e forse anche una delle più ribelli; da donna matura mette grande energia nella sua attività di affittacamere, lavora sodo per la sua casa e i suoi figli. Porta un nome che a noi può suonare misterioso tanto quello di Calypso, ma che, in italiano, potrebbe esser semplicemente tradotto in Arcangela. Ho riflettuto su questo nome greco, arcangelo, taxiarchon, che curiosamente significa “signore, guida del viaggio”, e, a pensarci bene, coerentemente con il suo nome, Taxiarchia è stata la guida di un viaggio, per me inaspettato, attraverso i meandri di un tormentato cuore di Lipsi. Taxiarchia, in tutto simile a Calypso, nasconde i suoi pensieri e la sua solitudine in un isola sfuggente, ti accoglie pronta, quasi ti rapisce, ti trattiene con il suo desiderio di condividere e di comunicare. Triste è partire.

Il regno di Taxiarchia: la candida Chora e i suoi dintorni

Gli studios Mira Mare sono circondati da un orto-giardino, un po’ confuso, ma allegro e colorato: grandi girasoli e alberi da frutto, rose profumate e grosse melanzane, zucchine e cetrioli abbracciati alle petunie, una grande aiuola di vlita, la saporita erba da mangiare lessata con il limone, circondata da gialli tageti. Al piano terra, sotto un piccolo portico, si apre una grande cucina, le finestre sono spalancate, le tendine svolazzano e la televisione è accesa ad alto volume anche se nessuno la sta guardando. Subito viene messo sul fuoco il bricco del caffè ed esce dalla credenza una torta di mele sfornata la mattina stessa. Taxiarchia ci mostra una camera al piano terra sul giardino, molto spartana, ma a noi va bene. Recuperiamo velocemente costumi e asciugamani: la voglia di un bagno vince su tutto. L’isola è davvero piccola, ha una superficie modesta, i bassi rilievi e un ricco reticolo di sentieri consentono agli amanti del trekking di raggiungere a piedi qualunque posto. C’è anche un servizio di minibus che collega il paese con le spiagge principali di Platis Gialos e Katsadia. Con un motorino però gli spostamenti sono più autonomi e veloci, e si possono raggiungere facilmente tutte le spiagge e i luoghi di interesse. Per il momento decidiamo di muoverci a piedi e ci dirigiamo verso la spiaggia di Liendou. Data la sua vicinanza al paese Liendou è piuttosto frequentata, ma è una spiaggia molto riparata e godibile: la sabbia è fine e chiara, l’acqua bassa e tranquilla, la totale assenza di onda la rende ideale per i bambini, i classici bagni a paperella e il nuoto. Dopo il bagno si può stare sdraiati al sole o all’ombra delle basse tamerici che la contornano, unico neo è la strada che passa dietro e le auto e i motorini, che in luglio ed agosto penso possano dar noia. Riprendiamo quindi il cammino e in dieci minuti arriviamo alla spiaggia di Kambos. Rispetto a Liendou è un po’ più stretta, la sabbia più scura e più fine, i bassi alberi di tamerici offrono ombra a sufficienza, il mare è più profondo e il fondale piuttosto roccioso. Qui ci godiamo sole e bagni in assoluta tranquillità, poi, per un sentiero che serpeggia fra gli scogli, arriviamo fino a una piccola cappella persa nella totale solitudine, e qui, nel silenzio rotto dal prorompente canto delle cicale e nella purezza del paesaggio assolato iniziamo a respirare l’atmosfera di Lipsi. Poi, richiamati alla realtà dal meno poetico brontolio dello stomaco, torniamo pian piano verso il paese e ci fermiamo a mangiare un ricco gyros sul molo. Il Porto descrive quasi un cerchio perfetto e l’ampia baia è piena zeppa di piccole e colorate imbarcazioni da pesca con le loro reti gialle; qui ci sono la maggior parte dei ristoranti, ouzerie, negozi e servizi, le attività dell’isola sono concentrata qui. Nel meriggio, il porto è però silenzioso e immobile, la sera invece si anima di luci e gente, ma sempre discretamente. Sulla bassa altura che circonda la baia del porto, come sulle gradinate di un piccolo teatro, si raccolgono le case della Chora intorno alla grande chiesa che troneggia incontrastata con la sua cupola blu e due imponenti campanili. Di primo acchito sembra quasi che ci siano due Chore, una bassa intorno al porto e una più alta sulla collina intorno alla chiesa. Salendo le strade a gradinate, si cammina in un mondo semplice, autentico e genuino, niente è artefatto ad uso e consumo del turismo, tutto parla della vita quotidiana di gente che lavora nei campi o sul mare. Semplici abitazioni imbiancate a calce, minuscoli giardini costruiti con vasi di fiori disposti intorno agli ingressi, gelsomini che si arrampicano sui fili della luce, ex contenitori di olio o feta che, decorati con fantasia, diventano coloratissime fioriere. Grande e maestosa è invece la chiesa dalla cupola azzurra dedicata a San Giovanni Theologos, costruita con le donazioni degli emigranti. Il pesante portone si richiude dietro di noi, la bianca luce del sole si spegne e lascia il posto alla tenue e rossastra luce delle candele. Nella penombra risplende l’oro e l’argento della ricca decorazione che riveste quasi completamente la Panagìa tì Mavri, la “Madonna Nera”, una preziosa icona del 1500 che raffigura una Madonna con Bambino dall’incarnato bruno. Ma poco distante, mille altre candele attirano la nostra attenzione su un’altra sacra effige, la Panagìa tou Charou, la “Madonna della Croce”. Questa strana effige, di gusto occidentale e del tutto insolita per una chiesa ortodossa, proviene dall’omonimo santuario campestre ed ha una storia affascinante. Nell’aprile 1943, una giovane ragazza, chiedendo grazia per i disastri della guerra, mise sotto il vetro del quadro dei gigli bianchi colti sulla spiaggia. Questi, una volta seccati, rifiorirono nel mese di luglio e poi ancora il 23 agosto, proprio nel giorno della festa della Panagìa tou Charou che, da allora, è venerata come la protettrice dell’isola. I gigli sono ancora lì sotto il vetro e la custode della chiesa ci ha assicurato che rifioriscono ogni anno quando l’icona viene riportata nel suo santuario con una solenne processione. Dietro la chiesa si apre una graziosa piazza alberata con taverne e kafenion, un piccolo museo, l’ufficio informazioni turistiche, l’ufficio postale e il municipio, insomma il cuore della cittadina. Scendiamo per una breve scalinata fra immense piante di basilico e arriviamo mentre Taxiarchia è alle prese con una montagna di lenzuola fresche di bucato. L’aiuto a stendere e a piegare la biancheria asciutta, le chiedo da quanto tempo ospita turisti e lei inizia a raccontarmi come è partita la sua avventura di affittacamere. L’isola è oggi frequentata da un buon numero di turisti greci e stranieri che arrivano da tutte le parti del mondo, ma Lipsi è una scoperta turistica italiana. Trenta anni fa le strutture turistiche erano praticamente inesistenti e la sua nuova casa costruita ai piedi della Chora era fuori paese. Due giovani stranieri bussarono una mattina alla sua porta chiedendo dove avrebbero potuto trovare camere in affitto, erano italiani e avevano un viso simpatico. Lei era in piedi sulla porta con in braccio il figlioletto, indecisa su cosa dire e cosa fare: il pensiero del marito lontano, i pregiudizi del paese, la ragione, tutto le consigliava di non aprire la porta di casa a quei due ragazzi. Aprì la porta. In meno di mezz’ora la camera dei suoi figli era diventata la sua prima camera da affittare e i due ragazzi italiani i suoi primi ospiti e clienti. Taxiarchia ride ancora divertita di quel gesto di istintiva follia che l’ha portata ad inventarsi un lavoro. Non ha evitato le interminabili discussioni col marito o le critiche dalla gente, ma lei è andata avanti decisa, ormai aveva aperto la sua casa al mondo, a gente diversa che le portava frammenti di luoghi che non aveva e non avrebbe mai potuto vedere. Tornano così mille ricordi e mille aneddoti, mille volti, il suo sguardo si ferma e si perde, assente, su un canovaccio azzurro che ripiega più volte.

Il regno di Calypso: le spiagge luminose, il mare cristallino e le dolci colline

Ci alziamo di buon ora, Taxiarchia è già all’opera in cucina e ci invita a fare colazione con lei. Davanti al caffè, il discorso cade su Patmos e, non potendo negare di esserci stati bene, risvegliamo il suo campanilismo isolano colorato di antipatia per la “Sacra Isola”: il retaggio della storica sudditanza non è ancora superato. Dato che oggi abbiamo in programma un giro completo dell’isola, Taxiarchia ci dà alcune indicazioni sui punti, a suo parere, più belli e ci mettiamo in marcia. L’isola di Lipsi non ha un patrimonio storico-culturale di particolare rilievo ma in compenso offre dei bei paesaggi con i suoi vigneti, gli olivi e le colline coltivate, bellissime spiagge e mare cristallino. Iniziamo dalla parte orientale dell’isola e dal villaggio prendiamo la strada che sale puntando verso nord-est. Si passa di fianco all’eliporto e si corre su un basso crinale ventoso, quindi la strada si biforca e si può scendere a Monodendri o a Kamares. Queste sono due spiagge difficili da raggiungere, non ci arrivano ne bus ne taxi, le indicazioni sulle cartine sono contraddittorie e le strade, soprattutto nell’ultimo tratto, piuttosto accidentate, diventano praticamente sentieri ed è meglio farle a piedi. Per alcuni sono le spiagge più belle, il paesaggio è sicuramente selvaggio ed affascinante, ma non sono di nostro gusto, troppo ventose ed assolate, aspre e rocciose. Riprendiamo la strada asfaltata che, dopo aver nuovamente superato il paese, inizia a scendere verso sud con begli scorci panoramici, e poi punta dritta verso l’isoletta di Lyra. Questa zona, a ca. 2km dal paese, è raggiungibile anche con il bus che arriva fino alla spiaggia di Katsadias che si stende proprio ai piedi della collina. La spiaggia è una stretta striscia di sabbia fine e dorata, molto ombreggiata da grandi tamerici, acqua poco profonda e sempre tranquilla. La contornano poche case e ospita la graziosa taverna Dilaila in cui trovate un fresco giardino e atmosfera genuina. Da questa fresca oasi si possono facilmente raggiungere, anche a piedi e in pochi minuti, le più piccole spiagge ghiaiose di Papandria e Tselepaki, da un lato, e le minuscole calette di Kavi, Koutsi e Limni, dall’altro. Da Katsadias, seguendo sempre la strada principale, si arriva al santuario della Panagia tou Charou: il piccolo e modesto edificio pare risalga al 1600 ma non ha nulla di particolare e la sua fama è dovuta solo al fatto che ospitava la singolare icona, ora custodita nella cattedrale. Dal piazzale del santuario, però, si domina un bel paesaggio di olivi e vigne e, non lontano, c’è una azienda vinicola che produce ancora il famoso vino Fokiano, dolce e scarlatto, prodotto in grandi quantità durante l’occupazione italiana ed inviato persino in Vaticano. Da assaggiare! Dal santuario la strada scende quindi alla spiaggia di Hohliakoura che non ci entusiasma: ci sono ciottoli ed è assolata, viene utilizzata anche come porticciolo, la parte più particolare è quella nord dove le onde hanno scolpito e scavato le rocce. Per completare la scoperta della parte orientale dell’isola, raggiungiamo infine le più isolate spiagge di Xirocambos e Toukomnima, solitarie e luminose con i loro ciottolini bianchi e neppure un filo d’ombra. Ritorniamo verso il paese, lo attraversiamo e scolliniamo sulla frastagliata costa settentrionale. Dopo un bel tratto panoramico appare Platis Gialos, considerata la più bella spiaggia dell’isola e non possiamo che essere d’accordo. La sabbia è molto chiara e piuttosto fine, il mare è azzurrissimo se non fosforescente, il fondale poco profondo, perfetta per bagni e nuotate idilliache. In bassa stagione è godibilissima e poco affollata, tanto che, in mezzo ai pochi bagnanti, pinneggiano tranquille una decina di anatre. Alcune anziane signore stanno in tranquillo e placido ammollo, con occhiali da sole e cappellino in testa, impegnate nella tipica “conversazione acquatica” greca. Nel momento di maggior calura ci rifugiamo all’ombra della taverna e ci mettiamo a tavola assaporando un piattone di pesce fritto e il panorama sulla baia. Da Platis Gialos la strada asfaltata continua per un altro chilometro, passa accanto alla chiesetta di Agios Theologos e termina al micro porticciolo di Moschato, un buon riparo per i pescatori e gli allevamenti di acquacoltura. Ritornando, appena superata Platis Gialos, prendiamo a destra la deviazione panoramica che si inerpica sul monte più alto dell’isola. Si incontra per prima una chiesetta dedicata ai Pente Osiomartires, i Cinque Santi Martiri, e poi si sale ancora fino alla cappella Stavros. Il panorama è magnifico e ce lo godiamo tutto, finché il sole tocca quasi l’orizzonte. Dopo cena rientriamo tranquilli agli studios Mira Mare e troviamo la casa in grande agitazione: il grande tavolo sotto il portico è coperto da una montagna di ortaggi, piselli, fagiolini e bamies, Taxiarchia e una vicina di casa sono presissime, sia a pulire la verdura sia a tenere a bada due grossi australiani, arrivati stamattina. L’entusiasmo con cui le due donne ci salutano ci fa capire che il nostro arrivo è provvidenziale, chiaramente sperano che Aldo possa “farsi carico” dei due australiani, chiaramente alticci e troppo galanti. Dopo un po’ i cowboy mollano e vanno a letto, la vicina se ne torna a casa, io e Taxiarchia continuiamo a sbucciare i piselli. Mi chiede come è andata la giornata e cosa abbiamo visto, le elenco le località visitate e lei annuisce, come una maestra con l’alunno che ha svolto bene il compito assegnato. Anche lei ama molto Platis Gialos, ci portava spesso i figli, “Lipsi è bellissima” dico “adoro la sua semplicità e la sua tranquillità”, lei alza gli occhi e mi risponde asciutta “… perché te ne andrai”. Il suo animo rompe l’argine, le parole prendono sentieri ardui e imprevisti, le mie visioni idilliache vengono annientate, mi vergogno del mio entusiasmo puerile, i mei idilli e miei sogni mi sembrano ridicoli. Ma poi comprendo che la sua vera prigione non è Lipsi, ma il suo stesso cuore.

Il regno del mare: navigando fra Azzurri Arcipelaghi

In greco “Oi Leipsoi”, da noi reso senza l’articolo e semplicemente in “Lipsi”, è in realtà un sostantivo plurale che andrebbe tradotto con “I Lipsi”. E’ con questo nome che gli isolani indicano tutto l’insieme delle oltre 20 piccole isole che, a est di Patmos e a nord di Leros, sono sparse intorno all’isola più grande che porta il nome greco di “Leipso”. Quando diciamo Lipsi, dunque, più che un isola, stiamo nominando un vero e proprio arcipelago, molto variegato e particolare, anzi, per essere ancora più precisi, una costellazione di piccoli arcipelaghi. Non viaggiare almeno un giorno fra questa miriade di isolette, di cui alcune microscopiche, sarebbe come perdere un pezzo di Lipsi, e che pezzo! Il mezzo migliore ci pare la motonave Rena M/B, un tradizionale caicco che propone la sua “5 Islands Cruise”, un’escursione giornaliera fra le piccole isole, con soste a Makronissi, Aspronissi, Marathi e Arki. Parte tutte le mattine alle 9.30/10.00 e rientra alle 18,30, il biglietto costa 20 euro e non comprende altro che il trasporto, quindi è bene portarsi acqua e cibo. All’imbarco si presentano una decina di persone, tutti greci, e la motonave lascia il molo scivolando leggera sulle acque turchesi ed immobili della baia portuale. Punta dritta a sud dove, dirimpetto all’imboccatura del porto, ci sono 7 piccole isole tutte raggruppate. La più grande e conosciuta di queste si chiama giustamente Makronissi, grande-isola. La Rena procede lenta, zigzagando fra altissime falesie stratificate, curiose formazioni rocciose e grandi faraglioni. Si insinua in stretti passaggi e splendide grotte in cui i riflessi marini creano splendidi giochi di luce e sembra di essere dentro grandi caleidoscopi. In queste grotte, si dice, vive ancora qualche esemplare della piccola e timidissima foca monaca. L’ancora viene buttata in una protetta cala quasi circolare, proprio a ridosso di una chiara falesia che si frantuma in una minuscola spiaggia: possiamo fare il primo bagno godendo del magnifico scenario che ci circonda. Si riprende la navigazione costeggiando il lato orientale di Lipsi. Sull’orizzonte, fra la foschia marina, appare, come un miraggio, una bianchissima mole galleggiante. La candida sagoma che si intravede ti porta ad immaginare che ti stia venendo incontro la leggendaria nave da crociera Rex, come nel film Amarcord, oppure la mitica balena bianca Moby Dick, incubo del Capitano Achab, o magari il grande iceberg di Titanic. Ma le immagini della fantasia vengono presto sbriciolate dalla reale smagliante scogliera e dalla immacolata spiaggia di Aspronissi. Il suo nome significa isola-bianca, anche se l’aggettivo “aspros” va ben oltre il bianco indicando più precisamente una carnagione chiara, e come tale bella. E così ci avviciniamo in silenzio a cotanta bellezza, abbagliati da tanto candore. Mille uccelli marini si alzano in volo lanciando le loro stridule proteste per la nostra intrusione: hanno ragione, qui i padroni di casa sono loro. Ci tuffiamo e il mare sembra custodire diamanti, i sassi bianchi brillano sul basso fondale rinviando lame di luce tagliente. La spiaggia è semplicemente meravigliosa nella suo totale abbandono al sole, e anche noi ci abbandoniamo al sole finché il capitano Yannis non ci richiama all’ordine. L’isola di LIpsi è ormai lontana e, dopo un buon tratto di mare assolutamente blu, ci avviciniamo lentamente alla piccola isola di Arki. Ben nascosta da innumerevoli tondi e piatti isolotti rocciosi, simili a grandi biscotti, si apre una delle più belle baie dell’Egeo: Tiganakia. Questa località è tappa d’obbligo per tutte le imbarcazioni che effettuano escursioni, ma, trovandosi sulla costa sud-orientale di Arki è raggiungibile anche a piedi dal suo piccolo centro abitato. Tiganakia ha una spiaggia sabbiosa e acque incredibilmente azzurre e trasparenti, chiazze di alghe brune la fanno assomigliare al mantello di un fantastico leopardo in versione marina, l’insieme è molto suggestivo e scenografico. I fondali sono piuttosto bassi e, inaspettatamente, si tocca anche se si è parecchio lontani dalla riva: questo bagno va nel cassetto dei “memorabili”. Da Tiganakia in pochi minuti si arriva a Marathi dove ora risiedono solo 2 famiglie che, in estate, gestiscono le due taverne sulla spiaggia, vendono souvenir e offrono alloggio a chi volesse isolarsi per un po’. La spiaggia è tranquilla, lunga e di sabbia, con generosi alberi di tamerici che offrono ombra per pic-nic e pennichella. Un piccolo e breve sentiero porta alle quattro case e alla piccola chiesetta dell’antico villaggio, ma non troviamo nulla di interessante, anzi, il totale abbandono ci mette un po’ tristezza. Si riprende il mare verso il profilo ondulato di Arki. L’unico centro abitato di quest’isola, che conta 40-50 anime, si raccoglie intorno al suo porticciolo, molto chiuso e riparato, pieno zeppo di piccole, se non minuscole, barche da pesca. Sulla piazzetta che funge anche da molo di ormeggio, sotto una bella pergola, c’è una semplice taverna che vende di tutto ed un paio di anziani giocano a tavli. Una sola strada, più o meno asfaltata, sale dritta sulla collina fra povere e modeste case, a un certo punto diventa un sentiero ed arriva in cima al paese e quindi alla Chiesa della Metamorfosi da cui si gode un bel panorama. Seguiamo il sentiero che, costeggiando la baia, raggiunge il promontorio che chiude il porto verso nord. Camminando nella luce dorata del pomeriggio l’atmosfera si fa sempre più irreale, solo un fruscio di erba secca, frinire di cicale, minuscole calette sabbiose, profumo di timo, solitudine e pace. Si può davvero credere di essere lontani da qualunque cosa e di poter viaggiare nei nostri stessi sogni. Rientriamo con il sole che già scende verso l’orizzonte. Il porto di Lipsi, a quest’ora, esprime appieno la semplicità della sua gente e il suo stile di vita tradizionale: la paziente pulizia delle reti sul molo, i polipi stesi ad asciugare, i vasi di basilico annaffiati con cura, il profumo delle vivande che esce dalle taverne, i rintocchi delle campane, le donne che tornano dalla chiesa. Incrociamo anche la nostra Taxiarchia che, tutta elegante e con il velo da messa in mano, scende dalla Chora conversando allegramente con altre donne. Appena ci vede, saluta le sue conoscenti e si unisce a noi, mi prende sotto braccio e ce ne andiamo insieme verso casa accompagnati dalla brezza fresca e leggera che si alza dal mare.

LEROS – IL FORTE ITALIANO nell’EGEO

Illuminata dal sole appare per prima una alta e scura rupe con in cima un imponente castello medievale, poi un intrico di case bianche ed ocra mollemente sdraiate lungo l’insenatura: Leros ci viene incontro così, languida, charmante ed apparentemente distaccata. Agia Marina, dove si sbarca, Platanos, il capoluogo, e Pandeli, sono strettamente saldate fra di loro e sembrano un’unica cittadina sdraiata sulle pendici del promontorio sormontato dal Castello dei Cavalieri. Il molo di attracco è stretto e l’assalto degli affittacamere piuttosto vivace: io vengo catturata dal sig. Papafotis e Aldo dal sig. Varna. Appena capiscono che siamo insieme scatta un litigio furibondo fra i due e, nella foga, quasi ci dimenticano, ci allontaniamo, ci inseguono entrambi, continuando a litigare fra di loro. Alla fine vince il sig. Varna e ci porta con il suo taxi agli Studios Diamantis, una bella, grande e curata villa a 50 mt dal mare di Alinda. Siamo padroni di una camera, ampia e spaziosa, con grandi finestre e un bel terrazzo prospiciente un giardino di aranci e limoni.

Avete mai letto “Riflessi di una Venere marina” di Lawrence Durrell? E’ il suo libro dedicato a Rodi e al Dodecaneso, parla anche di Leros, malissimo, come di un posto in cui sfortunatamente si arriva e da cui non si vede l’ora di ripartire. Lo scrittore inglese amante dell’Egeo non perde mai occasione per criticare ogni cosa e ogni posto che abbia in qualche modo un’impronta italiana. Il suo scrivere elegante e colto, che comunque amo, diventa insopportabile quando pecca di snobismo nei confronti di ciò che gli Italiani hanno lasciato alla Grecia. Ma forse è tutta invidia. Gli Italiani, persino con le divise, hanno sempre dato, più che preso, secondo il nostro modo di essere tipicamente e geneticamente generosi, al contrario degli inglesi che, dalle terre che hanno dominato, hanno sempre più preso di quanto abbiano dato. Nessuno, nel nostro peregrinare, ci ha mai raccontato di aver vissuto come un dramma il periodo di dominazione italiana, molti ci hanno parlato di almeno un soldato italiano che li abbia in qualche modo aiutati, molti ci hanno raccontato di momenti di vita condivisa più che di contrasti, anche nei momenti peggiori. In nessun posto abbiamo visto i segni della “arroganza” italica, in molti luoghi, anche sperduti, abbiamo visto monumenti ai civili greci trucidati da altri. Di quello che di buono gli Italiani hanno lasciato, Leros è piena, compreso l’affetto negli isolani più anziani. Andate a Leros e non fidatevi di ciò che scrive Durrell, neppure tanto di quanto scrivono le guide turistiche di derivazione anglosassone o tedesca. Leros è un posto difficile da capire per loro, e anche da “digerire”, mentre per Greci ed Italiani è facilmente da amare, comprendere e vivere, con il cuore e il ricordo, con passione e sofferenza.

Alinda, Agia Marina e la grande baia della battaglia: il passato che bussa

Sistemate velocemente le nostre cose, ce ne andiamo alla spiaggia di Alinda, piena di gente locale, soprattutto giovani che giocano con i palettoni o a pallone. L’acqua è molto pulita e facciamo un lungo bagno. Per il pranzo abbiamo l’imbarazzo della scelta, notiamo che tutto è meno caro rispetto alle isole vicine: menù misto 16 €, grigliata di carne 18 € e grigliata di pesce 20 €, ma il prezzo è per due persone!. Affittiamo uno scooter e percorriamo subito tutto il lungomare di Alinda, un dritto viale di tamerici che corre per 1 km fra la spiaggia e una fila di vecchie ville, taverne e ristoranti. Al termine del lungomare, la strada costiera continua fino ad una piccola e graziosa baia di sabbia e ghiaia denominata Panagies, nascosta fra le rocce sotto una chiesetta dedicata alla Madonna. Poi, proseguendo su uno stretto sterrato, si arriva ad un’altra spiaggetta di ghiaia di nome Krifòs. Non le troverete deserte, ma più tranquille e “nature”. Ripercorriamo tutto il lungomare andando verso Agia Marina e, vicino ad una bella villa neoclassica, ci fermiamo un attimo al suggestivo Cimitero di Guerra in cui sono sepolti 180 giovani inglesi caduti durante la feroce battaglia aerea di Leros combattuta fra britannici e tedeschi, proprio in questa baia, dopo la resa degli italiani. Quindi incontriamo il sobborgo di Krithoni con i suoi alberghi e le sue microscopiche calette. Dopo qualche curva eccoci ad Agia Marina, un concentrato di palazzotti signorili e case ornate di stucchi, tutti costruiti fra la fine dell’800 e gli anni trenta, da isolani che avevano fatto fortuna all’estero. Si intuisce facilmente che, prima del duro bombardamento del 1943, la città doveva avere un aspetto elegante e signorile. Ci fermiamo ad ammirare una casa con un bel portone e un capriccioso balcone di ferro battuto: arriva una anziana signora, elegante e di bella figura, che, armeggiando con le chiavi, ci chiede se stiamo cercando qualcuno. Non appena intuisce che siamo italiani, le si illumina il volto e, in un perfetto italiano, ci invita ad entrare. Il portone si richiude alle nostre spalle, appare una grande vetrata liberty e, dietro questa, un cortile ad arcate che contorna un giardino interno in stato di abbandono. Saliamo la scala e, dopo una serie di stanze con le persiane socchiuse e i mobili coperti da grandi lenzuoli, la nostra signora ci guida fino ad un grazioso salottino con le pareti piene zeppe di vecchie fotografie e grandi specchi. Lei si chiama Xaris, Grazia diremmo noi, e questa è la casa dei suoi nonni e dei suoi genitori, della sua infanzia e della sua giovinezza. Al piano terra suo padre gestiva un grande laboratorio di sartoria e confezionava abiti e camice di seta anche per gli ufficiali Italiani. Lei stessa ha amato e sposato un giovane veneziano, altre due sue sorelle hanno sposato soldati italiani. Servendoci un bicchiere di soumada ci racconta con entusiasmo che gli Italiani hanno trasformato Leros, hanno costruito strade, tutta la nuova cittadina di Lakki e il suo grande porto, molti edifici pubblici e il primo cinematografo. “Venite, arrampicandosi su quel muretto in fondo al cortile, come facevamo da giovanetti, si può ancora vedere dove proiettavano i film, era una meraviglia…”. Questa grande casa è oggi silenziosa, al piano terra non risuonano più le risate degli ufficiali, il cinematografo è chiuso da tempo, lei ci viene solo in estate, a visitare i suoi ricordi.

La stretta strada costiera che torna verso Alinda, costeggia un cantiere navale di caicchi e i resti di una fortezza turca, poi arriva al suggestivo Mulino, che pare adagiato sulle onde, ed alla suo vicina spiaggia. Qui Agia Marina ha ancora tutto il suo fascino di un autentico villaggio marino, la semplicità e l’autenticità di queste case a bordo mare, i pescatori che sistemano i loro palamidi e i bambini che giocano lanciando sassi nell’acqua, creano un’atmosfera ormai rara. Tramontato il sole, cielo e mare sembrano un unico elemento dipinto di azzurro piombo, la città davanti a noi accende le sue tremule luci ed allunga mille nastri lucenti sul mare. Le taverne di Alinda si animano, i camerieri corrono fra i tavoli sistemati sulla spiaggia, sotto le tamerici illuminate da lampadine colorate appese fra le fronde. La gente è allegra, sembra una festa: è bellissimo.

La rocca del Castello: il passato emerge dalle antiche pietre

Platanos è il vero capoluogo dell’isola, un serrato gruppo di case che giace sotto la rocca del Castello e sopra il porto di Agia Marina. Con i suoi numerosi negozi variopinti, un po’ retrò, è tuttora il centro sociale e commerciale dell’isola. Il suo cuore è la sua piazza principale, Platia Nikolaou, circondata dai principali edifici amministrativi e da qui, in 2 km, si sale al Kastro, che si può raggiungere anche a piedi con una scalinata di ca 300 gradini. Nella salita, la prima irrinunciabile sosta panoramica è sul ventoso crinale punteggiato da una fila compatta di bellissimi Mulini a vento. Il panorama spazia ampio su Leros e sulle isole vicine, nella luce del mattino è magnifico, aperto e luminoso. Quindi eccoci sotto le mura del Castello che riassume in sé tutta la storia turbolenta dell’isola. Costruito nel VII sec dai bizantini sulle rovine della antica acropoli classica, intorno all’anno mille venne donato a San Cristodulo e per 300 anni Leros visse sotto l’egemonia dei monaci di Patmos. Poi i Cavalieri di San Giovanni, stanziatisi a Rodi, presero possesso dell’isola, restaurarono e fortificarono il suo Castello. Dopo due secoli, caduta Rodi, anche Leros cadde sotto l’impero ottomano, restandoci fino all’arrivo degli Italiani nel 1912. All’interno della rocca è da visitare l’antica chiesa monastero dedicata alla Panagia tou Kastrou che custodisce la miracolosa icona della Vergine di Leros La leggenda vuole che tale icona arrivò da Costantinopoli fin sulla spiaggia di Leros sospinta dalle acque del mare, gli isolani la portarono nella Cattedrale ma il giorno seguente fu trovata nel Castello, presso la torre di guardia dove gli ottomani custodivano le munizioni. La cosa si ripeté più volte, fino a quando il governatore del Sultano acconsentì alla costruzione di una chiesa in quel preciso luogo e da allora la Madonna del Castello sorveglia Leros come indiscussa protettrice. Di poco sotto il Castello, un’altra irrinunciabile sosta panoramica è presso la chiesetta che domina la baia di Agia Marina. Il suo profilo bianco, con cupola e stipiti rossi, si staglia deciso sul cobalto del mare, sullo sfondo le casette di Agia Marina e il Mulino a vento galleggiante: una cartolina. Di rito la foto accanto alla grossa bomba inesplosa sistemata sul parapetto della chiesa. Scendiamo dalla parte di Pandeli dove si trovano tante taverne specializzate in piatti di pesce: una volta era un villaggio di pescatori, oggi non è che un quartiere del capoluogo, senza identità e piuttosto trafficato di auto e motoscafi.

Lakki, Merika e il Sud dell’isola: il passato di epiche gesta

La principale località turistica del sud è Vromolithos: una lunga e stretta spiaggia di ghiaia con ombra, acqua molto bella, appartamenti, camere ed hotel per tutte le tasche. Per soggiornare potrebbe essere una alternativa ad Alinda anche se, a nostro avviso, meno comoda. Xerocambos è invece il paese più a sud dell’isola e sembra lontanissimo da Platanos sebbene vi disti solo 6 km. La strada si arresta brusca sul mare, proprio dove c’è la fermata del bus, il villaggio è molto semplice e non ha nulla di caratteristico, la spiaggia è praticamente in mezzo alle case e sotto alcuni grandi alberi ci sono taverne alla buona con tovaglie quadrettate. L’atmosfera è senza tempo, il paesaggio molto particolare. La baia di Xerocambos è un profondo fiordo che si apre verso Kalymnos, riparato su ambo i lati da alte pareti rocciose e con l’imboccatura chiusa dalle isolette di Kalpi e Velona, quindi il mare sembra un grande e scuro lago. Poco fuori dal paese, sulla sponda est della baia, si arriva ad una delle più belle cappelle di Leros, la Panagia Kavouradena, o Madonna dei Granchi. Il grazioso santuario è annunciato da alti e neri cipressi: aprendo un cancelletto e scendendo pochi gradini si arriva al mare e al vialetto di accesso alla candida chiesetta incastrata fra gli scogli. L’interno è molto semplice e molto suggestivo, soprattutto per i caleidoscopici riflessi marini sul soffitto, colorati dai vetri delle finestrelle, e per il gorgogliare del mare che pare esser proprio sotto il pavimento. Le candele sono accese davanti ad una icona che, nella sua unicità, trovo bellissima: Madonna e Bambino sono dipinti sulla corazza di un grande granchio rosso che con le chele fa loro da corona. Una ghirlanda di rose appassite, piccoli ex-voto e semplici offerte di olio per le lampade, sono segno evidente della devozione locale. Questa strana Madonna, forse, si è impossessata della grotta di una antica Ninfa marina. Continuando verso la punta estrema del fiordo la strada diventa sterrata, ma vale la pena di percorrerla per la bellezza del paesaggio che si apre sulla vicina Kalymnos che, da qui, dista meno di un miglio marino e pare di poterla toccare. La contemplazione di Kalymnos, impervia e misteriosa, suscita in noi la viva tentazione di dedicarle gli ultimi giorni di vacanza… chissà. Intanto, la nostra sosta successiva è Lakki. Gli Italiani durante l’occupazione del Dodecaneso, scelsero Leros come base navale e vi concentrarono tutta la forza militare. Nell’insenatura profonda 3 km che si apriva ad oriente, considerata uno dei porti naturali più belli dell’Egeo, venne costruita dal nulla una nuova cittadina che, con grandi investimenti in infrastrutture civili e militari, divenne il principale scalo dell’isola. La chiamarono Portolago, inguaribili romantici, proprio per l’aspetto della baia, ed oggi la chiamiamo tutto sommato nello stesso modo, Lakki. Durante la seconda guerra mondiale, dopo la ritirata degli Italiani, Leros divenne un campo di battaglia sul quale per più di un mese e mezzo si concentrò gran parte dell’offensiva delle forze tedesche. Dopo Creta, Leros è l’isola che ha subito più bombardamenti e quindi molti edifici costruiti dagli Italiani sono andati distrutti, ma molti sono stati ricostruiti, restaurati e riutilizzati: intatti sono rimasti il mercato coperto e la torre dell’orologio. Lakki, da un punto di vista turistico, è uno dei luoghi più controversi e si leggono pareri del tutto opposti, ovviamente negativi quelli di matrice germanica ed anglosassone, troppo entusiastici altri (vi cito solo una rivista distribuita sull’aliscafo “… scoprite Lakki con la sua splendida architettura, unica in tutta l’Europa”). A mio parere tale località, di innegabile particolarità e unicità nell’Egeo, può, e deve, essere apprezzata serenamente per ciò che documenta da un punto di vista storico, artistico e culturale, senza attribuirvi alcun improprio connotato politico o nazionalistico. Tale cittadina è una incredibile vetrina dell’architettura fascista nel Dodecaneso, una intera città progettata a tavolino. A differenza di Kos, Rodi e Kalymnos dove le costruzioni italiane sono vagamente orientaleggianti e tendono ad inserirsi nel contesto preesistente, qui sono invece la più pura espressione del cosiddetto “stile internazionale” che furoreggiava sotto il regime: forme asimmetriche, costruzioni cubiche, intonaci chiari e lunghe facciate prive di ornamenti. Gli architetti Italiani hanno interpretato il loro secolo e non hanno neanche lontanamente tentato o voluto dare vita ad un caratteristico paese greco. Il fatto che Lakki sia espressione di un pensiero che non approviamo e che non risponda ai nostri canoni estetici, non gli toglie minimamente il suo valore di documento storico. Sempre in tema di costruzioni militari, lungo la strada che da Lakki conduce a Merika è possibile vedere moltissimi bunker difensivi, alcuni vicinissimi al mare, magazzini e fortificazioni, tutti costruiti dagli Italiani. Imperdibile il Museo Militare e della Guerra “Merika Tunnel”. Questo affascinante Museo è allestito nelle viscere della montagna, si percorrono una serie di bellissimi e lunghissimi tunnel, sempre costruiti dagli Italiani, pieni zeppi di cimeli e materiale bellico, documenti e vecchie fotografie. Viene anche proiettato un interessantissimo filmato sulla “Battaglia di Leros” con molti spezzoni originali veramente emozionanti. Prima di andarci informatevi sugli orari e portatevi una felpa leggera, dentro i tunnel, venendo da fuori, fa quasi freddo. Da Merika prendiamo la strada che attraversa il promontorio e scende a Gourna, una aperta piana vicino al mare, esposta ai venti occidentali, con qualche coltivazione agricola, nel suo insieme poco affollata e di aspetto piuttosto desolato. In questo golfo ci sono tre spiagge di sabbia fine, con alberi, frequentate dalle famiglie del posto, poco attraenti e piuttosto sporche: Drimonas, piccola e stretta, Kokkari e Gourna, larga e di sabbia gialla. Tornati ad Alinda ci fermiamo a contemplare lo splendido scenario della baia infiammata dalle pennellate rossastre del tramonto e ci sembra impossibile che la Battaglia di Leros abbia potuto svolgersi proprio qui, sconvolgere e violare tanta bellezza.

Il Nord dell’isola: il passato che ancora ferisce l’anima

La mattina è luminosa e partiamo direzione nord. Da Alinda la strada passa per Kamara attraverso un bel paesaggio di basse colline ricoperte di alberi di eucalipto e pino, spazi coltivati, piccoli campi gialli di stoppie di grano e campi di ulivi. Superato l’aeroporto militare, ora aperto anche al traffico civile, si arriva a Partheni e quindi al bivio che porta, a sinistra, ad Agia Matrona Kioura e, a destra, a Plefouti. Questa zona, all’estremo nord dell’isola, riserva una serie di belle spiagge, a nostro avviso le più belle, tranquille e riparate dalle isolette di Strogilli e Tripiti. Scendiamo verso la baia che si apre sotto la chiesetta di Agia Matrona Kioura. Un breve sterrato porta ad una riparata spiaggia di sabbia grossa contornata grandi e lisce rocce rosse che ricordano la zona della Costa Azzurra chiamata Esterel. Il contrasto cromatico fra le rocce rosse, il mare verdeazzurro e i pini scuri è veramente da cartolina. Ci sistemiamo sotto un grande albero e passiamo la mattina in tutto relax fra bagni e lettura. Vicino alla spiaggia più grande, nascoste fra gli scogli, ci sono anche altre minuscole spiaggette che assicurano una totale privacy. Risalendo troviamo aperta la Chiesa di Agia Matrona Kioura, divenuta famosa per i dipinti eseguiti al suo interno dai prigionieri politici relegati nella zona e dichiarati patrimonio artistico protetto dal Ministero della Cultura, unico riconoscimento a tanta sofferenza. Entrate e vedrete una serie di dipinti che non dimenticherete facilmente per la forza espressiva che emanano, per il grido lancinante dei loro colori. Figure di donne dolenti, una drammatica Deposizione di Cristo e una sofferta Morte di Maria. Le pitture di Agia Matrona Kioura esprimono tutto il dolore della fratricida guerra civile. Ritorniamo al mare girando verso Plefouti, o Blefouti, dove diverse baie si susseguono. Le prime che si incontrano sono di ghiaietto, ci sono alberi e anche una taverna. Andando avanti, quando la strada diventa sterrata, il paesaggio diviene aperto e selvaggio, ci si trova improvvisamente in un altro mondo. Spiagge del tutto solitarie, piccole dune e bassi arbusti piegati dal vento del nord, non un anima in giro e sparse fra la macchia… mitragliatrici anti aereo! Qui sembra che la guerra sia ancora in corso o che sia finita solo da due giorni. Aldo si diverte a imbracciarne una, farla girare e puntarla verso un immaginario nemico all’orizzonte. Non so perché questi orpelli bellici siano ancora qui, se per dimenticanza o per ricordo, perché utilizzate per qualche esercitazione o che altro, sta di fatto che la cosa è sicuramente inusuale. Se nella zona del Kastro, del golfo di Agia Marina e di Lakki si percepisce il senso storico ed epico del passato, nella zona nord di Leros, si percepisce invece, ancora viva, la presenza dei conflitti e dei drammi che hanno segnato la storia recente della Grecia. Qui è difficile dimenticare e lasciare solo alle pagine dei libri ciò che è accaduto. Partheni è il porto settentrionale di Leros ed è tuttora circondata da un’ampia zona militare. Sulle colline circostanti il paese ci sono molte caserme e veri e propri villaggi per i militari e le loro famiglie, anche nel piccolo porto ci sono mezzi della marina militare, la presenza dell’esercito è reale e tangibile. Sparse per il territorio circostante ci sono poi vecchie caserma italiane in cui il governo realista, durante la guerra civile del ‘45 – ‘49, realizzò le cosiddette “scuole tecniche reali” in cui i figli dei partigiani e dei politici di sinistra, allontanati dai genitori, venivano “rieducati”. Nel periodo della dittatura militare dei colonnelli, dal ’67 – ‘74, alcuni edifici di Lakki e Lepida, trasformati in una grande clinica psichiatrica, divennero anche un luogo di internazione per i prigionieri politici. Si dice che oltre 3.000 dissidenti vennero deportati a Leros negli edifici di Partheni e Lakki. Nessuna targa e nessun monumento ricorda tutto ciò, la Grecia moserna sembra voler dimenticare questa ferita e questo baratro. Ma a Leros ciò è impossibile, ogni angolo parla degli ultimi 50 anni di storia. Sulla via del ritorno, appena dopo la pista dell’aeroporto, prendendo la deviazione che indica Ancient Fort, si può salire a quel poco che resta, praticamente nulla, del Tempio di Artemide: se non siete proprio curiosi di vedere dove si trovava il tempio, non ne vale la pena. Qui, il grande impegno profuso dai monaci di Patmos nel distruggere ogni traccia del paganesimo, ha fatto tabula rasa di un famoso tempio dell’antichità, dedicato alla Artemide Parthenos (Fanciulla). Su questa altura l’Artemide Fanciulla accoglieva le ragazze che portavano in dono giochi ed abiti giovanili una volta divenute donne; di questa immemorabile venerazione resta ora solo il nome del paese di Partheni che, costruito vicino al tempio, ne conserva il suo nome. Per il resto niente…

Superata Kamara, con una seconda deviazione verso il golfo di Gourna si può arrivare alla località di Agios Isidoros. Qui c’è l’omonima chiesetta costruita su uno scoglio in mezzo al mare ed unita alla terraferma da una lunga e stretta passerella di cemento che, con l’alta marea, viene quasi del tutto sommersa. E’ un luogo romantico, uno dei più fotografati di Leros insieme al Mulino di Agia Marina. L’ora migliore per andarci è sicuramente il tardo pomeriggio, quando il sole scende verso il mare ed illumina diretto, come un faro, la facciata della bianca cappella che spicca sul nero scoglio. Il tetto, la porta e gli infissi, come le altre chiese di Leros, sono rossi e nel tramonto si infiammano, il mare diventa un folto e compatto tappeto blu e, percorrendo la passerella che porta alla chiesa, sembra di camminarci sopra. Quando si sospinge la porta d’ingresso, luce e mare entrano insieme a voi: le pareti sono di un intenso blu cobalto e le dorate lampade votive scintillano accese dai raggi del sole che entrano dritti. La sensazione è quindi che non ci siano più pareti e che le icone siano adagiate sulle onde, lo sciabordio del mare ne è sicuramente complice. Il posto è nel suo insieme molto suggestivo, sedersi sul parapetto a contemplare il tramonto induce ad una totale estasi, sacra o profana che sia. Arriviamo al porto di Agia Marina che è praticamente buio. Sulla piazzetta fiorita le luci dei lampioni illuminano i grossi e lucidi cannoni, i pescatori si preparano ad uscire sistemando le reti ed accendendo le lampare sui grandi pescherecci, gli edifici amministrativi art déco, ancorché scoloriti, appaiono eleganti: Leros è ancora quella che hanno amato i nostri nonni. Entriamo in un agenzia turistica ad acquistare i biglietti per l’aliscafo di domani e passiamo a saldare il conto dalla sig.a Varna che gestisce un fornito negozio di souvenir ed articoli regalo ad Agia Marina. I signori Varna, come la maggior parte dei Greci sulle isole, sono dei piccoli imprenditori, lei con il negozio, lui con il taxi ed insieme la gestione degli studios Diamantis, insomma, con tanti lavoretti si sbarca il lunario. A differenza di quasi tutte le persone che abbiamo incontrato in tanti anni di viaggi in Grecia, i signori Varna, però, sono gli unici con un profilo diverso, troppo presi dalla loro rincorsa al profitto. Il sig. Varna, la mattina della partenza, per accompagnarci al porto, dove peraltro sarebbe comunque andato a caccia di nuovi clienti, ci ha messo in conto 5 euro di taxi, e forse ci ha messo in conto anche il limone che una sera ci ha offerto. Abbiamo capito alla fine il motivo del litigio sul molo il giorno del nostro arrivo e l’evidente antipatia degli altri affittacamere nei suoi confronti.

KALYMNOS – DAGLI ABISSI ALLE VETTE

Dagli oblò dell’aliscafo della Dodekanisos Seaways, Kalymnos, sembra disabitata, spoglia e brulla, poi, quando si entra nel golfo di Pothia lo scenario cambia: improvvisamente e l’impatto è quasi traumatico. Una vera città, una miriade di case disposte a piramide, fitte fitte, una dietro l’altra, davanti ad una quinta di alte e nude pareti di roccia. Un porto animatissimo, pieno di pescherecci, yacht, navi da carico, catamarani, aliscafi, traghetti, grandi barche per escursioni turistiche e mezzi della marina militare. Anche l’aria è diversa, appena sbarchiamo veniamo investiti da un alito caldissimo, ma non facciamo neppure in tempo a rimpiangere i boschi di Leros che subito veniamo catturati dal sig. Georghios che ci offre ben due possibilità di sistemazione, una in centro a Pothià ed una sul mare a Myrties. Optiamo senza esitare per la seconda, sia perché Myrtiès è strategicamente al centro dell’isola, sia perché non immaginavamo Pothia così grande e calda. Caricati i bagagli in auto, attraversiamo la strette ed affollate vie della città e prendiamo la strada che si inerpica verso il centro dell’isola… Geroghios si rivela subito un uomo aperto e simpatico, un gran chiacchierone, e strada facendo catechizza Aldo, seduto al suo fianco, con raccomandazioni, informazioni ed indicazioni. Io, dietro, lo sento e non lo ascolto mentre dal finestrino cerco di catturare un po’ di aria e le prime immagini di quest’isola ancora misteriosa.

KALYMNOS è un’isola strana e piuttosto difficile da descrivere, per molti aspetti unica, sicuramente diversa da tutte le altre isole egee. Può deludere o affascinare, ma niente vie di mezzo. Da un punto di vista turistico, può sembrare messa un po’ in ombra dalla vicina Kos, ma, forse, è la stessa Kalymnos che non si preoccupa più di tanto di promuovere la sua bellezza e le sue attrattive. Per densità abitativa è la terza isola del Dodecaneso, dopo Rodi e Kos. I suoi attivi isolani hanno da sempre sviluppato una economia autonoma e vivace, basata soprattutto sulla pesca e la cantieristica navale. Tuttora il turismo è considerato una componente accessoria, seppur sempre più importante. Per questo motivo Kalymnos ha conservato un’anima profondamente greca, genuina e laboriosa, percepibile fin dal primo momento che ci si arriva, confermata dalla attiva vita quotidiana che vi si svolge. Ciononostante, nulla è andato perso dell’aspetto selvaggio dell’isola e dei suoi ambienti naturali estremi. Tre aspre ed aride catene montuose la attraversano in diagonale conferendole un aspetto molto diverso dalle isole vicine, le pareti rocciose sembrano inaccessibili, veri e propri muri di pietra rovente. Fra queste montagne si aprono piccoli altipiani, profumati di timo e di erbe aromatiche ronzanti di api laboriose; strette valli strapiombano verso il mare concedendo solo minuscole pianure ad una amorosa coltivazione. Persino il mare Egeo, a Kalymnos, è diverso: piatto come un lago, si incunea in profondi fiordi dove l’acqua, anche a riva, è di un blu tanto scuro da sembrare densa, compatta, misteriosa. Forse è stata proprio questa terra difficile a spingere i suoi abitanti negli abissi, in cerca di quei fiori che era impossibile cogliere sui monti e a fare di Kalymnos la leggendaria Isola dei Pescatori di Spugne. Da più di due secoli la storia, la vita quotidiana, l’economia e la cultura di quest’isola sono condizionate da questa affascinante creatura marina, poi, non si sa come, capitò a Kalymnos un istruttore di climbing italiano che rimase affascinato dalle sue pareti rocciose ed organizzo una prima manifestazione sportiva. In un baleno, gli operosi e svegli abitanti di Kalymnos, hanno guardato anche loro, con occhi diversi, le loro montagne. Il Comune ha pubblicato velocemente una Climbing Guide in più lingue e ha disseminato l’isola di cartelli con diversi itinerari. Sono nate scuole professionali di free-climbing e scalata, accanto alle bancarelle di spugne sono spuntati negozi di cordami, ramponi ed imbracature. Dagli abissi, lo sguardo si è alzato alle vette, e Kalymnos, come per magia, è diventata un indiscusso paradiso per gli arrampicatori: la natura impervia dell’isola ha dato ancora una mano ai suo abitanti, in fondo si è trattato solo di cambiare il punto di vista.

Il centro dell’isola: fra Myrties e Massouri, la magnifica Isola di Telendos

Sbuchiamo sulla costa occidentale, il mare riappare all’improvviso e Geroghios richiama la nostra attenzione sul panorama: l’imponente mole della isola di Telendos domina l’orizzonte e lo scenario è veramente grandioso e superbo. Siamo arrivati a Myrties Questa località è un insieme di casette, tutte con vista panoramica, arrampicate su una costa molto ripida che scende a balze verso il mare. Il paese non ha una forma e un centro vero e proprio, ci sono un paio di strade parallele sui vari livelli di costa, collegate qua e là da scalinate. Lungo il mare corre una spiaggia di ciottoli e ghiaia, abbastanza grande, che termina con un molo ed un porticciolo. Sistemate velocemente le nostre cose, scendiamo al mare e prendiamo al volo un caicco che sta partendo per Telendos. Questa isola è un aspro cono di roccia che si eleva, liscio ed impervio, a 535 mt di altezza. Sorge a meno di un km dalla costa di Kalymnos da cui, drammaticamente, la separò un violento terremoto. Il piccolo villaggio di pescatori di Potha e, in estate, conta circa. 100 anime, le sue casette si specchiano nel mare, non ci sono automobili e traffico di sorta, solo qualche allegra taverna e negozietti di souvenir. Le strette viuzze sono ombreggiate da pergole di uva e bouganville dai colori smaglianti, la graziosa chiesa dedicata alla Panagia è dipinta di un limpido turchese bordato di bianco. Il mare più bello lo trovate sicuramente qui, a Telendos, e Chochlakas è la sua spiaggia più bella. Per raggiungerla non potete sbagliare: sbarcati al molo girate a sinistra, percorrete l’unica via fino all’indicazione che vi farà svoltare a destra, da qui, seguite per 10 minuti il sentiero che attraversa la collina e arriverete alla spiaggia. Chochlakas è una ampia distesa di ciotolini grigi e luccicanti che, sotto il sole di mezzogiorno, sembrano una lastra d’argento, il mare è verde scuro, un velluto morbido e tiepido da cui non vorrete più uscire. Tornati al paese e superato il molo, percorriamo tutta la strada sterrata che corre lungo la costa fino alla chiesetta di Agios Costantinos. Lungo questo percorso, superate le rovine di una basilica paleocristiana, si incontrano molte spiaggette di ciotolini e sabbia, appartate e tranquille, dove ci ripromettiamo di tornare. Ci rimbarchiamo per Myrties e poi andiamo a piedi verso Massouri. Anche qui le abitazioni sono ammassate lungo lo stretto pendio e soprattutto lungo la movimentata strada principale. Massouri è, dal punto di vista turistico, la località più sviluppata e vivace: ci sono diversi negozi di souvenir e molti specializzati in attrezzature da scalata. Non mancano caffè e taverne, ci sono molti hotel, di cui uno molto grande con una piscina che sovrasta la lunga spiaggia di sabbia scura.

Il Sud dell’isola: un affascinante viaggio nel mondo delle spugne

Il risveglio è rallegrato dal garrire di molte rondini e la colazione sul nostro panoramico terrazzo ci regala un magnifico inizio giornata. I nostri vicini sono scalatori e sono già partiti per le loro escursioni. Andiamo a ritirare il motorino che abbiamo prenotato e voliamo a Pothia, dove palpita il cuore di Kalymnos. Questa trafficata e rumorosa città, ci appare oggi come una incredibile e gigantesca cartolina: ieri non avevamo notato il suo stile sofisticato, le case di stile neoclassico, dipinte a vivaci colori e riflesse nel mare, i nobili edifici in stile veneziano risalenti all’epoca della dominazione italiana, lo charme dei suoi caffè. Accanto al molo dei traghetti, nello slargo alberato di Platìa 25 Martiou, troviamo il negozio di S.N. Papachatzsis, definito dalle guide turistiche una delle più antiche e famose fabbriche di spugne. Forse un tempo era davvero un laboratorio, ma ora vi si respira una artefatta atmosfera da museo del folklore ed è tappa fissa per i tour organizzati che accompagnano i turisti a fare acquisti con la scusa della dimostrazione della lavorazione delle spugne. Poco dopo si aprono Platìa Eleftherìas, con i migliori caffè e locali della città, e la Piazza del Municipio, lastricata in lucido ciottolato, coronata da bei palazzi e dalla mole della chiesa dedicata a Cristo Salvatore. Imperdibile è la visita al Museo Nautico, una ricca raccolta di equipaggiamenti, fotografie e documenti che vi riveleranno la storia e la tecnica della pesca delle spugne. Vedrete le “skandalopetra”, pietre levigate con cui i pescatori raggiungevano velocemente il fondo rischiando la vita, le “campane”, gli “skafandri” e le sofisticate attrezzature moderne. Ricchissima è la Collezione delle Spugne e molto curata l’esposizione didattica: si imparano un sacco di cose. Forse sorprenderà scoprire che le spugne sono animali e non vegetali, che le specie esistenti sono 5.000 di cui solo 15 hanno valore commerciale, che crescono attaccate al fondo roccioso fino a 200 mt di profondità e che, se tagliate alla radice, ricrescono. Vivono solo in mari piuttosto caldi, privi di correnti e puliti, e per raggiungere un diametro di 15 cm ci impiegano da 2 a 4 anni. Lasciato il Museo proseguiamo sul lato orientale della baia fino alla Psaragorà, il vivace mercato del pesce coperto, e ai Cantieri Navali artigianali, fra i più antichi della Grecia, dove ancora i costruttori di barche tramandano la loro arte di padre in figlio. Continuando per la strada lungo il mare e superate alcune piccole insenature, la strada sale sopra le montagne e dopo 8 km si arriva alla profonda baia di Akti e alla sua spiaggia di ghiaia. La strada poi attraversa un altro tratto di montagna e quando si riaffaccia sul mare vedrete sotto di voi il fiordo di Vathi. Dall’alto è uno spettacolo impressionante. Il paese è costituito da poche case cubiche e non ha grandi attrattive. Bella è invece la valle, chiusa e riparata, che si apre alle sue spalle: qui verdeggiano una infinità di alberi di mandarini, aranci e limoni. Dopo tanto aspro pietrame e rocce infuocate sembra di entrare in un’oasi.

Ritornando verso Pothia ci fermiamo sul piazzale di uno Spugnificio, una Fabbrica di Lavorazione delle Spugne, che avevamo notato all’andata. Dall’esterno, considerata l’assenza totale di rumori, più che una fabbrica, ci sembra però un capannone, forse un deposito. Entriamo per una porta con l’indicazione “uffici” e ci troviamo nel tipico antro amministrativo mediterraneo dove montagne di carte, raccoglitori accatastati, posacenere e portamatite, bicchieri di nescafè e computer antiquati fanno un tutt’uno con l’impiegato, che, a sua volta, fa un tutt’uno con il suo telefono e il suo ventilatore. Solo i quadri appesi alle pareti tradiscono una sicura relazione con le spugne: fotografie di grosse barche, scafandri, uomini immortalati accanto a spugne gigantesche, poster con i prodotti commercializzati, diplomi, medaglie e attestati commerciali. L’uomo chiude la telefonata, appoggia i gomiti alla scrivania e ci inchioda con uno sguardo interrogativo e infastidito. Abbastanza sicuri di un rifiuto, chiediamo ugualmente di poter fare una visita e lui, sempre incollato alla sua sedia, urla qualcosa in direzione di un corridoio da cui appare fulmineo un giovane che capisce al volo di dover prendere in consegna due rompiscatole. Stamatis, con un sorriso che ci rassicura, ci invita a seguirlo e si capisce subito che è molto più socievole del suo “captain”, come lo chiama lui. Parla inglese e, quando occorre, fa da guida ai clienti che vengono da ogni parte del mondo a fare acquisti, il fatto che noi due siamo semplici turisti non fa differenza, oggi è giornata tranquilla e il capitano ha dato il permesso. Aprendo la porta del capannone a piano terra, siamo subito colpiti da un intenso odore di mare. Una persona sta selezionando le spugne grezza appena arrivate, tanto scure e incrostate da sembrare rocce, un altro le immerge, raggruppate in grandi reti verdi, nelle vasche per il lavaggio ed i trattamenti necessari. Al piano superiore attraversiamo una grande stanza molto areata e piena di lunghi scaffali di legno stipati di spugne; nella stanza successiva ci sono vere e proprie montagne di spugne e gli operai che le regolano con grosse forbici buttandole in ceste diverse a seconda di dimensione e caratteristiche. Il tutto senza frenesia, senza frastuono di macchinari: in sottofondo solo la musica di una radiolina, il tzac tzac dei forbicioni e le chiacchere degli operai. Ovunque un profumo intenso di salsedine e la luce dell’egeo che entra dalle grandi finestre. Entriamo infine nella stanza dove ci sono le spugne confezionate e pronte per l’esportazione. Al Museo abbiamo già imparato che il principale elemento distintivo per le spugne è la conformazione dei pori, qui, Stamatis, accarezzandole con amore, ci spiega che le più pregiate sono le Fine, chiamate anche Silk, pescate in acque profonde vicino alla Siria e nel triangolo di mare Karpathos Astipalea Kalymnos.

Le spugne mediterranee più comuni sono le Kapadike e crescono lungo le coste di Grecia, Turchia, Siria, Egitto, Libia e Tunisia, in alcune zone della Sicilia e del Tirreno. Le Atlantiche provengono invece dalle barriere coralline del Golfo del Messico, Florida, Bahamas, e Cuba, hanno una struttura meno pregiata delle mediterranee ma hanno un buon rapporto qualità prezzo. Ci mostra infine enormi spugne dalle forme fantastiche, destinate a decorazioni ed arredamento. Quelle di colore naturale vanno dal miele scuro al nocciola, quelle giallo chiaro, più apprezzate in commercio, sono sbiancate con acqua ossigenata. Visti i prezzi convenienti, ne acquistiamo una borsa piena, per noi e per souvenir. Salutiamo Stamatis e, ritornati al porto di Pothià, ci dirigiamo verso sud seguendo la costa. Superato il lido artificiale ombreggiato di tamerici, arriviamo a Therma. Qui la strada finisce, dove si trova una ombrosa spiaggia, una taverna e piccole baie per bagni tranquilli. Torniamo quindi indietro e saliamo verso il Monastero di Agios Sàvvas o Agios Pantes (Ognissanti), considerato il “gioiello” dell’isola. Dal piazzale antistante la chiesa, una bella costruzione di pietre naturali con tetti di tegole rosse, si gode un ampio e magnifico panorama su tutto il golfo di Pothià. Si arriva quindi al bivio di Vothini e una strada porta al Monastero di Agia Ekaterini dove le suore vi faranno visitare volentieri le loro chiesette ben tenute. Scendendo verso la costa arriviamo infine a Vlichadia e alle sue spiagge di sabbia orlate di tamerici e piuttosto affollate. L’attrattiva di questa località, più che la spiaggia, è però il curioso Valsamidis Sea World Museum nel quale un pescatore di spugne, Stavros Valsamidis, ha raccolto tutto ciò che ha trovato in mare sin dalla sua infanzia. Il nostro fantastico viaggio nel mondo delle spugne non poteva finir meglio: qui c’è veramente di tutto, conchiglie, coralli, anfore, minerali, fossili, pesci imbalsamati, il relitto di una barca del II sec. a.C. con tutto il suo carico e il relitto di aereo della seconda guerra mondiale, altri residuati bellici e spugne, spugne, spugne. Tornando verso Myrties facciamo brevi soste a Chorio, l’antica capitale dell’isola dominata dalla bruna cittadella costruita dai Cavalieri di San Giovanni, a Panormos ed alle vicine Spiagge di Kantouni, Linaria e Platis Gialos.

Emboriòs e Arginontas: la pace e i silenzi del Nord

Stamattina dritti a nord, fin dove finisce la strada. Il mare a Emboriòs sembra proprio un lago e c’è una pace incredibile, la spiaggia è di ghiaietto e bordata di alberi di tamerici, ci sono lettini ed ombrelloni. Dietro la spiaggia ci sono graziose taverne circondate da oleandri, ibischi e buganvillee e proprio sul mare un locale carino che pubblicizza serate con musica dal vivo. Dopo il bagno esploriamo qualche sentiero che parte da Emborios e poi riprendiamo la strada verso Myrties fermandoci ad Arginontas. Il minuscolo borgo è arretrato rispetto alla costa e la baia è bellissima, brilla di una spiaggia di ghiaia chiara, ombreggiata di grandi alberi. L’acqua del mare è immobile e turchese, a macchia di leopardo, ideale per un bagno memorabile. Qui si possono utilizzare i lettini messi a disposizione dalla Taverna Katerina. Questa simpatica taverna merita una sosta sia per la bella terrazza panoramica che per l’ottimo miele di timo che si può acquistare. Assaggiate il miele di timo di Kalymnos, ha un aroma particolarmente intenso e, stando agli antichi, ha grandi proprietà terapeutiche. Per il pomeriggio decidiamo di tornare a Telendos e mettiamo radici in una delle sue piccole baie. Domani partiremo per Kos e si tornerà a casa, vogliamo goderci fino all’ultimo il mare e la tranquillità, abbandonarci alle prime nostalgie. Arriva la sera e dalla terrazza del ristorante di Myrties, la nostra cena avrà come sfondo uno dei più bei tramonti visti nell’Egeo: lo spettacolo del sole, fiammeggiante ed enorme, che cala lentamente dietro Telendos, incuneandosi, preciso, fra le sue forre. Il cielo e il mare si tingono di oro e di malva contrastando il profilo bruno dell’isola, il sole continua a scendere, sempre più rosso e tondo, rimpicciolendo sino a divenire un minuscolo rubino fra le rocce, con un ultimo bagliore sparisce e tutto lentamente sfuma in pennellate sempre più violacee. In greco, tramonto, si dice “iliovassilema”, ed è una parola per me bellissima, più o meno significa “la regalità del sole”: mai, come qui, ho visto il sole farsi davvero Re.

INFOMEMO

Di seguito trovate i dettagli pratici del nostro viaggio, i prezzi si intendono, per le stanze a camera, per i ristoranti a coppia e con vino. Per l’organizzazione di un viaggio jumping per le isole è meglio lasciar perdere le indicazioni delle guide turistiche e prendere invece spunto dai diari di viaggio, dal sito www.gtp.gr dedicato ai trasferimenti marittimi, ma sempre verificando in loco orari e rotte, dato che cambiano spesso e che ci sono compagnie locali insospettabili. La cosa migliore è partire senza un programma rigido, solo con una ipotesi, puntare al primo obiettivo e poi costruire l’itinerario strada facendo, sulla base della curiosità e delle effettive possibilità di trasferimento.

PATMOS dove dormire:

L’isola ha un ottimo sito dove potete trovare ogni informazione che occorre: www.patmosweb.gr.

Hellinis Hotel €28. La famiglia Grillis gestisce l’hotel di 40 camere sul lungomare di Skala, ma offre anche appartamenti e studios in due distinte dependance dietro l’Hotel. Tel.+302247031275, 34004. Fax +302247031846. www.patmosweb.gr/hellinishotel/htm.

PATMOS dove mangiare:

Vagelis, Chora, €30, sulla piazza centrale, bella pergola, cibo tradizionale, atmosfera.

Pantheon, Chora, €28, sulla strada che porta al Monastero, panoramico, ottimi polipi grigliati.

Loukas, Skala, €25, davanti all’OTE, grill house famigliare, frequentata da locali.

Pantelis, a Skala, €25, vicino al mare, semplice, cucina locale.

Oassis, Grikos, €21, ouzeria con gran varietà di mezedes, tavolini sulla sabbia, bella vista.

To Kyma, Aspri, €30, ristorante adagiato sulle onde con vista spettacolare sulla Chora.

Koumanis Bakery Shop e Pastry Shop Christoulos, Skala, pane e dolci tipici di Patmos.

PATMOS come muoversi:

Moto Rent Express, a Skala, vicino alla stazione di polizia, €15 al giorno. Tel. 02470-32088: Cell.0976-220855.

Bus. Da Skala collegamenti per Chora, Grikos e Kampos. Da Chora per Grikos, Skala e Kampos

PATMOS spiagge:

Grikos, bus o moto, sabbia e ghiaia, ombra, taverne e attrezzature, mare sempre calmo.

Petras, a piedi da Grikos o moto, ciottoli chiari, attrezzata, acqua stupenda, bel panorama.

Diakofti, moto, piccole baie riparate dall’isola di Traonissi.

Psili Ammos, moto e poi a piedi, non attrezzata, sabbia ed ombra, bellissima.

Aspri, moto o a piedi da Skala, piccola e sabbiosa, alberi, taverne, bella vista sulla Chora.

Meloi, moto o a piedi da Skala, pianeggiante, alberi, sabbia

Agriolivado, moto o bus, attrezzata, sabbia, alberi, bella mezzaluna riparata da isola di Agia Tekla..

Kampos, moto o bus, lunga, ampia ed attrezzata, molto frequentata.

Vagia, moto o a piedi da Kampos, aperta, stretta e lunga, sabbia grossa e ghiaietto.

LIvadi Geranou, moto, bella e lunga, riparata da isola Agios Georgios, taverna ed ombra.

Lampi o Lambi, moto, ciottolino fine e colorato, ampia, acqua trasparente.

Livadi Kalogiron, moto, ghiaia, isolata, esposta a nord, acqua cristallina.

LIPSI dove dormire:

Mira Mare € 25. Taxiarchia Grilli è la padrona di casa. Camere con bagno e piccoli appartamenti, semplici, molto spartani. www.lipsi-miramare.com Tel. 22470.41238 – Fax 22470.41022 – Cell: 6973383406.

Aphroditi Hotel € 50/70. Lo segnaliamo perché è molto bello e sulla spiaggia di Liendou. Aperto tutto l’anno, è ideale per una vacanza di tarda primavera o inizio autunno. Offre piccoli appartamenti per 2/5 persone. Sito www.hotel-aphroditi.gr, Email aphroditi_hotel@hotmail.com, Tel.22470.41001 – 41002, Fax. 22470.41000.

LIPSI dove mangiare:

Mylos Cafè “Caffè del Mulino” sulla piazza principale della Chora. Porte e finestre bordate di turchese e tavolini blu. Semplice, yogurt ottimo. Prezzi economici, quattro portate € 25.

To pefko “Il Pino” classica taverna greca con i tavolini distribuiti su terrazzini e balconi di legno sul porto. Piante verdi e tovaglie quadrettate giallo blu creano un ambiente allegro e fresco. Buonissime le polpette di fava, l’agnello allo yogurt e l’arrosto con le melanzane. Prezzi € 30.

The rock, Sophokles, Nikos & Kristodouli sono tre delle numerose ouzerie che potete trovare sul porto: ideali per mezedes, polipo grigliato, calamari con riso nero e insalate di ricci.

Porto Grill House Restaurant, ideale per gyros pitta, souvlaki, pomodori ripieni e le classiche greek salad. Molto semplice e prezzi molto economici, a partire dai € 3 del gyros.

Kostas Taverna a Platis Gialos, pesce, porzioni abbondanti € 25.

Bakery Shop o Paradosiakos Phournos, sul fondo della piazza prospiciente il porto c’è questo meraviglioso Forno Tradizionale dove gustare cose buone fra cui i caratteristici dolci “pounkakia” (un dolce fritto) e “diples” (grandi wafer farciti di miele e cannella), grandi croissants e gelati, profumate tyropite o mizithropite (formaggio fresco locale).

LIPSI come muoversi:

Markos & Maria Rent a Bike, sotto la Grill House Porto, scooter € 15 al giorno Tel 22470.41130.

Rena M/B, 5 Islands Cruise, parte tutte le mattine verso alle 9.30 con rientro alle 18,30. Il pranzo non è compreso nel biglietto (€ 20). Per informazioni: Renas’Boats Agency Tel/Fax 22470.41110-41363, Cell.6977.918560, email: renas1022@hotmail.com

Bus comunale, € 1 a corsa. I pulmini comunali percorrono le strade principali e consentono di raggiungere le spiagge principali. La fermata è sulla piazza del porto

LIPSI spiagge:

Tante, per tutti i gusti, frequentate o nascoste e solitarie, di sabbia o ghiaia, come se non bastasse, una miriade di isolette con baie fantasmagoriche. Eccetto Plati Gialos, Katsadias e Liendou che hanno una taverna ed ombra, in tutte le altre bisogna portarsi acqua, cibo e un parasole. Eccole.

Liendou, a piedi dal paese, sabbia fine, acqua bassa e tranquilla, alberi di tamerici;

Kambos, a piedi dopo Liendou, sabbia, stretta, alberi di tamerici, fondale roccioso;

Platis Gialos, motorino o bus, acqua calma e bassissima, sabbia fine, poca ombra, taverna ottima;

Monodendri e Kamares, moto e a piedi, esposte a nord est, ghiaia, ventose e assolate;

Katsadias, moto o bus, a sud di fronte all’isola di Lyra, sabbia, grandi alberi di tamerici e taverna;

Papandria, Tselepaki, Kavi, Koutsi e Limni calette vicine a Katsadias;

Hohliakoura, moto, ciottolino e rocce scavate, assolata, utilizzata anche come porticciolo;

Xirocambos e Toukomnima, moto, esposte a est, isolate, di ciottolino bianco;

Makronissi, con motonavi, formazioni rocciose caratteristiche e bellissime grotte:

Aspronissi, con motonavi, bellissima spiaggia di sabbia candida;

Marathi, con motonavi, lunga spiaggia di sabbia con alberi di tamerici e taverne;

Arki, con motonavi, a piedi poi si arriva alla meravigliosa baia di Tiganakia dove si fermano anche le motonavi

LEROS dove dormire:

Diamantis Studios €30, Nikos & Anna Varna. Ad Alinda. Ampie camere con bagno e angolo cottura, balconi su giardino di limoni. Tel. 22470.23213, 22378, 25648, Cell. 6932.280609, 6932.261652.

Hotel Papafotis € 30 in fondo alla spiaggia di Alinda. Email papafotisleros@in.gr, Tel.22470.22247, Cell. 6977917003

LEROS dove mangiare:

Due particolarità: sull’isola è prodotto lo sciroppo di mandorle, Soumada, e viene coltivata la Guava, il particolare frutto tropicale che in greco viene chiamato Gavafa.

Lampros oppure Finikas, sulla spiaggia di Alinda, tavolini a 2 metri dall’acqua;

Mylos, Agia Marina, sul mare di fronte al Mulino. Di sera l’atmosfera è particolarmente suggestiva.

To Aloni, Xerocambos, ideale per uno spuntino a base di meze marinare.

LEROS come muoversi:

Il motorino è il mezzo migliore. Con l’auto dovrete fare i conti con i parcheggi limitati.

Motoland Car Rentals. A metà spiaggia di Alinda, prezzo migliore e mezzi nuovi. Scooter € 12 al giorno. www.motoland.gr email reservations@motoland.gr Tel 22470.24103

Bus comunali, 2 linee, una serve il nord collegando Platanos, Alinda, Gournia e Partheni, e l’altra il sud collegando Platanos, Lakki e Xerokambos.

LEROS spiagge:

Agia Marina, ghiaietto, a ridosso delle case di Agia Marina, utilizzata dai residenti, con taverna;

Krithoni, piccola, sabbia e acqua cristallina, ombra, sulla strada da Agia Marina ad Alinda;

Alinda, lunga, sabbia nel primo tratto e ghiaia alla fine della baia, ombra, mare bello, attrezzata, affollata da residenti e turisti, comoda;

Panagies, 15 minuti di cammino da Alinda, sabbia, mare trasparente e sempre calmo;

Pandeli, piccola e riparata, sabbia giallastra e ciottoli, attaccata alla frazione di Pandeli;

Vromolitho, lunga, attrezzata, taverne e bar, concentrazione di strutture;

Xerocambos, sabbia, qualche grande albero, intorno piccole insenature rocciose tranquille;

Merikia, zona del Tunnel War, sabbia e ghiaia con dietro boschi fitti, un posto tranquillo;

Gourna, sabbia giallastra e fine, ombra di bassi alberi, frequentata da famiglie di residenti

Plefouti o Blefouti diverse spiagge, le prime attrezzate ma comunque tranquille e poi seguendo la strada sterrata altre selvagge. Le migliori se si vuole restare lontano dalla gente

Agia Matrona, la più bella, sabbia grossa, rocce rossastre, 2 grandi alberi, qualche caletta.

KALYMNOS dove dormire:

Potete consultare il sito www.kalymnos-holidays.com che offre diversi spunti.

Melina’s Apartments €25, Tel +302243048634, +306977648646. A Myrties, 150 mt dal mare che si raggiunge scendendo una scalinata. Splendido panorama. Stanze pulite con angolo cottura, frigo, bollitore e aria condizionata. Mail melinaaprtm@klm.forthnet.gr.

Irene’s Apartments €25. Tel +30.22430.48634, +30.6977648646. A Pothia, vicino al porto. Gestiti dalla stessa proprietà di Melina’s Apartments. Appartamenti spaziosi, tv e aria condizionata, ideale per famiglie e gruppi di amici, anche in bassa stagione.

Katerina, spiaggia di Arginonta. Studios gestiti dalla taverna omonima. Tel. +30.22430.40036. .

KALYMNOS dove mangiare:

Sevastos, Myrties. Panoramica e romantica Fish Taverna da cui godere magnifici tramonti sull’isola di Telendos. Imperdibili le Octopus Keftedes, la specialità di Kalymnos

Katerina, spiaggia di Arginonta. Taverna famigliare con ombrosa terrazza panoramica. Si possono anche acquistare confezioni regalo di ottimo miele di timo e belle candele di cera d’api naturale.

Mr. Souvlaki, piazza di Massouri. Grill House aperta dalle 11.00 alle 3.00 di notte. Ambiente rustico per un abbondante piatto di gyros, saletta al piano superiore per la stagione più fredda.

KALYMNOS come muoversi:

Scoter: @lfa Rent a Bike a Myrties, Tel. +30.22430.28990, 47430.

Caicco: da Myrtyes per Telendos ogni 30 minuti. Ultimo alle 24.00.

Traghetti: vi segnaliamo il collegamento veloce della compagnia ANE Kalymnou. Più volte al giorno fa rotta Kalymnos – Kos Mastichàri, da dove, in 15 minuti di taxi, si raggiunge l’aeroporto.

KALIMNOS spiagge:

Akti, prima di arrivare a Vathi una ripida strada in discesa porta a una bella caletta.

Vathi, non ci sono spiagge, bisogna buttarsi dal molo, ma un bagno nel fiordo è una tentazione.

Vlichadia, sabbia, frequentate, a sinistra carina spiaggetta di ghiaia, poco oltre scogli.

Kantouni, Linaria, Platis Gialos, sabbia scura, niente di speciale Kantouni ampia e ombreggiata, Linaria spiaggia di ca 100 mt divisa in due parti, Platì Gialos spiaggia di ca 100 mt, di ghiaia scura.

Myrtyes, sabbia e ciottoli, non attrezzata, piuttosto anonima.

Massouri, lunga striscia di ghiaietto, meglio di Myrties, attrezzata con ombrelloni e lettini.

Isola di Telendos, Chochlakas e le due calette dopo il “cafè on the rock”, altre piccole baie.

Arginonta, ciottoli chiari, ombra di grandi alberi, mare dai riflessi smeraldo e turchese.

Emborios, ghiaia, ombra di tamerici. Prendendo il sentiero oltre la chiesa, a 30/40 minuti di cammino, si raggiungono altre calette belle e tranquille.



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