Tokyo, Kyoto e tropici giapponesi fai da te

Tre macro tappe in Giappone per un viaggio in famiglia. L'organizzatissima Tokyo, la calda Kyoto, la divertente Osaka e snorkeling da riva nella tropicale Ishigaki
Scritto da: Delenda Carthago
tokyo, kyoto e tropici giapponesi fai da te
Partenza il: 09/08/2017
Ritorno il: 28/08/2017
Viaggiatori: 5
Spesa: 3000 €
Cominciamo con il dire che il viaggio è stato perfetto e che quasi nulla cambierei ex post.

Tutto è stato organizzato principalmente on line e con facilità, avendo a monte deciso di fare tre macro tappe piuttosto che molti e faticosi spostamenti per chi, come noi, viaggia in cinque.

Durata del viaggio e vettore aereo:

Siamo partiti da Roma Fiumicino in cinque (io, mia moglie e tre figli di 16, 14 e 9 anni) con andata la mattina del 9 agosto 2017 e ritorno il 28 agosto 2017 (fuso orario smaltito facilmente), durata perfetta per il viaggio prescelto. Abbiamo deciso di volare con Finnair in economy class, spendendo circa 4000 euro (prenotando ad Aprile direttamente sul sito della compagnia). Si fa uno scalo di circa un’ora ad Helsinki per poi partire alla volta di Tokyo Narita (le valigie arrivano direttamente lì). Per il ritorno, invece, abbiamo deciso di partire da Osaka Kansai, in quanto le nostre tappe sono state:

10-17 agosto Tokyo

Tokyo – Kyoto con treno Shinkansen alle ore 16.10 (in due ore e dieci minuti fa più di 500 km)

18-21 agosto Kyoto (una mattina escursione a Nara)

Kyoto-Osaka (trenta minuti di treno o metropolitana, partenze frequentissime)

22-27 agosto isola tropicale di Ishigaki con partenza con volo interno ANA la mattina alle 8.10 da Osaka-Kansai

Ishigaki-Osaka

28 agosto Osaka/Roma via Helsinki con partenza alle 10.45 ed arrivo il medesimo giorno a Roma Fiumicino in serata.

I voli:

Finnair (acquistata per andare a Tokyo) è una ottima compagnia e lo scalo che fa ad Helsinki è veramente minimo. Sufficiente lo spazio per le gambe, davanti ogni sedile c’è uno schermo dal quale si può seguire il volo con due telecamere in tempo reale, la mappa satellitare che individua la posizione, un numero ottimo di film e di musica di diversi generi. Sotto lo schermo vi è una presa USB per ricaricare i dispositivi (iPad, telefoni ecc.). I nostri voli avevano tre sedili su ciascun corridoio e tre sedili nella fila centrale. Buoni i pasti, professionale il servizio, educati e silenziosi i viaggiatori. Nessun applauso all’arrivo.

Per andare ad Ishigaki, isola tropicale nel Sud del Giappone, di fronte a Taiwan, abbiamo scelto ANA, compagnia che pare sia ben più affidabile ed economica della low cost Peach (oltre che più facilmente prenotabile dall’Italia… con Peach mi ci stavo impiccando, con ANA è stato semplice). Volo interno di due ore e trenta minuti con aereo “classico” per i trasferimenti europei. Meno di 1000 euro in cinque andata e ritorno.

Cose fondamentali da fare dall’Italia:

Uno strumento essenziale, e sottolineo essenziale, e di facile uso è il Wi-Fi portatile, una piccola scatolina con un cavetto a presa USB che ne consente la ricarica che vi permetterà di essere connessi (e quindi usare Google maps per non perdervi) in ogni momento della giornata. Noi lo abbiamo affittato su globaladvancedcomm: lo si ritira al secondo piano dell’aeroporto di Narita a Tokyo (scriveranno loro tutte le istruzioni al riguardo su come arrivarci) e il giorno ultimo della vostra vacanza potete lasciarlo al vostro hotel perché lo spediscano indietro con la busta preaffrancata che vi consegneranno oppure imbucarlo di fronte al Post Office nella buca rossa delle lettere. Dura circa 8 ore, quindi portatevi un carica batterie portatile con presa USB per ricaricarlo se si scarica del tutto se siete fuori.

Portatevi degli adattatori, visto che le prese hanno delle entrate diverse dalle nostre. Fate mente locale sui dispositivi da ricaricare giornalmente e portatene in numero adeguato onde evitare di accoltellarvi per la ricarica.

All’arrivo a Tokyo e taxi in genere:

Immaginando che all’arrivo a Tokyo si sia stanchi e spaesati, tramite TokyoAirporter abbiamo affittato dall’Italia un van che potesse farci salire tutti e cinque (i taxi portano al massimo 4 persone) senza dovere stare troppo a pensare come fare a prendere treni, pullman o taxi.

Abbiamo trovato all’uscita, senza alcuna difficoltà e dopo il ritiro bagagli, un signore con un cartello con il mio nome e cognome. Gli abbiamo spiegato che dovevamo ritirare il Wi-Fi portatile al secondo piano e cambiare degli euro in yen: ci ha accompagnato lui portando il carrello con i bagagli, senza mostrare fretta o insofferenza.

Lo abbiamo pagato in contanti (nessuna mancia: si offendono) e ci ha portato a una delle stazioni di Tokyo, come richiesto, in quanto il check in presso la nostra casa affittata su Airbnb era alle 15 e noi eravamo arrivati alle 8 di mattina.

Abbiamo lasciato i nostri bagagli negli armadietti a pagamento che trovate in ogni stazione o aeroporto (nessuno li scassina, al pari dei distributori automatici di bibite che troverete ovunque, né troverete alcuno a chiedervi gli spicci di resto) e ce ne siamo andati un po’ in giro facendo ora.

Taxi: mai preso. Ci è servito solo per andare la mattina presto dall’albergo di Osaka al Kansai Airport della medesima città. Quaranta minuti circa, costo tra i 10 e 12mila yen, pagabili anche con carta di credito (per lo meno sui taxi MK).

Al ritorno da Ishigaki, dall’aeroporto di Osaka abbiamo invece preso la JR e la metro pagando meno della metà, visto che non avevamo fretta.

Lo stesso (come all’andata ne abbiamo dovuto prendere due) anche per ripartire alla volta di Roma, visto che avevamo 9 piccoli bagagli da imbarcare, comunque pesanti. Partenza aereo ore 10.45, partenza dall’hotel alle ore 07.00 (partenza con ampio margine, ma in un giorno lavorativo ci può essere traffico….comunque sia al Kansai abbiamo fatto colazione con calma e un po’ di regalini finali).

Alloggi:

Per una famiglia di cinque persone è difficile trovare sistemazioni alberghiere e quindi abbiamo optato per Airbnb per Tokyo, Kyoto ed Ishigaki, mentre per Osaka abbiamo preso una offerta di Booking prenotando l’Hotel Mystays Otemae, a circa 10 minuti a piedi dal castello di Osaka e a 30 minuti a piedi da Dotombori, il luogo commerciale, colorato e mangereccio della città.

A Tokyo abbiamo preso un ottimo alloggio Airbnb vicino al Tokyo Dome. A cinque minuti da diverse stazioni metro, ha il vantaggio di avere questa struttura davanti (con luna park, arena per concerti e sport (baseball) che consente di acquistare o mangiare qualcosa (alle 22 le cucine chiudono) in qualsiasi momento.

A Kyoto la struttura Airbnb era una casa giapponese su due livelli accessoriata ma meno confortevole (bagno minuscolo, quattro futon di sopra, un letto troppo stretto per due di sotto e un po’ di cattivo odore nella parte superiore), collocata nella zona sud della città. La maggior parte dei templi è a Nord, quindi suggerisco decisamente di alloggiare al centro, visto che Kyoto non è Tokyo e i trasporti non sono così “immediati” come nella capitale nipponica.

Ad Ishigaki anche abbiamo avuto una casa giapponese con una stanza da letto con letti “normali” ed una stanza con tre futon. Nel complesso fruibile e con un comodo balconcino dove appendere asciugamani, costumi e via dicendo dopo una giornata di mare.

Soldi e carte di credito:

I maggiori esercizi accettano le principali carte di credito. Noi avevamo VISA e MasterCard che sono sempre andate. La Visa ricaricabile di Postepay, invece, non funzionava da nessuna parte. Io ho cambiato in Italia 2000 euro in Yen (circa 1800), mentre mia moglie ha cambiato 1800 euro all’aeroporto di Narita ad un tasso accettabile. Pagando dove potevamo con le carte di credito, gli yen ci sono bastati giusti giusti. Per sicurezza avevo anche portato 2000 euro in contanti, rimasti intoccati.

Costo della vita e mangiare:

Tokyo ed anche Kyoto, a sorpresa, più economiche dell’Italia. Abbiamo mangiato, bene, in cinque e senza farsi mancare birra o Coca cola con 30-35-40 euro. Ci siamo praticamente sempre affidati a Tripadvisor per trovare i ristoranti nella zona con l’opzione “qui vicino”. Là dove non lo abbiamo fatto, ci siamo trovati meno bene, vuoi per costi, vuoi per servizio.

A Tokyo si può mangiare di tutto e i menù sono quasi sempre disponibili anche in inglese. A Kyoto un po’ meno ma tutti i menù hanno a corredo delle foto, mentre spesso fuori dal locale ci sono delle riproduzioni perfette in ceramica dei piatti offerti. Complicato a volte capirne gli ingredienti ma… osate! Non fate come gli italiani medi che pretendono da un riservato ancorché servizievole cameriere giapponese di avere una calcio e pepe preparata a Roma! Birre: ce ne sono di locali, prevalentemente chiare. Vini: di giapponesi ve ne sono pochi, più cileni, francesi, italiani e australiani. I marmocchi possono sopravvivere con cibi così diversi? Se hanno sopravvissuto ai Mac Donald’s del sabato pomeriggio sicuramente sopravviveranno anche in Giappone. Alle brutte il pescetto fritto c’è sempre.

Kyoto: con Tripadvisor non avrete sorprese e anche qui abbiamo pranzato in cinque in modo eccellente con trenta euro.

Osaka: a Dotombori tutto sembra più… europeo, con procacciatori di clienti che offrono il loro cibo. Ci sono tutti i tipi di ristoranti, tra cui almeno un paio contraddistinti da enormi granchioni rossi semoventi che offrono granchio – per l’appunto – in tutte le salse.

Ishigaki: molto più cara. Isola sperduta nel mar della Cina e quindi i costi per qualsiasi cosa sono abbastanza elevati rispetto a Tokyo, ragion per cui spesso abbiamo ripiegato sulla cena a casa a base di sushi acquistato al supermercato e carne con patatine… Insomma un po’ come a casa. La carne migliore del Giappone pare sia proprio ad Ishigaki, oltre a quella più nota di Kobe, solo che in due – mangiando un antipasto e due (squisite) bistecche di carne di Ishigaki piccoline – abbiamo pagato più di settanta euro e siamo usciti con la fame, mangiando poi a casa.

Clima e abbigliamento:

A Tokyo, in agosto, è molto caldo e umido ma noi siamo stati fortunati avendo avuto sempre il cielo coperto e questo ha consentito di non sudare troppo, cosa che invece è avvenuta in modo impressionante a Kyoto e ad Ishigaki (con il vantaggio che Ishigaki è località marina). Come abbigliamento: un paio di pantaloni lunghi e una felpa per il viaggio in aereo, 8-9 magliette a maniche corte e due pantaloncini corti. Una giacchetta leggera a vento (il classico k-way, altrimenti schiattate) per la pioggia. Due costumi a testa per Ishigaki. Scarpe da ginnastica comode e ciabatte da mare. Davvero, è più che sufficiente.

Occhiali da sole: si. I giapponesi hanno gli occhi a mandorla e non li usano. Noi abbiamo gli occhi alla Pokemon e servono sia quando è grigio che quando c’è il sole.

Quando farà caldo umido tropicale acquisterete sul posto degli asciugamani che i giapponesi tengono al collo, spesso brandizzati con nomi di cantanti, squadre di baseball (sport nazionale) o calcio (pure molto seguito) per asciugarvi il sudore dalla fronte e sulla schiena. Quando piove, piove, ma ovunque troverete ombrelli, anche perché le donne li usano anche per ripararsi dal sole. Più spesso è umidità diffusa, “misty”, direbbero gli inglesi, per la quale il K-way è più che sufficiente.

Kyoto, essendo più a sud ed assolata, l’abbiamo trovata caldissima, tanto da incidere in modo significativo sugli spostamenti e sulla sveltezza del cammino, difatti Kyoto va organizzata per bene altrimenti brucerete tempo utile come accaduto a noi.

Anche Osaka è calda e capirete ben presto perché uno dei simboli del Giappone è il ventaglio.

Ishigaki è bollente principalmente tra le 12 e le 17 (mentre negli altri orari è molto calda, con sera sopportabile) ma noi abbiamo trovato la formula migliore per goderla al 100%, come poi spiegherò.

Patente internazionale:

Tokyo e Kyoto si girano con i mezzi pubblici ed è quindi inutile. È stata invece fondamentale per girare tutta l’isola di Ishigaki. Dura tre anni e viene rilasciata con il solito burocratico metodo italiano nel giro di una settimana. Dovete ovviamente portarvi dietro sia la patente italiana che quella internazionale.

JR (Japan Rail) pass e Shinkansen:

Conviene solo se fate più di una tratta con gli Shinkansen (treni proiettile).

Noi non lo abbiamo acquistato in quanto abbiamo fatto Tokyo/Kyoto sola andata e poiché sia a Nara (da Kyoto) che ad Osaka ci si arriva sostanzialmente in metro.

In pratica la rete di trasporti di Tokyo vede la metro e la JR (Japan Rail) e con il JR pass oltre a poter prendere gli Shinkansen, potete anche viaggiare sui treni JR (ma non sulla metro per la quale serve la Suica).

I biglietti per gli Shinkansen, visto che agosto è alta stagione, avevo provato a farli dall’Italia, su un sito omonimo. Poi ho però paragonato il costo che veniva fuori ed era quasi il doppio di quello dall’imperdibile sito Hyperdia. Un’amica di Tokyo di mia moglie ci ha quindi detto che quel sito è di “secondary ticketing” e quindi ce li ha fatti lei al costo indicato da Hyperdia.

Al di là delle pur comprensibili ansie, se programmate il vostro primo spostamento con lo Shinkansen dopo tre-quattro giorni dall’arrivo, sarà tutto più facile perché avrete capito come funziona e quindi potrete comprarlo direttamente in stazione, al costo corretto.

Ogni Shinkansen parte esattamente da un preciso ed immutabile binario. Seguite il percorso e ci arriverete. Li vi dovrete mettere in fila sulla banchina nei punti precisamente indicati. Arriverà il vostro treno. Non apriranno subito le porte al pubblico in quanto in fila indiana arriveranno in perfetto silenzio i pulitori del treno, in divisa rosa le donne e in azzurro gli uomini, ovviamente, che cambieranno persino i poggiatesta, rendendo il convoglio uno specchio.

Ricordate che a Tokyo (la città più pulita che abbia mai visto) non ci sono cestini per strada. Chiunque abbia dei rifiuti auto prodotti (carta di un panino, giornale, gomma da masticare) se li porta a casa e li butta nella differenziata. Raramente vicino ai distributori automatici di bibite potrete trovare dei contenitori per lattine o bottiglie di plastica. Non fate i cafoni e non ci buttate altro.

Adeguatevi al silenzio, all’ordine e alla pulizia di Tokyo.

Tornando agli Shinkansen, se farete come noi portando più bagagli a mano piuttosto che valigioni, troverete facilmente posto per gli stessi sopra vostri sedili. Anche per valigie più grandi in un modo o nell’altro si fa. Se chiedete la prima fila, c’è parecchio spazio per le gambe e quindi entra anche un bagaglio più grande.

Il bigliettaio, educatissimo e cortese, ogni volta che entra in una scompartimento fa l’inchino e – se ne esce – si gira e fa l’inchino ai viaggiatori. Sul treno passa un carrello con bibite e piccoli snack che potrete pagare in contanti o con carta di credito.

Ovviamente, treno puntuale come la morte.

Sport:

Lo sport nazionale è il baseball, al secondo posto c’è il calcio.

Sia le partite di baseball che quelle di calcio sono uno spettacolo per le tifoserie che le animano. Tutti vestono le magliette della squadra del cuore e seguono la partite con strumenti musicali (trombe e tamburi) in un modo estremamente colorato. Il baseball a Tokyo si gioca nel Tokyo Dome (basta fare una ricerca su Google per sapere quali sono le partite), mentre il calcio nello stadio di Tokyo. Tokyo ha due squadre, una in serie A ed una in serie B. I negozi che vendono magliette di calcio giapponesi si trovano sia a Tokyo che a Kyoto (digitare soccer Shop Tokyo su Google). Sono belle, colorate, ma stranamente anche più costose rispetto a quelle ufficiali italiane.

Le città:

Tokyo è fantastica (per appassionati di fumetti e manga addirittura drogante) ed è l’antitesi di una qualsiasi città italiana. Più in generale, la sua organizzazione è inversamente proporzionale all’educazione della maggior parte del popolo italiano.

Ogni amministratore cittadino o politico italiano, per potere essere eletto, dovrebbe avere per legge nel curriculum almeno una settimana spesa a Tokyo.

Tokyo è la civiltà – quella che un tempo fu di Roma – e, temporalmente, credo sia vent’anni avanti a noi, non tanto per la tecnologia quanto per l’educazione e l’organizzazione. Non troverete mirabilie tecnologiche (che invece mi aspettavo) e al primo impatto la città vi sembrerà grigia: la loro rivoluzione è stata culturale. Sono in quindici milioni, la città è cresciuta senza un piano regolatore e con edifici tutti diversi tra loro, prevalentemente grigi. Hanno quindi dovuto organizzare alla perfezione il disordine architettonico. Quindi: regna un silenzio assoluto ovunque. In strada, nella metro, al ristorante. Non suona mai – e dico mai – un telefono cellulare, che la gente guarda (astenendosi dal parlare) in assoluto silenzio solo in metro. Nessuno – nessuno – cammina o guida chattando. Ci sono cartelli che invitano a non ascoltare la musica con gli auricolari nella metro per non disturbare gli altri. Il divieto di fumo è persino per strada e ci sono solo alcuni angoli in cui è consentito fumare. Le persone sono educatissime ed individualiste: ognuno ritiene di avere il proprio spazio, che è biasimevole occupare in qualsiasi modo.

Per darvi una idea dell’educazione, all’arrivo dell’aereo in aeroporto questo viene salutato con un inchino da sette lavoratori addetti allo scarico dei bagagli in fila orizzontale che poi, come formichine, svolgono il loro compito (qualunque esso sia, anche il più umile) con dedizione e professionalità. Non ho mai visto nessuno mostrarsi scontento del ruolo rivestito e nessuno mai sbuffare o essere scortese. Se gli chiedi una informazione si fanno in quattro, correndo da te ed agevolandoti in ogni modo.

Ogni percorso è prettamente incanalato e qui non esistono i furbi delle file.

Anzi, non esistono proprio i furbi.

Le mance sono vietate e si offendono in tutto il Giappone se le offrite, in quanto ciascuno ha il proprio lavoro ben remunerato. Mai, in alcuna occasione, si è avvertita quella sensazione di insicurezza che spesso si prova nelle nostre stazioni o vie cittadine. Non esiste la criminalità di strada.

La popolazione si alimenta in modo sano (rari i Mac Donald’s) e sono tutti magri.

Molto belle le ragazze e, più in generale, la gioventù di Tokyo (come anche quelle di Osaka, se non sbaglio Finardi ci ha pure fatto una canzone) che vestono non in modo omologato ma ciascuna con il proprio stile colorato e perfettamente abbinato. Facilissimo, specie a Tokyo, vedere ragazze e ragazzi in kimono coloratissimi ed altrettanto facile è vedere delle cosplayers che si vestono imitando i personaggi dei loro fumetti preferiti.

Tokyo è facile da girare: basta scaricare la app Tokyo Tube map e siete a posto. Ogni linea ha il suo colore ed una lettera con un numero che – oltre al nome – indica la stazione.

A Tokyo tutte le maggiori indicazioni sono anche in inglese e nei punti più turistici le persone parlano un po’ di inglese.

Fondamentale per girare Tokyo è la Suica card, una tesserina verde con un pinguino, che è ricaricabile.

Si acquista in una qualsiasi stazione della metro. Ci sono delle macchinette che le distribuiscono. Selezionate “english” dal menù principale. Inserite 3000 yen per iniziare ed esce la vostra tessera che poi ricaricherete più volte a secondo di quanto girate. Nei varchi per accedere alle varie linee passate la Suica su lettore ed entrate. Inutile fare calcoli su quanto rimane nella Suica: se il tornello non si apre perché il credito è insufficiente, ci sono delle macchinette di “fare adjustment” che vi consentono di ricaricarle e, quindi, di uscire. Si può usare la Suica anche per acquistare dagli onnipresenti distributori qualsiasi tipo di bibita. Se viaggiate con bambini in età scolare (fino a 14 anni), conviene fare la Suica per il marmocchio dal bigliettaio, in quanto la macchinetta non ha l’opzione per i minori.

Escursioni da Tokyo: avevamo programmato di andare a Nikko (che sicuramente merita), ma con tre figli al seguito e nell’ottica di limitare le alzatacce dopo un anno di duro lavoro abbiamo preferito girarci tutta Tokyo.

Abbiamo in linea di massima evitato i musei in quanto bisognerebbe conoscere la storia del Giappone pèr goderne appieno e perché c’è tanto da vedere fuori. Siamo andati solo ad Edo Tokyo (storia di Tokyo) per vedere come si viveva nel passato nella terra nipponica (palloso per i marmocchi, più interessante per noi). L’ultimo giorno, invece siamo andati per sole due ore (tempo insufficiente, ci vorrebbe almeno mezza giornata) ad Odaibo con una monorotaia che si prende dalla stazione di Shinbashi (mettetevi all’inizio del convoglio o in coda) e vi porta nella zona “marina” di Tokyo da cui potrete ammirarne la skyline e il Rainbow Bridge. Li troverete il museo tecnologico Miraikan, molto interattivo che farà felice qualsiasi mostriciattolo dai 4 anni in su. Da non perdere l’esibizione del robot Asimo (alcuni con sembianze umane) che vi farà capire come cambierà la vita domestica nei prossimi 20 anni.

Per il resto, i quartieri da vedere sono i soliti che trovate in qualsiasi guida on line che certamente avrete consultato. Fatevi un programmino giorno per giorno e girate Tokyo fino allo sfinimento. Noi uscivamo verso le 11.00 (un po’ troppo tardi per i miei gusti ma… “È vacanza!” e tornavamo prima di cena, anche se a volte lasciavamo i ragazzi a mangiare a casa per andare a cenare fuori. Mi permetto solo di segnalare l’imperdibiltà dell’affollato mercato del pesce ( potete mangiare camminando gigantesche ostriche e ricci di mare, tra le altre cose) e la “giapponesità” del quartiere di Sugamo, poco frequentato da turisti.

Lo shopping: noi abbiamo portato una borsa da palestra vuota, divenuta rapidamente piena.

Ovviamente si trova di tutto, aumentato in modo esponenziale. Difficile non perdere l’orientamento in un negozio di elettronica a sei piani in cui un piano è grande come la Standa. A proposito: occhio ad acquistare strumenti elettronici o anche giochi per Nintendo: devono essere overseas, vale a dire utilizzabili oltre oceano.

Oltre a mostruosi di negozi di cosmetica e cura per il corpo per le donne, per gli/le adolescenti ci sono – oltre ai negozi locali – le catene internazionali, ma su sei piani. Noi lasciavamo le nostre figlie da “Forever 21” e tornavamo dopo un paio di ore, a tenerle strette coi tempi.

Bambini in epoca Pokemon: ci sono dei Pokemon Centre per loro fantastici (assai meno per il vostro portafoglio ma formidabili strumenti di ricatto del tipo “comportati bene”) sia a Tokyo che a Kyoto che – mooolto più piccolino – all’aeroporto Kansai di Osaka.

Nota importante: sopra i 5000 yen c’è il tax free, basta avere sempre con sé il passaporto sul quale, con procedura interminabile e certosina, gli addetti alla cassa spilleranno le ricevute dei vostri acquisti, rigorosamente iper confezionati.

Quando prenderete il volo di ritorno – se non ve lo ricordate – vi verrà incontro un sorridente ed educato funzionario della dogana (customer) che vi aiuterà a togliere le ricevute dal passaporto (senza chiedere di visionare gli acquisti, peraltro nella massima parte già scartati ed imbarcati). A quel punto siete a posto.

Kyoto:

Pur avendoli letti, non abbiamo seguito i consigli di Marco Togni e del suo “sognando il Giappone” e si è puntualmente verificato quanto da lui predetto: abbiamo mancato di vedere delle cose culturalmente fondamentali per una sottovalutazione della città.

Dopo Tokyo, si va a Kyoto pensando che – anagrammando il nome – sia una piccola Tokyo.

Non è così. Kyoto non è stata bombardata nella seconda guerra mondiale e quindi non ha avuto ricostruzioni ed ha un milione e mezzo di abitanti. Le distanze sono lunghe e alcuni punti della città peggio serviti di Tokyo. Anche l’intuibilità dell’uso di metro e treni è meno immediata.

Soprattutto, i templi chiudono alle 5. Se ci si muove tardi, visto che alcuni spostamenti per arrivarci – bus inclusi (si sale e si paga all’uscita al guidatore con i soldi esattamente contati … tariffe sul vetro del mezzo) – durano anche 45 minuti, si corre il rischio (come accaduto a noi per il tempio d’oro) di trovarli chiusi e di avere sprecato un’ora e mezzo per arrivarci e per tornare.

Kyoto ha poi una lunghissima via commerciale con centinaia di negozi da cui, trasversalmente, si dipartono ulteriori e più piccole vie commerciali e di ristorazione. Assolutamente imperdibile, per colori e varietà, è il mercato di Kyoto. Se non avete marmocchi al seguito che pretendono di stare seduti a pranzo e di avere fish and chips, mangiate camminando approfittando delle prelibatezze locali.

Carina la Kyoto Tower di sera, per vedere il panorama cittadino.

I movimenti per Kyoto ad agosto, oltre che per le lunghezze, sono resi difficoltosi dal caldo che obiettivamente sfianca. Noi abbiamo iniziato il soggiorno visitando un tempio tutto arancione (Inari shrine) con un migliaio di Torii pure arancioni che si estendono su una montagna da cui si gode un’ottima vista dell’antica capitale del Giappone ed è stata dura. Imperdibile ma dura.

Una gita facile facile che impiega 4-5 ore in totale è Nara. Al di là degli onnipresenti templi buddisti e scintoisti, la particolarità della cittadina sita a circa un’ora da Kyoto è la presenza di una moltitudine di cervi e cerbiatti che circolano indisturbati nelle aree verdi dalla città rifocillati dai turisti che acquistano a 150 yen (1 euro e 20 centesimi circa) delle specie di biscotti di cui son ghiotti.

Insomma, dopo Tokyo e Kyoto abbiamo veramente fatto la scelta giusta per riposarci e rifiatare: andare ai Tropici in Giappone, dove pochi italiani osano. Ne parleremo poi.

Osaka:

Ci siamo stati per due mezze giornate e credo sia sufficiente. Come detto, ci si arriva in 40 minuti da Kyoto, sicché siamo partiti verso le 11.00 ed arrivati, tra una cosa è l’altra, verso le 14.

L’hotel Mystays Otemae ha l’ottimo servizio di tenerti le valigie: avevamo al seguito 7 bagagli a mano (comunque imbarcati) e una sacca sportiva per pinne e maschere, cosicché abbiamo potuto lasciare in albergo 5 valigie per poi prenderle al ritorno da Ishigaki, visto che saremmo tornati a Roma partendo da Osaka.

Ad Osaka (molto calda) abbiamo visto il castello (dieci minuti a piedi dall’hotel) e poi siamo andati, sempre a piedi ma in trenta minuti, a Dotombori, l’illuminatissima zona commerciale. Può accadere, come capitato a noi, che delle graziose studentesse liceali in divisa scolastica vi fermino chiedendo di potere scambiare qualche chiacchiera in inglese. Non siate diffidenti: non vi vendono nulla né vogliono qualcosa. Per loro – altro che scuola-lavoro! – è l’ora didattica finalizzata a migliorare l’inglese e vi porteranno via un quarto d’ora al massimo.

Ishigaki:

Chi scrive è appassionato di snorkeling ed è già stato a Cuba, alle Maldive, in Madagscar, in Kenya, in Messico e nel Mar Rosso. Bene, come varietà di pesci e facilità di snorkeling Ishigaki si trova in posizione intermedia. Un posto da vedere una volta nella vita, nel senso che alle Maldive ci torneresti ogni anno mentre ad Ishigaki ci stai benissimo per cinque giorni ed è sufficiente.

La durata perfetta è stata quella nostra: arrivo la mattina del 22 agosto e partenza la mattina del 27. Diciamo quattro giorni pieni.

Per godere appieno dello snorkeling, dovete mettere su Google “Ishigaki tides”. Apparirà un link http://www.tides4fishing.com/jp/okinawa/ishigaki che conduce a un sito di supporto ai pescatori che vi dà qualsiasi tipo di informazioni sul tempo e sui picchi della marea, visto che lo snorkeling qui si fa bene con l’alta marea.

La spiaggia dove fare snorkeling senza dover prendere barche si chiama Yonehara e ci si arriva dal centro di Ishigaki in circa venti minuti di auto (che io ho preso a noleggio tramite un sito internazionale, Rentalcars.com, visto che i siti locali sono in giapponese): lasciate perdere gli autobus se veramente volete girare l’isola da capo a fondo.

La guida è come nel Regno Unito, quindi a sinistra, ma con un pò di attenzione ci si abitua subito. Quando arrivate, seguite le indicazioni per il Rent a Car. Sul marciapiede ci sono segnali con i nomi delle agenzie. Anche se non c’è nessuno, aspettate lì: arriverà qualcuno con un piccolo pulmino e una lista di chi ha prenotato con loro. Vi faranno salire sul pulmino e vi porteranno al luogo dove preleverete la macchina (io l’ho scelta con cambio automatico) e dove dovrete riportarla. Da lì poi verrete riportati all’aerostazione con un bus. Abbiamo percorso circa 400 km usando tre quarti del pieno (circa 40 euro).

Ishigaki è prettamente di idioma locale. Siamo a 2000 km da Tokyo e il loro turismo è giapponese, cinese e orientale in genere: non hanno bisogno dell’inglese, anche se qualche scritta qua e là la trovate. Molti menù sono solo in giapponese, ancorché illustrati.

Se comunque mi state leggendo, vuol dire che sono sopravvissuto lo stesso.

Tornando allo snorkeling, alla spiaggia in questione ci si arriva facilmente con Google Maps. Non in tutta l’isola c’è il segnale ma prima o poi lo trovate e alla spiaggia ci arrivate.

La spiaggia è lunghissima, gratuita e poco affollata. Al massimo trovate cento persone sparse nel giro di un chilometro. Ci sono molti bambini, anche piccoli (educatissimi e silenziosi), perché con la bassa marea per loro è facilissimo vedere i pescetti colorati praticamente a riva. All’ora che noi abbiamo preferito (tra le 18.30 e il tramonto, che arriva alle 19.30) eravamo SOLI di fronte a un mare liscio come l’olio e con tramonti spettacolari, ideali per foto da Instagram.

Quindi: vedete quando è il picco di alta marea (noi l’avevamo tra le 9 e le 10… Poi tornava di notte). Senza fare alzatacce, ancora alle 11.00 si può fare snorkeling abbastanza agevolmente perché è ancora alta marea. Dalle 12 alle 15-16 la marea è troppo bassa e le rocce affiorano (oltre a fare MOLTO caldo). Quindi dopo un’ora di snorkeling mattutino (adatto a tutti, con pinne e maschera direttamente da riva), abbiamo mangiato sul posto da “Jellyfish” che affitta (e vende) anche pinne e maschere se non doveste averle. Alla fin fine le scarpette da mare le abbiamo utilizzate poco, visto che ci sono diversi punti dove si può fare il bagno e non ci sono coralli sminuzzati sul fondo.

Il localino da spiaggia è decisamente migliore dell’altro attiguo, per lo meno come costi…. Dopo mangiato ci si metteva in macchina con l’aria condizionata facendo il giro dell’isola, passando per tutte le strade più piccole segnalate sulle mappe locali (che neanche sul navigatore ci sono). Abbiamo visto degli scorci veramente notevoli, specialmente dai due fari che, uno a nord ed uno a sud ovest, si trovano nell’isola. Dopo di che, verso le 18-18.30, momento in cui la marea iniziava a rialzarsi, tornavamo a Yonehara Beach per fare snorkeling di nuovo fino a ben dopo il tramonto.

Precisazione: sul posto si trovano cartelli in ci si scrive che ci sono correnti pericolose e sulla cartine che vi danno c’è scritto persino che è vietata la balneazione. In realtà questa è realmente vietata solo a Kabira Bay (senz’altro una splendida baia ma non fruibile se non per prendere barche con il fondo di vetro). A Yonehara, come in tutti i posti, sono la ragione e il buon senso che debbono muovere le azioni. Le correnti trovate sono scarse, nulle nel tardo pomeriggio. Per circa 200 metri lo snorkeling, anche in alta marea, è comunque “basso”, nel senso che ovunque andiate vi potete alzare in piedi. Spinnettando per circa 10-15 minuti, oltrepassata la piattaforma di coralli, si arriva a dei canyon nel profondo blu, dove vi sono pesci un po’ più grandi e dove ho visto diversi serpenti di mare oltre ad una tartaruga.

Lo snorkeling del tramonto si è sempre concluso con decine di foto e timelapse al tramonto stesso, rosso e arancione, reso impareggiabile dalle nuvole e dal colore rosa del mare, che rispecchiava quello delle nubi. Ce ne siamo spesso andati che ormai era notte, con una splendida Luna affiancata da Giove e Venere, senza nessuno attorno a noi e con pesci che saltavano nell’acqua ipercalma (e calda) e paguri giganti sul cammino per uscire dalla spiaggia.

Acqua caldissima e cristallina la mattina, leggermente più torbida il tardo pomeriggio. Essenziale la macchinetta fotografica subacquea. Abbiamo snorkelato con maglietta e cappellino da baseball al contrario su cui indossavamo la maschera, oltre ad una robusta dose di protezione solare.

In questo periodo possono esserci degli uragani, come del resto a Cuba o in Messico nel medesimo periodo. Noi non ne abbiamo avuti, uno pare sia passato il 3 agosto e il secondo lo abbiamo schivato perché ha colpito il centro del Giappone.

Per chi non fa snorkeling ci sono belle spiagge con sabbia bianca e mare turchese in cui stare quasi costantemente dentro l’acqua, visto il calore esterno, ma la spiaggia di Yonehara, molto lunga, offre l’una e l’altra cosa.

Consiglio pratico: venendo da Ishigaki town, conviene accedere dalla prima entrata che trovate sulla destra poco dopo il tunnel (andate piano, tanto tutti vanno a 50 km/h nonostante il limite di 40): il parcheggio è gratuito, così come la spiaggia ovviamente, mentre alla seconda entrata costa 500 yen al giorno. Gli orientali (coperti dalla testa ai piedi) portano con loro delle mini tende da campeggio o degli ombrelli per ripararsi dal sole, visto che in spiaggia non ci sono ombrelloni e che la vegetazione alle spalle della stessa è bassa e non ha alberi sotto cui ripararsi.

Un giorno abbiamo prenotato, con la Marine House Yamangu (trovata su Tripadvisor), una gita di 4 ore (dalle 13 alle 17) in barca per tutti e cinque. Abbiamo pagato 32.000 yen (circa 280 euro, tè fresco a volontà incluso) ed abbiamo fatto bene. Nella difficoltà di comunicazione per prenotare, siamo andati dirette mante sul posto al loro indirizzo seguendo la mappa di Tripadvisor/Google Maps e lì abbiamo trovato una ragazza che qualche parola in inglese la sapeva sicché, tra una parola e un gesto, ci siamo fatti capire. Hanno pinne e maschere a disposizione, se non volete usare le vostre.

Ci hanno dato appuntamento a un luogo vicino al porto segnato su Google Maps alle 12.45, da lì abbiamo preso la barca (ed eravamo solo noi, pur non avendo pagato per un tour privato… Molte barche erano assai più piene) e siamo stati portati in una lingua di sabbia di maldiviana memoria in cui abbiamo fatto uno splendido bagno di un’ora e (le ragazze) immancabili Instagram-photos. Poi ci hanno portato di fronte all’isola Takatomi a fare snorkeling in un fondale di circa tre metri. Classico snorkeling senza troppe sorprese, ma sempre piacevole e addirittura paragonabile al Pokemon Store per il piccoletto di 9 anni. Fanno anche diving ma bisogna parlare giapponese visto che parlano davvero poco l’inglese.

Oltre a ciò, offrono anche una gita in canoa tra le mangrovie che non siamo riusciti a fare. Al solito, cortesissimi, simpatici e gentilissimi.

Insomma, Ishigaki (pur non essendo una bella cittadina) si è rivelata fondamentale per riprendersi dai 10-20 km. al giorno percorsi a piedi sia a Tokyo che a Kyoto.

Pochissimi gli italiani. Non osano affittare una casa al centro di Ishigaki temendo la difficoltà di lingua o per il timore dell’ignoto. Oppure, semplicemente per comodità, si rifugiano in qualche noto hotel costiero.

Per noi, affittare una casa e una macchina ha significato la libertà assoluta e il modo per godere appieno questa splendida isola.

Volendo, si possono fare escursioni alle isole vicine con i ferries che si prendono al porto (orari e costi facilmente rinvenibili su Google digitando “Ishigaki ferry schedule”.

In conclusione, il Giappone in famiglia fai da te si può fare e non è difficile.



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