Due settimane in Giappone

Cinque giorni a Tokyo, minitour di due giorni in auto nella Penisola di Izu e poi Osaka, Koyasan, Kyoto, Toba, Ise... tra onsen, shinkansen, monasteri buddisti, cartelloni luminosi e bottiglie di saké
Scritto da: Gabriele Taddei
due settimane in giappone
Partenza il: 06/11/2014
Ritorno il: 21/11/2014
Viaggiatori: 2
Spesa: 3000 €
Inizio sfatando un falso mito: il Giappone non costa molto, anzi. Tutto dipende ovviamente da quale tipologia di viaggio avete in mente e dal vostro stile di vita.

Compagnie aeree. Moltissime offrono il Giappone come destinazione: Aeroflot è la meno costosa (poco meno di 500€ a/r), compagnia seria, non l’ho presa soltanto per via delle sanzioni e non volevo rischiare saltasse il volo. Lufthansa solita sicurezza, servizio eccellente (preso a 750€). Sarei stato curioso della compagnia di bandiera JAL, ma non si confaceva ai miei orari.

Aeroporto: Haneda sta subendo forti ampliamenti e va sempre più sostituendo Narita come hub internazionale, bellissimo e funzionale. Una volta atterrati (idem al ritorno) non abbiamo praticamente visto anima viva fin quando siamo usciti dal settore arrivi: in tutti i corridoi musica classica, moquette, una hostess ogni tre metri e colonnine che parlano stile film cyberpunk. E’ il quarto aeroporto più trafficato del mondo ed è organizzato talmente bene che non c’è un minimo di affollamento. All’interno c’è la fermata della Tokyo Monorail (fa parte della JR, quindi se avete il Pass salite ed è gratuita) che vi porta direttamente in città.

Mezzi di trasporto. Metropolitane e treni sono privatizzati, quindi troverete la compagnia di Stato (la JR, Japan Railways) e decine di aziende private. La JR è la più avanzata ed efficiente, un orologio atomico, e detiene il monopolio dei treni veloci (shinkansen e nozomi). Se pensate di fare solo Tokyo, non vi servirà. Ma se pensate di girare il Giappone come abbiamo fatto io e la mia ragazza, prendete il JR Pass. Si tratta di un pass che, una volta acquistato (solo dalla nazione di partenza, nel nostro caso l’Italia) permette di passare gratuitamente ogni tornello di metropolitana, treno, traghetto, etc della JR. E’ piuttosto costoso ed alcune volte sarete costretti a pagare il biglietto di compagnie private perchè monopoliste di alcune tratte, ma a conti fatti conviene sia economicamente che per la semplice comodità di mostrare il pass all’ometto del tornello e passare avanti senza fare biglietto e fila nel 90% dei casi. In ogni caso utilizzate Hyperdia che da ogni qualsiasi indicazione (dal pc mentre siete in Italia, come app dello smartphone una volta là): inserite località di partenza-arrivo e vi da tempo, prezzo, etc aggiornato al secondo. Non scherzo.

Soldi. Cambiate dall’Italia in yen tutti gli euro di cui pensate di avere bisogno, andate in giro tranquillamente con i vostri soldi e non ponetevi grossi problemi: è la nazione più sicura mai vista. Non scherzo. Se pensate di utilizzare carte: Visa e Mastercard funzionano bene, il circuito Maestro a novembre 2014 era disattivato da più di un anno. Consultate prima di partire.

Cibo. Di una varietà “disarmante”. Non credo di aver mai o quasi mangiato due volte la stessa cosa in quindici giorni di viaggio. Fatevi coraggio e ordinate: qualità eccellente e prezzi irrisori: nella maggior parte dei casi siamo usciti satolli e bevuti con conti da 3-10€ in due. Ogni locale presenta fuori un cartellone con fotografie, modellini in plastica delle portate e prezzi, quindi non avrete problemi: male che vada indicate cosa volete.

Alloggi. Se per mangiare spenderete pochissimo, per alloggiare i costi sono maggiori della media. Anche se tutto dipende da cosa cercate: potete dormire nei capsule hotel, sui bus notturni a lunga percorrenza oppure in ryokan lussuosi.

Per qualsiasi domanda vi possa venire in mente, sfogliate da cima a fondo http://www.japan-guide.com. C’è TUTTO. Non scherzo nemmeno adesso.

Il nostro viaggio

Cinque giorni a Tokyo dicevo. Posto che la città è enorme e l’area metropolitana infinita, quella che vi interesserà al primo viaggio è un’area relativamente ristretta all’anello di metropolitana della JR Yamanote Line, dove si trovano praticamente tutti i quartieri più importanti ed attraversata esattamente a metà dalla Chuo Line per risparmiare tempo in caso dobbiate andare dall’altra parte dell’anello. Consiglio di prendere albergo in un quartiere tranquillo della Chuo Line (noi eravamo a Yotsuya): in questo modo potrete andare rapidamente ovunque, ve ne accorgerete in loco. Per visitare tutta la città, parere mio, sono necessarie due forse tre settimane. Ma ovviamente non ne vale la pena (nel senso che vi stancate): cinque giorni sono ottimali per vedere quanto c’è da vedere di importante, in caso vi innamoriate del Giappone come me… il resto sarà oggetto di un viaggio futuro. Meglio usare altri giorni per scoprire anche altre zone della nazione. Quartieri da visitare? E’ una parola. In linea generale, sembra una cosa stupida a dirsi ma secondo me è così: questa è una città in cui passeggiare. Si, a parte le dovute visite al Parco Imperiale, ad Asakusa, la Tokyo Skytree, la cosa più bella di Tokyo e passeggiare per i vari quartieri della città con fare curioso e scoprire le vagonate di stranezze, diversità, comportamenti, negozi, prodotti, mercati, tempietti… che saltano all’occhio, mentre si mangia una polpetta di pesce o un polipo rosso in spiedino che pare uscito dai cartoni animati giappi. Shibuya e Shinjuku moderni, dinamici, pieni di negozi e luci. Harajuku e Omotesando, con le vie dello shopping e delle grandi marche (detto così uno dice “e che mi frega?”… è divertente guardare anche li, garantito da un anticonsumista). Il mercato del pesce di Tsukiji, con il sushi più buono del mondo: una differenza incomparabile con quello servito in qualsiasi locale del Giappone stesso. Se vi interessa, cercate nella zona dei ristorantini interni al mercato, una botteghina di prodotti di ceramica: prezzi irrisori e bellissimi prodotti, che troverete in altri negozi in giro per il Giappone con un paio di zeri in più. Mi sono pentito di non aver fatto maggiormente incetta. I parchi di Ueno, Yoyogi, etc ed i mercati di Ameyoko e Yanaka, assolutamente non turistici. E poi fatevi un paio di giri scegliendo in modo completamente casuale la destinazione della metro. Già così l’agenda si fa piena, complessa e sarete stanchi. Ripeto: passeggiate, curiosate, provate a chiedere, assaggiate qualsiasi cosa e infilatevi ovunque: è una città di mille meraviglie. Naturalmente il tutto con massimo rispetto ed educazione.

Al sesto giorno shinkansen fino ad Atami, dove abbiamo preso un auto a noleggio per due giorni. Cambio automatico, guida “al contrario”, un attimo di ambientazione… fattibile. A parte questo, abbiamo visto posti meravigliosi fuori da ogni tratta turistica e persino dai treni. Costeggiata la penisola di Izu ad est, fermate casuali per tempietti shintoisti, paesaggi marittimi e curiosità varie fino a Shimoda, dove abbiamo virato verso l’interno fino a Seven Waterfalls. Qui abbiamo pernottato presso il ryokan “Amagiso”: accoglienza eccezionale, con questo signore, indossante uno yukata, che siede in ginocchio su una piattaforma sopraelevata e noi seduti di fronte su una panca per il check in. Parla inglese al suo meglio, voltandosi ogni tanto per parlare con se stesso e bestemmiando ridendo per il fatto di non riuscire a trovare alcuni vocaboli. Uscito da un manga. Cena nella struttura, tradizionale kaiseki, mille meravigliosi piccoli piattini portati a ruota ed innaffiati di the verde e saké. Ma il punto forte sono… gli onsen all’aperto, aperti di notte in una radura boscosa tra le sette cascate, sopra le quali si apre il cielo stellato. Dopo le nove in questi bagni termali, gli unici misti uomini-donne trovati nel corso del nostro viaggio, si va nudi. Centodieci e lode.

Il mattino successivo riprendiamo la macchina e facciamo questa volta la costa occidentale della penisola: sempre quel misto di Giappone rurale e marino che caratterizza la zona, bellissimo. Crudo di pesce fino ad ammazzarsi, con veduta sul Monte Fuji al di la di un golfo e si inerpichiamo su una mini catena montuosa che ci porta fino a Shuzen-ji, cittadina di pellegrinaggio per l’omonimo tempio, dove alloggiamo al ryokan “Tazainso”, dove troviamo Ryusuke, un ragazzo che studia opera lirica e parla italiano, che risponde a molte domande su ciò che avevamo visto nella settimana appena trascorsa e ci tratta come amici di una vita stando dietro alle nostre necessità anche dopo il termine del suo turno di lavoro. Anche qui onsen interno e cena in stile kaiseki, ancora più buona di quella della sera precedente.

Il giorno dopo torniamo ad Atami, molliamo la macchina, acquistiamo un bento (i cestini da viaggio giapponesi, ottima qualità, cibo fresco e vario: provateli) e prendiamo lo shinkansen per Osaka. Questa è stata l’unica tappa del viaggio che non ci è piaciuta: metropoli sporca e poco organizzata (per i loro standard certo), si avvicina più ad una grande città occidentale decadente che al Giappone. Meno male avevamo in programma soltanto una notte.

Al risveglio, ci carichiamo nuovamente i bagagli in spalla (è un modo di dire, avevamo i trolley) e con i mezzi di trasporto più vari (metro-treno-funivia-bus) arriviamo sulla cima del Monte Koya, grazie alle indicazioni della sempre più indispensabile app Hyperdia. Koyasan è un lunghissimo stradone, sulla cima del Monte Koya, con ad un capo le cosiddette Porte dei Demoni ed all’altro il più grande cimitero buddista del Giappone, lungo il quale vi sono decine e decine di templi buddisti, un tempo monasteri ed adesso idem, autosostenentisi facendo pernottare al loro interno i viaggiatori. Ormai non è più una zona irraggiungibile chiaramente ed anche li sono sorte una serie di botteghe e commerci, ma i monasteri hanno il loro fascino. Noi abbiamo alloggiato presso il “Jimyoin”, e mi sento di consigliare caldamente anche questo: la struttura è spartana (come tutte: sono monasteri buddisti di montagna), monaci ai limiti del servile, si fanno in quattro e volete mettere dormire li? Anche qui abbiamo optato per la mezza pensione, cena vegetariana buddista ottima, con “spettacolo” annesso quando i monaci sono arrivati e con una serie di mosse plastiche tipo balletto, hanno tolto tutte le suppellettili dalla stanza ed hanno apparecchiato il tatami con queste vassoiate di roba. Grandi. Anche qui è presente un onsen interno, ottimo. Vi inviteranno inoltre al mattino a partecipare alla funzione religiosa: andate, merita veramente parecchio, è un’esperienza da fare.

Percorso inverso e ci rechiamo a Kyoto. Aspetto negativo: la metropolitana è molto limitata come linee e fermate (presente Roma?) ed i trasporti un pò incasinati: a posteriori la nostra scelta di pernottare in zona Kyomizudera (così come l’eventualità di stare alla Kyoto Station) si è rivelata sbagliata. La cosa migliore è prendere alloggio nella zona centrale, quella di Gion-Pontocho e parti limitrofe, da dove potrete visitare gran parte della città anche a piedi e prendere i mezzi solo per andare a Fushimi Inari, Arashiyama e nelle zone più lontane. Andate al Nishiki Market perchè merita tantissimo girellare e mangiucchiare cibo da strada nelle varie bancarelle e botteghe, così abbiamo pranzato infatti quel giorno. I prezzi sono buoni anche per fare compere. Anche per Kyoto, come d’altronde per tutto il resto del Giappone, fate riferimento a japan-guide.com, vi risolverà parecchi problemi organizzativi. In ogni caso città meravigliosa, strabordante di templi shintoisti e buddisti, zone carine ed anche qui mille posti ottimi dove mangiare a poco. Evitate di mangiare a Pontocho: vi danno le stesse cose a prezzi dieci volte maggiori rispetto a due strade più in là. Tempo necessario per la città almeno una settimana, ma vale lo stesso discorso di Tokyo: consiglio di farne due-tre: variatio delectat, poi stanca.

L’ultima tappa ci ha portato presso Toba (anche qui consultate Hyperdia: ci sono più mezzi e solo alcuni rientrano nel JR Pass), dove abbiamo pernottato presso il Toba International Hotel. Una struttura da manicomio, con suite vista oceano da sessanta metri quadrati. Ci volevamo togliere qualche altro sfizio. Onsen superbo nel ryokan sottostante, che fa parte della stessa proprietà e pulmino privato che scarrozza su e giù. Sul lungo mare, a venti metri dalla stazione, una serie di baracchine scalcinate che non fanno gran figura, nascondono localini sempre scalcinati che offrono però aragoste, ostriche, capesante, vongoloni… ci sediamo e, a gesti, una signora ci fa scegliere le bestie. Pesca le aragoste vive con le mani, le poggia su un ripiano e le divide direttamente col coltellaccio da vive. Le due metà continuano a muoversi per qualche minuto, poi le avvolge nella stagnola e le butta per mezzo minuto sopra la fiamma senza pentolame. Un’aragosta viva appena pescata dall’Oceano ed una vassoiata di ostriche e capesante a testa per il pasto più costoso del viaggio: cinquanta euro in due. In Europa nemmeno i gusci ci davano. Dimenticavo: perchè fermata a Toba? Non c’è niente, ma poco distante c’è Ise, sede di uno dei tre santuari più importanti dello shintoismo, considerato che custodisce (ma non lo potete vedere) lo specchio che la dea Amateratsu donò al primo Imperatore del Giappone tremila anni fa.

Poi l’ultimo giorno, il treno proiettile fino a Tokyo e la ripartenza per l’Italia.

Conclusione: Ho viaggiato molto ma, anche per formazione, cultura e credenze personali, trovo il Giappone essere il più bel posto che io abbia visitato. E forse anche l’unico nel quale tornerò in futuro. Organizzazione, efficenza, modernità ma al tempo stesso spirito estremamente rurale e “paesano”. Metropoli di venti milioni di abitanti dove i bambini di cinque anni escono dall’asilo in gruppo, tranquillamente mentre i bottegai versano la classica secchiata d’acqua per la strada. Mi è parso di stare per quindici giorni in un cartone animato giapponese: è tutto uguale. Sinceramente non so che dire, non si spiega: va visto.



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