Giappone fai da te da Tokyo a Beppu – famiglia di 4 adulti –

Un viaggio sicuramente interessante che ci ha fatto conoscere un paese di contrasti. Contrasti tra la modernità più spinta e la tradizione più radicata. Un paese dove praticamente tutti sono gentili e rispettosi. Per strada non si sentono strombazzare clacson, non si sente gente urlare, non si perde la pazienza nemmeno nella calca delle ore di...
Scritto da: Lurens55
giappone fai da te da tokyo a beppu - famiglia di 4 adulti -
Partenza il: 09/08/2011
Ritorno il: 25/08/2011
Viaggiatori: 4
Spesa: 2000 €
Vacanza in Giappone

09/08/2011 – 26/08/2011

Partecipanti: tutti

(Cambio valuta 1 € ~= 106¥)

Prologo:

A fine febbraio comperiamo i biglietti (non rimborsabili) del volo Aeroflot Milano, Mosca, Tokyo su Opodo.

Due settimane dopo l’acquisto, cioè l’11 marzo 2011, l’incidente di Fukushima. Cominciamo così a prendere in considerazione di rimetterci i soldi dei biglietti e rinunciare al viaggio.

Monitoriamo la situazione su vari siti (incluso quello dell’Ambasciata Italiana a Tokyo). A maggio sembra che da Tokyo verso sud non ci siano problemi, così definiamo il giro da fare e prenotiamo i vari hotel.

Hotel utilizzati:

Tokyo: Hotel Nihonbashi Villa – vicino alla stazione di Bakurocho – Uscita C4 – 2 camere doppie con bagno privato, 4 notti, 50000 JPY (su booking.com) – Soddisfacente per il rapporto prezzo qualità. Camere un po’ piccole.

Kyoto: Hotel Budget Inn – vicino alla stazione – 1 camera da 4 con bagno – 6 notti, 77080 JPY (prenotato direttamente www.budgetinnjp.com) – questa sistemazione in un appartamento giapponese ci è piaciuta proprio tanto.

Hiroshima: Dormi Inn – vicino alla fermata della metro Chuden-mae – 2 camere doppie con bagno, 2 notti, colazione compresa, 28000 JPY (su booking.com) – La sistemazione migliore del viaggio.

Beppu: Daiiti Hotel – vicino alla stazione – 2 camere doppie con bagno, 2 notti, 28000 JPY (su booking.com). Comodo, staff gentile, per 2 notti è andato più che bene.

Narita: U-city Hotel – con navetta gratis per l’aeroporto – 2 camere doppie con bagno – 11600 JPY (su booking.com). Stanze grandi. Comodissimo alla stazione.

Informazioni di dettaglio sugli hotel sono nel testo del diario.

09/08/11 – Martedì (MXP – NRT)

Sarà un viaggio di circa 11000 Km, 13 ore e mezza solo di volo più tempi di attesa per la coincidenza a Mosca.

Orario di imbarco previsto 11.40; effettivo 12.30. Partenza con 30′ di ritardo. Contrariamente a quanto riportato sul biglietto il volo non è operato da Alitalia, ma da Aeroflot con un Airbus 321.

Il volo procede tranquillo. L’arrivo a Mosca è in leggero ritardo. Tempo di sbrigare alcune formalità aeroportuali e siamo prossimi ad imbarcarci per Tokyo. Il Terminal D è lo stesso dell’anno scorso, ma completamente rinnovato e irriconoscibile.

Imbarco in perfetto orario.

L’aereo, un Airbus 330-300 nuovo è abbastanza vuoto.

Probabilmente la situazione infelice del Giappone, a seguito del terremoto, scoraggia molte persone ad andare.

Su questo volo il servizio di bordo Aeroflot è particolarmente curato. Dopo aver percorso quasi 1000 miglia, e con ancora circa 3700 da percorrere, fuori è notte. Ma la notte durerà poco. Terminata la cena ci si rilassa e si considera finita la giornata, mentre stiamo volando a nord-est di Yekaterinburg.

10/08/11 – Mercoledì (Tokyo)

La notte in aereo è durata circa 4 ore e siamo già al 10 agosto. Essendo l’aereo piuttosto vuoto, siamo persino riusciti a riposare un po’.

Arrivati in perfetto orario. Formalità doganali rapidissime. Cambiamo i Japan Rail Pass e compriamo i biglietti per andare a Tokyo per non usare subito il Pass da 14 giorni.

Il treno passa in una zona di campagna verdissima con campi coltivati in modo incredibilmente ordinato.

Usciti dalla stazione di Bakurocho, l’impatto climatico è forte. Oltre 30° e molto umido

Finalmente dopo 24 ore di viaggio arriviamo all’hotel Nihombashi Villa (www.hotelvilla.jp). Due camere doppie con bagno per 4 notti 50000¥. Internet gratis in camera (con cavo fornito alla reception) e aria condizionata (data la temperatura è molto utile) e frigo. Dopo la registrazione saliamo in camera. L’hotel è bello, la camera pure, ma è veramente piccola. Sembra la cabina di una nave e non c’è l’armadio, quindi le valigie non si possono disfare. Meno male che stanno sotto al letto.

Il bagno ha il “WC tecno” con una pulsantiera di fianco che serve ad attivare varie funzioni (tra cui la funzione bidet) e la vasca con tenda, usabile quindi anche come doccia.

Questo hotel ha anche le cosiddette capsule, cioè dei loculi claustrofobici dove ci si infila per dormire. Mi piacerebbe vederne uno, per curiosità.

Ci scaraventiamo sul letto e dormiamo qualche ora.

Poi giro ad Asakusa (2 fermate di metro, 170¥) a visitare il Senso ji e il quartiere, molto tranquillo e silenzioso, pieno di negozietti di cianfrusaglie di ogni sorta di dubbio gusto. Ad un certo punto ci sono passate vicino a pochi metri due geishe (non so se autentiche o se semplicemente vestite come tali). Cena in un ristorantino frequentato da giapponesi che serve ramen in varie declinazioni. Per 4 zuppiere molto abbondanti di questi tagliolini in brodo con carne e verdura abbiamo speso 3400¥. L’acqua è gratis. La birra costa uno sproposito (ma costa molto anche nei supermercati, sui 2€ una lattina da 33cl). Per oggi basta così.

11/08/11 – Giovedì (Kamakura)

Patiamo il fuso orario e quindi siamo già svegli molto presto.

In hotel danno solo la colazione alla giapponese che non incontra i nostri gusti, così ieri ci siamo procurati al supermercato delle sfogliatine alla mela anche buone.

Cerchiamo un treno per andare a Kamakura e scopriamo che parte dalla stazione di Bakurocho, che è a 50 metri dall’hotel.

Il viaggio dura circa 1 ora. Scendiamo a Kita Kamakura e visitiamo il tempio Engaku-ji (300¥). Da lì proseguiamo lungo la strada fino al tempio Kencho-ji (300¥). Il secondo è più bello. Entrambi hanno uno stile decisamente minimale. I templi buddisti cinesi sono molto colorati e decorati, questi invece sono molto essenziali.

Fa un caldo tremendo. I locali girano con dei piccoli asciugamani con cui si asciugano il sudore.

Per pranzo andiamo in un ristorantino dove ci sono solo giapponesi e il menù (sebbene con foto) è poco auto-esplicativo e il personale sa 2 parole in croce di inglese. Quindi mangiamo cose a caso. Andiamo quindi a vedere il Grande Budda (200¥) facendo una scarpinata di mezz’ora sotto il sole a picco. Con 20¥ in più si entra anche dentro la statua.

Poi a cena in un ristorante da giapponesi dove abbiamo intenzione di mangiare qualcosa di diverso dagli spaghettoni in brodo. Cerchiamo di farci capire un po’ in inglese, un po’ indicando piatti disegnati su un cartellone, un po’ con un riassunto di menù in inglese e alla fine più o meno abbiamo mangiato, ma non abbiamo capito bene cosa.

Visto che è presto proviamo ad andare alla stazione centrale di Tokyo per vedere com’è il centro di sera e la brulicante vita dei tokyoti (si dirà così?).

Prima cosa che colpisce è la dimensione della stazione di Tokyo, veramente impressionante e di conseguenza il numero di persone che si muovono in tutte le direzioni come le formiche. Andiamo all’ufficio della Japan Rail per chiedere informazioni per prenotare i posti sul treno per andare a Nikko, ma parlano poco e male l’inglese, per cui lasciamo perdere (tra l’altro il tizio al banco ci dice “all sold out”, ma poi interviene una ragazza che dice che possiamo prendere il treno ugualmente. Abbiamo inteso quindi che magari viaggeremo in piedi. Pazienza.

Fuori dalla stazione invece è tutto poco illuminato e non ci sono edifici interessanti dal punto di vista architettonico.

Cotti dal caldo e dalla stanchezza ce ne torniamo in hotel, godendo dell’aria condizionata.

12/08/11 – Venerdì (Nikko)

Verso le 3 del mattino mi sento cullare nel letto. È una scossa di terremoto molto lieve. Visto che non suonano allarmi, non si sentono giapponesi uscire dalle camere e che dopo pochi secondi smette riprendiamo a dormire.

Alle 8 sveglia, colazione alla veloce e via alla stazione.

Alle 9 siamo al binario dello Shinkanshen che ci porta a UTSUNOMIYA dove si cambia per Nikko.

Abbiamo capito com’è la storia delle prenotazioni. Solo alcune carrozze hanno posti prenotabili. Le altre sono libere. In realtà il treno non è pieno e quindi ci sediamo comodamente.

Arriviamo in orario perfetto. Quando arriva uno Shinkansen, ad ogni porta si mette una persona con un sacco aperto e la gente mentre scende butta via la monnezza, così il treno è sempre bello pulito. In realtà sono puliti tutti i treni, così come la metropolitana. Prendiamo il trenino della Nikko Line. Davanti a noi una signora estrae dalla borsetta una merendina: un triangolino di riso avvolto dentro un foglio di alga nori.

Giunti a Nikko, paesone tra le montagne, scopriamo che fa caldo anche qui. Non come a Tokyo, ma quasi.

L’idea è di visitare un paio di siti all’interno del parco nazionale. Non riuscendo a capire nulla, perché è tutto scritto solo in giapponese, alla fine abbiamo comperato il biglietto cumulativo per tutto il comprensorio (1300¥). Il giro ha preso 2 ore, dopodiché con i piedi che fumano e sudati andiamo a fare pranzo da Hippari Dako Un ristorantino con solo 3 tavoli gestito da due signore anziane dove si mangia molto bene, piatti abbondanti e costi bassi (meno di 1000¥ a testa). I gyoza sono particolarmente buoni.

Girulato un po’ per il paese visitando negozietti vari. In un negozio di alimentari abbiamo visto in vendita un sacchetto di noci (420 gr.) a 1050¥!!!!”.

Poi alla stazione per prendere il treno per Tokyo.

Arrivati in albergo ci rimettiamo un po’ in sesto e poi cerchiamo un posto dove mangiare. Intorno all’hotel ci sono una serie di ristoranti dove l’unica lingua usata è il giapponese. Troviamo finalmente un fast food alla giapponese che ha dei bei disegni da cui più o meno si capisce cosa si mangia. Non è male e costa pure poco (meno di 1700¥ in 4). Chiara ha imbroccato un piatto piccantissimo.

Giro nei dintorni per vedere se c’è qualcosa di interessante. Non c’è nulla e quindi torniamo in hotel. Domani abbiamo appuntamento con Junko, una signora giapponese che ci farà da guida a Tokyo.

13/08/11 – Sabato (Tokyo)

Prenotato dall’Italia via Internet (www.tokyofreeguide.com) una guida del servizio volontario per la giornata. A nostro carico le spese di mezzi pubblici, pranzo e ingressi.

L’appuntamento con Junko è alle 9.30 nella hall dell’albergo. Alle 9.25 scendiamo per essere puntuali e lei è già lì (proverbiale puntualità giapponese).

Ci dice che finalmente è in ferie. 5 giorni!!!! Aggiunge che in Giappone sono un po’ malmessi come ferie. La conversazione scivola sul lavoro e ci dice che lei lavora in una ditta che fa microchip e vasellame di pregio per la casa. Abbastanza curioso come abbinamento. Per farci capire meglio tira fuori dalla borsa una cartellina con il campionario dei prodotti della sua ditta. Abbiamo avuto per un attimo l’impressione che volesse proporci l’acquisto di qualche articolo, ma è stata una impressione errata. Ci è rimasta la curiosità del perché nel tempo libero vada in giro con la brochure dell’azienda nella borsa.

Ci dirigiamo (la temperatura è da altoforno e l’umidità quella di un bagno turco) verso il palazzo imperiale. Iniziamo il percorso dal ponte da cui si accede all’area riservata all’imperatore. Ovviamente non si accede al ponte, ma lo si guarda da lontano. Viene aperto solo il primo dell’anno e il giorno del compleanno dell’imperatore. Da qui, con una breve passeggiata, raggiungiamo il giardino: un’oasi di pace e tranquillità. Non fosse per il caldo sarebbe un paradiso. Purtroppo il mese di agosto non è il momento migliore per la visita perché gli alberi e gli arbusti sono già tutti sfioriti. Vediamo però come curiosità per noi occidentale un piccolo campicello coltivato a tè.

Da qui con la metropolitana andiamo a Ginza, quartiere commerciale di lusso. Un equivalente della 5th Av. di New York. Infatti qui ci sono Tiffany e le rappresentanze di tutti gli stilisti, profumieri, ecc.

Qui a Ginza c’è il Sony building, dove la Sony espone i suoi più recenti articoli elettronici, tra cui la TV 3D che in una saletta proietta filmati di acquari e riprese subacquee. L’effetto è molto interessante, però l’uso degli occhiali attivi è abbastanza incompatibile con gli occhiali da vista.

Andiamo in un padiglione di orologiai, dove ogni ascensore porta direttamente in uno specifico negozio. Noi siamo andati alla Swatch che ha un ascensore completamente rivestito di suoi orologi (si direbbe tutti diversi tra loro).

Junko ci porta poi (visto che sono l’unico maschio del gruppo) nel salone della Shiseido (cosmetici) dove hanno un sistema fatto da video e telecamera che inquadra la faccia della persona, poi fanno leggere il codice a barre dei vari cosmetici e in automatico applica sulla faccia ombretto, rossetto, fard, ecc. con una precisione incredibile.

Passeggiando per Ginza troviamo un negozio di “frutta da regalo”. Due normalissimi meloni retati 100€!!!! (proprio cento!!! non è un errore).

Il tour prosegue in metro verso Roppongi Hill (che in realtà non è affatto su una collina come il nome farebbe pensare) dove ci sono delle sculture un po’ strane. Da una balconata si vede bene la Tokyo Tower (una copia della Tour Eiffel, alta 30 metri di più e colorata di bianco e rosso). Junko ci ha fatto notare che la punta è un po’ piegata. Effetto del terremoto dell’11 marzo 2011. È ora di pranzo. Ci guardiamo un po’ intorno e vediamo un ristorante svedese (!?!) che evitiamo per ovvie ragioni (wasa e aringhe non incontrano i nostri gusti). Optiamo per uno locale dove mangiamo gyoza e ramen in brodo di miso ottimi entrambi spendendo pochissimo (2500¥ in 5).

Proseguiamo il giro andando a Shinjuku dove saliamo (gratis) al 45° piano della torre del Tokyo Metropolitan Government (opera di Kenzo Tange). Da qui si vede un’estensione infinita di case e grattacieli (purtroppo solo da dietro le vetrate) sotto una cappa di umido grigina. Nelle vicinanze si vede un grattacielo dalla forma strana (un po’ ricorda il cetriolo di Londra) fatto dal figlio di Kenzo Tange.

Scendiamo e andiamo a vedere l’NS building, un edificio di 30 piani vuoto in centro. Dalla balconata del 30° piano fa una certa impressione guardare l’atrio sotto.

Con la JR Yamanote andiamo a Shibuia, dove c’è un enorme incrocio che si può guardare dall’alto delle vetrate della stazione della metro (o dalla sala di Starbucks). Quando viene il verde per i pedoni parte una fiumana di persone che si spostano in tutte le direzioni. È uno spettacolo curioso, ma dopo aver visto la Cina (e il suo brulicare di persone) non è che sia così impressionante.

E qui alla stazione di Shibuia salutiamo Junko, una signora gradevolissima che ci ha pazientemente accompagnato in giro per Tokyo facendoci risparmiare un bel po’ di tempo, visto che con lei si andava a colpo sicuro.

Torniamo quindi all’albergo per una rinfrescata e un po’ di riposo.

Verso le 19.30 partiamo di nuovo per Shinjuku perché le ragazze vogliono fare delle foto di notte dal 45° piano della torre. Essendo ora di cena ci guardiamo intorno e vediamo un ristorante che ha sia dei piatti di sushi, sia altre cose, con prezzi buoni (solo all’apparenza, come vedremo dopo) così ci fermiamo.

Le cose che abbiamo preso erano anche buone, però il locale era rumorosissimo e quando hanno portato il conto ci hanno aggiunto la bellezza di 310¥ a testa di “coperto”, voce di spesa inesistente in Giappone. Questa fregatura ci ha un po’ seccati, ma pazienza; in ogni viaggio qualche cosa non va.

Arrivati in prossimità della torre ci siamo ulteriormente resi conto di quanto sia stato utile girare accompagnati da Junko. Infatti dapprima sembrava che fosse tutto chiuso, però avevamo visto un cartello che indicava l’orario fino alle 23. A forza di fare abbiamo trovato come accedere all’atrio dell’ascensore. A seguito dell’incidente di Fukushima i giapponesi hanno giustamente deciso di risparmiare energia, così la città è molto poco illuminata e le foto notturne non sono venute un granché.

Si va in hotel a dormire.

14/08/11 – Domenica (Tokyo e trasfermento Kyoto)

Prepariamo i bagagli. Oggi ci trasferiamo a Kyoto nel primo pomeriggio.

Approfittiamo della mattina per andare al Meiji jungu (fermata Harajuku, della Yamanote) e per vedere le “cosplay” al jungu bashi (la piazzetta vicino all’uscita della metro). Il Meiji jungu è un tempio (rifatto alla fine degli anni 50) dove i giapponesi vanno, comprano per 500¥ una tavoletta di legno, prendono un pennarello e scrivono una “richiesta” (di buona salute, di fortuna, ecc.) e poi la tavoletta si appende ad una griglia.

C’era anche una tavoletta scritta in inglese in cui si chiedeva fortuna per un sito web (!?!).

Tornati alla piazzetta le cosplay non c’erano o meglio c’era qualche ragazzina vestita in modo un po’ strano, ma niente di più.

Ritorniamo verso l’hotel che è mezzogiorno. Pranzo e poi all’hotel per prendere i bagagli e andare alla stazione per prendere lo Shinkansen HIKARI 475 delle 14:03.

Non abbiamo prenotato i posti ma non ci sono problemi. Partenza e arrivo come di consueto in perfetto orario.

La stazione di Kyoto è una roba spaziale. Un capolavoro di architettura moderna dell’architetto giapponese Hiroshi Hara. Gaia che studia architettura è rimasta a bocca aperta. Foto a non finire.

Il nostro hotel Budget Inn (www.budgetinnjp.com), è vicino alla stazione. Mi hanno mandato via mail la piantina stradale dettagliatissima (erano persino disegnati i semafori) per cui siamo arrivati subito senza difficoltà. La camera famiglia per 4 adulti con bagno, frigo e soprattutto l’aria condizionata, per 6 notti costa 77080¥. È una camera al 3° piano (c’è l’ascensore) in stile giapponese con le stuoie per terra (ci si toglie le scarpe per entrare) e i futon. C’è il WiFi in camera gratuito, un balconcino con lo stendibiancheria e nella zona comune tavolo, forno a microonde, bollitori, postate occidentali, stoviglie, ecc.

Una volta sistemati abbiamo fatto il bucato con la lavatrice a gettone (200¥ per 5 Kg). La lavatrice è un po’ il punto debole di tutta la struttura. È un catenaccio della Hitachi un tantino datato. Però più o meno abbiamo lavato tutto e per un po’ siamo a posto.

Per cena siamo andati nel seminterrato della stazione che è un pullulare di ristoranti di tutti i generi (il complesso di ristoranti si chiama “Porta”, in italiano, scritto con i nostri caratteri). Un breve giro orientativo e poi ci infiliamo in uno bello pieno di giapponesi dove abbiamo mangiato molto bene con meno di 4000¥.

Giro turistico della stazione che ha 11 livelli e al 12° una bellissima terrazza dove spira una piacevole brezza.

E anche oggi è finito.

15/08/11 – Lunedì (Kyoto)

Alle 8 piove. Poi smette e alle 9.30 quando usciamo dal nostro appartamentino sembra di essere in un bagno turco a cielo aperto. Quattro passi e siamo alla stazione dei bus dove acquistiamo il biglietto giornaliero da 500¥ (una corsa costa 220¥, quindi conviene molto). Danno anche una cartina delle linee dei bus con una tabella in cui riportano i principali siti turistici di Kyoto, con che linee andare da uno all’altro e a che fermata scendere. Girare Kyoto è abbastanza semplice nonostante la carenza di cartelli trascritti in caratteri latini. Prima tappa il Ginkakuji o Padiglione d’argento che raggiungiamo con il bus n. 100. Costo ingresso 500¥. Nei vari edifici non si può entrare, però il giardino è un vero e proprio capolavoro. Ci sono enormi cumuli di sabbia modellati alla perfezione e aree verdi molto belle. Nel complesso il posto vale senza dubbio la visita. Il costo del biglietto è un tantino alto confrontato con Kamakura e Nikko.

Da qui con il bus 204 andiamo al Nijojo (ingresso 600¥). Qui si visitano vari edifici (residenza di uno shogun) con decorazioni molto belle.

Il pavimento in legno è costruito con una tecnica particolare per cui produce un cigolio che ricorda il fischio dell’usignolo. Così se qualcuno si introduceva di notte di nascosto era subito scoperto. I moderni parquet che scricchiolano sono fastidiosi, questo invece, fatto apposta così centinaia di anni fa, ha un suono gradevole. Il percorso di visita si fa scalzi e alla fine del giro i piedi sono rimasti puliti, perché è tutto lustro e pulito. Quello che fa girare le scatole è il divieto di fare fotografie. Si visitano poi i giardini e quindi si prende il 9 per tornare un momento a casa a rinfrescarci. Si riparte con il 17, meta i giardini del palazzo imperiale.

La guida Lonely Planet dice che il palazzo imperiale di Kyoto non è un granché, ma che il parco invece è bello. Al palazzo non ci siamo andati, ma anche il parco non vale la pena.

Tornando a casa ci siamo fermati al Nishiki Food Market. Un mercato coperto dove vendono un’infinità di cose da mangiare che però non sempre si capisce cosa sono. In alcuni negozi c’erano gli assaggi a disposizione così abbiamo assaggiato delle specie di tacos dolciastri e piccantissimi abbastanza grami.

In questo market abbiamo visto anche una sala giochi gigantesca (Pachinko) in cui c’erano 200 o 300 macchinette ognuna occupata da una persona che aveva davanti a sé una cassettina di plastica piena di biglie di acciaio. Come funzioni il gioco non l’ho capito.

Tornati alla stazione, veloce visita a Bic-Camera; 7 piani di elettronica, foto, video e chi più ne ha più ne metta. E questo negozio è piccolo in confronto a quello di Tokyo.

Dopo esserci rinfrescati nella nostra casetta giapponese siamo andati a cena di nuovo al Porta.

Il ristorante è pienotto, così ci fanno accomodare all’ingresso.

Finalmente si svuotano due tavolini da 2 vicini. La cameriera li pulisce e poi parla col tizio alla cassa, che deve essere il capo o proprietario del locale, e sembra che chieda il permesso di unire i tavolini per farci sedere. Permesso accordato e ci sediamo. In Europa in generale è normale che i camerieri spostino tavoli senza chiedere nulla. Qui sembra che tutte le decisioni siano molto gerarchizzate. Comunque, ordiniamo 3 noodle con un bel po’ di frutti di mare – buoni – e un piatto di gyoza, per 3000¥.

Da bere c’era dell’ottimo tè caldo aromatizzato al gelsomino. Dato che la cameriera mentre scriveva le ordinazioni diceva i nomi dei piatti in inglese mi sono lanciato in un “may we have also cold water?”. Risultato: “faccia attonita”. Così ho estratto il mio foglietto di frasette tradotte con “google translator” e mostrando la riga corrispondente a “cold water” abbiamo avuto dell’acqua ghiacciata (a questo punto a volontà e gratuitamente).

Non paghi della giornata e avendo ancora il biglietto del bus siamo andati a fare un giro serale a Gion, una zona di casette di legno molto particolari. Nell’insieme molto carino soprattutto di notte. Poi finalmente a casa. E oggi finisce così.

16/08/11 – Martedì (Kyoto visita guidata)

Prenotato la visita di Kyoto con guida volontaria (www.visitkansai.com). Ci accompagna Rui, una “madamin” di 34 anni che studia italiano. Questa mattina abbiamo appuntamento con lei alle 9.30 davanti alla Posta vicino alla stazione.

Un po’ prima delle 9.30 siamo all’appuntamento. Alle 9.33 arriva (è venuta in treno da Osaka a sue spese). Fatte le presentazioni scopro che Rui è un nickname e che il suo vero nome è Miyo. Si parte per il tour di Kyoto. Prima meta Ryoanji (ingresso 500¥). Un tempio in cui c’è un bel giardino zen e un grosso parco con laghetto. Il complesso in generale non è particolarmente interessante, però. Da qui con il bus si raggiunge il Kinkakuji (o padiglione d’oro, ingresso 400¥). Una costruzione completamente rivestita in foglia d’oro posta in mezzo ad un laghetto. Questo sito merita sicuramente la visita. Si fa anche un percorso nel parco annesso. Ad un certo punto c’è un piccolo altare in mezzo al prato con una ciotola davanti e tutti sono lì che tirano monetine cercando di centrare la ciotola perché porta fortuna se ci riesci. Anche noi ci cimentiamo con qualche lancio ma la manchiamo sempre. Da qui usciamo e ci spostiamo in bus alla zona del Kyomizu dera. Visto che siamo in compagnia di Miyo pranziamo in un ristorante che ha il menù rigorosamente scritto in giapponese. Mentre mangiamo le chiedo come mai studia italiano. La risposta è quanto mai semplice: l’amour. Ha conosciuto un tizio di Roma all’aeroporto di Londra; da lì è cominciato il filarino e così lui studia giapponese e lei italiano. Comunicano via mail e si vedono poche volte l’anno, anche perché i giapponesi hanno pochissimi giorni di ferie.

Finito pranzo andiamo al Kyomizu dera, dove si arriva percorrendo una strada abbastanza lunga in salita con un caldo bestiale. Lungo la strada ci sono ogni tanto dei tavolini su cui è appoggiato in un vassoio un grosso blocco di ghiaccio dove la gente rinfresca le salviettine di spugna e si refrigera un po’. Ai lati della strada c’è un negozio dopo l’altro. Quelli che vendono alimentari hanno le ciotoline per gli assaggi. Anche oggi riesco ad assaggiare cose veramente grame tra cui un dolce fatto con gli azuki. La cosa migliore è stato un pezzo di zenzero marinato in non so cosa.

Arrivati in cima alla salita si è presentata una lunga scalinata così 3/4 della famiglia ha cercato un posto all’ombra dove sedersi (si è associata anche Miyo) e io sono andato fino in cima. Oggi è il giorno dell’Obon, l’equivalente del nostro 2 novembre per cui c’è una caterva di gente che scrive delle tavolette che saranno poi bruciate in alcuni punti della città questa sera. In cima alla collinetta c’è un tempio (ingresso 300¥) dove la gente compera delle candele di cera su cui scrive qualcosa con un pennarello e poi pianta la candela accesa su un apposito portacandela davanti alla divinità prescelta. È noto che la candela, bruciando, fa cadere la cera e imbratta il portacandela. Dato che nella mentalità giapponese un portacandela pieno di cera fa disordinato, c’è un tizio che passa con un raschietto e toglie la cera man mano che cade.

Il tour del Kyomizu dera termina in una piazzetta dove dei monaci stanno bruciando qualche tonnellata di legna piantando un fumo che sembra l’eruzione del Piñatubo. Pestano su un tamburo, cantano nenie, e suonano delle enormi conchiglie che producono un suono tipo corno. È andata bene venire qui proprio oggi che è la giornata conclusiva dell’Obon, perché questa cerimonia si tiene solo il 16 agosto.

Da qui col bus si torna alla stazione, salutiamo Miyo, che è stata una compagnia molto piacevole anche per le sue risate che mettevano allegria, e torniamo a casa fradici di sudore.

Giro serale a Hanamikoji, la via delle vecchie case da tè di Gion, ora diventati locali di lusso. Uno esponeva un menù anche tradotto in inglese dove uno dei piatti di carne costava 6300¥. Mentre eravamo lì Franca e Gaia hanno visto passare un geisha (molto probabilmente autentica) su un taxi.

17/08/11 – Mercoledì (Nara e Uji)

Oggi si va a Nara con il treno JR Nara Line delle 9.49. Il viaggio dura circa 1 ora.

Arrivati a Nara, recuperiamo una cartina della città allo sportello turistico della stazione e ci avviamo a piedi verso il Kofuku-ji, un complesso di templi e pagode. Ad un certo punto ci viene incontro sul marciapiede un daino. Fatte poche decine di metri di daini ce ne sono ovunque (sono più di mille e considerati sacri). Questi animali sono molto docili e si lasciano accarezzare. Anzi sono persino invadenti, perché cercano di mangiarmi la guida che ho in mano. Ci sono una caterva di banchetti che vendono confezioni di biscottini per daini e appena uno si avvicina al banchetto per comperarli i simpatici animaletti lo circondano. Ci sono scene veramente comiche. Dopo aver fotografato i daini in tutte le pose possibili e immaginabili andiamo a vedere il Kofuku-ji.

Girare nel complesso non costa nulla. Si pagano 600¥ per visitare il museo. Di particolare interesse le due pagode che sono originali del XII e XV secolo.

Sempre passeggiando nel parco in mezzo a centinaia di daini andiamo verso il Todai-ji.

Ci lasciamo attirare anche io e Chiara dall’acquisto di una confezione di gallette per i daini (circa 15 gallette sottili per 150¥) e veniamo praticamente assaliti da una decina di bestiole che spintonano, mordono a me la camicia a Chiara la gonna, ci spingono col muso, si spintonano tra loro per avere le gallette. Franca si gode lo spettacolo e Gaia documenta con fotografie l’impresa. Il parco è talmente immenso che i daini non danno la minima impressione di patire. Anzi, si direbbe che convivono serenamente con gli umani. Possono girare liberamente su ettari di boscaglia e prati.

Liberatici dai simpatici daini, arriviamo al Todai-ji. Dato che di templi ne abbiamo visti una caterva e poi non si possono mai fare foto ci accontentiamo di vederlo da fuori e goderci un po’ di brezza sul bordo del laghetto di fronte (anche oggi il caldo è soffocante).

Torniamo verso la JR-eki (stazione JR). Da qui poi prendiamo il treno per Uji (locale della linea per Kyoto).

A Uji c’è il Byodo-inn dove c’è un tempio buddista (ingresso 600¥ che include il museo, per accedere alla Sala della Fenice si pagano altri 300¥). Molto bello.

Riprendiamo il treno per Kyoto (ce n’è uno ogni quarto d’ora più o meno).

Giunti alla stazione ci fermiamo a guardare due tizi vestiti da Ninja che fanno gli origami. Una ragazza che è con loro ci sente parlare e si rivolge a noi in italiano (davvero buono) e ci invita ad un corso accelerato di origami. Così facciamo nell’ordine:

  • Una foto tamarra col tipo vestito da Ninjia con tanto di spadone,

  • Un origami della stella Ninjia (durante l’esercitazione la ragazza ci dice che ha studiato l’italiano a Kyoto e poi è stata un anno a Perugia)

  • Una foto insieme alla ragazza che parla italiano la quale dice che ci sono pochi italiani in Giappone e che è contenta quando ne vede e quindi vuole tenere la loro foto.

Poi prendiamo un po’ di fresco sulla terrazza della stazione.

Rientrati a casa mi informo sul castello di Himeiji e alla reception mi confermano che è chiuso per restauri e quindi il giro a Himeiji salta. Riorganizziamo la giornata di domani facendo Osaka e Kobe.

18/08/11 – Giovedì (Osaka e Kobe)

Alle 9.15 si parte per OSAKA con lo Shinkansen fino a Shin-Osaka (15 min.) e poi con il locale fino a Osaka (4 min.). Anche oggi caldo torrido.

La stazione di Osaka è un’altra stazione enorme, modernissima, che ha al piano più alto un bellissimo orto con pomodori, basilico, zucchini, melanzane, ecc. La stazione è così interessante che la giriamo per una buona mezz’ora.

Cerchiamo poi di raggiungere la ruota panoramica (un giro 500¥). Cominciamo a girare a vuoto grazie ad indicazioni solo rigorosamente in giapponese. Ad un certo punto vediamo un ascensore che sale verso il 10° piano e lo prendiamo per vedere se dall’alto riusciamo ad orientarci. In realtà siamo finiti in un palazzo di uffici. Mentre giriamo per il 10° piano esce da un ufficio un signore a cui pongo la classica domanda “do you speak english?” e lui risponde “yes”. Spiegare come andare alla ruota però è un po’ difficile, così pianta lì quello che stava acendo e ci accompagna per un bel pezzo nel labirinto sotterraneo e ci indirizza nella direzione giusta. Troviamo la ruota, ma è chiusa. Le ragioni della chiusura non le conosciamo perché erano scritte solo in giapponese.

Allora andiamo al Castello, che è una ricostruzione, del 1931, in cemento del castello costruito a metà del 1500 e distrutto a metà del 1800. Mentre andiamo al castello passiamo in mezzo a migliaia di ragazze/ine che per strada si stanno preparando (trucco, parrucco, vestiti più o meno appariscenti) per andare ad un concerto di un tizio mai sentito nominare in Europa. Alcune ragazzine si conciano in maniera veramente ridicola da cosplay.

Ci facciamo un giro panoramico della zona intorno al castello e poi torniamo alla stazione dove facciamo pranzo nel market che c’è sulla terrazza della stazione. 1720¥ in 4. Oggi bocconcini di pollo arrosto e bibite. I ramen ci escono dalle orecchie.

Prima di partire per Kobe facciamo un giro ai piani sotterranei dedicati a gastronomia e pasticceria. Ci fanno assaggiare del pane, dei salumi e del tofu. Era tutto proprio buono, persino il tofu.

C’era anche un negozio di Grom che pero’ non aveva tutti i gusti di gelato che ha nei negozi di Torino. Già a Torino è caro, ma qui a Osaka una coppetta piccola veniva quasi 5 euro. Comunque era strapieno.

Partiamo per Kobe con il primo treno (ce ne sono uno dietro l’altro). Scendiamo alla stazione centrale (Kobe, 35°, umidissimo) e andiamo a fare un giro al porto, esteticamente molto meglio di quello di Genova. Poi ci facciamo una passeggiata fino a Chinatown (Nankin-machi) che però non è un granché. In sintesi Kobe non è una visita irrinunciabile.

Prendiamo un treno locale per Kyoto a Motomachi (che è più vicina). Questo treno risulterà essere una scelta un po’ infelice, perché ferma in tutti i paesi e fa venire il latte alle ginocchia..

Finalmente arriviamo a Kyoto! Un’ora e mezza di viaggio.

Andiamo a prendere informazioni per andare in treno a Shirahama che la guida descrive come spiaggia da urlo. Purtroppo ci sono solo treni espresso e non c’è lo Shinkansen.

Per la cena optiamo di nuovo per il supermarket 7-11 che ha delle insalate (col caldo che fa è quello che ci vuole). Ci aggiungiamo qualche birra fresca e un gelato finale e con circa 3000¥ facciamo una cena leggera, ma soddisfacente.

Tornati a casa guardo le previsioni meteo per domani su un sito giapponese in lingua inglese. Non sono di bel tempo, ma la probabilità di pioggia è solo il 20%. Se piove al mare col caldo che fa non sarà un gran problema.

19/08/11 – Venerdì (Shirahama)

Sveglia alle 7.30. Guardo fuori dalla finestra e c’è un bel cielo tipo “grigio-Torino a novembre”. Alle 8.36 siamo sul Limited Express per Shirahama.

Poco dopo la partenza passa il capotreno a controllare i biglietti. Entra nel vagone, fa un breve discorso, fa un bell’inchino e poi passa a controllare i biglietti.

Durante il percorso piove a secchiate, però confidiamo nelle previsioni meteo giapponesi viste ieri sera.

Questo treno non ha il display, per cui scendiamo come da tabella alle 11.20 e ci ritroviamo come per magia proprio a Sharahama. Se in Italia ci si regolasse con l’orario di arrivo del treno la probabilità di scendere nel posto giusto sarebbe prossima a zero.

Qui il personale della JR ha una divisa composta da pantaloni scuri e camicia a fiori molto più sobria di quella che hanno nelle città.

Il cielo è solo un po’ velato, la temperatura sui 32°, umidità molto meno fastidiosa che nei giorni scorsi. Evviva! Meglio delle previsioni.

Fuori dalla stazione c’è il bus che porta alla spiaggia (330¥). Scesi alla fermata giusta (13 minuti di viaggio) nonostante le indicazioni solo in giapponese, ci dirigiamo verso la spiaggia. Una distesa spettacolare di sabbia bianca (quarzo e silice) fine, ma non appiccicosa. Densità di bagnanti ragionevole (come in Liguria a settembre) nonostante sia altissima stagione. Purtroppo “la spiaggia” ha la tendenza a far emergere il “tamarrismo” e quindi in mezzo alla sabbia si trova un bel po’ di monnezza; non come le spiagge libere italiane, ma abituati alla pulizia perfetta che c’è qui ci stupiamo.

Anche l’acqua non è proprio pulitissima, però è abbastanza calda e calma anche se è Oceano Pacifico. Senza indugio (o quasi) ci buttiamo in mezzo ai giapponesi di tutte le età che per la maggior parte sguazzano indossando variopinti salvagenti. La cosa strana per noi è vedere parecchie persone (uomini e donne) a mollo vestite.

Nel frattempo il cielo si rischiara e viene fuori un sole caldissimo (sempre meglio!) . Terminato il nostro primo bagno nell’Oceano Pacifico, andiamo a procurarci il pranzo al Family Mart (1720¥ in 4) e andiamo a mangiarlo nella pineta all’ombra. Un giapponese vicino a noi prima si scofana uno scodellone di spaghetti e dopo uno di riso. Alla faccia dei carboidrati.

Piccola siesta poi andiamo a provare l’onsen che c’è vicino alla spiaggia (100¥). All’ingresso c’era una gentilissima signora che ci ha parlato e sorriso un bel po’ in giapponese anche se davamo in modo molto evidente l’impressione di non capire un tubo. Probabilmente ha un protocollo da seguire e lo segue (e se non capisci peggio per te).

L’idea era di fare onsen-mare-onsen, ma se si esce si ripaga l’ingresso, quindi sguazziamo nell’acqua solforosa calda (molto) per una mezz’oretta insieme a dei giapponesi che stanno in ammollo vestiti (!?!) poi andiamo a rinfrescarci nel mare.

Alle 16.30 ci avviamo verso il bus. L’orario affisso alla palina era anche tradotto in inglese, però non era proprio chiarissimo. Con il mio fluente giapponese gesticolato e forte del fatto di sapere che stazione si dice eki, chiedo conferma dell’orario ad una signora che sta uscendo dalla spiaggia. Alle 16.52 prendiamo il bus e alle 17.15 siamo in attesa del Limited Express delle 17.34 per Kyoto dove troviamo posto a sedere per miracolo. Arrivati a Kyoto abbiamo la gradita sorpresa di trovare una temperatura molto gradevole e una leggera brezza che ha fatto diminuire molto il tasso di umidità.

Sosta al 7-11 come di consueto per procurarci la cena (insalata mista, gyoda, birre e gelato per 4, 2600¥).

Questa è la nostra ultima sera a Kyoto, una città oggettivamente bruttina, con case abbastanza sgangherate però con un patrimonio storico enorme. È un must di un viaggio in Giappone.

20/08/11 – Sabato (Hiroshima)

Sveglia verso le 8. Sistemiamo i bagagli e via alla stazione per spostarci a Hiroshima (ciao ciao Kyoto).

All’ingresso della stazione c’è un enorme scalone in marmo e un tizio con un aspirapolvere di tipo casalingo stava pulendo gli spigoli degli scalini. Il Giappone è una fonte continua di sorprese.

Arrivati a Shin-Osaka andiamo al binario dello Shinkansen per Hiroshima. Arriva il treno e l’addetto alla pulizia della carrozza fa l’inchino a tutti quelli che scendono, ma solo uno dei 30 o 40 che sono scesi ricambia.

Arrivati a Hiroshima, piove. Per fortuna appena appena. A Hiroshima non c’è la metropolitana, ma solo tram e autobus. Sul piazzale davanti alla stazione c’è un mare di gente con le valigie (of course). Troviamo il tram n. 1 (biglietto 150¥) lo prendiamo insieme ad una marea di giapponesi e scendiamo a Chuden Mae. Qualche difficoltà a trovare l’hotel Dormi Inn, perché la mappa scaricata da Internet segnava l’ingresso da una viuzza laterale, mentre invece è su una delle strade principali della città.

Poiché il check-in è dalle 15 in avanti, lasciamo i bagagli e andiamo a comperare il pranzo al 7-11, diventato ormai il nostro fornitore di fiducia (1500¥). Il cielo è grigissimo, ma non piove. Iniziamo il giro del Parco della Pace passando davanti ai monumenti simbolo della strage compiuta dagli americani il 6 agosto 1945.

Una signora che fa la guida volontaria ci chiede se può spiegarci gratis la storia di Hiroshima, così si esercita a parlare inglese. Ovviamente accettiamo ben volentieri.

Gaia si è guardata nei dettagli la struttura architettonica del cenotafio in memoria delle vittime della strage realizzato da Kenzo Tange.

Visitiamo poi il museo (che ha anche le brochure in italiano) dove viene raccontato con immagini, filmati, plastici, reperti, ecc. l’orrore di quel 6 agosto. Che dire. I giapponesi a loro volta di stragi in Cina ne avevano fatte pure loro (stupro di Nanchino – massacrando popolazione civile), poi hanno avuto la brillante idea di andare a bombardare Pearl Harbour, che ha scatenato l’ingresso dell’America nella seconda guerra mondiale. Ma questo non giustifica certo lo sgancio della bomba atomica. La visita al museo lascia semplicemente inorriditi. Ci vorrebbe anche un museo della guerra nel Vietnam, di quella in Afghanistan, del Kossovo, della Cecenia, e si potrebbe andare avanti per pagine e pagine.

Nonostante Hiroshima sia stata oggetto di questa strage oggi è una città piena di vita.

Terminata la visita al Parco della Pace, siamo andati in hotel per il check-in (2 camere doppie con bagno, colazione inclusa, per 2 notti, 28000¥).

I nostri bagagli sono già stati portati in camera (molto gentili ed efficienti). L’unico neo è che informazioni in inglese ce ne sono veramente poche.

La camera è abbastanza spaziosa, ci sono ai piani i forni a microonde per scaldare i cibi, la macchinetta che dà il ghiaccio e, goduria delle godurie, l’albergo ha a disposizione gratis per i clienti un onsen (separato uomini e donne) con sauna, calidarium, frigidarium. Per cui sistemati i bagagli ne approfittiamo subito.

Rilassati e rinfrancati dalla seduta termale, ceniamo al 7-11 (3000¥, con birre e gelati).

Mi sono reso conto solo questa sera che la maggior parte dei supermarket ha il bancone dove si paga lontano dalla porta di ingresso e non ci sono i sensori anti-taccheggio. Segno di una popolazione molto civile e onesta.

Poi giro serale al Parco della Pace a fare foto notturne e in una galleria commerciale e quindi a dormire. Domani è in programma la visita all’isola di Miyajima, ma purtroppo le previsioni dei meteorologi giapponesi sono di pioggia. Speriamo capiti come a Shirahama.

Nota del giorno: qui a Hiroshima i cestini per la monnezza per la strada ci sono. La cosa curiosa è che utilizzano come coperchi i cerchioni delle ruote di bicicletta.

21/08/11 – Domenica (Hiroshima e gita a Miyajima)

La colazione compresa nel prezzo della camera è a buffet. Le prime cose che vediamo nella sezione salata sono dei pezzi di salmone e di aringhe alla piastra, riso in varie declinazioni, prugne umeboshi (bleah!), un bel po’ di cose non identificate. Poi uova strapazzate e wurstel. Infine due pentoloni contenenti rispettivamente minestra di trippa e zuppa di cipolle. La parte dolce è più vicina ai nostri gusti e sono le classiche cose: frutta (finalmente, ne facciamo una scorpacciata; trovo persino buone le mele, tra l’altro leggermente salate, che a me non piacciono), brioche, pane, burro, marmellata, ecc.

Butto un occhio fuori. Piove a secchiate. Prendiamo la navetta gratuita dell’hotel fino alla stazione e da lì il treno locale per Miyamiguchi. Dopo mezz’ora siamo arrivati e piove sempre più forte. Incuranti del maltempo e con i piedi già a mollo nelle scarpe, prendiamo il traghetto della JR. Alle 11 scarse siamo sull’isola di Miyajima. Anche qui ci sono numerosi daini che accolgono i turisti, ma è pieno di cartelli che dicono di non dar loro da mangiare, di non toccarli, perché sono animali selvatici. In realtà stazionano in prossimità di tutti i negozi che vendono cibarie e se qualcuno ha qualcosa di commestibile in mano lo tallonano con una certa insistenza. Dopo circa un quarto d’ora che siamo arrivati comincia a spiovere. Il cielo si mantiene grigio, ma va bene così. Fotografato il “tori galleggiante” un po’ da tutte le posizioni, vediamo che l’alta marea oggi è alle 14. Decidiamo quindi di incamminarci verso il monte Misen (513 metri s.l.m). Lungo il percorso (2.5 km) si dovrebbero vedere daini selvatici e anche delle scimmie. Né daini (sono tutti sotto davanti ai negozi di alimentari) né scimmie (mi sa che è una palla).

Io e Gaia che siamo molto atletici andiamo avanti e in meno di un’ora arriviamo su un piazzale dove c’è il tempio della fiamma eterna. Da qui parte una scalinata che arriva all’osservatorio e salgo solo io mentre Gaia attende il resto della famiglia. Su all’osservatorio c’era un tizio che stava mangiando una granita. Ne ha data un po’ ad un daino che ha mostrato di apprezzarla. Sono veramente dei lavandini i daini.

Nel frattempo il cielo si è parzialmente rasserenato e si vede benissimo tutta la baia con il tori in mezzo.

Torno giù sul piazzale, ma sbaglio sentiero. Per fortuna però ad un certo punto trovo una indicazione e la famiglia si ricompone.

In alternativa per salire c’era la funivia (1800¥ A/R), però dalla stazione di arrivo alla cima del Misen si deve fare a piedi 1 km di strada in salita. Scesi sotto, la marea era quasi al massimo livello. Altre foto e poi ad assaggiare le ostriche grigliate. Quattro ostriche (molto grandi) 800¥. Buone.

Traghettiamo per tornare a Hiroshima e infiliamo una serie di sfighe. Arriviamo alla stazione e perdiamo il treno per pochi secondi. I due successivi devono essere stati soppressi. Arriva (SCANDALO!) alle 16.59 quello delle 16.04. Cinquantacinque minuti di ritardo! Cade un mito.

Finalmente arriva ma è strapieno e si aggiunge un’altra marea di persone tra cui noi. È pure un locale che ferma tutti i momenti. Pigiati come sardine arriviamo finalmente a Hiroshima e usciamo dalla stazione dal lato sbagliato, così vagoliamo per i sotterranei finché troviamo un’ascensore che ci porta davanti alla fermata del tram. Sfatti ma soddisfatti ce ne andiamo in hotel per una rinfrescata. Le donne vanno a farsi un giro, io controllo gli orari del treno per andare domani a Beppu.

Ci troviamo per cena davanti ad un ristorante italiano andando contro il nostro inossidabile principio che quando si è in un paese straniero si mangia la cucina del posto. Ma la carta che ha esposta fuori è molto invitante e cediamo. 2 focacce, 4 piatti di pasta/riso buoni, 2 pizze, 1/4 di vino bianco (così così), coltello e forchetta al posto dei bastoncini: 2800¥. Decisamente soddisfacente. Ha compensato le sfighe del pomeriggio.

Per chiudere in bellezza la giornata, mezz’ora di onsen e poi a dormire.

22/08/11 – Lunedì (Beppu – Yufuin)

Oggi a colazione ho anche provato il salmone alla piastra e il calamaro fritto. Alle 8 di mattina è insolito per un italiano, però erano buoni entrambi.

Alle 9.20 c’è la navetta (gratis) dell’albergo per andare alla stazione. L’autista alle 9.19 è visibilmente spazientito, perché non siamo ancora sistemati sul pullmino. Alle 9.21 è bilioso perché manca un passeggero. Noi ipotizziamo che sia un abitante dell’area mediterranea (noti ritardatari). Invece alle 9.22 arriva di corsa una giapponese (in ritardo!). L’autista non le dice una parole, ma la faccia è molto espressiva.

Alle 10.33, il Sakura 475, parte con destinazione Kokura. Per Beppu prendiamo il Limited Express delle 11.39 che ha il pavimento in parquet, delle poltrone comodissime e una bagagliera dove non ci stanno le nostre valigie e quindi in 4 occupiamo 6 sedili (per fortuna il treno non è affollato).

Eccoci a Beppu o come dicono loro: Beppüüüü (lo pronunciano con una ü lunghissima). Piove moderatamente. L’hotel Daiiti (o Daiichi) Beppu è a 2 passi dalla stazione. Il check in è alle 15, ma ci dice che alle 14.30 le camere sono pronte. Così andiamo a fare uno spuntino al Family Mart della stazione.

Visto il tempo chiedo informazioni per come andare a Yufuin con la JR. La signora dell’ufficio informazioni mi chiede a che ora vogliamo tornare. Io le dico che facciamo cena lì e poi torniamo. Allora mi chiede se abbiamo prenotato un ristorante perché è un posto molto turistico e rischiamo di trovarli tutti pieni (vedi oltre….)

Giro di ricognizione del circondario. Trovata la SPA Beach dove ci sono un po’ di persone a mollo, ma la spiaggia è brutta e l’acqua sembra anche non tanto pulita.

Intanto si fanno le 14.30 e prendiamo possesso delle camere, decisamente molto spaziose. 28000¥ senza colazione. Quello di Hiroshima era decisamente meglio.

Prendiamo asciugamani e costumi da bagno e ci fiondiamo alla stazione con meta Yufuin (JR fino a Oita, cambio per Yufuin – ci va circa un’ora e mezza).

Ivi giunti, piove! Però, grazie alla buona sorte propiziata mettendo delle monetine da 1¥ nei piattini dei vari Budda che ci sono ovunque, dopo poco smette.

Sulle montagne circostanti è pieno di fumarole di origine vulcanica.

Qui a Yufuin c’è un onsen caratteristico dentro una casetta di legno con il tetto di paglia. Per raggiungerlo ci va una mezz’oretta a piedi. Lo troviamo chiedendo a diverse persone, perché non è facile. L’ultima volta che chiedo un signore ci fa capire che dobbiamo seguire una signora che sta passando. È su un laghetto proprio carino. Costa 200¥, ma in realtà c’è solo la cassettina delle offerte.

È molto spartano. Non c’è spogliatoio, né docce. Da un rubinetto arriva acqua rovente, da un altro dell’acqua fredda. Per un po’ ci siamo solo noi. Poi cominciano ad arrivare solo uomini che con molta naturalezza si spogliano completamente fregandosene della presenza delle signore. Non capendo se è riservato solo agli uomini (anche perché le scritte sono solo in giapponese), usciamo.

Sono da poco passate le 18 e percorriamo la via dello shopping e con nostra sorpresa vediamo che stanno chiudendo un negozio dopo l’altro. Cominciamo anche a guardare per un ristorante, ma la maggior parte sono chiusi. Alla fine ci riduciamo a comperare gyoza e crocchette di pollo da Lawson e mangiarli sulle sedie della stazione (alla faccia della necessità di prenotare il ristorante!)

23/08/11 – Martedì (Beppu)

Le previsioni del tempo giapponesi davano per oggi nuvolo senza pioggia. Alle 9 sta piovendo ben deciso. Giro esplorativo al mercato (eki imachi) che c’è sotto ai binari della stazione (senti i treni che passano sulla testa). Anche qui, che è un mercato popolare, la frutta costa un’esagerazione.

Comperiamo l’abbonamento giornaliero del bus (900¥ a testa, Chiara 700¥ perché ha la tessera universitaria) per fare il giro di un paio di onsen e di un paio di “inferni” sparsi qua e là per la città.

La prima tappa è la zona del Myoban che raggiungiamo con l’autobus n. 9 dalla stazione.

Arrivati lì lo spettacolo è da inferno. La terra fuma da ogni angolo e c’è un forte odore di zolfo. Sulla guida sono segnati due onsen gratuiti all’aperto, però visto che piove ripieghiamo su quello a pagamento (Yunosato, 600¥) che ha anche delle capanne di legno, bambù e paglia con vasche in pietra per famiglia a 2000¥ per 1 ora). Ce ne stiamo a mollo nell’acqua solforosa caldissima.

Finito l’ammollo passiamo davanti a un banchetto che vende per 300¥ un cestinetto contente mezza pannocchia bollita, una specie di merendina e un uovo sodo cotto nell’acqua solforosa. Dato che ci sono molti giapponesi che lo comprano, proviamo a comprarne uno da assaggiare anche noi. Risultato: la pannocchia è una normale pannocchia lessa, l’uovo sodo cotto nell’acqua solforosa ha l’albume di un colore un po’ scuro e il sapore un po’ diverso dal solito, la merendina è farcita con il purè di azuki (non particolarmente attraente dal punto di vista gastronomico).

Sta smettendo di piovere. Prendiamo un bus per andare alla zona degli inferni. Alla fermata dove si cambia bus c’è da aspettare mezz’ora, così approfittiamo del 7-11 di fronte per far pranzo (2000¥).

Arriva il bus e andiamo al Chinoike Jigoku (biglietto 400¥).

Un lago rosso che genera un nuvolone di vapore, con la sua acqua a 80°. Stiamo li una decina di minuti, poi dato che non c’è altro da vedere ci spostiamo al Tatsumaki Jigoku (altri 400¥ a testa). In questo “inferno” c’è un geyser che zampilla acqua bollente per 5-10 minuti e poi fa circa mezz’ora di pausa. I geyser islandesi sono molto più spettacolari. Questo ha la caratteristica di zampillare a lungo.

Da qui con il 16 raggiungiamo l’onsen per famiglie Kitahama (vicino al mare, 500¥). Vasche grandi a diverse temperature, sauna, ecc. Nella piscina una signora giapponese abbastanza anzianotta attacca bottone in un inglese un po’ difficile da capire. Comunque quando non riusciva a spiegarsi in inglese ci parlava giapponese. Diciamo che la conversazione non è stata troppo fluida.

Usciti dall’onsen prendiamo un bus al volo verso la stazione e ci fermiamo a fare un po’ di spesa. Usciti dal supermarket prendiamo un altro bus (il 50) al volo per poche fermate fino alla stazione. All’arrivo facciamo vedere il nostro biglietto giornaliero e l’autista pianta casino facendoci capire che il 50 non è compreso nell’abbonamento. Così per 3 fermate devo pagare 140×4=560¥. Fatta una breve investigazione abbiamo capito che ci sono due diverse compagnie di trasporti in una città che sarà grande sì e no come Asti. Ma si può?!?

Dobbiamo organizzarci per domani visto che viaggeremo tutto il giorno. Giro al megamarket per cercare qualcosa di commestibile da mangiare in treno. Fatto lo scanning di tutta la sezione alimentare, optiamo per del pane cassetta, degli affettati apparentemente innocui e del philadelphia. Speriamo in bene. Facciamo un giro del circondario per cercare un ristorante dove fare cena, ma l’offerta gastronomica è piuttosto deludente. Anche la guida fa un elenco molto ridotto. Girando dentro la stazione troviamo uno dei ristoranti segnalati che ha come specialità il tempura. Prendiamo dei “set” con tempura, riso e verdura ben cucinati. Franca invece prende un piatto che sembrava essere gyoda in brodo, ma si è rivelata una scelta infelice, perché è invece della pasta un po’ malcotta in brodo. Scartando la pasta il resto del piatto però è buono (3050¥ in totale).

Si torna in albergo, si preparano le valigie e oggi la giornata finisce.

Il nostro giudizio su Beppu è che valga la pena passarci una intera giornata per gli onsen. Per il resto non vale la pena.

24/08/11 – Mercoledì (Da Beppu a Narita)

Risveglio con mal di gola. A forza di entrare in supermarket gelati e uscire fuori al caldo è normale.

Oggi sarà una giornata di viaggio, perché la nostra vacanza giapponese è finita.

Per tornare a Narita dobbiamo fare circa 1200 Km in treno.

Alle 8.18 con il SONIC 14 Express partiamo per Kokura. Poi Shinkansen HIKARI 548 delle 9.54 fino a Shin-Osaka via Tokuyama, Hiroshima, Fukuyama, Okayama, Himeji, Shin-Kobe.

Poi con lo Shinkansen HIKARI 472 delle 12.40, partiamo per Tokyo via Nagoya, Hamamatsu, Shizuoka, Shin Yokohama, Shinagawa. Visto che è ora di pranzo ci prepariamo i panini con l’occorrente comperato ieri. Le fette di pane cassetta spesse 1,5 cm si sono schiacciate a stare nella borsa, ma si riesce a stirarle (è un pane gnecco da far paura), il Philadelphia, pur essendo della Kraft, non ha nessuna parentela con quello che si trova da noi. Ha la consistenza dei formaggini e più o meno lo stesso gusto schifido. Gli affettati invece non sono male.

Il viaggio procede veloce su treni poco affollati. Come già scritto i giapponesi in treno dormono. Su questo in particolare c’è uno che russa come un tricheco (anche la stazza è quella del simpatico mammifero marino).

E anche a Tokyo ci siamo. Un ultimo sforzo con il Rapido per Narita e finalmente alle 17.30 siamo a destinazione.

L’hotel U-city è a 200 mt. dall’uscita della stazione JR. Check-in e prenotazione della navetta gratuita per il Terminal 1 domani mattina. Camere molto grandi, hot spot WiFi nella hall, ma bisogna avete il proprio PC. 11600¥ per 2 camere doppie.

Ci informiamo sugli orari dei treni per andare a (e soprattutto tornare da) Tokyo, ma poi l’idea di farci altre 3 ore e mezza tra andata e ritorno ci fa desistere. Ceniamo in un ristorante dove vediamo come si preparano i gyoza dal vivo. C’è un tizio che li fa a mano con una velocità incredibile. Spesa 2450¥ + 1000¥ dei gelati.

Non rimane che attendere domani. La vacanza è ahimè finita.

25/08/11 – Giovedì (NRT – MXP)

Ciao ciao Giappone.

Un viaggio sicuramente interessante che ci ha fatto conoscere un paese di contrasti. Contrasti tra la modernità più spinta e la tradizione più radicata. Un paese dove praticamente tutti sono gentili e rispettosi. Per strada non si sentono strombazzare clackson, non si sente gente urlare, non si perde la pazienza nemmeno nella calca delle ore di punta. Un paese civile, insomma.

Alle 12 di Tokyo il volo Aeroflot per Mosca parte. Ci attende un volo di oltre 10 ore! L’aereo al contrario dell’andata è abbastanza pieno. Il fatto che a bordo ci siano molti giapponesi fa sì che non ci sia casino e si viaggi in compagnia di persone molto ben educate.

A metà strada mentre stiamo volando a nord est Krasnojarsk ci offrono un gelato giapponese al tè verde.

Finalmente arriva la cena, il che vuol dire che fra un paio d’ore scendiamo. Per cena antipastino, spaghetti sea food (un po’ scotti, peccato).

Il volo procede tranquillo con condizioni meteo buone fino a Mosca.

A Mosca ritiriamo le carte di imbarco per Milano, passiamo il controllo passaporti e di sicurezza godendo della squisita cordialità di memoria sovietica del personale addetto. Tra l’altro arrivando dal Giappone i modi scorbutici e antipatici degli addetti ai controlli moscoviti si notano ancora di più. I giapponesi sorridono sempre, parlano con gentilezza, ringraziano 10 volte, …. Questi ti squadrano con sguardo torvo, ti trattano in modo brusco e se per caso avevi una mezza idea di andare a visitare la Russia te la fanno passare subito. Sugli aerei Aeroflot invece devono avergli fatto dei corsi di buone maniere, perché sono molto gentili.

Alle 19.20 di Mosca (per noi di Tokyo le 0.20) si parte con un volo Alitalia. Altre 3 ore e mezza di volo.

Finalmente alle 21 italiane (per noi di Tokyo le 4 di mattina siamo a Malpensa dove sperimentiamo immediatamente i disservizi della SEA che ci mette un eterno a far arrivare i bagagli.

Altra attesa per la navetta del parcheggio e alle 22 (per noi le 5 a.m.) siamo all’hotel Idea stravolti. La camera famiglia da 4 costa 104€ inclusa la colazione. È grande, con letti comodi, il WiFi in camera costa 7€.

Come mettiamo piede in camera i schiantiamo sui letti in attesa delle ore 7.30 del …

26/08/11 – Venerdì (MXP – Casa)

La colazione a buffet compresa nel prezzo della camera è davvero degna di nota per qualità e varietà. Autostrada fino a Torino dove recuperiamo Oliver che ci fa un sacco di feste.

Annotazioni varie

ovvero il capitolo dove annotare impressioni, curiosità, ecc. sul viaggio.

Molte stazioni della metro hanno le mappe per determinare il costo della corsa (che dipende dalla distanza) solo in giapponese. Però il personale di sorveglianza pur non sapendo l’inglese riesce a dare una mano.

I giapponesi fanno l’inchino anche quando ti danno il resto alla cassa del supermercato.

I capistazione fanno strani gesti prima di dare il via al treno. Non abbiamo capito se sono gesti scaramantici.(!?!)

Sui treni tengono i cellulari in modalità silenziosa e se devono parlare al telefono si spostano nella zona vicino alle porte di uscita e in ogni caso invece di urlare, come fa una buona parte degli italiani, parlano a bassa voce.

In Giappone è vietato fumare per strada (ma ogni tanto sui marciapiedi ci sono angoli attrezzati per fumatori). Nelle stazioni ci sono dei bugigattoli vetrati (saranno 15 m2) adibiti a zona fumatori. Dentro in generale ci sono un caterva di persone, per cui sembrano delle camere a gas. In compenso si può fumare in molti luoghi chiusi compresi i ristoranti.

Sulla metro e sui treni c’è un sacco di gente che dorme. Come fanno a svegliarsi per scendere alla fermata giusta è un mistero.

Ci sono i cestini per la raccolta differenziata nelle stazioni.

Costo dei carburanti tra 130 a 160¥ al litro.

Ogni tanti si vedono ragazze giovani in giro con il kimono e delle strane ciabattine di legno.

Biglietti Aereo

€ 2.800,00

Japan Rail Pass

€ 1.560,00

Hotel Giappone

€ 1.700,00

Pasti, visite, trasporti urbani

€ 1.500,00

Meno di 8000 € in 4.

Se avete domande, sono a disposizione.

Lorenzzo

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Kinkakuji - Kyoto

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Hiroshima - plastico del dopo bomba A

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Geishe a Tokyo (Senso Ji)

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Fiat 500 (vecchio modello) a Yufuin



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