Giappone: più che un viaggio, un’esperienza

Syusy e Pat nel paese più strano, alieno e interessante. Che riesce sempre a stupire alla faccia della globalizzazione
Turisti Per Caso.it, 12 Mar 2009
giappone: più che un viaggio, un'esperienza

UN ALTRO MONDO

Syusy

Adesso ci sono i turisti che vanno addirittura nello spazio, ma se non avete la voglia e i soldi per partire per un viaggio su Marte, allora vi consigliamo di andare in Giappone. È il posto più alieno, strano, diverso, interessante dove poter fare un viaggio. È davvero un altro mondo. Nonostante tutto, nonostante la globalizzazione, è un luogo che stupisce continuamente. Che ti fa pensare, che ti coinvolge, che ti spiazza. Dicono che sia carissimo, ma come al solito è vero e non è vero: anche in Giappone si può dormire in pensioni pulitissime e a buon mercato, o si può mangiare a prezzi bassi. Basta non andare nei grandi alberghi, basta non prendere un taxi, basta non entrare nel ristorante sbagliato… Da questo punto di vista in Giappone non si può andare da soli. Bisogna avere una guida, un amico, un interprete in tutti i sensi, anche e soprattutto dal punto di vista culturale. Ma non è difficilissimo, basta cercare i contatti giusti. A Tokyo, per esempio, ci sono moltissimi giapponesi che studiano l’Italiano presso la nostra Dante Alighieri, tutti appassionati dell’Italia e degli italiani, e ben disposti ad accompagnare un turista, facendo nel contempo esercizio di lingua. Il nostro viaggio non avrebbe avuto alcun senso senza i tanti amici che ci hanno accolto e accompagnato. Per esempio, Pio, giornalista e profondo conoscitore della lingua e dell’ambiente. Poi Maurizio e Paola, che ci hanno ospitato. E Toshio con Marcella, lui giapponese vissuto in Toscana e lei studentessa, che ci hanno portato a Kyoto. E Alessandro, architetto. E molti altri, giapponesi e non, amici di amici. Noi in Giappone ci siamo stati circa 10 anni fa. Ci dicono che molte cose sono cambiate. Come? Se andate in Giappone, teneteci aggiornati, scriveteci…

TURISTI E TASSISTI

Patrizio

Anche prendere un treno da soli in Giappone non è facile. Alla stazione di Tokyo per esempio, abbiamo letto sul cartellone, al posto del binario, una serie di numeri, e non sapevamo come fare. Per fortuna, un americano di passaggio ce lo ha spiegato: in Giappone i treni si fermano esattissimamente nel posto stabilito per cui, oltre al binario, ti dicono anche a quale sotto passaggio devi salire per entrare nella specifica porta del tuo specifico vagone. In questo modo anche un non vedente può muoversi in autonomia. Adesso anche da noi ci sono i treni ad alta velocità, ma 10 anni fa per noi lo Shinkansen è stato un’emozione: con i treni velocissimi ci sono pendolari che ogni giorno fanno anche più di 100 km per andare al lavo-ro, e mangiano regolarmente in treno il loro sushi (squisito e freschissimo) in scatole che somigliano alle nostre pizze da asporto. La metropolitana di Tokyo è mitica per efficienza e capillarità, e naturalmente è all’altezza della sua fama. Per questo ho visto turisti giapponesi strabiliati di fronte alla cartina della metro di Roma: non credevano ai propri occhi che la metropolitana della nostra metropoli fosse tutta lì… Il problema a Tokyo è che – almeno fino a 10 anni fa – erano scritte in caratteri occidentali solo le fermate del centro, se si può parlare di “centro” a Tokyo, che in pratica è una regione-policentrica. Andare in taxi invece è molto caro e molto difficile: infatti non ci sono gli indirizzi! Se uno ti invita a casa sua (cosa rara perché i giapponesi non si frequentano in casa, ma nei locali) ti manda prima un fax con la cartina. Se sapete la lingua, comunque, una volta arrivati nel quartiere in cui abita la persona che cercate, potete chiedere al poliziotto di zona: sa tutto, persino se il vostro amico è in casa o no. Il controllo sociale è altissimo. A proposito: le porte del taxi si chiudono da sole, per cui in Giappone il tassista ti guarda male perché tu sbattendo la portiera gliela rompi, mentre da noi i tassisti guardano male i turisti giapponesi perché si guardano bene dal chiuderla…

IL RITO DELLA CARPA

Syusy

Dopo l’Italia, il Giappone è il Paese con la cucina più elaborata del mondo. In poche parole, si mangia benissimo, e la “variabilità” della sua gastronomia è incredibile. Io sono stata ad esempio al Mankamerò, uno dei ristoranti più rinomati (e cari) di Kyoto in cui si celebra ancora – di fronte a un commensale sorpreso e intimorito, soprattutto se occidentale – il Rito della Carpa. Un cuoco- sacerdote scintoista, con una spada e un pugnale appuntito, senza mai toccarla, sfiletta perfettamente una carpa, tagliandola in una striscia lunga, sottile e soprattutto continua, che simboleggia la durata della vita. Era un’antica cerimonia della Corte Imperiale, e se la carpa si rompeva era il segno di Grande Sfiga. Non voglio pensare, nel caso, alle conseguenze che doveva patire il cuoco sfilettatore. Per il resto, al Mankamerò ho assaggiato piatti che erano opere d’arte, ispirati al colore e al sapore delle stagioni. E il mio amico Toshio, mentre guardavamo un alberello le-gato tutto storto perché crescesse in un certo modo, mi spiegava che per i Giapponesi “storto è bello”, perché per loro tutto deve esser “artificialmentenaturale”.Insomma: tutta scena! LACRIME DI COCCODRILLO (Patrizio) Per non esser da meno, io ho sperimentato gli aspetti più curiosi della cucina giapponese: per esempio, sono stato in una Vipereria, l’equivalente di una nostra rosticceria, dove però fanno soltanto vipere. Le vedi vive, che si arrampicano sul vetro della vetrina. Poi ne prendono una, la appendono e le tagliano la gola, offrendoti da bere il sangue misto a una specie di alcol, che ovviamente dovrebbe avere proprietà afrodisiache. Poi la cucinano con le cipolle o fritta: è identica all’anguilla. Oltre che le uova lasciate a macerare 40 giorni sotto la sabbia e oltre ai grilli fritti, confesso che sono entrato anche in un ristorante che cucina soltanto carne di balena. A parte i sensi di colpa, ho voluto provare: posso testimoniare che la carne di balena è pessima, grassa, filamentosa. Quindi, a mio avviso, non c’è nessun motivo per cacciare le balene. Del resto, anche la carne di tartaruga, grassissima, non è per nulla appetibile, per cui anche le tartarughe marine dovrebbero esser lasciate in pace… Mai giapponesi sono così, rispettosissimi della natura ma legati alle tradizioni.

NO, IL TEATRO NO

Syusy

Un giorno parto per andare a vedere uno spettacolo di Teatro-No: bisogna conoscere la tradizione! E i giapponesi anche in questo sono contraddittori: dallo Scintoismo (con le 8 mila divinità, dove tutto è oggetto di culto e quindi tutto è molto “pieno”) alla filosofia Zen, arrivata dall’India ed elaborata dalle classi alte giapponesi, dove tutto è vuoto meditativo. E il Teatro No è appunto il regno, anzi l’impero del silenzio… Per arrivare però a questo silenzio, devo prendere la metropolitana a Shybuia, e trovarmi dentro ai sotterranei più grandi del mondo, stipata assieme a impiegati, alle ragazzine in divisa scolastica con le calze scaldamuscoli scese sulle caviglie e qualche kakkoi (i fi ghetti che girano con borse della spesa di negozi molto in) e qualche punk. Punk però rigorosamente nel tempo libero, che confessa che per lavorare si infila un grembiule che coprei tatuaggi e una parrucca che copra le creste. Tutto questo di corsa, affannata, e perdo il biglietto della metro che si deve esibire all’uscita, più che all’entrata. Adesso questa storia l’hanno messa anche a Milano, ma allora no… Passo davanti a una bancarella di frutta e vedo che i meloni costano anche… 60 euro?! In realtà non sono frutta da mangiare, sono oggetti da regalo, apprezzati per la loro perfetta rotondità… Arrivo finalmente al Teatro-No, dove però trovo che sono tutti in tiro, eleganti, come a una prima della Scala. Le signore sono… In kimono. Con ciabattine più piccole del pur piccolo piede, per essere al massimo della finezza. Io non ho neanche il biglietto (rarissimo da trovare) e scopro che lo spettacolo dura almeno 3 ore. No, per stavolta il mio Teatro-No, no. Sarà per un’altra volta…

I FUORI CASTA

Patrizio

Tornando alla gastronomia. O meglio, alla sociologia-politica applicata alla gastronomia. In Giappone, nelle case nobili, c’erano tre cucine, tre luoghi in cui preparare il cibo. Il primo, il più puro ed eletto, era il posto in cui si cucinava la verdura. Nel secondo si cucinavano le carni di animali a due zampe, tra i quali – chissà perché – era compreso il coniglio. Il terzo posto, se c’era, era nascosto e vergognoso: era il posto in cui si cucinavano o macellavano gli animali a quattro zampe. Chi trattava in qualche modo questo genere di animali (dai conciatori ai macellai) era un fuori-casta, un intoccabile. Questo pregiudizio dura ancora: alcuni genitori fanno delle vere e proprie investigazioni sugli antenati dei pretendenti del figlio o della figlia, per vedere che non ci sia un paria in famiglia. Tanto che il governo ha vietato espressamente questo genere di discriminazione. In tutto questo, in Giappone, i MacDonald hanno un grande successo… Ma, ancora una volta, il Giappone è il paese delle grandi contraddizioni…

COPIONI PER SCELTA

Syusy

Devo imparare qualche cosa della tradizione giapponese. È la tradizione che ha fatto dei giapponesi quello che sono. Con una storia, in fondo così simile alla storia italiana, dal Medioevo, fino ad arrivare alla alleanza suicida con i nazisti di 70 anni fa. Detto questo, le tradizioni sono le tradizioni… Vado, dunque, al Centro Culturale di Tokyo. Una gentile anziana signora in kimono mi fa fare una composizione floreale, un ikebana appunto. Mi dà i fiori (crisantemi in questo caso) e una ciotola bassa nella quale disporli. Ma non sono libera di fare quel che voglio! La composizione è fi ssa. E debbo copiare pedissequamente il cikurizichè, una composizione floreale che tradizionalmente va bene così com’è, e sulla quale non è permesso improvvisare! I soliti giapponesi che copiano tutto? Che copiano anche le nostre cose? Come mi dice Davide Zappelli (un occidentale tatamizzato, che fa il giornalista in giapponese) per i giapponesi copiare gli oggetti non è negativo, i giapponesi lo fanno, perché non sono supponenti, ma soltanto curiosi.

IL TONNO più CARO

Patrizio

Una mattina ci siamo alzati alle 4 e siamo andati al Mercato del pesce di Tokyo. Un’esperienza unica, per quantità e qualità di merce per l’atmosfera. Un laureato in biologia marina potrebbe perdere la testa: sui banchi ci sono tutte le specie ittiche, tutte le razze di crostacei, tutte le stranezze della natura marina. Un economista potrebbe strabiliare di fronte alla complessità delle aste che si tengono in vari punti del mercato, dedicate anche a singoli prodotti: il più caro e pregiato è il tonno, che arriva fresco in aereo dal nostro Tirreno… Non manca nemmeno il velenosissimo pesce-palla: in alcuni ristoranti cucinano il suo fegato prelibato, che però, se non viene pulito in un certo modo, risulta letale. A me ha fatto venire il mal di fegato, alla fine, mangiare un piattino di sashimi di tonno in un localino scalcinato del porto: era buono, ma mi è costato il corrispettivo di 25 euro…

LA MENTE ZEN

Syusy

Al centro Culturale vado anche a lezione di Scrittura Sodo, cioè a “fare Suren”, la scrittura con pennello senza ritocchi: anche lì bisognerebbe copiare, copiare, copiare finché non impari gli ideogrammi che sono sia scrittura sia immagine e disegno della cosa che rappresentano e che fanno lavorare anche l’emisfero destro del cervello. Per questo i giapponesi sono così intelligenti… Io faccio alcuni scarabocchi, alcuni sono assurdi ma uno… Mi viene perfetto! Nemmeno io ho capito il perché. Mi promuovono alla Cerimonia del Tè. Che non è un tè, è una pappetta verde che sa di clorofilla. C’è da mangiare (tutto, fino alla fine) un dolcino gommoso che si attacca ai denti, tutto questo in ginocchio e rigorosamente in silenzio. Ma pensando al casino che ho lasciato fuori, in metropolitana, è un’esperienza sublime! Mi riprometto di approfondire seriamente lo Zen. Devo farmi portare da un monaco Zen. Mi ci portano ma… Accidenti! Non gli ho portato il regalo di prammatica. Mi scusano, in quanto occidentale (gaijin), ma durante tutta la meditazione non riesco a pensare ad altro, ho il senso di colpa per il mancato regalo. Alla fine, il monaco mi chiede come è andata e gli confesso la verità. E lui mi dà una lezione Zen, mi dice: “Eh sì, la Mente è un cavallo pazzo. La Mente mente!”.

IL GALATEO

Patrizio

Una cosa da imparare in Giappone sono le regole fondamentali del galateo, che ovviamente sono diverse dalle nostre. Per esempio: soffi arsi il naso è una cosa assai disdicevole, oltremodo schifosa. Ma viceversa fare rumori assordanti risucchiando una sopa, una zuppa, è assai fi ne. D’altro canto è obbligatorio: la sopa viene servita a 150 gradi, e quindi uno non la può bere direttamente: bisogna creare un risucchio, una depressione, ad almeno due dita dalla tazza, e fare in modo che venendo “aspirata” si raffreddi almeno un po’… Se fate un brindisi in Giappone, mi raccomando non dite “cin cin”, vuol dire cazzo. Ma questa cosa si sa: è diventata una sorta di leggenda metropolitana. Quello che non sapevo è che un must per i giapponesi è il biglietto da visita: un uomo senza biglietto da visita non esiste. Chi si presenta deve per forza averlo. Io, che non lo sapevo, alla fine mi sono ridotto a dare i biglietti da visita che avevo in tasca, contando sul fatto che i giapponesi non capivano l’italiano. Ho persino smerciato il bigliettino del mio gommista. E chi riceve il biglietto deve prenderlo con due mani, leggerlo (o fingere di leggerlo) tutto con attenzione e quindi inchinarsi. Se domandate un’informazione a qualcuno, gli fate un grande dispetto. Infatti, se un giapponese decide di darvi retta, ha preso un impegno che deve assolvere fino in fondo. A noi è capitato allora che qualcuno si sia sentito in dovere di accompagnarci fino al luogo ricercato, ma anche che qualcun altro – pur di darci un’indicazione e non potendo ammettere un fallimento – ci mandasse da tutt’altra parte.

TRAVESTIMENTI

Syusy

Sempre in metropolitana, sempre passando da Shibuia, giro per il centro, nella Montenapoleone di Tokyo. I negozi sono pieni di vestiti firmati occidentali, prime fra tutte le griffe italiane. Un vestito, una borsa firmata sono un oggetto del desiderio collettivo. Mi raccontano addirittura la leggenda metropolitana secondo cui alcune studentesse si prostituiscono pur di comprarsi roba firmata. Certo per loro l’abito firmato è uno status symbol. E per i giapponesi che amano così tanto le divise, la divisa da modaiolo occidentale è un’attrazione irresistibile. Entro in un negozio in cui un famoso stilista giapponese unisce tessiture tradizionali con modelli occidentali: incredibilmente mi sta tutto a meraviglia! Le giapponesi sono tutte TAP model. Ma dove si produce tutto questo? A Prato, dice lo stilista, che aggiunge: voi italiani però dovreste essere più precisi… Un po’ più giapponesi. Ma io qui in Giappone non voglio vestiti firmati troppo costosi, io voglio il kimono! Vado al mercato dell’usato, una specie di Porta Portese o di Mercato delle Pulci, tutto dedicato agli abiti. Qui posso comprarmi un kimono usato, con un cambio di Obi, la cintura alta in vita che va annodata in modo molto complesso dietro la schiena. Naturalmente non posso rinunciare a girare vestita col kimono, travestita da giapponese, e vengo apprezzata da una… Non ben sessualmente identificata creatura vestita da studentessa-educanda. Mi confessa che è la sua passione: travestirsi con varie divise. In realtà, lui, lavora in aeroporto e fa atterrare gli aerei, con le cuffie in testa e le palette. Ma è solo uno dei suoi travestimenti. I giapponesi sono conformisti, ma quando sono strani, sono strani forte! MUTANDE SOTTOVUOTO (Patrizio) Naturalmente non ho potuto approfondire, ma credo che anche sul sesso si misurino le differenze fra noi e i giapponesi, che sono liberi da tutti i nostri sensi di colpa post-cattolici. Per loro sembra che sia – anche – sport. Sono entrato in un sexy-shop e ho trovato, tra le altre cose, mutande da donna e reggiseni usati, non lavati, in confezione sottovuoto salva-aroma, come da noi il caffè, con la foto della ragazza a cui appartenevano. In un locale ho visto uno spettacolino sadomaso, in cui mi hanno legato alla sedia, e in un altro ho assistito ad uno strano rito feticista: c’erano 5 o 6 ragazze e altrettanti avventori, le ragazze erano vestite con i costumi delle dive dei manga. Tutti conversavano normalmente, finché il barman non ha suonato un campanello. A quel punto, le ragazze hanno cominciato a spogliarsi e a… Scambiarsi i vestiti tra loro. Gli uomini si limitavano ad aiutarle, discretamente. Dopodiché, una volta rivestite, le ragazze continuavano a chiacchierare fi no alla campanella successiva…

PETTINARE LA GHIAIA

Syusy

Dopo aver dormito in otto assieme sui tatami, alla Tani House, una pensione familiare economicissima e pulitissima, si potrebbe dire un bed&breakfast ricavato in una casa tradizionale di Kyoto, ho un appuntamento. Mi accompagna Toshio, il nostro amico che all’aspetto è appunto giapponese ma che in realtà è nato in Toscana e si sente italiano. Andiamo al tempio Ai Tokyo Gin, dove ci aspetta l’abate più importante di Kyoto, una specie di vescovo. Ovviamente siamo in ritardo. Ma c’è una sorpresa: l’abate ci accoglie con un mappamondo che fa scendere dal soffitto e poi con l’inno d’Italia. E si fa grandi risate. Poi ci porta a vedere il suo prezioso e antico giardino Zen, facendoci ascoltare una spiegazione registrata in italiano su un mangianastri. Scopriamo così che si tratta di uno dei giardini astratti (karen sansui) più importanti, che risale al 1509, disegnato da Se In, un capolavoro paesaggistico Zen, in cui la ghiaia rappresenta il mare e i sassi le rocce. E il bello è pettinare la ghiaia tutti i giorni, equivale a pettinare la mente… Poi, sempre in preda a grande entusiasmo, e con molta ironia, ci porta davanti a una pergamena scritta, e ce la fa recitare… In italiano. Se l’è fatta tradurre apposta per noi.

Questa è la mia migliore occasione / Ogni giorno della vita è un allenamento per me stesso / Anche se il fallimento è possibile / Vivendo ogni momento con la stessa attitudine verso ogni cosa / Pronto per ogni evenienza / Io sono vivo, sono questo momento / Il mio futuro è qui ed ora / per cui, se non posso provare oggi / dove e quando lo farò?

Quindi si mette a cantare una canzone religiosa, serissimo. Ma subito dopo prende la cornice di un televisore e ci mette la faccia dentro, e ci saluta, mimando una diretta televisiva ridendo come un matto. Geniale e demenziale in modo sublime. Ho sempre pensato che tra lo Zen e il clown non ci sia molta differenza. Io sono un clown, chissà se in futuro potrò diventare una monaca Zen?

PANCHINE FINTE

Patrizio

In Giappone per la prima volta ho visto il fenomeno delle “bolle economiche”. A Tokyo si era consumata la prima grande speculazione sul prezzo degli immobili, trascinati alle stelle e poi crollati. Ancora le rarissime aeree edificabili costavano follie. Sull’aspetto avveniristico del palazzi non serve dire nulla: le foto che si vedono sempre parlano da sole. Ma certamente la stazione di Kyoto è un esempio limite: sembra una scenografi a fantascientifica. Non a caso ha sollevato le proteste di molti intellettuali, che l’hanno vista come una profanazione della città più antica del Giappone, e più legata ai suoi edifici sacri e storici. Legame in ogni modo strano: in Giappone gli edifici di interesse storico, naturalmente in legno, vengono regolarmente rifatti. Uguali, ma nuovi. Come se noi restaurassimo il Colosseo ogni 5 anni… A proposito di invenzioni avveniristiche: in Giappone io ho visto il primo Ski Dome, cioè la prima cattedra-le della neve artifi ciale, una maxi-giostra dove sciare d’estate: quella di Dubai è venuta dopo… E le stranezze non finiscono qui. Nell’ansia di riprodurre le nostre scoperte, hanno chiamato a Tokyo molti architetti europei e italiani, che hanno introdotto il concetto di Piazza. E ora, tra un grattacielo e l’altro, ci sono anche belle piazze, con tanto di panchine. Ma se provate a sedervi, un solerte portinaio vi fa alzare: le panchine sono monumenti simbolici e soprattutto privati, non servono all’uopo! Restando in tema, dopo il Pacinko (con le slot machine), dopo i Bagni Pubblici (frequentatissimi dai giapponesi), dopo i Karaoke, un altro posto tipico è il Capsula Hotel. Capita infatti che i giapponesi maschi) debbano passare la notte fuori casa, o perché lavorano troppo e tornerebbero tardissimo la sera per ripartire da casa all’alba, o perché hanno bisogno di riposare qualche ora. In quel caso c’è il Capsula Hotel, un insieme di loculi, della dimensione di una cella frigorifera, dove ci si infila a dormire. C’è persino la biancheria di ricambio, di carta. Costa (costava) circa 25 euro a notte. Astenersi claustrofobici.