Baviera orientale

Ritengo sia superfluo parlare del mio soggiorno nella Baviera più “nota”, cioè quella del castello delle fiabe, proprio perché tutti o quasi la conoscono; quindi io non farei che ribadire per l’ennesima volta la bellezza e la magia dei luoghi. Preferisco invece soffermarmi sulla seconda parte del mio viaggio in Baviera, quella meno...
Scritto da: Perseo
baviera orientale
Partenza il: 19/08/2003
Ritorno il: 27/08/2003
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 1000 €
Ritengo sia superfluo parlare del mio soggiorno nella Baviera più “nota”, cioè quella del castello delle fiabe, proprio perché tutti o quasi la conoscono; quindi io non farei che ribadire per l’ennesima volta la bellezza e la magia dei luoghi.

Preferisco invece soffermarmi sulla seconda parte del mio viaggio in Baviera, quella meno conosciuta e cioè la parte orientale.

Sono trascorsi ormai 4 anni da quell’estate rovente (che coincidenza, anche questa non scherza), era la fine di Agosto del 2003 e dopo aver trascorso 3-4 gg. Nella famosa e turistica zona dei castelli di Ludwig II, ho indirizzato il mio interesse qualche centinaio di km ad est.

La zona si chiama “Berchtesgadener land”, prende il nome chiaramente dalla cittadina che vi si trova nel mezzo, Berchtesgaden. Questa zona al confine con la regione di Salisburgo, è maggiormente immersa nelle montagne di quanto non lo sia Fuessen (dove ci sono i castelli), e le fa da sfondo il Watzmann, la seconda montagna più alta della Germania, ma la prima secondo me per bellezza.

Prima di arrivare abbiamo fatto una sosta al lago Chiem, che dista circa un’oretta da qui ma che ci rimaneva di strada venendo dall’ovest. Sul grande lago ci sono alcune isole, la più grande delle quali ospita una reggia, anch’essa fatto costruire da Ludwig II; è la copia in piccolo di Versailles. Infatti Ludwig II era un grande ammiratore dei Re francesi e quindi ordinò di riprodurre quella di Parigi; come succede spesso però le finanze calano e le opere rimangono incompiute.

Nonostante alcune stanze non siano mai state terminate la reggia è molto bella e sontuosa, e non è da meno ovviamente il giardino. Grandi aiuole, fontane, e boschi a non finire, fin quando non finisce l’isola. Una prospettiva veramente bella è quella che si vede dall’ingresso principale girando le spalle al palazzo: oltre i giardini e le fontane, prosegue un lungo e dritto viale costeggiato da boschi, che termina con… l’acqua del lago.

Oltre al palazzo sull’isola, accessibile con battelli anche a vapore, ci sono alcune altre costruzioni come per es. Ex stalle di corte, chiesine neogotiche, strutture ora adibite a caffèe e ristoranti, insomma tutta la classica costellazione di strutture tipiche di questi luoghi.

Ritornati sulla “terraferma”, abbiamo pranzato con gl’immancabili wurstel e birra di un chiosco in riva al lago, e a pochi metri dal capolinea del piccolo treno a vapore che fa la spoletta tra la stazione di Prien (il paese) e il molo d’imbarco per le isole. Il trenino è anch’esso d’epoca, come alcuni battelli a ruota che solcano le acque del grande lago. Il mio consiglio è quello di passare un’intera giornata qui, tra le isole la reggia e il paese.

Ritorniamo alle montagne! Il nostro albergo, che si è rivelato di gran lunga più bello e affascinate di come avevo previsto, è situato in un piccolo paradiso a soli 200 metri dal confine con l’Austria, a 850 metri d’altitudine, su uno spartiacque da cui si accede facilmente in un quarto d’ora a Salisburgo scendendo ad est e a Berchtesgaden dalla parte opposta.

Il luogo si chiama Rossfeld, l’albergo Neuhaeusl. Intorno ci sono solo prati boschi e una decina di abitazioni in tutto, compreso un altro albergo. A 20 metri dall’albergo, c’è un piccolo ruscello con delle anatre e con due sbarramenti reticolari all’interno dei quali nuotano dei pesci che di sicuro avrei ritrovato ospiti con me a cena.

Appena abbiamo depositato i bagagli e preso possesso “dell’attico” che ci hanno riservato, una stanza enorme, con bagno ingresso e balcone fiorito di grandi dimensioni, ci siamo sgranchiti le gambe nei paraggi, tra prati e mucche, constatando che la vista che si gode è veramente appassionante. Alzando lo sguardo in direzione ovest tra l’atro, si vede la Kehlstein haus, un rifugio alpino che domina la vallata di Berchtesgaden sottostante e che è famoso per essere stato regalato da Bormann a Hitler.

Siamo di Domenica e prossimi a l’ora di pranzo, allora ne approfitto per scendere a visitare Salisburgo, dove una volta parcheggiata la macchina, ci avviamo a piedi fino a trovare ristoro in un self-service situato nel cortile di un palazzo del centro.

Molto centro, infatti appena finito di pranzare, usciamo dal cortile passando per un portale opposto a quello d’ingresso e ci ritroviamo nella Getreide gasse, la via principale di Salisburgo.

Senza scendere troppo nei dettagli, reperibili presso chiunque sia stato qui e penso siano in molti, mi viene da dire solamente che Salisburgo ha un fascino inversamente proporzionale alla sua grandezza. Chi non c’è stato sappia che Salisburgo è molto piccola! Tornando verso l’albergo siamo passati davanti ad una birreria, intendo una birreria nel vero significato del termine, cioè stabilimento di produzione di birra. Di fronte, dall’altro lato della strada c’era invece la birreria intesa come Pub, dove poi siamo venuti a cenare l’ultimo giorno.

Il giorno seguente, Lunedì, ho diviso la giornata in due: la mattina visita alla Kehlstein haus, il pomeriggio giro in battello sul lago Koenig.

Per visitare il famoso rifugio alpino, in macchina si può arrivare fino ad un certo punto, dove si trovano ampi parcheggi a pagamento e vicino c’è la biglietteria per l’autobus. Infatti per salire al rifugio non si può andare con mezzi propri, la strada è stretta e tortuosa e in cima non c’è posto per parcheggiare e così si è traghettati da speciali autobus che salgono e scendono in continuazione.

La strada è così stretta che non si riesce a passare in due, così è stato adottato un sistema alquanto semplice ma efficace: gli autobus che salgono e quelli che scendono partono in maniera sincronizzata e chi arriva prima a metà strada si ferma in una piazzola di sosta appositamente costruita, lascia transitare il collega e poi riprende la marcia. Si va avanti così decine di volte al giorno, ad intervalli forse di mezz’ora, il tutto con una precisione “tedesca”.

E’ superfluo dire che il tragitto sembra infinito, questo capita ovviamente perché guardando fuori dai finestrini ci sono dei punti che sembra di essere in funivia, e una volta arrivati in cima si cerca di non pensare che purtroppo poi c’è il ritorno.

Comunque, dopo circa 10-15 min. (compresa la sosta) si giunge al capolinea, ovvero un piazzale dove gli autobus si rigirano e si allineano in attesa della discesa. Da qui si può scegliere se salire i restanti 125 m che portano al rifugio a piedi oppure con “l’ascensore”. Si avete capito bene con l’ascensore! Infatti la più famosa peculiarità di questo luogo e proprio questa.

Nel 1938 Martin Bormann fece costruire per il Fuehrer un particolare tunnel che parte da questo piazzale e che entra nella montagna per 126 metri, percorribile allora con la macchina, alla fine del quale vi è un vano rotondo, tutto in pietra, molto suggestivo (sembra di stare all’interno di un pallone) che probabilmente serviva per rigirare l’auto, e lateralmente c’è una porta dorata…Questa è la porta dell’ascensore.

Mi soffermo un po’ su una cosa così comune come un ascensore, perché di comune questo ha ben poco, è veramente affascinante.

Innanzitutto le sue dimensioni! Realizzare un ascensore all’interno di una montagna per una sola persona, farebbe logicamente pensare ad una piccola o quantomeno modesta cabina ma non è così, anzi. Siccome Hitler soffriva di claustrofobia, gli ingegneri realizzarono un ascensore enorme di 4 metri di lato se non mi sbaglio, e intorno tutto tappezzato di specchi, così da dare ancora di più l’illusione dello spazio aperto; ci sono tutt’intorno delle panche rivestite in velluto verde e tutto ciò che non è specchi o velluto è “oro”, ovviamente ottone, così da dare ancora di più la sensazione di luminosità e ariosità. Infine, appena si entra lateralmente alla porta c’è un telefono d’epoca per le emergenze e un lacchè in livrea che comanda le operazioni di salita e discesa. Altra caratteristica sbalorditiva per l’epoca è che l’ascensore percorre i 125 metri che lo separano dal rifugio in pochi secondi, senza il minimo scossone, infatti l’accelerazione ed il rallentamento non ti fanno rendere conto della velocità a cui procede la cabina.

Arrivati in cima si apre la porta e ci si trova all’interno dell’edificio, un tipico rifugio alpino tutto in pietra, con ristorante, bar e camere ovviamente.

Uscendo abbiamo proseguito verso la cima della montagna che sale ancora per qualche manciata di metri, in direzione opposta al rifugio, il quale si trova spostato quasi sul ciglio del monte per dominare dall’alto Berchtesgaden e la valle.

Anche se eravamo all’interno di un’ umida nuvola che ci avvolgeva, il panorama è stato comunque appagante; si riesce a vedere bene anche Salisburgo, oltre al lago Koenig (dove saremmo poi andati dopo pranzo) e al nostro bell’albergo. Purtroppo il monte Watzmann era anch’esso semicoperto altrimenti il panorama sarebbe stato meraviglioso.

Trattenuto il respiro durante il viaggio di ritorno in autobus, siamo giunti di nuovo al parcheggio da dove ripresa la macchina ci siamo “incamminati” verso Berchtesgaden e quindi schoenau in riva al lago, dove abbiamo pranzato all’aperto in una tipica trattoria bavarese in mezzo a dei prati.

Dopo mangiato, abbiamo preso il battello che fa il giro del lago; è stata un’esperienza indimenticabile. Detto così sembra esagerato, invece non lo è! Il fatto è che questa minicrociera si svolge a bordo di piccole imbarcazioni elettriche, che non emanano nessun rumore se non quello dello sciabordio dell’acqua spostata dalla barca, inoltre la cornice circostante è quasi unica; infatti questo lago è incastonato in una relativamente stretta vallata con le pareti delle montagne molto ripide, quasi a picco sull’acqua, quindi è un po’ come navigare in un canyon lussureggiante, e per buona parte del tragitto senza alcuna traccia dell’uomo.

Ad un certo punto la barca si è fermata in mezzo al lago, proprio di fronte ad una ripida parete di roccia, e uno dell’equipaggio ci ha deliziato con uno spettacolare duetto con la tromba; lui suonava in piedi rivolgendosi alla montagna e dopo pochi secondi essa rispondeva con una eco così pura e limpida mai sentita prima, nessun rimbombo, una sola chiarissima eco di ritorno che sembrava ci fosse un altro identico trombettista in cima alla parete, a centinaia di metri di altezza. Veramente una piacevole esperienza! Ahh!!! per la cronaca, poi quando siamo ripartiti tra gli applausi di tutta l’imbarcazione, il musicista non ha disdegnato di passare col cappello per l’obolo.

La barca ha fatto poi scalo a St. Bartholomae, un microscopico agglomerato di casette in riva al lago, a ridosso del Watzmann, dove l’attrazione principale è una splendida chiesetta con delle cupolone rossicce tipo i bignè nel profiteroles.

L’attesa per il ritorno non è stata breve, infatti c’era molta gente in fila e le barche anche se arrivavano ad intervalli regolari, avevano una capienza limitata. Il ritorno è stato più diretto, ci si è inoltrati ancora più in profondità nel lago per raggiungere l’ultimo approdo, dove altre persone attendevano e così dopo questa fermata il battello ha puntato deciso verso Schoenau per la conclusione della crociera.

Un commento…Veramente dei luoghi unici! La sera è trascorsa cenando in albergo, sul balcone con bella vista sull’Untersberg, la montagna di Salisburgo.

La giornata seguente, ci ha visti erranti visitatori per le vie di Berchtesgaden; alla ricerca anche di qualche souvenires (già! Oggi infatti è l’ultimo giorno). Molto carina anche la cittadina non c’è che dire! Per pranzo ci siamo sistemati nel patio di un ristorante con vista sul Watzmann, allietati dalla dolce quiete che si ha quando si è in pochi.

Dopo pranzo lunga passeggiata in un paesino nelle vicinanze, Ramsau, dove si costeggia la strada che sale progressivamente fino ad arrivare ad un lago, che noi non abbiamo raggiunto, infatti avevo parcheggiato la macchina troppo lontano. Personalmente è stato come passeggiare in una fiaba: casette piene di fiori affacciate sul ruscello; qualche vecchio mulino in legno che talvolta azionava il movimento di statuette da giardino, come per esempio in alcuni presepi; una chiesetta con la classica cupola a cipolla e dirimpetto un ponte in legno sul fiume con la balaustra solo su un lato; il tutto in una boscosa gola tra le montagne.

E’ superfluo dire che l’indomani ci piangeva il cuore, ma ormai era giunto il momento della fine. Ma il bello di ogni fine naturalmente è che ci sarà di nuovo un inizio, e prima o poi lo farò coincidere nuovamente in queste zone!



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