Quattro ruote, una canadese e la Corsica

Raccontare la Corsica in poche righe non è davvero possibile, soprattutto per chi ha prenotato un biglietto, si è portato appresso una tenda e crede ancora in quel mito di vacanza romantica "on the road" che da quando hai letto Keruac proprio non ti vuoi togliere dalla mente. Di viaggi del genere ne ho fatti tanti, interrail in giro per l'Europa...
Scritto da: Ilaria M 1
quattro ruote, una canadese e la corsica
Partenza il: 26/07/2001
Ritorno il: 15/08/2001
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 500 €
Raccontare la Corsica in poche righe non è davvero possibile, soprattutto per chi ha prenotato un biglietto, si è portato appresso una tenda e crede ancora in quel mito di vacanza romantica “on the road” che da quando hai letto Keruac proprio non ti vuoi togliere dalla mente. Di viaggi del genere ne ho fatti tanti, interrail in giro per l’Europa cercando sempre qualcosa di diverso, qualcosa di nuovo, da condividere con i miei amici. E quest’anno ho convinto Fab a prendere la macchina e ad avventurarci in quest’isola che mi ha sempre incuriosito, e a passarci 20 giorni. Abbiamo caricato la macchina con la tenda, i borsoni, i sacchi a pelo, e tanta roba da mangiare che ci servirà a sopravvivere per molto (e soprattutto a risparmiare), e siamo partiti… 26 luglio Partiamo da Livorno con un’ora e mezzo di ritardo, il che vuol dire che invece di arrivare alle 22:30, sbarcheremo intorno alla mezzanotte, riducendo ancora di più le nostre speranze di trovare un posto per dormire che non sia la macchina. Il viaggio non è lungo, sono solo quattro ore, ma l’aria condizionata mi fa morire anche perché ho lasciato tutti i vestiti in macchina. Siamo fortunati a sbarcare, scendiamo tra i primi, e ci avventuriamo in questa Bastia sconosciuta ma che ci accoglie con una serie di rotonde, strade larghe e palazzi eleganti. La nostra ricerca di un albergo è molto lunga, soprattutto perché quelli più economici sono pieni e gli altri costano un po’ troppo. Ho letto da qualche parte che Bastia e Ajaccio sono le città francesi più care dopo Parigi… e me ne accorgo! Parlare con gli abitanti non è proprio facile come mi aspettavo. Ad un primo impatto con la città sembra che pochi parlino inglese (e questo me lo aspettavo), ma anche che non tutti capiscano l’italiano (e questo me la aspettavo di meno). Proprio quando stiamo per accettare l’idea di una “comodissima” notte in macchina, un gentilissimo albergatore che parla poco inglese ci fa uno sconto e decidiamo di rimanere da lui… Più che altro per la gentilezza dimostrataci. In effetti lo abbiamo interrotto mentre si stava godendo una partita alla playstation nella sala ristorante dell’albergo. La camera è graziosa e pulita, con il bagno. Ma ancora non riesco a spiegarmi questa strana abitudine che hanno i Francesi di usare questi lunghi cuscini rotondi… La mattina dopo scopriamo che in realtà i cuscini, quelli veri, erano dentro l’armadio, insieme alle coperte. 27 luglio Ci sveglia il sole che entra dalla finestra che punta esattamente ad est. Anche se siamo molto lontani dal mare, siamo però abbastanza alti, e lo scorgiamo da dietro le case. Ci mettiamo in macchina e ci dirigiamo verso il centro della città. Voglio fare assaggiare a Fab i famosi croissant francesi. Alla Cittadelle scegliamo quella che ci sembra la migliore pasticceria e facciamo la nostra scelta: un croissant nature, e un pain aux chocolat… Lui ne rimane così innamorato che nasce una vera e propria dipendenza. Un giro per la città alta ci rivela una Bastia genovese, fatta di vicoli e di piccole bottegucce aperte sulla strada. Ciò che colpisce particolarmente me sono quei piccoli balconcini tramite i quali si accede all’ingresso delle abitazioni. Ci facciamo un giro alla Cittadelle, vediamo le mura, la meridiana sul palazzo dei governatori e la chiesa di Sainte Marie. C’è anche una splendida vista sul porto vecchio, sotto al quale passa un tunnel che collega la parte centro-nord della città a quella sud industriale. E’ il tunnel che noi abbiamo percorso ieri seguendo le indicazioni di quel signore che ci ha disegnato una cartina sul retro del suo biglietto da visita; è uno dei motivi d’orgoglio di questi cittadini. Io rimarrei ancora a vedere Bastia, ma Fab mi ricorda che ormai è ora di pranzo, e che quindi ci dobbiamo sbrigare a cercare un campeggio e a sistemarci. Mi convince dicendomi che “tanto ci ritorneremo perché il nostro traghetto da qui riparte!”. Ci dirigiamo verso nord e subito ci rendiamo conto che molti dei nostri soldi andranno via a benzina…

Percorrendo questa strada che ci porta a nord, mi ricordo di quella specie di “guida del guidatore” che ho trovato in traghetto. Tradotta in un italiano un po’ fantasioso consigliava ai turisti di guidare con molta cautela, perché “ci sono, purtroppo, molte sciagure, spesso mortali”. Questo potrebbe causare le ire dei “semplici autisti locali che vanno al lavoro, e non hanno tempo da perdere, e arrischieranno una sciagura per sorpassarvi, alla quale forse sarete mischiato”. Non superiamo i 40 Km orari… Le strade sono talmente strette e così piene di curve che non si può fare altrimenti; e quando si formano i trenini dietro basta fermarsi e farli passare tutti… Poi sono gentili, ringraziano. Più si va a nord, più il paesaggio si fa selvaggio, passiamo dall’aperta campagna fuori Bastia, a luoghi in cui la piccole baie si alternano a tratti di roccia, il tutto adornato da torrette d’avvistamento genovesi. Ci fermiamo al Camping La Pietra a Marina di Pietracorbara, ci si arriva percorrendo un piccolo tratto di strada sterrata, ma la spiaggia è a tre minuti a piedi; quando chiedo come ci si arriva mi dicono di seguire il sentiero fino alle capre, e poi infilarmi in una specie di bosco. Il campeggio è così pacifico e fresco. Montiamo la mia fantastica canadese che i miei genitori usavano negli anni ’70. Lo so è un po’ vecchiotta, ma fa sempre la sua bella figura accanto a tutte questa tende igloo che si montano in cinque minuti. Noi ci mettiamo un po’ di più, ma almeno ci divertiamo. Facciamo il primo bagno nelle acque della Corsica, e già mi rendo conto che questa estate saremo completamente circondati da italiani. Non che la cosa mi dia particolarmente fastidio, ma delle volte noi non riusciamo davvero a rinunciare a dei comportamenti ridicoli e imbarazzanti. Siamo in ogni caso riconoscibilissimi: siamo gli unici che cantiamo sotto la doccia, sbattiamo sulla porta del bagno dell’amico per chiedere se ha finito, e cerchiamo di leggere di nascosto il giornale all’edicola, perché costa troppo. La sera decidiamo di andare a farci una passeggiata ad Erbalunga, uno dei paesi che la mattina ci aveva colpito. E’ un incantevole villaggio di pescatori (ne vedremo tanti, ma nessuno bello come questo!) che si protende verso il mare, con un piccolo porticciolo, e una torre che domina la vista. E’ molto noto perché vi si svolge una famosa processione il Venerdì Santo. Ci sono un paio di piazzette con i ristoranti che cercano di allungare i loro tavoli quasi a conquistare più spazio possibile. Lo visitiamo tutto, e quando dico tutto intendo davvero ogni stradina e ogni vicolo, poiché abbiamo quasi la sensazione che ogni angolo nasconda un piccolo segreto. 28 luglio Oggi è il giorno dedicato alla visita di Cap Corse. Il programma è montare in macchina, partire, e fermarci quando ci va. Andiamo verso nord, per girare verso ovest all’altezza di Santa Severa. Prendiamo questa strada che si stringe sempre di più, che si inerpica su per la montagna in mezzo al bosco. Al colle di Sainte Lucie vediamo la Torre dove si dice si sia rifugiato Seneca in esilio da Roma. Scendendo ammiriamo il paesaggio. Il lato occidentale di Cap Corse è molto più scosceso di quello orientale. Sono entrambi molto verdi e tempestati da torrette d’avvistamento che fanno una strana impressione soprattutto la notte, quando tutto è buio. Di là puntualmente ogni 5 km trovi una baia con la sabbia chiara e l’acqua di un verde intenso. Ma da questa parte le montagne cadono quasi a picco sul mare, la strada che ci porta a nord è anche molto alta rispetto al livello del mare. Ci fermiamo in una piccola spiaggetta e facciamo un bagno e proseguiamo ancora a nord fino all’incantevole paesino di Centuri Port, così caratteristico con le sue poche case dai colori pastello che si affacciano sul piccolo porto. Anche qui scendiamo e ci andiamo a fare una nuotata in uno dei posti preferiti dai sub. I fondali sono bassi e con la maschera vediamo dei pesciotti molto carini, ma dobbiamo stare molto attenti ai ricci. Ancora più a nord arriviamo al col de Serra, a 400 metri di quota. Parcheggiamo e proseguiamo a piedi fino ad un vecchio mulino abbandonato: il Mulino Mattei. Molto carino! Dietro di noi sulla cresta della montagna ci sono quelli moderni di mulini, e davanti a noi la vista è dominata dalle due isole della Giraglia e di Finocchiarola. Decidiamo di proseguire ancora più verso nord, anche se la strada principale piega decisamente verso est per poi scendere a sud di nuovo. Arriviamo a Barcaggio, il paese più a nord della Corsica, difficile da raggiungere, perché qui siamo nella parte più incontaminata di Cap Corse. E’ un paesino di pescatori, con un’incantevole spiaggia che mi colpisce per il suo colore: azzurro-verde… Raccolgo un sasso… È proprio azzurro-verde…

Risaliamo prima del tramonto perché non ci fidiamo a percorrere certe strade col buio, quando arriviamo al campeggio è quasi mezzanotte, perché intanto ci siamo visti anche Rogliano e Macinaggio.

29 luglio Torniamo verso Bastia per dirigerci poi verso Saint Florent, o San Foirenzu, come dicono i Corsi. Già dai primi giorni ci rendiamo conto di questo orgoglio e questo senso d’indipendenza: scritte sui muri, cartelli stradali corretti, e una gentilezza particolare verso gli italiani. Se gli chiedi se parlano italiano dicono di si, anche se non è vero. Capiscono quello che dici, e quando ti parlano qualcosa lo capisci anche tu. Qui a nord si parla una specie di Genovese stretto mischiato a qualcos’altro… Non troppo difficile, anche se a sud e al centro si fanno capire meglio. Il corso scritto è comunque incredibilmente simile all’italiano. La strada che dalla zona industriale di bastia porta a Saint Florent è lunga, stretta, tortuosa, e pericolosa. Superiamo un camion dei pompieri in attesa di qualche possibile chiamata, e all’improvviso, in mezzo al vero nulla, spunta un’acquapark! A me sembra incredibile. Siamo nell’isola in cui non abbiamo visto – per fortuna – neanche un McDonald’s, e qui, in mezzo al nulla, troviamo un acquapark! La città di Saint Florent è carina, ma niente di diverso dalle piccole città turistiche di mare: un bel porto turistico, ristoranti dappertutto e strade invase da negozi di souvenir che si protendono il più possibile verso l’esterno per attirare ancora di più l’attenzione dei turisti. La città ha acquistato importanza dopo la sconfitta della malaria che nel secolo XIX era molto diffusa in queste zone. Proseguendo verso nord nella zona di Patrimonio percorriamo la famosa strada dei vini: un susseguirsi di vinicole dove si produce ottimo vino. Arriviamo a Nonza, famosissima per la sua spiaggia nera. La spiaggia è immensa, sotto di noi ad almeno 100 metri. Leggiamo delle scritte che sono state fatte con dei sassi bianchi, come su una lavagna. Per scendere ci mettiamo circa 45 minuti, passiamo vicino ad una fontana la cui acqua si dice sia miracolosa, ma non è accessibile. Forse siamo stati fortunati perché la spiaggia è deserta, e da lì sotto lo spettacolo è assicurato. In mezzo a questi ciottoli neri, residui di un’antica miniera d’amianto, e a quest’acqua così blu, alzi gli occhi e sopra di te c’è il paese arroccato su una rupe che domina la vista. Ci facciamo il bagno e risaliamo, soddisfatti di aver trovato un posto così spettacolare. Torniamo verso Bastia, e arrivati al col de Teghime ci fermiamo a vedere il tramonto da circa 450 metri d’altezza, insieme ad un paio di ragazzi che scattavano fotografie in continuazione. Scendendo vediamo Bastia illuminata. Oggi abbiamo deciso che la Corsica ci piace davvero… E non abbiamo ancora visto niente…

30 luglio Lasciamo il campeggio, e dopo una colazione ad Erbalunga e un’ulteriore visita a Bastia ci muoviamo verso sud, dove la città lascia il posto alla zona industriale. Una strada stranamente dritta e a due carreggiate passa attraverso l’unica pianura dell’isola e costeggia la laguna di Biguglia. E’ un posto di lunghe spiagge sabbiose le cui acque però d’estate non sono molto pulite, a causa dei molti fiumi che sfociano e che portano sporcizia e forse anche inquinamento. I turisti sono però attratti dai molti villaggi turistici presenti su tutto questo tratto di costa.

Ancora più a sud alla nostra destra si vedono i monti della Castagniccia, un bosco fitto fitto di castagni con dei paesini deliziosi, che a me piacerebbe vedere, ma Fab mi impone una scelta… “Non puoi vedere tutto!”, mi dice… E perché no? In ogni caso ci rinuncio. Siamo colpiti dalla quantità di campeggi che ci sono, ma noi decidiamo di scendere ancora più a sud, verso Porto Vecchio. Sorpassiamo Aléria, e dopo Solenzara scompaiono le lunghe spiagge bianche e la costa diventa di nuovo rocciosa. In una piccola baia che si chiama Favona, troviamo un campeggio molto carino, a due minuti dal mare e con tanta ombra. I bagni non sono certo eccezionali, ma il mare sì. Si avvicina molto a quel mare cristallino che Fab vede nelle foto, che spera di trovare da qualche parte, e che, continuo a ripetergli, è spesso frutto di una serie di filtri che fanno sembrare il posto un paradiso. 31 luglio Oggi è il giorno che dedichiamo alla ricerca delle famose spiagge bianche con acqua cristallina, come al solito non abbiamo un programma, ci mettiamo in macchina, uno sguardo alla cartina e poi ci fermiamo dove vogliamo, dove ci piace di più. Quasi per caso finiamo a Cala Rossa (paradiso dei windserf) e al vicino Golfo di Sogno… Che è davvero un posto da sogno. E’ poco più a sud di Porto Vecchio, ed è una specie di laguna con la sabbia molto chiara, l’acqua bassa e calda. L’acqua rimane sempre sopra la vita, ed è così rilassante stendersi e prendere il sole! E dire che Fab non voleva neanche scendere… Dopo un’oretta ci muoviamo verso Palombaggia, forse la spiaggia più famosa di tutta la Corsica. Ci rendiamo subito conto di come in questa zona il turismo sta avendo la meglio. Ci sono strade private e soprattutto parcheggi a pagamento abusivi ed una quantità incredibile di macchine… Chiaramente l’80% con targa italiana. Un ragazzo siciliano che abbiamo conosciuto la mattina ci consiglia di parcheggiare in queste zone, anche se il prezzo sembra un po’ troppo alto. Ci ha detto che molto spesso chi parcheggia sulla strada si ritrova poi una multa anche abbastanza salata, e la cosa più complicata, dice, è trovare una stazione della Gendarmerie in cui poterla pagare.

Palombaggia si è rivelato il paradiso che Fab desiderava. Inutile dire che era pieno di gente. E’ un posto molto suggestivo: la spiaggia di sabbia bianchissima è formata da piccole dune, rocce di colore rosato e pini che costeggiano tutto il litorale. Dal bosco accanto arriva l’odore di resina che si confonde con quello della salsedine. Di fronte alla spiaggia si trovano isolette granitiche dove d’estate nidificano rare specie di uccelli marini e tartarughe. Ci sistemiamo su una specie di molo naturale di roccia rosa e ci facciamo il bagno fino a che il sole non ci brucia. Unico neo, la presenza di acqua-scooter che quando vanno e vengono vicino la riva sono causa di cattivi odori. Ancora più a sud si trova l’altrettanto famosa spiaggia di Santa Giulia, che però non ci emoziona più di tanto. L’acqua è trasparente e calda, ma sarà per le alghe (sintomo di acqua pulita, certo, ma anche fastidiose), per il centinaio di barche attraccate quasi a riva, per la stanchezza e le scottature sulla pelle, decidiamo di andare via presto per andare a visitare Porto Vecchio. Un nota curiosa però c’è: mentre facevamo il bagno alcune mucche hanno attraversato la spiaggia, regalandoci scene comiche come quella che muggiva davanti ad una signora seduta sull’asciugamano, o quella che cercava insistentemente di mettere il muso dentro una borsa in cerca di cibo.

La città alta di Porto Vecchio è molto graziosa, anche se forse ha perso molto del suo fascino perché ormai piena solo di negozi di souvenir che come esca attirano i turisti più spendaccioni. Ci facciamo un giro e non riusciamo a risolvere un dubbio: il simbolo della Corsica è il moro con la banda tirata in alto, ma con o senza orecchino? Avevo letto che la benda era stata tirata su e l’orecchino tolto dal pirata come segno di riscatto e libertà, ma i Corsi sembrano ignorare questo particolare, e neanche loro sanno darci una risposta. Ci rilassiamo passando del tempo nella piazzetta, guardando una specie di rappresentazione teatrale e gustando un’ottima crepe con jambon corse, mozzarella e origano. Abbiamo avuto modo di gustare più volte questi salumi corsi cha hanno un sapore così forte.

1 Agosto Oggi Fab ha chiesto una giornata di riposo, ne ha bisogno dice, l’ho fatto veramente stancare. In realtà ne ho bisogno anche io, ma mi secca ammetterlo. Passiamo il tempo in spiaggia, o in tenda a leggere, e a programmare i giorni seguenti. Mi rendo conto di quanto ancora c’è da vedere, e che forse quei 20 giorni che credevo più che sufficienti non basteranno. 2 Agosto Andiamo a Corte, nel cuore della Corsica, la città che gli indipendentisti vorrebbero come capitale. Qui si dice “tutte le strade portano a Corte”, ed è vero. Scegliamo la strada che da Alèria va verso l’interno perché risale il corso del Tavignano, uno dei fiumi più famosi. Ed è in effetti una strada molto caratteristica, un po’ brutta in alcuni tratti perché stanno facendo dei lavori. Arriviamo al famoso ponte genovese che attraversa il fiume, il più bello dell’isola. Ci fermiamo e lo andiamo ad ammirare da sotto, dove troviamo gente che si fa il bagno in queste acque gelide e profonde. Corte è la città che forse ci è piaciuta di più. Ha mantenuto intatto il suo aspetto medioevale con la sua cittadella, e i vicoli stretti. Tutto intorno ricorda la storia della Corsica, una storia fatta di rivolte e di condottieri che hanno cercato l’indipendenza contro gli invasori di turno. Ottimi sono i dolci alla castagna, e al brocciu, un formaggio fatto di latte di capra e pecora, simile alla nostra ricotta. Hanno l’abitudine di cuocerli sopra una foglia di castagno, che fa da piattino. E vendono anche marmellate, salumi, vino e formaggi tipici. Non è una città però che dà l’impressione di vivere di turismo, impressione che ci hanno lasciato le altre. C’è l’unica università dell’isola, punto di riferimento per gli studiosi della lingua corsa. E si lavora molto il legno, per fare mobili, cestini, strumenti musicali, e perché no, oggetti tipici da riportare a casa. Da belvedere si gode un’ottima vista della città, della valle e dei monti la proteggono.

A pochissimi chilometri ad est, scorre la Restonica, un fiume famoso per le sue gole spettacolari. Sono 16 km da fare in macchina costeggiando questo fiume che ogni tanto presenta delle pozze verdissime in cui ci si fa il bagno. La viabilità è regolata dalle guardie forestali, e dopo 5 km ci bloccano perché oltre, dicono, non ci sono più parcheggi. Poco male, parcheggiamo e andiamo a farci il bagno. L’acqua, inutile dirlo, è freddissima, ma è un’esperienza incredibile. Ci sono questi sassi bianchi, attorno ai quali scorre il fiume, e da cui bambini che non hanno paura di nulla si tuffano. Ci sono posti dove non si tocca, e posti dove ci si può sdraiare e godere un bellissimo idromassaggio naturale. Il tutto immerso in un bosco di castagni e pini. E quando esci da quell’acqua e il sole ti riscalda ti senti così vivo e forte che scaleresti una montagna! Rimaniamo con l’amaro in bocca perché non siamo potuti andare oltre, ma questo posto ci piace così tanto che decidiamo di tornarci in seguito. Torniamo verso il mare, ed è mia intenzione fermarci al sito archeologico di Aleria, ma arriviamo troppo tardi e ci accontentiamo di un tramonto sopra le montagne visto dal cancello di ingresso al sito. 3 Agosto Andiamo ancora verso sud, sempre mantenendo il nostro “campo base” a Favona. Andiamo alla spiaggia di Rondinara, anche questa molto bella, ricorda spiagge caraibiche, ma la sua bellezza purtroppo sfuma di fronte ai tanti, tantissimi turisti e alle tante, tantissime barche, che non rispettano le regole, né tantomeno i bagnanti e arrivano fin quasi a riva a motore. Delle volte rimango veramente indignata della maleducazione di alcune persone. Incontriamo una famiglia di Milano, arrivata la mattina col camper dalla Sardegna; ci confidano la loro delusione, si aspettavano una Corsica molto più verde e con spiagge da sogno. Non è la prima volta che sento discorsi del genere, e davvero mi chiedo dove hanno gli occhi, e come fanno a non apprezzare un paesaggio che non potrei non definire selvaggio. Quando visiti posti del genere ti chiedi davvero che senso abbia vivere di corsa nelle nostre città piene di smog… Andiamo a Bonifacio, in realtà non ci dedichiamo esattamente alla visita della città, fa ancora troppo caldo: andiamo oltre, direzione est, verso Capo Pertusato. Arriviamo ad un faro, e da lì siamo abbastanza alti da goderci lo spettacolo. A destra c’è la città vecchia, alta e fiera aggrappata a quello sperone di calcare, bianchissimo, e elevato di 50-60 metri sulle onde. Dall’altro lato della città forma un porto naturale di oltre un km di lunghezza. Un luogo dal fascino unico! Di fronte a noi c’è invece la Sardegna, a soli 12 km, e si vedono benissimo anche le isole della Maddalena. A sinistra, poi ci sono le isole dell’arcipelago di Lavezzi: Lavezzi appunto, paradiso dei gabbiani, che meriterebbe davvero una gita in barca, e Cavallo, incantevole ma sconsigliata ai turisti. E’ ormai diventata tutta privata e si dice che in passato gli abitanti non abbiano esitato a sparare su barche di turisti in avvicinamento. Superiamo Bonifacio e dopo pochi km svoltiamo a sinistra e andiamo all’Ermitage de la Trinitè, posto conosciuto come sacro con un convento, ora abbandonato, che ospitava monaci francescani; circondato da ulivi che fanno un’ombra piacevole, è il posto ideale per un picnic. E noi ne approfittiamo, godendoci una vista magnifica. Questo lato della costa è pieno di calette da sogno raggiungibili solo via mare, e da sopra se ne può solo immaginare la bellezza. Finalmente quando fa più fresco andiamo a vedere la città di Bonifacio. Si raggiunge o in macchina pagando il parcheggio, o a piedi salendo oltre 300 gradini. Inutile ripetere ancora una volta quanto è incantevole. Si arriva fino alle mura, fino alle torrette di avvistamento, e ti viene davvero voglia di venire a vivere qui… Non a caso molti personaggi famosi hanno qui la loro dimora. 4 Agosto L’itinerario di questa giornata è stato scelto in base alla stranezza dei nomi; diciamoci la verità, la foresta dell’Ospedale, la punta della Vacca Morta, la cascata della Piscia di Gallu, il castello di Cuccuruzzu, ci incuriosiscono più per loro nomi, non sapendo bene in realtà cosa ci aspetta. Saliamo verso il paese di Ospedale, passando attraverso l’omonima foresta e accanto alla punta della Vacca Morta. Il piccolo abitato è formato solo da una manciata di case rosa, ma si gode la vista del golfo di Porto Vecchio. La foresta prosegue, e questa volta in modo molto più suggestivo, costeggiando un lago artificiale, formato da una diga, e passando attraverso tratti di foresta che sembra un deserto di alberi alti e secchi, e rocce enormi che stranamente sembrano avere una forma quasi rotonda. Scopriremo poi che sono chiamate Tuffoni. Quando cominciamo a vedere macchine parcheggiate di lato la strada capiamo che siamo arrivati alla cascata di Piscia di Gallu. Camminiamo andando giù e poi su e poi ancora giù di nuovo per circa un’ora, seguendo un percorso che a tratti rasenta il free-climbing, ma poi la vediamo, la cascata. E’ un getto d’acqua che mi sorprende per la sua potenza. Esce direttamente dalla roccia e si lancia di sotto con un salto di circa 70 metri. Decidiamo di non fermarci a fare il bagno nel fiume perché c’è davvero troppa gente: orde di turisti con le ciabatte, gli zaini pieni di asciugamani e frutta, e frigoriferi portatili si stanno godendo la loro giornata di relax. A malincuore noto che l’acqua è a tratti anche sporca. Proseguiamo verso Zonza addentrandoci ancora di più nella foresta, le macchine scompaiono, e le condizioni della strada peggiorano. La vista del paese è sovrastata dai Corni dell’Asino, le guglie del massiccio della Bavella che assumono colori diversi a seconda della luce e del momento della giornata. Svoltiamo in direzione Levie, e senza troppa difficoltà arriviamo al castello di Cuccuruzzu. Sapevamo di essere in un sito archeologico risalente al Neolitico, ma mai mi sarei aspettata di trovare quello che effettivamente abbiamo trovato. Il giro dura più di un’ora, e passando attraverso un bosco dove circolano indisturbati i maiali, la guida fa soffermare la nostra attenzione su alcuni punti. Ci colpisce un castagno di oltre 800 anni, un muretto costruito a regola d’arte che doveva forse segnare la strada, e i famosi Tuffoni, che fungevano all’epoca quasi da casa. Arriviamo al vero e proprio castello da cui la vista sull’intera valle e sul massiccio della Bavella è mozzafiato. E’ un castello che presenta anche una torre, conservata benissimo e che risale a quell’epoca… Impressionante! Proseguiamo il giro, sempre immersi nel bosco fitto e arriviamo ad un altro castello, anche questo incredibilmente conservato bene, anche se sono evidenti opere dell’uomo molto più recenti su di esso. Potremmo girare indisturbati in questo posto quanto vogliamo, ma è tempo di andare perché manca poco al tramonto, e Fab mi fa notare che in effetti vista la condizione delle strade non è saggio riscendere col buio. Torniamo a Zonza e ci dirigiamo verso il colle della Bavella, e inaspettatamente ad un certo punto ci troviamo a meno di 100 metri dalle guglie che sono uno spettacolo unico. Non ci possiamo fermare perché si sta facendo tardi. Con una rapidità impressionante le nuvole ricoprono le guglie e comincia a fare un freddo non indifferente, siamo a 1200 metri sul livello del mare. Mentre scendiamo attraverso la foresta della Bavella abbiamo la fortuna di godere della vista del posto forse nel momento più suggestivo della giornata: il tramonto. La discesa non è facile, la strada si restringe sempre più, fino alle dimensioni di una macchina, e vediamo posti di una bellezza unica. In alcuni momenti sembra di essere tornati indietro nel tempo! Ci sentiamo molto stanchi ma soddisfatti di quella che doveva essere la giornata dei nomi strani, ma che si è rivelata forse la più emozionante di tutte. Ci fermiamo a Solenzara a mangiare il pesce in un ristorante tipico dove puoi gustare le specialità corse.

5 Agosto Lasciamo il campeggio per dirigerci dalle parti di Ajaccio. Scendiamo verso Porto Vecchio e poi verso ovest. Qui davvero il paesaggio cambia: il colore prevalente è il rosso. La roccia, le case, i campi, tutto rosso. Il paesaggio è più brullo che altrove, e in nessun altro posto l’istinto indipendentista corso è più forte. Non si limitano più a correggere i cartelli stradali, qui addirittura li usano come bersagli per il tiro a segno! Passiamo vicino all’Omu di Cagna, un massiccio granitico alto più di 1200 m, che una volta era usato come punto di riferimento dai naviganti, e al Rocher du Lion, una roccia rossa a forma di leone vicino alla spiaggia di Roccapina, che a me ricorda l’orso di Palau in Sardegna; è curioso, anche se non sono proprio l’uno di fronte all’altro, in ogni caso me li immagino che si guardano minacciosi, ognuno difendendo la propria isola. Troviamo un campeggio ad Abbartello, vicino Propriano, un posto completamente all’ombra. Fab ha ritrovato il campeggio dove è stato con i suoi amici anni prima, si è un po’ emozionato, anche se dice che è comunque cambiato molto. Una volta montata la tenda partiamo subito per Ajaccio, che non è proprio vicino, ma ho voglia di andare a vedere le Sanguinarie al tramonto. Sono un gruppo di isolotti il cui nome deriva dal colore delle rocce, rosso naturalmente; è un posto incantevole, anche se non adattissimo per fare il bagno a causa degli scogli e del mare sempre molto mosso. In effetti il mare da questo lato è diverso: la costa è molto più aspra e il mare mosso a causa dei venti praticamente continui. Arriviamo che il sole è appena tramontato, poco male perché tutta la gente sta andando via e possiamo tranquillamente goderci il paesaggio e le onde che si infrangono contro la roccia, tentando di fare il giro della torre. Ad Ajaccio troviamo una specie di festa in piazza dove mangiamo un ottimo panino, assistiamo all’esibizione di alcuni fuochi d’artificio che erano tutto fuorché sicuri, mangiamo ad un buffet organizzato per un torneo di bocce, e poi torniamo al campeggio, convinti che forse questi corsi sono un po’ strani. 6 Agosto Andiamo alla spiaggia di Capomoro, dall’altra parte del golfo di Propriano, è una caletta di sabbia fine protetta dal vento che perennemente soffia sulla costa occidentale. Anche questa può essere considerata un gioiello, ma ormai ci abbiamo quasi fatto l’abitudine che sembra che non ci facciamo più caso. Continua però un po’ a darmi fastidio la fitta presenza di barche e yacht che colonizza ogni caletta approdabile.

Di pomeriggio convinco Fab a portarmi al ponte Spin’a Cavallu (Schiena di Cavallo), sul fiume Rizzanese, non molto lontano. E’ un bellissimo ponte pedonale tutto bianco, la cui caratteristica – da cui poi deriva il nome – è di essere costituito da un solo arco. Proseguiamo verso Tizzano, fermandoci a vedere i menhir dell’Alignements de Pagliaju: devo dire la verità, mi aspettavo un po’ di più! Tornando ci siamo fermati a Sartene, che una visita la merita davvero. Il borghetto sembra aver mantenuto il suo fascino antico, con i suoi vicoli e le scale strette. Caratteristiche sono la croce (35 kg) e le catene (15 kg) che si portano il Venerdì Santo in processione. E’ chiamato processione del Catenacciu, una anonimo penitente vestito di rosso porta la croce sulle spalle e le catene ai piedi attraverso le strade del paese. 7 Agosto Oggi un altro giorno di riposo che procede molto lentamente. In compenso mi sono messa ad osservare i nostri vicini di tenda e mi sono accorta che ci sono due modi per vivere il campeggio. Si monta la tenda, si stendono i fili per i panni, si tirano fuori i tavoli, il fornelletto, di giorno si va a mare e la sera, prima di mangiare la carne alla brace – che invidiamo ogni volta che ne sentiamo l’odore – si fa la solita partita a carte. Oppure si fa come noi, sempre precari, sempre temporanei, che mangiamo cibo in scatola e passiamo il giorno in giro a vedere e visitare posti nuovi. 8 Agosto Andiamo a nord, una fermata ad Ajaccio a cambiare i soldi e poi ancora a nord. La strada è una serie infinita di curve, a tratti la vista è spettacolare, ma bisogna stare molto attenti. La nostra velocità media è aumentata un pochino, ci cominciamo ad adattare a questo tipo di strade. Fab dice che ormai sta diventando corso! Ogni tanto la vista si apre su spiagge da sogno che ci riproponiamo di tornare a vedere, ma lo spettacolo più affascinante si ha dopo Piana. Proprio mentre si incomincia ad intravedere il golfo di Porto, il più bello di tutta la Corsica, dicono, siamo completamente affascinati dallo spettacolo che all’improvviso si presenta ai nostri occhi: alla nostra destra costeggiamo una parete di roccia rossa che da 300 m si butta a picco sul mare che ha un colore blu intenso. In alcuni punti le pareti sono due, una da un lato e una dall’altro della strada, anche se non l’ho mai visto penso al Gran Canyon. La roccia assume a tratti delle forme strane, un uomo con la gobba, una faccia di aquila, fino alla famosa testa di cane… Sono le Calanche! Vero spettacolo naturale! Non siamo gli unici ad rimanerne affascinati, la strada è piena di macchine ferme e di turisti che scattano foto in continuazione. Scegliamo un campeggio a Porto lungo il fiume, si sta più tranquilli ed è il migliore che il posto ci offre, non è male nel complesso. 9 Agosto Scegliamo di andare a mare alla spiaggia di Ficajola, dobbiamo quindi tornare indietro e riattraversare le Calanche, e non ci dispiace affatto vederle con un’altra luce. La spiaggia si trova sotto il paese di Piana (circa 450m sul livello del mare). La strada che scende è lunga 7 km e sulla cartina è segnata come molto pericolosa. Ci rendiamo subito conto che lo è, sia per la larghezza, sia per la pendenza, senza parlare dell’ormai consueta assenza totale di protezioni. Ma quello che ci aspetta giù merita tutto questo. E’ davvero un gioiellino, molto popolata, ma ormai che importa, ci abbiamo fatto l’abitudine! E’ una piccolissima caletta di spiaggia rosa completamente riparata delle Calanche. Si possono fare tuffi e ammirare con la maschera le rocce piene di pesci grandi e molto colorati. Tutta questa meraviglia è ancora una volta disturbata da alcuni turisti italiani 60enni che con la loro maleducazione attirano l’attenzione di tutti. Credo che non smetterò mai di vergognarmi per queste cose e di farmi prendere dallo sconforto e dalla delusione ogni volta che vedo cose del genere; è impressionante quanto mi colpisca la maleducazione e il poco rispetto dimostrato per le cose e le persone intorno. Tornando diamo un passaggio ad un signore che aveva avuto la bella pensata di trascinare giù la sua famiglia a piedi. Ci facciamo anche un giro nelle zone interne a Porto, arrivando fino a Ota, che non è male. La sera ci visitiamo Porto, molto carino, devo dire… E l’acquario merita una visita.

10 Agosto Anche oggi ci mettiamo in macchina ma siamo molto sfortunati. Ci dirigiamo verso Calvi, e circa a metà strada, salendo verso il Col de la Croix, rimaniamo bloccati per almeno due ore. La strada infatti è molto stretta, e ogni volta che incontriamo un altro veicolo ci dobbiamo quasi fermare. Davanti a noi un camper e un autobus si sono incastrati, formando una fila lunghissima. Inutile dire che le operazioni di “disincastramento” sono andate avanti a lungo. Arriviamo a Calvi con ore di ritardo.

E’ davvero una bella cittadina, si respira aria di mare, e somiglia molto a quelle città balneari dove si trascorrono vacanze molto rilassanti. La poca cortesia dimostrataci all’ufficio informazioni ci fa perdere forse qualcosa della città, giacché concentriamo la visita alla cittadella, comunque splendida. Ci sono tante cose da vedere, e giriamo cercando di interpretare una cartina davvero fatta male, ed è molto carino fare il giro delle cinta murarie: si vede tutto il panorama del golfo. Calvi è la città corsa che rivendica i natali di Cristoforo Colombo. In effetti la sua famiglia ha vissuto qua, ma si dice che poi si sia trasferita a Genova; c’è una lapide che segna il punto dove si dice che sia nato. Andiamo poi a vedere Ile Rousse, il cui nome deriva dall’isola che si trova esattamente di fronte alla città, con cui poi è stata collegata tramite un ponte. Non riusciamo certo a capire perché, ma troviamo molte difficoltà a trovare parcheggio, e possiamo vedere poco della città.

Il ritorno va molto meglio dell’andata, e ce ne andiamo a Porto al ristorante a mangiare pesce.

11 Agosto Lasciamo Porto addentrandoci verso l’interno ancora una volta; sappiamo che sarà l’ultima tappa, ma siamo contenti lo stesso di quello che abbiamo vissuto. La strada, anche se in condizioni non ottimali, è forse una delle più belle da percorrere. Ci addentriamo nella Foresta d’Aitone e tutto attorno diventa sempre più verde. Lungo questa strada ci sono dei posti, anche segnalati, dove ci si può fermare per un bel bagno nel fiume, ma noi andiamo avanti, verso Corte. Una nota curiosa: abbiamo incontrato una mamma maiale con i suoi piccolini proprio in mezzo alla strada. Oltre a noi c’era un piccolo gruppo di curiosi che li osservavano mangiare. La strada prosegue in mezzo al bosco fino al Col de Vergio, da cui si gode una bellissima vista del Monte Cinto (2700 m) e del Paglia Orba (2500 m). Siamo veramente impressionati!!! Si scende velocemente sempre attraverso il bosco fitto costeggiando impianti sciistici fino ad arrivare a Albertacce e Calacuccia, che si trovano ai due lati opposti di un lago artificiale. Da qui la strada cambia ancora, fino ad a arrivare all’impressionante Scala di Santa Regina, una gola tra pareti di granito nella quale serpeggia la strada che percorriamo. Il nome deriva da una vecchia leggenda che racconta della lotta tra il diavolo e San Martino. Arrivati a Corte ci dirigiamo diretti al campeggio sulla Restonica che avevamo notato qualche giorno prima, e ci sistemiamo. Non è stata un’operazione facile, per vari motivi. Il campeggio è quasi pieno, gli unici posti liberi sono vicino ai bagni, ma l’odore che ne esce ci ha fatto allontanare in fretta. Alla fine ci accontentiamo di un posto che in effetti è un po’ in pendenza, ma va bene uguale. Siamo circondati da ciclisti olandesi che stanno facendo questa strana vacanza in sella alle loro biciclette. Fab va subito a farsi un bagno al fiume, io ci rinuncio poiché l’acqua è freddissima e il sole sta per tramontare. 12 Agosto Avevamo in mente di andare a fare una passeggiata sul Monte Cinto, ma partiamo troppo tardi, e così ripieghiamo verso un posto decisamente più vicino: risaliamo il corso del Tavignano. La passeggiata è molto bella, segnata dalle guide, e non molto frequentata. Camminiamo sotto al sole per due ore, andando su e giù, godendo della vista di questa valle selvaggia e disabitata, e anche se la fatica è tanta, è come se dentro di noi sappiamo che poi tutto questo sarà premiato. La prima meraviglia la troviamo quando arriviamo al ponte che attraversa il fiume… davvero non credevamo esistessero anche qui ponti così, li avevo visti solo nei cartoni animati e nei documentari sul Sudamerica. E’ di quelli piccoli di legno, che ballano quando ci cammini sopra… incredibile! Sotto il ponte una pozza d’acqua che Fab non esita definire “stile laguna blu”… Non resistiamo e stavolta ci buttiamo. In realtà per entrare in acqua ci mettiamo un po’… Di coraggio in effetti ce ne vuole!! Ci rilassiamo per qualche ora, e con noi anche altre persone che dopo due ore di cammino si sono meritate davvero un posto simile, ci sentiamo una specie di élite, non come sulla Restonica accessibilissima anche con la macchina. Per raggiungere questo posto si deve davvero sudare!! Inutile dire che quando siamo tornati al campeggio eravamo così distrutti che neanche il concerto di “lamenti corsi” a 200 m dalla nostra tenda ci ha disturbato! 13 Agosto Oggi ancora una volta solo riposo… Andiamo a fare una passeggiata a Corte, che è una città così tranquilla! Dopo un’attenta osservazione scegliamo un tranquillo ristorante in una piccola piazzetta con un tavolino vicino ad una delle fontane più belle della città. Mentre ci rilassiamo godendoci la cena, proprio di fronte a noi cominciano a proiettare un filmino che descrive le meraviglie naturali della Corsica. E alla fine, quasi, del nostro viaggio, fa un effetto particolare vedere su uno schermo certi posti e fare a gara a chi li riconosce per primo. 14 Agosto Anche se è l’ultimo giorno di vacanza non stiamo fermi. Partiamo la mattina presto e ci dirigiamo verso la sorgente della Restonica, a circa 10 km dal campeggio. Ma i nostri sforzi sono stati vani, ci bloccano infatti proprio all’ultimo tratto, non ci sono più parcheggi, dicono. E allora noi ci fermiamo, scendiamo verso il fiume, e lo risaliamo a piedi. Nonostante il fatto che oramai da giorni viviamo in un paradiso simile, ancora rimaniamo stupiti dalla bellezza di certi luoghi paradisiaci. Camminiamo per un po’ (Fab riesce anche a scivolare su un sasso!), ci facciamo il bagno dove ci piace di più, e poi torniamo indietro alla macchina, perché vogliamo riprovare a salire ancora. Questa volta ce la facciamo, devo anche dire che non ci speravo più. La strada si stringe sempre più, fino ad a arrivare ad un parcheggio che si trova proprio all’interno di una valle da cui partono i sentieri per il Lago di Melo e il Lago di Capitello. Partiamo anche noi. Sarà stata la stanchezza o il sole sulle nostra teste, ma la strada è davvero difficile. E’ solo un’ora di cammino, ma il dislivello è di più di 400 m. Quando arrivo su al Lago di Melo sono distrutta, ma la vista è eccezionale, e la stanchezza passa. Siamo a più di 1700 m e Fab vuole farsi il bagno. Entra nell’acqua, a fa davvero un effetto strano… il rumore è diverso… sarà perché non ci sono le onde, e l’unico movimento dell’acqua sembra dovuto solo alla sua presenza. Esce subito perché l’acqua è ancora più fredda del fiume a cui ormai siamo abituati. Tornando giù ci fermiamo in una specie di rifugio dove vive un pastore gentilissimo, che vende il formaggio di pecora che fa lui. Vorremmo comprarlo, ma abbiamo lasciato i soldi in macchina, a mezz’ora di cammino, e così lui ce ne offre un bel pezzetto! La sera torniamo a Corte, e questa volta per la strada davanti a noi corrono due bellissimi cavalli che rallentano il traffico, ma che, nel caso in cui te lo sia dimenticato, ti ricordano che sei in Corsica. Questa volta per cena ci prendiamo un polletto e ce lo mangiamo su un muretto tra la curiosità dei passanti… domani si torna.

15 Agosto Ed è arrivato anche l’ultimo giorno. Ci svegliamo con calma, e rimettiamo a posto tutto. Partiamo per Bastia, questa volta per un’altra strada ancora. Prima però andiamo a vedere, vicino Saint Florent, San Michele di Murato, una piccola chiesa romanica, costruita con pietre bianche e verdi che creano un accostamento che ricorda molto lo stile toscano. E’ davvero un gioiellino! Abbiamo la nave a mezzanotte, e allora ne approfittiamo per vedere Bastia, che non abbiamo mai avuto modo di visitare a fondo. E’ Ferragosto, e dalla chiesa di Sainte Marie parte una processione che porta in giro una statua della Vergine. Noi li vediamo uscire dalla chiesa, poi la processione prosegue poi salendo per i vicoli. Siamo molto stanchi e, dopo una passeggiata ai giardini pensili, finiamo in un bar nel porto vecchio. Ogni tanto esce fuori il padrone che cerca di cacciare con un bastone i piccioni che si sistemano proprio su alcune sbarre sopra le teste dei clienti. Ad un certo punto un povero piccione viene anche colpito, lui lo raccoglie da un’ala e l’allontana… una scena molto comica.

Quando il sole tramonta andiamo a farci un’altra passeggiata, e poi andiamo al porto con largo anticipo, visto che non abbiamo niente da fare. Siamo molto fortunati perché stranamente ci imbarcano molto prima dell’orario prestabilito, e quindi possiamo trovare un ottimo posto per dormire sulla nave. Ormai il viaggio è davvero finito, e la tristezza un po’ la fa da padrona. A me è anche dispiaciuto perché non abbiamo fatto in tempo a vedere il famoso deserto degli Agriates che mi incuriosiva molto (ma dovevamo fare delle scelte…). Forse siamo troppo stanchi per pensarci…



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