Toccata e fuga tra parchi, Strasburgo e Parigi

Potevo forse passare un’estate senza fare anche una sola, piccola e stressante capatina in terra di Francia? Assolutamente no, torno in Francia ogni estate da quattro anni, e per me parlare un po’ di francese per almeno una settimana all’anno è diventata una specie di droga. Dopo il mega tour de France dell’altr’anno (di cui ho scritto...
Scritto da: Giada S.
toccata e fuga tra parchi, strasburgo e parigi
Partenza il: 14/08/2005
Ritorno il: 19/08/2005
Viaggiatori: fino a 6
Spesa: 1000 €
Potevo forse passare un’estate senza fare anche una sola, piccola e stressante capatina in terra di Francia? Assolutamente no, torno in Francia ogni estate da quattro anni, e per me parlare un po’ di francese per almeno una settimana all’anno è diventata una specie di droga. Dopo il mega tour de France dell’altr’anno (di cui ho scritto in un altro itinerario intitolato “Disneyland Paris, Parigi, Normandia, Loira e Cote d’Azur”), in cui in 16 giorni e 6500 chilometri io e il mio fidato (e molto paziente) compagno di viaggio Ale abbiamo girato in lungo e in largo mezza Francia vedendo tante di quelle cose che non saremmo neppure riusciti ad immaginare, quest’anno, per una serie di motivi (pochi giorni a disposizione e scarse finanze su tutti) ci siamo dovuti accontentare di scavare 6 giorni striminziti per staccare la spina.

La nostra vacanza doveva essere completamente diversa. Nata come vacanza in quattro, con una coppia di amici (Raffa e Daniel) la nostra meta doveva essere il parco di divertimenti di Europa Park, a Rust, in Germania, unito a un paio di giorni a zonzo per la Foresta Nera. Vacanza completamente tedesca, dunque. Finché un giorno, guardando l’atlante, non mi rendo conto che Rust è incredibilmente vicino alla frontiera con la Francia e alla meravigliosa Strasburgo, in cui avevamo già soggiornato due anni fa. La mia smania di Francia comincia a farsi sentire.

L’idea di pernottare a Strasburgo, e di lì muoversi verso Rust e la Foresta Nera, è una logica conseguenza. In questa maniera posso sfogare la mia francomania, rivedere la città e non rimanere troppo lontano dalle diverse mete previste.

Finché un giorno, mannaggia a lei, alla mia amica Raffa salta in testa di spostarci a Disneyland Paris, distante “solo” quattro ore da Strasburgo. Inutile dire che con me sfonda una porta aperta: appassionata di parchi di divertimento, sono già stata a Disneyland Paris quattro volte e ci ho anche scritto la mia tesi di laurea.

Tempo due giorni, e addio Foresta Nera: dopo Rust la nostra avventura continuerà a Parigi e Disneyland!!! Ale è sconvolto dall’idea di dover guidare di nuovo fino a Parigi, soprattutto avendo pochi giorni e pochi soldi a disposizione, ma lo convinciamo promettendogli di dargli il cambio alla guida (di cui poi non ha mai avuto bisogno) e sottolineando che in fondo in quattro si divide tutto, dalla benzina all’autostrada, e perciò la spesa non sarà eccessiva. Per sei giorni abbiamo previsto una spesa di circa 400 euro a testa, comprensiva di pernottamenti, viaggio e ingressi nei parchi.

Come al solito assumo il ruolo naturale della capogita, e organizzo tutto nei minimi dettagli già due mesi prima: trovo gli alberghi con il miglior rapporto qualità-prezzo, verifico in internet i commenti di chi c’è già stato (consiglio a tal proposito il sito www.Tripadvisor.Com) e sottopongo ai miei compagni di viaggio le mie scelte. Prenoto su internet, sento via mail gli hotel e sembra tutto a posto. Stampo tutti gli itinerari da fare dal sito di viamichelin, li pinzo insieme in ordine cronologico (ebbene sì, sono pazza) e siamo pronti per partire.

Domenica 14 agosto 2005, ore 6 del mattino. Ale, dopo esser passato a prendere Raffa e Daniel, arriva sotto casa mia. La mia valigia come al solito è la più grande, non so mai cosa portare e anche stavolta, con la scusa che tanto siamo in macchina, ho portato ben 3 paia di jeans per 6 giorni. Tutto entra però nel mitico bagagliaio dell’Audi A3 e siamo pronti a partire. Il tempo fa schifo, fa freddo ed è nuvoloso, sembra di essere in novembre. Partiamo da Trieste e poco prima delle 8 siamo a Tarvisio, pronti a sconfinare in Austria. La prima tappa è all’autogrill poco prima del confine per acquistare la Vignette austriaca (7,80€ per una settimana), fare un pieno di benzina, comprare qualche giornale italiano da leggere durante il viaggio e bere l’ultimo cappuccino degno di questo nome, ben consci che nella settimana seguente troveremo solo brodaglia annacquata. Poco dopo le 8, con una temperatura esterna di 14 gradi, siamo in Austria. La traversata alpina, tra mucche, castelli da fotografare attraverso il finestrino della macchina, prati verdi e gallerie infinite (come quelle a pagamento dei Tauri – 9,50€ andata) passa abbastanza velocemente, complice anche una sfilza infinita di cd da inserire nell’autoradio per fare un po’ di karaoke e una sosta strategica per sgranchirci in un autogrill all’altezza dei Tauri, dove troviamo delle allegre tazze da caffellatte con i nomi tedeschi scritti sopra: decidiamo che Ale è Ingo, Daniel è Gunther e Raffa è Bettina, scattiamo una foto ricordo e con una Milka alle nocciole da chilo sottobraccio possiamo riprendere il viaggio.

Attorno ad ora di pranzo siamo in Germania, e qua cominciano i dolori.

Per chi non lo sapesse, la quasi totalità delle autostrade tedesche, tra l’altro gratuite, è priva di limiti di velocità. Questo fa sì che i tedeschi, tutti solitamente dotati di auto piuttosto potenti e spesso ulteriormente gonfiate e ritoccate, corrano come forsennati salvo poi frenare in corsia di sorpasso non appena il limite (di 130 ma anche di 100 in alcuni tratti) compare. Il risultato è la formazione di code INFINITE e apparentemente inspiegabili, che creano disagi e tamponamenti (noi ne abbiamo visti tre!), prolungando il viaggio all’infinito. A questo, nel nostro caso, si aggiunge una pioggia battente e fastidiosa. Ale, alla guida dalla mattina, comincia a spazientirsi. Dopo un paio di altre soste in autogrill tedeschi (con chioschetti di bratwurst all’aperto) e aree di sosta, alle 17 circa entriamo in Francia.

Siamo a Strasburgo: ora dobbiamo solo trovare l’hotel. Memore di precedenti piacevoli esperienze, anche per questo viaggio la mia scelta è caduta sulla catena Ibis della Accor (www.Ibishotel.Com). A Strasburgo di Ibis ce ne sono una decina, si trattava solo di scegliere quello più vicino al centro e dotato di parcheggio: la scelta cade sull’Ibis Ponts Couverts, hotel di recentissima costruzione, davvero enorme, situato a cinque minuti a piedi dal Barrage Vauban e dalla zona della Petite France, la zona più caratteristica della città, con le sue case a graticcio e i vialetti caratteristici affacciati sul fiume Ill. L’hotel ha un suo parcheggio gratuito ma l’affluenza è così grande che dobbiamo ripiegare sul parcheggio pubblico a pagamento Petite France – Sainte Marguerite, enorme e perfetto, il cui ingresso è situato proprio davanti all’hotel. Il parcheggio è chiuso nei giorni festivi, ma si può entrare ugualmente richiedendo una tesserina all’hotel che va inserita nelle macchinette presenti prima delle sbarre e sugli accessi pedonali.

Parcheggiamo, raccogliamo le valige ed entriamo nella hall. La prenotazione per due notti con colazione è confermata (fiuuu), al prezzo di 49 euro a notte a camera doppia più 6,50 euro al giorno a testa per la colazione (dolce e salata, ma – ahimè – senza nutella o simili come in altri Ibis). Le camere non sono molto grandi ma lo spazio è sfruttato al meglio: c’è un piccolo armadio, c’è la tv, c’è una scrivania e c’è un piccolo ma funzionale bagno con box doccia. Le finestre si aprono (grazie al cielo) e tutto è lindo e pulito. Perfetto.

Ci diamo una rinfrescatina e siamo pronti ad esplorare la città. Io e Ale, essendoci già stati, facciamo un po’ da ciceroni. Cartina alla mano cerchiamo di capire la direzione da prendere per dirigerci verso la Petite France (uscendo dalla hall dell’albergo si gira a sinistra e si costeggia il fiume); costeggiamo per un breve tratto il fiume Ill, lasciandoci sulla sinistra il museo d’arte moderna (dall’architettura ovviamente… moderna) e ci facciamo guidare dalla sagoma imponente del Barrage Vauban, una specie di diga medievale costruita sul fiume dalla cui sommità si gode di una bella vista sulla zona dei Ponts Couverts, ponti un tempo coperti (ora non più) che sanciscono l’inizio della zona pittoresca della Petite France. Per salire sulla terrazza bisogna attraversare tutto l’interno della costruzione, molto scuro, disseminato di statue antiche che danno l’impressione di essere buttate là a casaccio come in un magazzino, e purtroppo infestato da un’intera comunità di piccioni… con tutto ciò che ne consegue in termini di sporcizia e piume. Devo dire che una pulitina non farebbe male… Giunti finalmente sulla terrazza, ci concediamo due minuti di pausa, facciamo qualche foto e scendiamo per raggiungere la Petite France. Mi fermo un attimo davanti ad una mostra di campane e decido di immortalare il panorama con la videocamera… apro lo zaino per tirarla fuori, la zip esce dalla sua guida e lo zaino mi si rompe in mano. Resto due minuti attonita a fissare il mio fedele Eastpack che ha deciso di abbandonarmi proprio il primo giorno di vacanza, quando, come nei migliori film fantozziani, comincia a piovere. Sono senza ombrello, con uno zaino rotto e un migliaio di euro tra videocamera e fotocamera digitale da proteggere dal diluvio.

Visto che non posso fare molto, decido di prenderla col sorriso… vorrà dire che io e Ale saremo destinati a passare la serata portando in braccio a turno lo zaino come se fosse un bebè. Fa niente, mi ripropongo di trovare un soluzione più tardi. Sotto la pioggia che va e viene (per fortuna) ci addentriamo nella fantastica zona della Petite France: tutta canali e case con le travi di legno sulle facciate e i gerani rossi, sembra un incrocio tra Venezia e un paese alpino. Fantastica. Le foto si sprecano, ogni scorcio è degno di essere immortalato nonostante il grigiore. Abbandonata la zona della Petite France ci addentriamo nel cuore della città, situato su una grande isola, per raggiungere, attraverso stradine strette, la meravigliosa piazza della cattedrale. Vi consiglio di raggiungerla passando per Place Gutemberg (dove campeggia la statua dell’inventore della stampa a caratteri mobili che qui ebbe il suo primo laboratorio) in modo da trovarvela davanti in tutta la sua bellezza. La cattedrale di Notre Dame, uno dei migliori esempi di arte gotica, si erge fiera tra le stradine strette della vecchia Strasburgo, e questo aumenta la sua imponenza. E’ impossibile fotografarla tutta, neppure sdraiandosi per terra. Meglio dedicarsi ai particolari, ad uno dei milioni di intarsi che la ricoprono completamente. Nella piazza della cattedrale decine di negozi di souvenir vendono di tutto; sulla sinistra, la casa tutta di legno scuro è la Maison Kammerzell, la casa più vecchia della città. Sono le 19,30 e proviamo ad entrare in chiesa: mentre entriamo, davanti a noi esce Rocco Buttiglione (!!!). Riusciamo solo a dare una veloce occhiata all’interno perché un solerte guardiano, sagrestano o che ne so ci invita ad uscire perché sta per cominciare la Messa.

Appena usciti dalla cattedrale, la nuvoletta fantozziana che ci perseguita ritorna in azione. Stavolta la pioggia è più insistente, perciò ci precipitiamo nel primo negozio della piazza dove per la modica cifra di 8,50 ci portiamo via un ombrellino nero richiudibile che si rivelerà essere un’arma, visto che decide lui quando aprirsi (spesso nei momenti meno indicati). Ovviamente appena comprato l’ombrello la pioggia cessa. Provo a chiedere alla tipa del negozio qualcosa che assomigli ad una spilla per chiudere lo zaino, lei propone di pinzarmelo con la cucitrice ed io ovviamente desisto. Il problema non è risolto.

Vista l’ora in cui ci siamo alzati, la fame comincia a farsi sentire (i panini al prosciutto mangiati in auto sono già ben che digeriti); io e Ale, tutti baldanzosi, decidiamo di portare Raffa e Daniel in un locale carino dove nel 2003 avevamo mangiato a prezzi modici una squisita quiche lorraine, affacciati sul fiume Ill. Raggiunto il ristorante dobbiamo però arrenderci davanti all’evidenza che il locale deve aver cambiato gestione, visto che la cosa più economica che si può mangiare è patè d’oca per 20 euro. Facciamo un breve giro per i locali della zona, ma o sono carissimi o sono strapieni: morale della favola… finiamo in Place Kleber a consumare il primo, tipico pasto francese: un Big Mac da McDonald’s!!! Finito di “cenare” proviamo a prendere l’ultimo battello che parte alle 22 per il giro panoramico sul fiume. Niente da fare, i biglietti sono tutti esauriti già da un’ora ed inoltre, visto il tempo, è in funzione solo il battello coperto che non ti fa vedere molto. Peccato, perché il giro è davvero bello e ti permette di vedere anche il quartiere del Parlamento Europeo e di attraversare le chiuse sul fiume, con un curioso sistema di “trasbordo” dell’acqua. Stanchi morti ci incamminiamo verso l’hotel, e capitiamo in piazza della cattedrale proprio quando comincia il suggestivo spettacolo di luci e suoni. Lo guardiamo per una decina di minuti, poi la stanchezza ha la meglio e ce ne andiamo a dormire. Nella hall provo a chiedere se hanno ago e filo da prestarmi; niente da fare, mi rifilano solo qualche graffetta. Giunti in camera, preso da un guizzo creativo o posseduto da McGyver, Ale trova il modo di riparare lo zaino, armato solo di un paio di forbicine da unghie e qualche graffetta. Problema risolto 🙂 Lunedì 15 agosto, Ferragosto: oggi è il turno dell’unica tappa superstite del primo programma di viaggio, ossia Europa Park a Rust. Ci svegliamo alle 7, facciamo colazione e alle 8,30 siamo in auto. Il tragitto, tutto in autostrada, è breve; già da lontano ci accoglie l’imponente sagoma di Silver Star, il colossale rollercoaster (montagna russa) più alto d’Europa, costato la bellezza di 12,5 milioni di euro. In due secondi decido che, nonostante io sia una patita di montagne russe, su quel coso non ci salirò nemmeno sotto tortura. Entriamo allegri e giocosi nel parcheggio, e appena estratta la chiave dal cruscotto comincia il diluvio universale. Evviva, la nuvoletta fantozziana si è trasformata in un nuvolone grigio e incombente. Apriamo l’ombrellino killer e corriamo praticamente verso l’ingresso… riusciamo ad ammirare davvero poco la fontana e i cespugli decorati che ci circondano, il nostro unico scopo è raggiungere l’ufficio informazioni dove acquistare i biglietti a prezzo ridotto (23 euro invece di 29) grazie al nostro statuto di soci Parksmania Club (per informazioni www.Parksmania.It). Superati i tornelli di ingresso, ci troviamo nella Deutsche Allee, la via principale del parco. Va detto che Europa Park è interamente tematizzato sui paesi europei: ogni paese ha una sua zona in cui sono inserite attrazioni e architetture a tema e anche ristoranti tipici. Dopo Disneyland Paris, questo parco è forse il più grande e importante del continente.

La prima zona che si incontra è ovviamente quella tedesca, disseminata di negozi. Ale, Raffa e Daniel scelgono di unirsi alla massa ed acquistare la mantellina blu del parco (4,50 euro). Io, fiduciosa nelle potenzialità del mio k-way, desisto dall’acquisto. Dopo alcuni minuti persi cercando di capire come infilare la mantellina (che in realtà è un enorme poncho) ci avventuriamo nel diluvio verso la zona italiana del parco, dove ci infiliamo in un’attrazione al coperto, “Geisterschloss” (casa dei fantasmi), che altro non è che una pallida imitazione del Phantom Manor del parco disneyano. Nonostante il diluvio e il freddo becco è sempre Ferragosto e ci sono file dappertutto. Ci spostiamo poi nella zona francese: scartato Silver Star, scartata Eurosat (montagna russa al buio) per la fila abnorme ci buttiamo in un’altra attrazione al coperto, “Universum der energie”, dedicata ai dinosauri. Passiamo poi alla Grecia, dove proviamo “Fluch der Cassandra”, attrazione molto simile alla Magic House di Gardaland. La zona successiva è quella svizzera, caratterizzata da casette in stile alpino e una montagna russa del tipo “wild mouse” (tipo Pakal di Mirabilandia per chi lo conosce), Matterhorn Blitz, che decidiamo di affrontare nonostante la fila. Il diluvio si intensifica ed è in quel momento che, in preda ai brividi e allo sconforto, mi rendo conto che il mio k-way non fa il suo dovere. Sono bagnata quasi fino alle mutande: mi salva solo il giubbottino da vela infilato sotto il k-way. Dopo il giro urge trovare una soluzione… ossia, urge comprare a mia volta la mantellina blu. Eliminato il k-way fradicio e infilata una felpa calda, tutto sembra andare meglio. Nella zona russa ci infiliamo in un’attrazione con delle bambole, visitiamo la stazione della MIR (quella originale utilizzata sulla Terra per le esercitazioni, poi donata al parco – davvero impressionante!) e troviamo un posto dove pranzare… un altro hamburger! Finito di pranzare ci imbattiamo per caso nella striminzita (forse anche per la pioggia) parata pomeridiana del parco e poi ci dirigiamo verso la zona spagnola dove sta per cominciare lo spettacolo dei “Gladiatoren”. Perché poi lo spettacolo dei gladiatori sia situato nella zona spagnola, ancora mi sfugge. In ogni caso è alquanto spassoso assistere allo spettacolo senza capire un acca, e ammirando solamente un elegante centurione romano parlare in tedesco stretto… Incredibile ma vero, il sole fa capolino. Comincio a riscaldarmi. Ci spostiamo nella zona austriaca dove disertiamo il “Tiroler Wildwasserbahn” (simile al Colorado Boat di Gardaland) e ci mettiamo in fila per il trenino spericolato dell’Alpenexpress. Il giro è breve e discretamente veloce, e si attraversa anche una spettacolare “grotta dei diamanti”, con tanto di gnomi che lavorano, che poi è possibile ammirare con calma una volta scesi dall’attrazione. A quel punto ci dividiamo. Raffa e Daniel non intendono bagnarsi ancora, io e Ale, presi da un istinto masochistico, pensiamo che “peggio di così…” e ci buttiamo nella zona greca per affrontare Poseidon, uno dei classici “splash” come Fuga da Atlantide a Gardaland. In definitiva, dopo la discesa gli spruzzi d’acqua vanno tutti verso l’esterno e non ci si bagna più di tanto. Ci va peggio sui gommoni di “Fjord-Rafting”, nella zona scandinava.

Troviamo il tempo di infilare anche “Piraten in Batavia”, simile ai Corsari di Gardaland, il cinema 4D e Eurosat, dove c’è molta meno fila che al mattino. Il parco chiude alle 19, abbiamo anche il tempo di mangiarci una crepe al cioccolato (un po’ gommosa, a dire il vero) nella zona francese. La pioggia, da non credere, ci dà tregua già da qualche ora. Usciti dal parco, si tratta di trovare un posto dove cenare: il paesino di Rust, posto proprio davanti l’ingresso del parco, vive esclusivamente in funzione di Europa Park: nonostante siano le 19,30, i primi ristoranti in cui proviamo sono tutti pieni (del resto si sa che i tedeschi mangiano prestissimo). Troviamo un tavolo per miracolo da Löewe, dove mangiamo una schnitzel mit pommes frites (bistecca con patatine). Torniamo a Strasburgo presto, visto che domani dobbiamo alzarci prestissimo per raggiungere Parigi nel minor tempo possibile… Martedì 16 agosto, ore 7: si parte per Parigi. Per strada non c’è molto traffico, la campagna francese è come al solito tutta uguale e monotona, disseminata solo di campi di mais. Arriviamo a Disneyland attorno a mezzogiorno: quest’anno, viste le ristrettezze economiche, abbiamo dovuto evitare i fantastici (ma carissimi) hotel della Disney e optare per un alberghetto carino situato a soli 2,5 km dal parco, nella cittadina “fantasma” di Magny-le-Hongre. L’hotel è il Moulin de Paris, dotato a quanto pare di piscina (anche se noi non l’abbiamo vista) e dall’ottimo rapporto qualità-prezzo. Per 55 euro a notte a camera doppia (più 5 euro a testa al giorno di colazione) avevamo una carinissima sistemazione in mansarda, con tanto di finestra-abbaino vista campi di grano e tv e telefono in camera. Unica “pecca”, la doccia nel bagno, non dotata di piatto ma confortevole ugualmente (con tenda che evitava indesiderati allagamenti). Il tempo di sistemarci, e via a Parigi. Essendoci già stati 4 volte, io e Ale avevamo le carte in regola per far vedere a Daniel (l’unico di noi a non esserci mai stato) tutte o quasi le cose più importanti in poco più di un pomeriggio. Impresa titanica, ma contavamo molto sulle nostre possibilità, avendo anche accuratamente tracciato l’itinerario da fare, con tanto di numeri di metro da prendere, in modo da ottimizzare al massimo il tempo. La prima idea era di posteggiare l’auto in un parcheggio pubblico a nord di Montmartre, il Clignancourt, trovato su internet sul sito www.Infoparking.Com. Una volta arrivati sul posto, però, ci siamo dovuti arrendere all’evidenza di trovarci nella periferia più malfamata della città, in un parcheggio disseminato di auto letteralmente spolpate di tutto e là da chissà quanti mesi. Il tempo di fare dietrofront e via al parcheggio 7PA-PB della Défense, la zona finanziaria di Parigi, che già conoscevamo perché, quando alloggiavamo in appartamento, andavamo al centro commerciale Quatre Temps a fare la spesa. Non è una zona molto alla mano, situata tra l’altro al di fuori delle zone 1-2 della metro che vanno bene per tutto il resto, ma almeno si va sul sicuro. 12 ore di parcheggio costano circa 20 euro. Posteggiata la macchina, ci prendiamo quattro baguette tonno-pomodoro e quattro coca cole per 20 euro da Paul, catena di panetterie fantastiche, e ci sediamo sui gradini della Grande Arche de la Défense a mangiare. Davanti a noi, in lontananza, l’Arco di Trionfo. Dista circa 3 chilometri e anche da questa distanza è immenso. Finiamo di mangiare, scendiamo nella stazione della metro (davvero enorme perché ci passa anche la RER; è addirittura collegata al gigantesco centro commerciale di cui parlavo prima), facciamo una carte Mobilis zona 1-3 (abbonamento giornaliero) e via alla Tour Eiffel. Scendiamo a Trocadero per goderci la vista più bella e da cartolina della torre, facciamo le solite venti-trenta foto e vi avviciniamo alla biglietteria. La fila è immensa, ma la Tour è la Tour e ci mettiamo diligentemente in coda. Tanto per non smentirci, anche questa volta troviamo “sommet fermé” (terzo piano chiuso) per “affluence” ma, a differenza delle altre volte, scopriamo che è possibile acquistare qui il biglietto fino al secondo piano (7,80 euro se non sbaglio) e, in caso di riapertura del terzo piano, acquistare un biglietto integrativo (3,70 euro) alle macchinette del secondo piano. Dopo un’ora riusciamo a salire al secondo piano: ci diamo dentro con le foto, e nel frattempo viene riaperto il terzo piano. Facciamo i biglietti con carta di credito al distributore automatico e via sulla cima!!! Come al solito fa freschino e tira vento, ma la vista è superba. Lo zoom 4x della fotocamera digitale, poi, fa miracoli. Il tempo però stringe, e dobbiamo scendere. Ci fermiamo un attimo al primo piano a vedere il filmato sulla storia della torre (tutto rovinato… non sarebbe il caso di restaurarlo???) e siamo di nuovo operativi. Prossima meta: Arc de Triomphe e Champs Elysées. Per ragioni di tempo non riusciamo a salire in cima all’arco, ed è un peccato perché la vista dei boulevards a raggiera è unica. Percorriamo un tratto degli Champs Elisées, entriamo in qualche negozio e al Disney Store compriamo i biglietti per due giorni per Disneyland Paris, in modo da evitare di fare la fila il giorno dopo. Grazie ad un’offerta estiva, risparmiamo 8 euro a testa sui biglietti per due giorni (li paghiamo 82 euro anziché 90).

Giunti a metà degli Champs Elysées riprendiamo la metro per due fermate e ci fermiamo in place de la Concorde. Altre foto, e via lungo i giardini delle Tuileries. E’ l’ora del tramonto, e la luce particolare risveglia in me un istinto artistico, che si esplicita nelle decine di foto che produco in poco più di mezz’ora. Nel laghetto delle Tuileries, un’anatra porta a spasso i suoi 9 anatroccoli, tutti serrati in formazione tipo frecce tricolori: sono troppo carini, tutti marroncini tranne l’ultimo in fondo che è giallino!!! Arriviamo al Louvre. Anche qui si sprecano le fotografie da tutte le angolazioni. La tappa successiva è Notre Dame: decidiamo di disertare la metro e di raggiungere l’Ile de la Cité costeggiando la Senna. Anche qui le foto artistiche si sprecano, e alle 20,30 raggiungiamo l’Ile de la Cité, passando accanto il Palais de Justice. Ci mangiamo una crepe alla Nutella (3,50 euro) nel chiosco take away della brasserie Le Soleil d’Or, vicino la prefettura (dove ci fermiamo ogni volta) e ci gustiamo il panorama della cattedrale. Purtroppo è tardi e non possiamo entrare. Un attimo di pausa, e via verso l’ultima meta: la Butte Montmartre. La metro ci lascia ad Anvers ed è un piacere salire le stradine di ciottoli che conducono ai piedi della cattedrale. Vista la stanchezza, ci facciamo accompagnare in cima dalla funicolare, e arriviamo sulla collina alle dieci in punto: giusto in tempo per ammirare il fantastico panorama della Tour Eiffel sfavillante, che per dieci minuti, all’inizio di ogni ora, brilla con migliaia di lampadine.

Cominciamo ad essere stanchini. Facciamo un giretto nella Place du Tertre, ci facciamo sedurre dai soliti negozi di souvenir e alle 11 passate finiamo a cenare in una brasserie sotto rue du Calvaire, Chez Marie, dove per una decina di euro mangiamo un poulet roti avec frites (pollo arrosto con le patatine). Il tempo di prendere la metro e tornare alla Défense, dove recuperiamo la macchina. Decidiamo di uscire da Parigi attraversandola completamente, senza evitare il centro con la péripherique (lo abbiamo già fatto spesso): passiamo per avenue de la Grande Armée, Arc de Triomphe, Champs Elysées, lungosenna… ed arriviamo all’hotel all’una passata.

Mercoledì 17 agosto ci concediamo un’oretta in più di sonno… dopo la colazione (alquanto scarsa, a dire il vero…) via al parco. Conoscendolo ormai come le nostre tasche, sappiamo bene quali attrazioni possono essere tranquillamente evitate e quali invece meritano anche un’ora di coda. Il primo giorno lo dedichiamo al parc Disneyland, il primo e l’originale, inaugurato nel 1992: l’atmosfera è sempre la stessa, magica e fiabesca. Ciondoliamo per il parco, entriamo nei negozi, ci fermiamo a fotografare Topolino: scegliamo le attrazioni che ci piacciono di più e ci concediamo anche una scorpacciata nel negozio di dolci, dove spendiamo una follia in ciambelle al cioccolato, brownie e torte alla panna. Per ben tre volte proviamo la novità di quest’anno, ossia le rinnovate Space Mountain: Mission II, le montagne russe al buio che dopo dieci anni dall’inaugurazione sono state cambiate nel percorso e nella tematizzazione. Davvero una bella botta di adrenalina. Ceniamo da Annette’s Diner al Disney Village, la zona dei divertimenti posta fuori dal parco: non è propriamente economico, ma gli hamburger sono divini e l’atmosfera da Grease, con tanto di camerieri che ballano in piedi sul bancone, è unica.

La sera è la volta di Fantillusion, la fantastica parata luminosa, seguita dal nuovo spettacolo pirotecnico Wishes, che lascia letteralmente a bocca aperta. Dopo la chiusura del parco, alle 23 passate, ciondoliamo un po’ per i negozi del Village, prima di tornare all’hotel.

Giovedì 18 agosto è la volta dei Walt Disney Studios, il secondo parco a tema, dedicato completamente al cinema: anche in questo caso ce la prendiamo comoda ma, nonostante ciò, alle 2 abbiamo già finito le attrazioni che ci interessano. Torniamo perciò nell’altro parco, a fare ciò che non siamo riusciti a fare ieri e a svaligiare i negozi che vendono di tutto. Noi compriamo il set completo di accessori per il bagno con la faccia di Topolino. Venerdì 19 agosto… vacanza finita, si riparte. Domani un matrimonio di due cari amici ci aspetta, perciò siamo obbligati a fare Parigi-Trieste in giornata. Dico solo che partiamo da Parigi alle 8,30 e arriviamo a Trieste all’1,30 di sabato mattina… assolutamente distruttivo, soprattutto per Ale che guida per 17 ore!!! Tirando le somme, dunque, è stata una sei giorni assolutamente piena ma in fin dei conti solo mediamente stressante: grazie all’esperienza maturata nei precedenti viaggi in terra di Francia, abbiamo potuto organizzare il nostro itinerario e i nostri spostamenti senza sovraccaricarci di cose da fare e da vedere, e tutto è andato per il meglio!!!



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