Bretagna e Normandia

Siamo partiti da Segrate (periferia di Milano) intorno alle 11,30 di sabato 4 agosto, con la scelta di non fare la strada più veloce e diretta verso la Normandia, ma arrivarci in un paio di giorni e vederci un po’ di Francia. Così, anziché fare il tunnel del Frejus, abbiamo scalato l’agevolissimo Monginevro e siamo scesi in Francia a...
Scritto da: mrzio.bi
bretagna e normandia
Partenza il: 04/08/2007
Ritorno il: 20/08/2007
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 1000 €
Siamo partiti da Segrate (periferia di Milano) intorno alle 11,30 di sabato 4 agosto, con la scelta di non fare la strada più veloce e diretta verso la Normandia, ma arrivarci in un paio di giorni e vederci un po’ di Francia. Così, anziché fare il tunnel del Frejus, abbiamo scalato l’agevolissimo Monginevro e siamo scesi in Francia a Briançon, nostra prima sorpresa, dove intorno alle 15 ci siamo visti “costretti” a una fermata non programmata: il vecchio centro storico racchiuso dalle suggestive mura del forte, in quel contesto montano, era un vero gioiello. In più, ci siamo imbattuti in una rievocazione sorica in costumi d’epoca di un assedio da pare delle truppe savoiarde, con tanto di finta sparatoria con vecchi archibugi. Commovente la targa dedicata a Gino Bartali per le sue imprese al Tour.

Dopodiché, attraverso gli incantevoli paesaggi alpini della valle della Guisane e della Romanche, e accompagnati da mitici rimandi del Tour de France come il Col du Galibier e l’Alpe d’Huez, siamo ripartiti, via Grenoble, Lione e Roanne, alla volta di Vichy, nel mezzo della Francia, dove avevamo prenotato il pernotto via internet presso un Etap Hotel. E se qui mi è consentito, vorrei solo segnalare l’opportunità di questa catena alberghiera capillarmente diffusa soprattutto in Francia, presso la quale si può pernottare fino a tre persone spendendo più o meno l’equivalente di un ostello.

Essendo arrivati con il buio, e ripartiti di gran carriera al mattino, purtroppo non abbiamo potuto visitare Vichy, salvo apprezzare il gran bel verde del paesaggio in cui è immersa. L’altro nostro snodo verso il nord era infatti Poitiers, passando tangenzialmente al Massiccio Centrale attraverso un piacevolissimo e lussureggiante saliscendi di colline. Pur essendo sede universitaria, Poitiers ci è sembrata una città fantasma: nell’ampia piazza centrale, dove la bellissima chiesa di Notre-Dame la Grande merita sicuramente una visita e ben più di una foto, decine di birrerie e locali per giovani erano chiusi, e a malapena abbiamo potuto farci un caffè dall’unico “crumiro” aperto. Poi, via sparati in autostrada verso Caen, Normandia, per il secondo pernotto Etap prenotato da casa.

Segnarsi bene: a Caen, alle 11 di sera, tutte le cucine chiudono e non si riesce più a mangiare neanche mezza cozza in una trattoria: restano solo i distributori automatici! Caen ci è servita come base per visitare i toccanti luoghi dello sbarco della Seconda guerra mondiale. Molto interessanti si sono rivelate le visite a un museo-bunker tedesco presso la spiaggia di Ouistreham, quella al Memorial della pace di Caen (al quale va dedicata almeno mezza giornata) e successivamente, già sulla strada per la Bretagna, al maggior cimitero americano, quello di Colleville sur Mer con le sue oltre 9000 tombe, pur senza dimenticare che davanti alla morte l’uniforme non ha colore. Non va infine dimenticato che siamo nel dipartimento del Calvados, dove sarebbe imperdonabile non entrare in una delle tante fattorie che reclamizzano l’omonimo distillato di mele e acquistarne un paio di bottiglie di produzione artigianale.

Costretti a trascurare per ragioni di tempo Bayeux e il suo meritevole arazzo, ci siamo fiondati a Mont Saint Michel, ritrovandoci poi con la senzazione di essere al cospetto di una delle sette meraviglie del mondo. Siamo purtroppo capitati con la bassa marea, e il mare era visibile a un paio di chilometri di distanza solo dalla sommità del monte. Sembra invece che la situazione più suggestiva sia quella dell’alta marea montante, con il ribollire di onde che avanzano, la cui periodicità è circa quindicinale. Per programmare questa opportunità bisogna informarsi per tempo presso un ufficio del turismo o comprare in un bar un bollettino delle maree. Da raccomandare la visita audioguidata all’abbazia, e da tenere presente che, lungi dall’essere un luogo esclusivo, si possono mangiare ostriche, e non solo, in una delle tante trattorie anche con menù a meno di 20 euro.

Poi, in Bretagna, è stato tutto un susseguirsi di perle, a cui accenno ora in ordine sparso: – Saint Malo, con le sue mura passeggiabili, che un po’ ricordano Lucca, e il dedalo di viuzze con buone trattorie; – Poco più a ovest, i sentieri sulle asperità naturali del selvaggio Cap Frehel, con relativo faro, e, soltanto un paio di chilometri più a ovest, vasti spiaggioni facilmente balneabili anche per i bambini; – Rimbalzando sulla costa meridionale, le infinite distese di dolmen a Carnac, vicino a Vannes; – Sotto Quimper: lo storico faro di Eckmühl; l’arrivo al porticciolo di Guilvinec della flotta di una cinquantina di pescherecci alle 16 di ogni giorno, con relativo scarico di pesce; qualche chilometro più a nord, il chilometrico spiaggione sabbioso della baia d’Audierne, dove tra l’altro si può provare l’esperienza di particolari trabiccoli di un combinato triciclo/windsurf e sfrecciare sul vastissimo bagnasciuga; – L’interessantissimo Oceanopolis di Brest (il più grande acquario d’Europa!), molto gradito da nostro figlio Tommaso di 9 anni; e alla punta occidentale estrema della Bretagna, il suggestivo faro visitabile di Pointe de Saint Mathieu; – Sulla costa a nord di Lannion, presso Tregastel, si apre uno scenario a dir poco incredibile: una lunga spiaggia con massi di granito rosa arrotondati dall’acqua e dal vento, in tutto e per tutto simili a quelli nostrani dei dintorni di Palau in Sardegna. Unica differenza: qualche grado in meno della trasparentissima acqua atlantica.

Tra le delusioni, va nostro malgrado annoverata Brest, ma solo dal punto di vista architettonico e urbanistico. Fra tanti centri storici che sanno di fiaba, l’anonimato più scialbo purtroppo regna qui come triste eredità della Seconda guerra mondiale: nel tentativo di distruggere una base per sottomarini che si pensava dotata di armamenti nucleari, gli Alleati bombardarono ripetutamente la città radendola al suolo per il 99%. Neanche a dirlo, quell’1% superstite è il bunker della base navale ancora oggi fotografabile poco fuori dal centro città.

Seconda e più cocente delusione, la cosiddetta tomba di Mago Merlino nella foresta di Paimpont (o Brocéliande): un paio di anonimi massi in una piccolissima radura, con tanti disegnini e letterine dei bambini fin lì giunti per ritrovarsi poi probabilmente delusi. Molto più interessante il vicino castello di Comper, nelle cui stanze è rievocata l’epopea cavalleresca della Tavola Rotonda.

In questo nostro tour, io, mia moglie e nostro figlio Tommaso, di 9 anni, ci siamo in parte avvalsi del circuito Servas. Si tratta di un’associazione che gestisce in tutto il mondo una rete di famiglie o singole persone disponibili a offrire ospitalità gratuita a turisti e viaggiatori per non più di due notti (salvo offerta di prolungamento). Ormai abbiamo un’esperienza diretta pluriennale con questa modalità di turismo, e la condivisione con le famiglie ospitanti delle due cene (da parte nostra abbiamo sempre con noi alcuni “kit” per cucinare paste e risotti nostrani) rappresenta uno strumento formidabile per entrare in un rapporto più diretto con il tessuto sociale, turistico e culturale della località che si sta visitando, per non parlare della squisitezza delle persone Servas.

Come considerazione finale, va rilevato che pur avendo viaggiato in pieno agosto, abbiamo generalmente trovato poco traffico, e incredibilmente disciplinato per i nostri standard, nonché tutta la tranquillità e la serenità auspicata, in questo sicuramente aiutati dalla bellezza del paesaggio. Con una menzione speciale per i colori del cielo e la bellezza delle nuvole, per noi padani abituati a certe scipitezze di casa nostra.

Marzio Biancolino & C.



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