Tunisia 2010 – tre nomadi in moto

Giro On/Off road del sud della Tunisia in moto attraverso le mete più suggestive.
Scritto da: Rupert
tunisia 2010 - tre nomadi in moto
Partenza il: 27/03/2010
Ritorno il: 05/04/2010
Viaggiatori: 3
Spesa: 1000 €
Cosa spinge tre motociclisti a mollare tutto e ad avventurarsi in Tunisia con le proprie moto? Ma è ovvio…il “mal d’Africa” !!

I TRE NOMADI:

Rupert (Roberto M.) – BMW R 1100 GS (la Giallona) Arlans (Alessandro A.) – BMW R 80 GS (l’Inguardabile) Pantera (Marina B.) – YAMAHA 350 XT (la Miss)

IN BREVE:

Totale Km percorsi: 2.379 (di cui circa 550 in Italia) Totale spesa: circa € 1.100,00 a cranio (compreso il biglietto nave A/R di circa € 360,00 e comprese anche le spese per i souvenir, una media di € 150,00). Totale spesa benzina: BMW R 1100 GS – € 91,00 – 124L – media 18 km/l – per stare al passo dei due compari la mia moto fa pochi giri quindi non beve più di tanto BMW R 80 GS – € 101,00 – 139L – media 16 km/l – la moto di Arlans è un 800cc gira più alta e in ogni caso Arlans è quello che non si è mai risparmiato in fatto di sgasate sulla sabbia e accelerate! YAMAHA XT 350 – € 57,00 – 77L – media 28 km/l !! – con la Miss non ce n’è per nessuno! Quella moto non beve! Il Top!

L’ITINERARIO IN TUNISIA:

TUNISI (PORTO LA GOULETTE) – KAIROUAN KAIROUAN– TATAOUINE TATAOUINE– CHENINI – KSAR GHILANE KSARGHILANE – DOUZ DOUZ – KEBILI – TOZEUR (CHOTT EL JERID) TOZEUR– NEFTA (ONG JMEL) TOZEUR – DOUZ – (CHOTT EL JERID) – EL HAMMA EL HAMMA – KAIROUAN – HAMMAMET HAMMAMET– TUNISI (PORTO LA GOULETTE)

IL DIARIO DI VIAGGIO:

27/03/2010 KM 284 GENOVA

Finalmente ci siamo! Oggi è il giorno di partenza, siamo pronti (o quasi)! Ore 9.50 dopo gli ultimi controlli e le foto di repertorio accendiamo i motori e ci mettiamo in moto, direzione Porto di Genova! Il tempo è clemente e ci succhiamo i primi 275 km in scioltezza. Ore 13.00 arriviamo al Porto in tutta tranquillità e sbrighiamo subito le pratiche per l’imbarco (biglietto nave e controllo passaporto). Subito per modo di dire perché ci becchiamo una fila interminabile allo sportello passaporti.

Saliamo a bordo dopo un’ora abbondante e ci presentiamo di corsa al bar dove ci rifocilliamo a dovere, visto che non abbiamo ancora pranzato. Le prime ore scorrono tranquille, ma come salpiamo, il mare ci presenta subito il conto: è piuttosto agitato (forza 6), per non dire incazzato, e ci costringe a letto per non sboccare! Peccato, niente Casino e slot machines! Sul tardi facciamo di nuovo un tentativo verso il bar della nave per cercare di mettere almeno qualcosa sotto i denti, ma dopo essere passati in breve tempo dal colore verde al bianco ci dirigiamo come zombies e a passo veloce (per quanto possibile) alla nostra cabina prigione (che palle!).

28/03/2010 KM 171 KAIROUAN

La notte passa indenne, riusciamo a prendere sonno fino a mattino inoltrato, quando è ora di alzarsi per andare a fare colazione, e la nave puntualmente ricomincia a ballare! Io e Arlans non tentiamo nemmeno di alzarci, tanto sappiamo già come andrebbe a finire, film già visto, per cui decidiamo di rimanere in camera e mandiamo Marina a comprare patatine e brioches al bar (per fortuna che c’è lei!). Finalmente dopo un paio d’ore il mare si calma quel tanto per farci godere almeno le ultime ore prima dello sbarco. Sbarchiamo! Eccoci tutti pronti in sella sulla linea di partenza, noi e un’altra trentina di motari che tra una sgasata e l’altra si preparano ad affrontare la dogana tunisina che gode nel sentire il rombo delle moto e ci fa avanzare a rilento. Fortunatamente con le pratiche stavolta facciamo abbastanza presto ed in poco tempo siamo liberi. E adesso fuoco fino a Kairouan (circa 170 km di cui 100 km di autostrada ed il resto di strada normale) dove abbiamo prenotato una stanza all’Hotel La Kasbah. Ore 18.40 Arriviamo all’hotel all’imbrunire pronti per una lauta cena a buffet. Due passi a piedi per digerire e poi tutti in camera a nanna che il giorno dopo ci aspetta una tappona fino a Tataouine nel sud della Tunisia.

29/03/2010 KM 371 TATAOUINE

Ore 9.30 Lasciamo l’albergo dopo una sostanziosa colazione, pronti per il lungo trasferimento. Sono parecchi i chilometri da percorrere ma la nostra intenzione è quella di farceli in tutta calma e senza fretta, anche perché consideriamo di voler vedere soltanto lo ksar più grande ed importante nei pressi di Tataouine e non vogliamo stancarci troppo. Ci fermiamo per pranzo nei pressi di Medenine in una baracchina lungo la strada dove ci gustiamo una grigliata mista di carne di pecora e cammello. Non mancano le patatine fritte e la coca-cola (fuori dagli hotel e dai club la birra è difficilmente reperibile, se non analcolica che fa schifo). Mentre mangiamo osserviamo un cammello legato vicino al nostro tavolo che dall’espressione dei suoi occhi immaginiamo sappia già quale sarà il suo destino…molto triste. E’ affascinante notare come cambia repentinamente il paesaggio durante l’attraversamento, da erboso e coltivato al nord, a brullo e desertico al sud. Ore 17.00 Arriviamo all’Hotel Sangho Privilege appena fuori dal centro di Tataouine dove prendiamo un bungalow per la notte. L’albergo è circondato da una vasta area desertica. Al centro una bella piscina azzurra che brilla alla luce del sole ancora alto, ed intorno ad essa un porticato in pietra con i tavoli del ristorante. Molto suggestivo (grande scelta del Rupert!).

Essendo ancora presto per la cena, decidiamo di sfruttare le poche ore prima del tramonto per andare a visitare lo Ksar Ouled Soltane, il villaggio berbero fortificato meglio conservato di tutta la Tunisia. A circa 24 km da Tataouine dopo Maztouria è lo Ksar più lontano ma anche il più bello e grande, conta più di 300 granai disposti fino a 4 piani attorno ad un cortile. Ci arrampichiamo fino in cima allo Ksar per godere di una stupenda vista dall’alto sia del cortile interno che del tramonto. Ci siamo solo noi tre ed un paio di tunisini che vendono acquerelli dello ksar: la pace, il silenzio intorno a noi ed il sole che pian piano scende e si nasconde dietro le montagne in lontananza sono uno spettacolo mozzafiato.

Dopo aver acquistato un acquerello che ritrae la facciata principale dello Ksar, rientriamo all’Hotel per cena. Un ottimo buffet a bordo piscina, qualche foto ricordo e poi via a nanna che il giorno dopo ci aspetta la tappa più bella ed impegnativa di tutto il viaggio: la pista che collega Chenini all’oasi di Ksar Ghilane!

30/03/2010 KM 124 KSARGHILANE

Ore 8.30 partiamo alla volta di Ksar Ghilane dopo una colazione abbondante. Lasciamo l’hotel a malincuore, un altro giorno al Sangho non sarebbe stato male, ma purtroppo i giorni a disposizione sono pochi, una settimana appena, e noi vogliamo vedere tutto (o quasi)! Ci dirigiamo verso Chenini, un villaggio troglodita berbero a circa 15 km da Tataouine da cui parte la pista che intendiamo percorrere. Anche Chenini era un tempo uno Ksar e come gli altri Ksour è stata costruita tra due picchi montuosi per proteggersi dalle incursioni. Incontriamo lungo la strada due ragazzini che trasportano acqua sulla groppa di un asinello; li fermiamo e facciamo qualche foto con loro a cavallo del povero asinello che, oltre al peso delle taniche si deve sorbire anche il nostro. Il tempo di due foto e una manciata di dinari ed eccoci di nuovo in sella alle nostre moto.

La pista è segnalata da un cartello che indica la direzione per Ksar Ghilane. Sono circa cento chilometri (il cartello ne indica novanta) di strada sterrata, ghiaiosa e a tratti parecchio sabbiosa! Siamo pronti a tutto pur di attraversarla, l’obiettivo è l’oasi, e l’acqua si sa, nel deserto è il bene più prezioso.

Partiamo belli carichi, sia mentalmente che fisicamente (essendo un trasferimento, le nostre moto sono cariche di bagagli) e ci troviamo quasi subito ad affrontare un discesone roccioso che si presenta di fronte a noi del tutto inaspettatamente. Lo superiamo a dir poco egregiamente e proseguiamo in mezzo al nulla. Intorno a noi c’è il vuoto assoluto, solo deserto, anche il rumore delle nostre moto viene coperto dal vento che soffia costante e minaccioso, trasportando sabbia ovunque, quasi come monito alla nostra impresa. Sentiamo la sabbia che scricchiola tra i denti ma proseguiamo imperterriti. Nulla ci può fermare (speriamo!). Siamo completamente avvolti nel deserto, ne respiriamo l’odore, lo viviamo intensamente, lo affrontiamo e ci svuotiamo di tutto, ci siamo solo noi, le nostre moto e il rumore del vento. E’ una sensazione unica! Siamo “tre nomadi in moto”, e sappiamo di poter contare l’uno sull’altro. Abbiamo lo spirito vincente! Fuoco!

Ci lasciamo alle spalle qualche altro chilometro prima di incappare nel primo vero linguone di sabbia nel bel mezzo della pista in cui troviamo addirittura un’auto a noleggio in panne letteralmente piantata (ma come cavolo c’è arrivata fin lì? Si è fatta la pietraia in discesa rischiando di spaccare tutto? Mah…!) e due fuoristrada che tentano di rimetterla in carreggiata con delle cinghie. Ci sono almeno dieci turisti che osservano la scena del recupero e scattano foto increduli.

Io che sono davanti e arrivo per primo, sprezzante del pericolo e incurante della mole della mia moto (circa 250 chili più il sottoscritto) entro imperterrito nel linguone a fianco dell’auto e comincio a darci di gas sollevando una colonna di sabbia che fa allontanare tutti. Sento gli occhi puntati su di me ma io continuo a sgasare (anche perché se smetto sono perduto e mi pianto). Esco dal sabbione vincente senza affondare (yeah!), mollo la moto e mi dirigo verso gli sventurati. Nel frattempo anche Arlans e Pantera sopraggiungono e aggirano l’ostacolo a lato dove c’è meno sabbia ed è più consistente (grande Arlans!).

Ci fermiamo un attimo ad osservare l’auto che sbanda nuovamente e torna a piantarsi dopo pochi metri contro un altro dosso sabbioso (va bene la sabbia ma anche il conducente non è certo una volpe al volante!) quindi ci rimettiamo in moto, la distanza da percorrere è ancora parecchia.

La minaccia dei cumuli di sabbia sulla pista comincia ad intensificarsi e a farsi sempre più consistente, costringendoci a rallentare parecchio per evitare di cadere, specialmente la mia moto che è molto pesante ed ha una cerchio piccolo davanti (per di più con gomme stradali senza tasselli e con il battistrada quasi al limite, perfetta!), mi obbliga ad entrare nella sabbia ad una velocità ridotta che mi permetta di mantenere la stabilità della moto in caso di sbandata (che puntualmente o derapa o tende a chiudersi davanti).

Riesco ad uscire incolume dall’ennesima lingua di sabbia e mi fermo ad attendere il passaggio dei miei compagni. Vedo Arlans di fianco alla Pantera che gesticola facendole segno di dare del gas e di tenere aperto perché se non tiene la moto su di giri quando è in mezzo alla sabbia, si spegne e dopo le tocca riaccenderla a calcio (la Miss non ha l’accensione elettronica…). E qui viene il bello! Osservo la scena attraverso lo specchietto della mia moto, come se fosse una televisione, anche Arlans mi raggiunge e si ferma a guardare la performance della Pantera: parte, entra nella sabbia abbastanza decisa (ma non troppo) e comincia ad avanzare. La Miss comincia leggermente a derapare e a in traversarsi, la vediamo sbandare prima un po’ a destra, poi tutta a sinistra, ed è a questo punto che la Pantera applica alla lettera le parole di Arlans, affonda la mano sul gas e la Miss parte per la tangente verso il bordo della pista dove c’è ancora più sabbia e si cappotta inesorabilmente sul fianco, con una sonora accelerata a ruota libera a conferma che la Pantera stava veramente tenendo spalancato! Poi più nulla, la ruota gira a vuoto, la Miss si spegne, ed il sibilo del vento riprende il sopravvento…ma Marina non si alza…io e Arlans allora scendiamo di corsa dalle moto e la raggiungiamo augurandoci che non si sia fatta nulla…la troviamo sotto la moto, ancora seduta come se stesse guidando, che ci guarda ridendo! L’aiutiamo a rialzarsi e constatiamo che non si è fatta nulla (unici danni riportati, una lieve botta alla mano e lo specchietto sinistro della Miss rotto…speriamo non porti sfiga!). E’ tutto OK! Ci facciamo una bella risata insieme e ripartiamo.

Nonostante la caduta il morale è ancora alto, ma la sabbia sulla pista aumenta, anche quella nell’aria, ci sono momenti in cui se non siamo più che vicini l’un l’altro rischiamo di perderci di vista. La moto mi si pianta un paio di volte nella sabbia alta e siamo costretti a disincagliarla tirandola per i paracilindri. La fatica unita al caldo opprimente comincia a farsi sentire, i chilometri da percorrere sono ancora tanti, dopo due ore abbondanti siamo ancora ad un quarto della pista…e l’acqua non è mai troppa, anzi, ci accorgiamo di averne portata poca … sempre i soliti avventurieri disorganizzati (ed è proprio in momenti come questo, in cui la disperazione pian piano si fa largo nella nostra mente che ci promettiamo di non fare mai più cazzate simili)! Anche la guida in piedi in fuoristrada con le sollecitazioni continue della moto si fa sentire…l’avventura comincia a complicarsi. Non dobbiamo assolutamente farci prendere dallo sconforto, dobbiamo rimanere ottimisti, ma ecco che mi pianto di nuovo nella sabbia! Sento che le forze mi stanno a poco a poco abbandonando…ho bisogno di riposare…ma il sole è alto, caldo, il vento soffia imperterrito contro di noi, accecandoci e riempiendoci di sabbia, e l’acqua sta finendo… non è proprio il momento adatto per lasciarsi andare! Biascico una barretta ai cereali che trovo in una tasca della giacca mentre la Pantera mi guarda e mi chiede se sto bene… mica tanto!

Ma dobbiamo continuare, abbiamo da tempo superato il punto di non ritorno quindi si può soltanto proseguire, e poi tornare indietro sarebbe letteralmente un suicidio, non ci pensiamo neanche! Ci inerpichiamo su una salita quando in lontananza all’improvviso scorgiamo la sagoma di una baracca…è il Café des Nomads!! Finalmente! Ce l’avevo sul Gps ma non avendolo consultato me l’aspettavo più avanti…e sinceramente me ne ero completamente dimenticato! Wow siamo salvi! Lo osservo come un miraggio mentre accelero per raggiungerlo. Entriamo nel Café mentre il vento spazza impetuoso (e impietoso) e salutiamo il berbero che vi abita insieme ad un gatto che per la maggior parte della nostra sosta se ne sta appollaiato su un tavolino a dormire contro il mio casco (beato lui, se così si può dire). Ci buttiamo per terra su un tappeto e ci riprendiamo con una bella bevuta d’acqua che acquistiamo in quantità: la manna dal cielo! Fame non ne abbiamo molta, visto che abbiamo già mangiato un bel po’ di sabbia… l’acqua fresca è quello che ci vuole per rimetterci in sesto. Comincio a recuperare fiducia, mi sento decisamente meglio.

Avvertiamo il rumore di un fuoristrada tra i sibili del vento, che proviene dalla direzione in cui siamo diretti noi. Scambiamo un po’ di informazioni su ciò che abbiamo già passato e su ciò che ci attende, ovvero altra pietra ed altra sabbia …no, ancora sabbia no! Ok inutile lamentarsi, siamo in mezzo al deserto, se non c’è sabbia qui…! Ripartiamo, il tempo scorre e i chilometri sembrano non finire mai. Il vento come per farci dispetto si diverte ad accumulare sabbia sulla pista insidiandoci continuamente, ma noi non desistiamo.

Proseguiamo a ritmo costante fino a raggiungere la pipeline, l’oleodotto che segue longitudinalmente la strada asfaltata che porta a El Borma e di conseguenza anche a Ksar Ghilane…dai che allora non siamo più così lontani! Mi fermo a consultare il Gps, è vero, manca soltanto una ventina di chilometri (…niente)!

Ripartiamo carichi di speranza, gran parte della stanchezza se né andata, il morale è di nuovo alto, così come il rombo dei nostri motori, sono pronto, mi lancio attraverso la pipeline che sembra essere quasi il confine tra sofferenza e felicità, è pieno di sabbia e…mi pianto di nuovo! Eh ma allora è un vizio!

Poco più avanti incontriamo una mandria di dromedari al pascolo, rallentiamo visto che sono molto vicino al bordo pista e ci fermiamo quando il pastore poco più in là ci fa segno che ha sete e ci chiede dell’acqua. Incredibile, noi non ne abbiamo più tanta visto che dal Café des Nomads a qui ne abbiamo già bevuta parecchia, ma gli offro comunque una mezza bottiglia. Meglio di niente.

I cumuli di sabbia si intensificano e aumentano di consistenza ma sono per lo più a lato e riusciamo in qualche modo a percorre passaggi alternativi senza entrare nei sabbioni, grazie ad Arlans, che con la sua esperienza enduristica diventa la nostra infallibile guida tunisina!

Tra un passaggio e l’altro, comincio a consultare il Gps sempre più spesso, qui il tempo passa, sembra di fare tanta strada ma non si arriva mai! Eppure manca poco…stando a quanto dice il Gps siamo molto vicini…ed infatti ecco che all’improvviso vediamo un ripetitore in lontananza…è quello di Ksar Ghilane?? Strabuzziamo gli occhi e guardiamo nuovamente…sì, c’è davvero, ed è proprio quello di Ksar Ghilane…ci siamo! Io e Arlans ci guardiamo con gli occhi che brillano di emozione, ormai ce l’abbiamo fatta e la meta è vicina! Lo diciamo anche alla Pantera e alziamo il braccio in segno di vittoria! E’ un’emozione unica, improvvisamente veniamo invasi da una grande gioia e voglia di arrivare! Superiamo gli ostacoli degli ultimi chilometri ed arriviamo finalmente alla colonna monumento del Generale Leclerc, il punto di arrivo (o di partenza) della pista, a poche centinaia di metri dal piccolo villaggio nei pressi dell’Oasi di Ksar Ghilane. Facciamo foto commemorative, siamo felici, ci sentiamo orgogliosi della nostra impresa, ce l’abbiamo fatta! E adesso il bagno nella pozza di acqua termale è soltanto una questione di minuti…evviva!

Ci fermiamo nel piccolo villaggio ai bordi dell’oasi per fare rifornimento di benzina, acquistiamo un paio di canestri e poi ci inoltriamo nel palmeto; anche se la terra è battuta e a tratti sabbiosa ormai siamo arrivati e poco importa. Parcheggiamo le moto direttamente a fianco della tenda n. 23 che sarà il nostro rifugio per la notte nel Campement du Paradis. Giusto il tempo di infilarci il costume da bagno e abiti comodi e via di corsa verso la pozza che si trova al centro di bar, tavolini e negozietti. Ci sono già altri turisti arrivati in fuoristrada, per lo più stranieri, ma anche qualche italiano. Ordiniamo tre birre ghiacciate e poi ci tuffiamo! La Pantera, che è la sua prima volta in Tunisia in moto e la sua prima volta a Ksar Ghilane si gode la sensazione di piacere che offrono l’acqua termale e la birretta dopo l’esperienza della pista. Anche io e Arlans sguazziamo e ridiamo raccontandoci le vicissitudini finora affrontate, allegri e rilassati dopo lo sforzo.

Adesso è il momento di fare un altro bagno però, ma non nell’acqua…nella sabbia dell’Erg Orientale! Raggiungiamo a piedi l’uscita dell’Oasi che si apre verso l’oceano del Sahara…una distesa sconfinata di dune di un colore giallo paglierino che ci mozza il fiato…il deserto è meraviglioso! Nonostante l’abbia già visto meno di un anno fa rimango nuovamente colpito dalla sua bellezza ed affascinato dal suo mistero. Dromedari adagiati sulle dune, carovanieri in arrivo da diversi punti su enormi fuoristrada, crossisti in movimento su moto leggere…il deserto a quest’ora pullula di gente! Dobbiamo fare qualcosa anche noi, non possiamo restare qui con le mani in mano…un giro in Quad è il minimo che possiamo fare! Il fortino romano nei pressi dell’Oasi è alla distanza giusta per godersi un’escursione sulle dune non troppo impegnativa, perfetta per esaurire le ultime forze che ci sono rimaste. Rientriamo all’Oasi in orario per la cena. Ci gustiamo un’ottima zuppa di miso accompagnata da pollo e patate e naturalmente birra! Come ci appoggiamo sulle brande della tenda chiudiamo gli occhi e fine dei giochi, ci addormentiamo profondamente…zzz…zZZ.

31/03/2010 KM 175 DOUZ

Ci svegliamo al mattino quando fuori il sole è già sorto e l’appetito ci richiama al dovere…riempire lo stomaco! Colazione a base di caffè, pane burro e marmellata, qualche dolce e un po’ di datteri e poi via di nuovo alle moto.

Ore 9.00 Lasciamo l’Oasi e ci fermiamo al piccolo villaggio giusto per le ultime foto insieme ad una famiglia che ha tre bambini a cui lasciamo qualche maglietta e qualche dinaro. Di fronte a noi il lungo rettilineo asfaltato che ci separa da Douz. Con le nostre moto è impensabile raggiungere Douz attraverso la pista nel deserto, sono troppo pesanti e stracariche di bagagli quindi ci mettiamo in strada e partiamo. Prima e unica sosta al Café Bir Soltane: ci rifocilliamo con un succulento panino appena sfornato e ripieno di tonno e formaggio, facciamo qualche foto, lasciamo la nostra firma (io aggiorno il mio bigliettino da visita che avevo attaccato su una parete l’anno scorso) e ripartiamo. Siamo costantemente spazzati da un vento sabbioso e anche piuttosto fresco che dà un po’ fastidio al collo ma nulla di ché, le nostre moto sono come muli, non si fermano.

Ore 12.30 Arriviamo a Douz e passiamo davanti al camelodromo dove scattiamo un paio di foto. Dev’essere bello assistere al Festival Internazionale del Sahara che si tiene qui ogni fine anno…chissà forse ci veniamo! Ci fiondiamo in Hotel al Sun Palm. La nostra camera è proprio di fronte alla piscina…perfetto! Ma prima dobbiamo pranzare, la piscina può attendere. Ci rimettiamo in moto e andiamo in centro (l’Hotel è situato nella zona turistica). La piazza centrale pullula di gente che sta preparando le bancarelle per il giorno dopo (il giovedì a Douz è giorno di mercato e la città si anima di gente che viene da tutte le parti anche da molto lontano).

Battezziamo un ristorantino e ci accomodiamo a tavola, fuori, di fianco alle nostre moto, così possiamo osservare i preparativi del mercato. Ordiniamo dell’ottimo cous cous con pollo, patate e altra carne e coca cola perché la birra non è permessa. I piatti sono enormi, un quantità industriale di cibo che siamo costretti a lasciare a metà per non scoppiare. Dobbiamo assolutamente alzarci e fare quattro passi per cercare di digerire! Le bancarelle di spezie colorate sono le più belle da vedere, ma anche i dolci, la frutta e la verdura. Naturalmente ci sono anche abbigliamento, tappeti, attrezzi, bestiame, ecc…praticamente c’è di tutto. Noi ci facciamo prendere dallo shopping e cominciamo a contrattare tappeti, pouf, scarpe, cuscini, … torniamo alle moto pieni di sporte che non sappiamo nemmeno dove mettere! Prima di rientrare all’hotel ci fermiamo da Sadouk, lo scarpolino più famoso di Douz che ci accoglie come se fossimo suoi figli. Al sentirci parlare in italiano gli si illuminano gli occhi, e riconosce Arlans che aveva già acquistato delle scarpe da lui in un viaggio precedente (da qui il nuovo soprannome Arlanouk). Ci dice che l’Italia è nel suo cuore e che ha conosciuto un sacco di italiani di cui ci mostra le foto scattate insieme a lui.

Non bisogna avere fretta, ci porge tre sedie e comincia a chiacchierare con noi, ci mostra le sue ultime creazioni e ci offre dell’ottimo tè alla menta con spezie, bollente, che sorseggiamo con calma. E’ davvero ottimo, ci spiega che lui lo beve continuamente dalla mattina alla sera, tutti i giorni, e non si ammala mai. E’ un ottimo rimedio contro le malattie. Ci regala un ciondolo a testa, un triangolino di pelle con incisa la nostra iniziale. E’ un portafortuna per il nostro viaggio. Marina e Arlans acquistano un paio di scarpe a testa mentre io mi faccio fare un paio di buchi in più alla cintura che mi va un po’ stretta (sarà il cous cous…). Marina scatta alcune foto con Sadouk con la promessa di spedirgliene una copia appena possibile, e giunge il momento dei saluti. Io lego il tappeto sulla moto, Arlans invece mette tutto in un sacco e lo appoggia sul serbatoio…si presenta davanti ai poliziotti all’ingresso della zona turistica dove è situato il nostro hotel senza casco, in ciabatte e con il sacco in spalla…roba da arresto immediato…e invece loro gli fanno anche il saluto! E’ proprio uno di loro! Rientriamo all’hotel, ci infiliamo il costume da bagno, ordiniamo tre birre e ci tuffiamo in piscina! L’acqua è gelata, ci rinvigoriamo e ci riprendiamo dal caldo della giornata (non meno di 25 gradi). Trascorriamo un’oretta abbondante a rilassarci e a bere birra ghiacciata, poi decidiamo di andare alla “Porta del Deserto”, a Glissia in periferia di Douz, non molto distante dal nostro hotel, il punto in cui finisce l’asfalto e comincia la pista nel deserto che porta a Ksar Ghilane. Quando arriviamo veniamo circondati da un gruppo di bambini e ragazzini che vivono lì intorno, sono allegri e molto socievoli, parliamo con Fadhel, il più grande di loro e scattiamo foto tutti insieme sulle nostre moto. Mi faccio lasciare il loro indirizzo di casa così gliene posso spedire una copia; dalla sua espressione mi pare poco convinto che gliele spedisca per davvero, sembra alquanto disilluso…mi piacerebbe vedere la sua faccia quando aprirà la busta che gli invierò a breve! Rientriamo in hotel all’imbrunire, purtroppo il cielo è coperto e il tramonto non è un granché, peccato. Ceniamo a buffet e poco dopo ci ritiriamo nella nostra stanza. Si potrebbe andare di nuovo in centro a bere qualcosa nel club della città, ma non c’è un gran entusiasmo all’idea quindi optiamo per restare in camera a raccontarcela.

01/04/2010 KM 267 TOZEUR

Ore 9.00 Scambiamo un po’ di soldi e lasciamo l’hotel in direzione Tozeur. L’idea è quella di allungare leggermente attraversando Kebili per una strada alternativa. Facciamo rifornimento a Kebili dove Arlans acquista anche del grasso per lubrificare la catena della Miss. Il percorso che abbiamo scelto è affascinante, tutto stradale ma circondato da dune di grande effetto! Arriviamo finalmente sulla strada che attraversa lo Chott El Jerid, il lago salato più grande della Tunisa, proseguiamo fino a vedere in lontananza la carcassa di un vecchio autobus abbandonato dentro lo Chott a circa un km dalla strada. Arlans procede in avanscoperta per testare il terreno e verificare che tenga il peso delle moto (del resto è la nostra guida tunisina…): nessun problema, regge! Eccome se regge, entriamo tutti insieme e raggiungiamo l’autobus. Scattiamo qualche foto e a questo punto ci godiamo lo spettacolo: ad uno ad uno montiamo sulle nostre moto e ci lanciamo a tutta velocità! A 140 km/h decido di chiudere il gas….meglio non rischiare, sono anche senza casco. Nel frattempo sopraggiungono anche alcuni fuoristrada che si cimentano in sgommate e derapate a tutto gas. E’ una bella sensazione di libertà, non ci sono regole, solo puro divertimento. Riprendiamo la retta via e ci dirigiamo a Tozeur dove però l’hotel dell’anno scorso, il Ras El Ain è full, quindi cambiamo e andiamo all’hotel El Mouhradi, un’altra catena di categoria superiore rispetto al Golden Yasmine (in linea di massima si equivalgono).

Sono le ore 14.45 quando arriviamo e la fame si fa sentire. Ci infiliamo il costume da bagno, ordiniamo birra e ci sdraiamo a bordo piscina….ahhh si sta da dio! Non passa nemmeno un quarto d’ora che arriva una telefonata per me dall’hotel di Tozeur …si sono accorti di avermi dato cento euro in meno di valuta quando ho scambiato! Cazzarola infatti i conti non mi tornavano e ci stavo rimuginando sopra mentre ero per strada, ma come avranno fatto a trovarmi? Sulla registrazione in reception avevo soltanto scritto che mi sarei recato il giorno seguente a Douz…comunque poco importa, sono veramente onesti, sono esterrefatto, quasi non ci credo che mi abbiano cercato loro, per cui li richiamo subito e mi accordo con loro che tornerò domani a Douz per recuperare il mancante…con immenso dispiacere di Arlans che fa un sorriso da orecchio a orecchio! Dopo la grandiosa notizia restiamo un’altra mezz’oretta in piscina e poi decidiamo di andare a fare la pista di Ong Jmel fino al set cinematografico usato in uno degli episodi del mitico film di Guerre Stellari. Sulla strada per Nefta deviamo prima a Chemsa dove andiamo a trovare una famiglia, che aveva conosciuto Arlans in un suo viaggio precedente, che vive in una capanna fatta di foglie di palma.

Alle due bambine Arlans regala un profumo ciascuna che si è portato da casa. Ci mostrano una buca scavata nella terra dove all’interno vive un’intera colonia di conigli, incredibile, sono bellissimi, ce ne sono di tutte le taglie…che tenerezza.

Riprendiamo la strada principale per Nefta e giungiamo al cartello che indica Ong Jmel. Da qui sono circa 40 km, tra andata e ritorno, di pista sterrata a creste con qualche lingua di sabbia qua e là trasportata dal vento. Le vibrazioni della moto si fanno parecchio sentire e la ruota posteriore salta da tutte le parti. Quando arriviamo, la Pantera guarda Arlans e gli dice “Alle dai un’occhiata alla mia moto…mi sembra che faccia un rumore strano…”: rumore strano? Si è “soltanto” svitato completamente il parafango posteriore che ora appoggia sulla ruota…andiamo bene! Con un paio di elastici ferma bagagli leghiamo il parafango penzolante al telaio e tutto si risolve…per il momento.

La Pantera porta la sua Miss dentro il set a scanso degli innumerevoli “no, non si può, è vietato” da parte dei tunisini che sorvegliano il sito, d’altra parte non si è mica fatta tutta quella fatica rischiando di perdere pezzi della Miss per strada per niente!! La foto della Miss nel mondo di StarWars è d’obbligo! Quindi portiamo la moto dentro e scattiamo un bel po’ di foto, incuranti degli sguardi degli altri turisti. Riempiamo una bottiglietta di sabbia, di un colore ben diverso da quella di Ksar Ghilane che è più rossastra e di Douz che è più grigia, e poi ci apprestiamo a rientrare; il sole comincia a calare ed è meglio non essere ancora sulla pista quando fa buio. Rientriamo in hotel soddisfatti della bellissima giornata, ci prepariamo per la cena, siamo affamati e stanchi. Trascorriamo la serata a raccontarcela, il tempo sembra scorrere più lentamente e riusciamo a goderci ogni minuto di questa bellissima esperienza. Le risate ovviamente non mancano, fino ad addormentarci esausti.

02/04/2010 KM 330 NEI PRESSI DI SKHIRA

Buongiorno! E’ ora di andare a recuperare i miei soldi…ma non c’è fretta. Perché precipitarsi a fare dei chilometri di asfalto, quando non abbiamo nemmeno visto un po’ della splendida Tozeur? Approfittiamo della mattina per goderci un bel giro in calesse all’interno dell’Oasi. Marina non c’è mai stata e sarebbe un vero peccato non mostrargliela! Il palmeto di Tozeur è immenso, non si contano le palme e c’è parecchio da vedere, oltre ai frutti della natura, banane, datteri, melograni, e ad una grande quantità di fiori, ci sono anche diverse abitazioni di ricchi signori, con massicci portoni in legno di palma e un parco turistico in costruzione.

Alla fine della visita non può certo mancare una sosta alla medina per fare shopping! Il centro della città pullula di vita e noi compriamo di tutto e di più: tappeti, centri tavola, cuscini, altri cuscini, tanto il posto sulle moto c’è…ah sì? Ma dove?!?!?!? Ben consapevoli che non sappiamo più dove mettere tutti questi acquisti, la Pantera e Arlans comprano anche due scatole di datteri formato famiglia…bene!

Ore 11.45 Manca un quarto a mezzogiorno quando liberiamo la stanza dell’hotel e ci avviciniamo alle moto per legare i bagagli…sì ma dove la mettiamo tutta questa roba?! “Non c’è problema”, dice Arlans, e sparisce dietro un angolo…dopo pochi minuti ritorna esultante con in mano una cassetta gialla da frutta, “Usiamo questa!” e la fascetta attorno al portapacchi della sua moto…riconfermo, è proprio uno di loro! Mette tutto dentro la cassetta, assicura il carico con cinghie e nastro adesivo e via, siamo pronti per far ritorno a Douz! Attraversiamo di nuovo lo Chott con poche pause, cerchiamo di arrivare per l’ora di pranzo…anche se in teoria sarebbe già ora di pranzo! Ci fiondiamo all’Hotel dove ringrazio calorosamente e recupero la mia centana in valuta, mi dicono che hanno telefonato a diversi hotel a Douz finché non mi hanno trovato, sono stati davvero onesti! Lascio una mancia in segno di gratitudine e poi via in centro a Douz per il pranzo. Ci rimettiamo in moto che sono già le 15 passate e teoricamente dovremmo arrivare fino a Kairouan per il pernottamente…ci sono “solo” 250 km da fare di cui circa 80 di pista…ho il vago presentimento che non ce la possiamo fare…!

Arriviamo all’incrocio dove a destra si scende a Ksar Ghilane, dritto si prosegue per Matmata e a destra si imbocca la pista per El Hamma. Ci fermiamo per una breve sosta al Caffè Jelili che fa angolo, dove ci beviamo un sorso di tè caldo e sgranocchiamo un paio di dolci di pasta di fico e dattero. Davvero ottimi, ma è meglio se non perdiamo ulteriore tempo…la vedo un po’ grigia. Giusto il tempo per una foto ricordo e poi via, si parte!

La pista di El Hamma non è particolarmente impegnativa, almeno all’inizio, se non fosse che anche qui il vento bastardo ha coperto dei tratti con un bel po’ di sabbia e ci fa dannare. Le moto sobbalzano, sgommano, derapano, si piantano, insomma, ripetiamo l’esperienza della pista di Chenini un po’ più soft…ma il sole comincia a tramontare. Incrociamo una strada asfaltata quando sono rimasti ancora alcuni chilometri di pista davanti a noi, cosa facciamo, proseguiamo per la pista o ci rimettiamo in strada? Rischiamo o lasciamo perdere? La risposta arriva quasi automaticamente quando ci accorgiamo che nella Miss si è completamente dissaldato il telaio posteriore che regge il baulone! Cazzarola, non solo il parafango, stavolta tutto il telaio! In effetti sul telaio è riportata l’avvertenza di non caricare oltre 3 kg di peso…noi abbiamo caricato un baule di oltre 10kg e per di più abbiamo fatto saltare la moto a destra e a sinistra per almeno sessanta chilometri…complimenti! Leghiamo la Miss con delle cinghie per tenere il telaio in posizione almeno per poter tornare a casa. Ma questo non è l’unico danno riportato: sulla moto di Arlans è scoppiato l’ammortizzatore posteriore, era già un po’ vecchiotto in partenza, stavolta si è cagato addosso…adesso invece di ammortizzare salta come un canguro! A questo punto Arlans ci guarda e dice: “OK ragazzi basta pista…” , ma va?? Riprendiamo la strada in direzione Sfax sul mare per cercare di incrociare la strada che porta a Kairouan. Viaggiare di notte in Tunisia è molto pericoloso ed altamente sconsigliato, soprattutto in moto, perché le strade non sono assolutamente illuminate, si percorrono interi tratti al buio, e i tunisini sorpassano in qualunque momento, anche se ti vedono arrivare e rientrano all’ultimo minuto. Inoltre ci può essere sempre l’imprevisto di una buca, l’attraversamento improvviso di un animale o di un pedone…insomma, meglio lasciar perdere. Dopo aver viaggiato per un po’ così, al buio, senza sapere bene dove ci troviamo, vediamo un cartello che indica Kairouan a 150 chilometri…impossibile rischiare per un tratto così lungo, siamo stanchi, sono già le 20.00, siamo stanchi, sarebbe un suicidio! Non possiamo far altro che fermarci al primo hotel che incontriamo e attendere il giorno seguente. Non siamo molto contenti, preferiremmo pernottare di nuovo a Kairouan al Kasbah, ma dobbiamo prenderla con filosofia, non vale la pena rischiare per poi arrivare tardissimo, affamati e non trovare nemmeno da mangiare. Troviamo un hotel per strada e senza troppo indugiare entriamo. Le moto le parcheggiamo davanti alla reception (così ci invita a fare il proprietario dell’hotel, ci dice che in questo modo le può sorvegliare, anche se l’ingresso al parcheggio dell’hotel è sbarrato da un portone semichiuso…cominciamo bene…). Ovviamente, essendo abituati a ben altri hotel, non siamo pienamente soddisfatti della scelta, anzi, ma d’altra parte non ci sono alternative valide quindi, col cuore in pace, prendiamo la nostra stanza e una volta entrati cominciamo a fare l’elenco delle cose che non ci piacciono (elenco lungo…probabilmente dettato anche dalla frustrazione che domani è già sabato e la nostra avventura vacanza sta per concludersi…nooooo!). Per la cena dobbiamo farci circa cinquecento metri a piedi al buio lunga la strada e raggiungere l’unico ristorante, se così si può definire, aperto…che in realtà non è aperto ma ci danno comunque da mangiare. La zona pullula di polizia quindi siamo abbastanza tranquilli. Anche il cibo non è niente male, mi ritrovo nel piatto quasi un pollo intero con patate che faccio fatica a finire. Finita la cena ci ritiriamo nella nostra stanza dove decidiamo di dormire vestiti…tanto per rimanere in tema con l’ambiente. E visto che non abbiamo motivo di trattenerci oltre in questo posto decidiamo anche di partire presto l’indomani in modo da arrivare ad Hammamet il più presto possibile.

03/04/2010 KM 280 HAMMAMET

Ore 7.30 siamo già in sella, colazionati e con i bagagli pronti. Scaldiamo i motori, si parte! I chilometri da percorrere sono tanti, quasi trecento, e tutto sommato l’hotel non è stato poi nemmeno così male come sembrava ieri sera. Anche con la colazione se la sono cavata in modo decoroso e noi abbiamo quantomeno apprezzato. L’aria è abbastanza fresca, si sente che stiamo risalendo verso nord. Ci fermiamo vero le 9.30 per una sosta lungo la strada: un paio di focacce calde al tonno e olive nere, un succo di frutta, qualche dolciume appena fatto e ripartiamo.

Ore 12.15 arriviamo ad Hammamet dopo un tratto di autostrada che si fa guadagnare un po’ di tempo. Siamo in perfetto orario per il pranzo! Andiamo diretti all’hotel Taj Sultan. Come apro il baggy per prendere i soldi ed i documenti cosa trovo? La chiave della stanza n. 104 dell’hotel di ieri sera!! Non ci posso credere! Prendiamo una stanza all’Hotel Taj Sultan con porta finestra sul giardino interno a bordo piscina. Siamo un po’ stanchi e nervosi, i chilometri si sono fatti sentire e adesso anche la fame. Una doccia rigenerante è quello che ci vuole (anche perché adesso siamo in un posto Vip, non possiamo mica continuare a puzzare come cammelli!). Ci concediamo un lauto pranzo al ristorante dell’hotel vicino alla spiaggia, da qui si può avere accesso diretto al mare, peccato però che è mosso e nonostante la giornata sia soleggiata c’è un vento abbastanza freddo e fastidioso (…strano!). Rinunciamo quindi all’idea di fare il bagno e ci sgranchiamo un po’ le gambe lungo il boulevard della Nouvelle Yasmine dove immancabilmente contrattiamo e compriamo altri souvenir (ma dove li mettiamo???? Boh!): zaini, cuscini e scarpe a volontà! Ceniamo in hotel a buffet, dove ci attendono leccornie di ogni tipo, ma ricordo bene quanto sono stato male l’anno scorso per essermi caricato lo stomaco a dismisura, quindi stavolta sto “leggero”. Dopo cena ci rilassiamo un po’ nel pub dell’hotel e poi usciamo per una puntata al Casinò nella Medina Nuova. La fortuna non ci assiste, né al tavolo della Roulette e nemmeno alle slot…quindi non ci resta altro che piangere…anche l’ultimo giorno è trascorso…

04/04/2010 KM 80 PORTO DI TUNISI – LA GOULETTE Dedichiamo la mattina dell’ultimo giorno in Tunisia a fare ancora un po’ di shopping (ancora?!). Non abbiamo alcuna voglia di farci aggredire dai venditori nella Medina Vecchia di Hammamet quindi decidiamo di non visitarla.

Ore 13.45 Dopo aver pranzato di nuovo al ristorante sulla spiaggia, lasciamo l’hotel e prendiamo l’autostrada per Tunisi, sono solo ottanta chilometri e arriviamo giusti in tempo per scambiare il biglietto della nave e appostarci con le moto in mezzo agli altri motociclisti davanti all’ingresso della dogana. Rivediamo alcune facce che erano in nave con noi all’andata, anche per loro la vacanza è finita. Le solite false partenze (almeno tre) prima di entrare e poi finalmente i doganieri ci danno l’accesso. Sbrighiamo le solite pratiche per l’imbarco ed eccoci in nave…tutto regolare, se non fosse che come la nave salpa il mare è agitato e torniamo a ballare! Peggio dell’andata, siamo di nuovo costretti a letto per gran parte del tempo, tutta la sera fino a mattino inoltrato…uno schifo!

05/04/2010 KM 273 PORTO DI GENOVA – RIENTRO

Lo sbarco a Genova avviene in modo molto rapido, essendo italiani non devono controllare più di tanto quindi vero le ore 20.00 siamo liberi e pronti per rientrare. Peccato che c’è un freddo micidiale! Dopo nemmeno trenta chilometri sono costretto a fermarmi in Autogrill per coprirmi: per fortuna che ho preso con me la tuta intera antipioggia/antivento! Purtroppo l’ho presa soltanto io. La Pantera rimedia con un sacco del patume…Arlans invece si infila tutti i vestiti che riesce a far stare sotto il giubbotto da moto. Ne approfittiamo per mangiare qualcosa e poi fuoco fino a casa! Arriviamo verso le 23.30 infreddoliti, con circa 2.400 km alle spalle e una grande avventura da raccontare. Purtroppo come tutte le belle cose anche questa è finita, ma dentro di noi rimarrà sempre vivo il pensiero di questi giorni trascorsi insieme.

THE END

Vogliamo dedicare un ringraziamento speciale a Idea Tessile – Mamaquevo by Hello Spank che ha sponsorizzato l’evento con magliette e felpe, permettendoci così di dare un valore aggiunto alla nostra esperienza e alle foto che abbiamo realizzato.

Un grazie anche a Marina che ha avuto l’onere di seguirci ovunque, anche attraverso tappe in moto e luoghi non proprio facili per una ragazza, ma soprattutto per averci sopportato!



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