Le piramidi e gli egiziani

Stanco di un inverno interminabile ed insolitamente freddo e piovoso, almeno per chi è avvezzo alle miti temperature salentine, ho deciso di trascorrere qualche giorno in una località più calda. Scartata per motivi di tempo una vacanza caraibica, la scelta è caduta su un week-end a Il Cairo, approfittando anche di un'offerta fatta da Best...
Scritto da: Giovanni D
le piramidi e gli egiziani
Partenza il: 25/02/2006
Ritorno il: 28/02/2006
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 2000 €
Stanco di un inverno interminabile ed insolitamente freddo e piovoso, almeno per chi è avvezzo alle miti temperature salentine, ho deciso di trascorrere qualche giorno in una località più calda.

Scartata per motivi di tempo una vacanza caraibica, la scelta è caduta su un week-end a Il Cairo, approfittando anche di un’offerta fatta da Best Tours; 4 giorni e 3 notti al Marriott Hotel in b/b, volo Alitalia da Brindisi, trasferimenti inclusi, ad un prezzo di € 1850,00 per 2 adulti ed 1 bambina comprensivo, purtroppo, di incongrui balzelli (p.Es. € 70 di quota di iscrizione per spese gestione pratica, oggi che tutto è prenotabile con una connessione ad internet) Del resto le tariffe Alitalia, che stavo tenendo d’occhio da molto tempo, erano complessivamente superiori al prezzo da me pagato per l’intero pacchetto (solo il giorno prima di partire è stata lanciata un’offerta dal vettore nazionale decisamente conveniente, ma tant’è).

Si parte in una piovosa mattina di fine febbraio, solleticati dall’idea di arrivare in una città in cui il termometro, il giorno prima della partenza, aveva fatto segnare 31°.

Dopo un volo regolare, arriviamo al Cairo dove ci attende una sgradita sorpresa: siamo in mezzo ad una tempesta di sabbia che fa assomigliare il paesaggio a quello di una cittadina della Val Padana! Non ci scoraggiamo, come non facciamo caso al deprimente aspetto dell’aeroporto, molto simile a quello di una nostra stazione della metropolitana, piuttosto trasandato ed anonimo.

All’arrivo ci aspetta un incaricato della Best Tour il quale ci consegna la marca (visto) da apporre sul passaporto e ci invita a fare la fila presso una serie di gabbiotti dove viene effettuato il controllo dei documenti e viene ritirato un modulo che abbiamo preventivamente compilato in aereo.

Approfittiamo della fila per effettuare un primo cambio di euro in egyptians pounds presso alcuni sportelli collocati prima del controllo passaporti.

Il cambio è sostanzialmente simile ad ogni sportello bancario, quindi consiglio di rivolgersi a quello meno affollato, perchè le differenze non giustificano la fila .

Piacevole sorpresa: non viene applicata commissione sicchè, a fronte dei 100,00 euro cambiati, ci vengono consegnate 680,50 lire egiziane.

Ritirati i bagagli veniamo fatti salire, insieme ad altri clienti Best Tour che stanno per partire per una crociera sul Nilo, su un autobus che, con molte difficoltà, riesce ad abbandonare il parcheggio dell’aeroporto dove abbiamo un primo assaggio di quello che scopriremo essere il traffico in città.

Durante il tragitto ci guardiamo intorno e ci sorprende la grande quantità di poliziotti posizionati, praticamente, ad ogni angolo di strada; numerose, inoltre, le gigantografie del presidente Mubarak.

Dopo aver affrontato il traffico cittadino arriviamo finalmente sull’isola di Gezira, dov’è situato il Marriott.

L’assistente residente ci consegna la chiave della stanza e ci conduce per un breve giro panoramico dell’hotel, davvero notevole trattandosi di un 5 stelle (una zona storica centrale, con reception, saloni e ristoranti, dall’impronta moresca e due torri moderne dove sono collocate le stanze).

Prendiamo possesso della camera – che non regge il confronto con le zone comuni del corpo centrale – e dopo una breve pausa relax completiamo autonomamente il giro dell’hotel, apprezzando la zona storica (è stata costruita, infatti, per la principessa Eugenia di Francia all’epoca dell’inaugurazione del canale di Suez).

E’ ormai tardo pomeriggio sicchè la stanchezza ed il clima tutt’altro che piacevole (c’è questa specie di nebbia sabbiosa che galleggia nell’aria ed anche la temperatura è poco africana), ci spinge a metterci alla ricerca del ristorante, indicato dalla Lonely, situato nei pressi dell’hotel: “Abu as Sid”.

Usciti per strada ritroviamo i soliti poliziotti sparsi per ogni dove e ci dirigiamo su sharia 26 July, dove è ubicato il ristorante che troviamo con qualche difficoltà perchè è sito in una traversa con un’insegna molto piccola.

Prima di arrivare al ristorante, tuttavia, abbiamo il primo vero impatto con la città: traffico allucinante, smog che ti prende alla gola, gente seduta per terra che ti segue insistentemente per chiederti soldi ma anche gente disponibile, pronta a darti informazioni.

Al ristorante, essendo privi di prenotazione, ci viene dato un tavolo piuttosto scomodo; ordiniamo da un menu in inglese due piatti di carne accompagnati da riso speziato e verdure, nonchè una porzione di koushari, una sorta di minestra di pasta, legumi e cipolle fritte accompagnata da un sugo di pomodoro servito a parte in una scodella.

Il conto, comprensivo di bevande (2 birre da 45 cl. Ed una bottiglia d’acqua), raggiunge la cifra di ca.200 l.E., tasse incluse.

Tornati in albergo mi faccio un giro nella hall, dove è situato un banco di Rawas car, un’agenzia di noleggio auto con conducente.

Mi informo da un addetto e mi rendo conto che le tariffe sono decisamente migliori dei tour venduti da Best Tour, sia pure senza l’assistenza di una guida.

Non prendo alcuna decisione per l’indomani perchè voglio capire come sarà il tempo.

Mai decisione fu più opportuna: il giorno dopo la tempesta di sabbia avvolge l’orizzonte in un’atmosfera caliginosa sicchè decidiamo di recarci al museo egizio.

Chiedo alla reception di chiamarmi un taxi e mi viene propinata una vettura della Rawas che, al prezzo di 29 l.E., mi conduce al museo egizio (tragitto di 1 km).

L’autista mi lascia il biglietto da visita dicendosi disposto a portarmi in giro il giorno dopo a tariffa Rawas: 425 l.E. Per visitare le Piramidi di Giza, Saqqara e Dashour; prendo nota.

L’ingresso al museo è molto laborioso: un primo controllo all’inizio della strada – pedonalizzata -che porta all’ingresso; un secondo per entrare nel’area museale con biglietteria dove lasciare le macchine fotografiche; un terzo controllo ai piedi della scala di ingresso e l’ultimo all’interno.

Una volta entrati ci troviamo in un ambiente piuttosto datato, ma l’emozione suscitata dal gran numero di reperti fa passare in secondo piano queste impressioni non proprio positive, come pure fa dimenticare la gran folla e l’aria densa che si respira all’interno.

Preferiamo dirigere subito verso la sala di Tutankamen, al primo piano, dove sgomitando ci inebriamo alla vista di tanta raffinata bellezza.

Dopo una lunga visita alle varie sale dove i reperti sono, praticamente, a portata di mano, completiamo il giro nella sala delle mummie.

Fa un certo effetto vederne tante tutte insieme ma, soprattutto, colpisce la consapevolezza che quei corpi sono appartenuti ad esseri umani che, 3000-3500 anni fa, hanno lasciato una traccia così importante nella storia dell’uomo.

Dopo la visita facciamo uno spuntino nel giardino del museo, dove sono esposte alcune statue con fisionomie che ormai abbiamo imparato a conoscere.

Usciti ci immergiamo nel caotico traffico cairota, meditando di dirigerci verso la Cittadella di Saladino, una zona fortificata dove, nelle belle giornate, si vede un bel panorama sulla città.

Una precisazione: al Cairo è normale che i taxi ti invitino a bordo strombazzando con il clacson per richiamare l’attenzione.

Ne prendiamo uno al volo e, dopo aver contrattato il prezzo (5 l.E.) ci dirigiamo verso la nostra meta.

L’autista è un tipo simpatico, con il sorriso sempre pronto, una persona che ispira fiducia.

Certo, se lo avessimo incontrato in Italia forse il giudizio sarebbe stato diverso, ma qui siamo al Cairo e dopo la diffidenza della prima sera ho capito che la gente è più vera di quello che potrebbe apparire.

Contratto con Abdu il noleggio del taxi per il giorno dopo : l’intera giornata per 150 l.E.; mi lascia il suo cellulare 0020128164309 e gli do appuntamento l’indomani alle 9,00.

La cittadella si raggiunge dopo una breve salita ed il solito controllo di polizia vicino alla biglietteria.

Ci sono lavori in corso, tutto è avvolto dalla sabbia, le costruzioni hanno tutte un colore grigio chiaro.

Visitiamo due moschee, dopo aver lasciato le scarpe all’ingresso, ammirandone gli interessanti soffitti anche perchè, per il resto, sono completamente vuote.

Entriamo anche in un palazzo diroccato, dove troviamo la stanza da letto delle principessa Eugenia, raggiunta dopo una scalinata costellata di quadri di notabili egiziani coperti con il fez.

L’atmosfera è abbastanza desolata; tutto è coperto di polvere e si vede che non viene fatta molta attenzione per preservare gli arredi dall’offesa del tempo e dell’inquinamento.

Ritorniamo verso l’uscita dopo aver fatto una breve sosta presso alcune bancarelle di souvenir; ci colpisce, in particolare, una ragazza che realizza fez rossi, con il feltro cui viene data la forma con una pressa manuale.

La nostra meta successiva è il bazar di khan el khalili; un poliziotto ci dice che è possibile raggiungerlo a piedi in quanto dista poco più di un chilometro.

Dopo 5 minuti di passeggiata su un lungo vialone desistiamo e prendiamo un taxi: solita contrattazione e per 10 l.E. Arriviamo all’ingresso del bazar.

Lo so che ormai è diventato un posto molto turistico ma l’atmosfera, per noi occidentali alla prima esperienza in Africa, è davvero intrigante.

Tutti i commercianti vi inviteranno ad entrare nei loro negozietti; l’offerta è vastissima, i colori e gli odori sono forti (dal pane venduto per terra ai sacchi di spezie che fanno bella mostra per le stradine).

Dopo estenuanti trattative per gli acquisti, facciamo una sosta al caffè Fishawi’s: atmosfera magica.

Ordiniamo due succhi di mango (fatti di frutta vera mai assaggiati prima), due tè ed una bottiglia d’acqua; non resisto alla tentazione ed ordino una sheesha per provare a sentirmi più egiziano.

Vorremmo non lasciare più questo locale che fa molto “paziente inglese”; c’è anche un vecchietto vestito alla maniera araba (come tantissimi al Cairo), che si offre di pulirmi le scarpe e, dopo avermele sfilate, se le porta via lasciandomi un pezzo di cartone sul quale poggiare i piedi.

Alcuni ragazzi egiziani, seduti vicino al nostro tavolo, mi sconsigliano di bere altro che non sia tè mentre fumo la sheesha.

A malincuore lasciamo il caffè e ci immergiamo nuovamente nel fiume di esseri umani che popola i vicoli del bazar, non senza aver prima recuperato le scarpe che lo sciuscià mi ha riportato dopo qualche minuto.

La sera decidiamo di provare il ristorante egiziano dell’albergo: scelta felice, anche perchè ci ritroviamo sotto una specie di tenda beduina ed abbiamo l’opportunità di assistere ad una danza del ventre.

La mattina dopo, alle 9,00, Abdu ci attende all’ngresso dell’albergo: mi dice che non può entrare facilmente, c’è una specie di monopolio delle vetture collegate all’hotel.

Prima tappa alle Piramidi di Giza; percorriamo quartieri caratterizzati da una miriade di palazzi al rustico e privi della copertura dell’ultimo piano, interrotti da fazzoletti di terra dove pecore ed asini pascolano beatamente.

La nostra attenzione viene ben presto richiamata dal profilo delle piramidi che ormai svettano all’orizzonte; l’emozione si fa sempre più intensa.

Il nostro autista, però, ci tira un brutto scherzo: piuttosto che portarci alla biglietteria ci scarica in una strada laterale dove si apre una piazza costellata da stalle dove noleggiano cammelli, cavalli e carrozzelle.

La Lonely sconsiglia simili tour ma ci rendiamo conto che visitare tutta la piana di Giza a piedi potrebbe essere faticoso per la nostra bambina di sette anni sicchè, dopo una lunga trattativa nel corso della quale ci viene offerto da bere, concordiamo un giro di due ore a cavallo, biglietti di ingresso inclusi, a 400 l.E..

Ci avviamo a bordo di tre cavalli, accompagnati da una guida a bordo del suo quadrupede più uno stalliere appiedato che si occupa dei cavalli montati da mia moglie e mia figlia, ma non dirigiamo verso la biglietteria bensì verso un varco aperto nel muro di cinta della zona.

Sotto lo sguardo vigile di alcuni poliziotti che non battono ciglia, entriamo nell’area archeologica ed iniziamo l’avventura in questo posto magico, mentre l’emozione di trovarsi a pochi passi da questi monumenti alla genialità umana diventa sempre più forte.

Durante il tragitto la nostra guida omaggia i vari poliziotti che incontriamo con le dovute mance, con una naturalezza che ci lascia sconcertati; anche a noi qualche poliziotto chiederà mance o penne.

La sabbia del deserto è tutta intorno a noi, finissima, dorata sotto la luce di una splendida giornata di sole; l’orizzonte richiama magneticamente il nostro sguardo, con i tre giganti di pietra piramidale che ci sovrastano.

Ci avviciniamo a cavallo mentre una infinita teoria di cammellieri si offre di farsi fotografare al prezzo di 1 euro con le piramidi da sfondo.

La guida ci lascia vicino alla piramide di Chefren, dove veniamo invitati a fare un giro a piedi intorno al monumento, a toccarne le pietre con cui è stata costruita.

Dopo è la volta della sfinge: vederla da vicina (non troppo perchè è chiusa da un cancello) suscita emozioni che non si possono descrivere; eppure noi italiani abbiamo una certa confidenza con le opere d’arte.

Facciamo un’ultima tappa sotto il sole cocente arrampicandoci sulla cima di una collina da dove lo sguardo spazia su tutta la piana e ci riempiamo gli occhi e la mente di questo insuperabile spettacolo.

Torniamo alla stalla, dopo aver ceduto alla richiesta di bakshish della guida, e qui ritroviamo il nostro Abdu che, immagino, avrà preso la sua parte del prezzo pagato per il nostro tour a cavallo.

La prossima meta è Saqqara, altra zona archeologica famosa per la piramide a gradoni che, pare, abbia rappresentato il primo monumento in pietra mai costruito in Egitto (2650 a.C.).

L’area è molto più vivibile di quella delle piramidi di Giza, non ci sono torme di questuanti e tutto è più a misura di amante dell’arte egizia.

L’area archeologica è enorme, ci si muove in taxi (2 l.E. Per l’ingresso del solo veicolo, 35 per gli adulti); dopo la piramide a gradoni è la volta di quella di teti, molto piccola ma è la prima nella quale entriamo.

Gli interni sono composti da più ambienti, decorati con geroglifici e statue, culminanti nella sala dove è ubicato il sarcofago.

Dopo una rapida panoramica sulle altre piramidi che punteggiano l’arida distesa di sabbia ci dirigiamo a Dashur.

Ormai il paesaggio è caratterizzato da terreni agricoli, povere case di fango di contadini, palmeti e recinti di pecore e cammelli; tutto è così diverso dal nostro modo di vivere, è un passo indietro nel tempo, anche sotto il profilo igienico.

Arriviamo a Dashur dopo aver oltrepassato numerosi posti di blocco e raggiungiamo la piramide rossa; per entrare bisogna salire una ripida scalinata che porta al varco di accesso che si apre a metà della facciata della piramide.

La salita non è delle più piacevoli, anche perchè cominciamo a sentire la stanchezza della giornata; il peggio, però, deve ancora venire.

Infatti una volta in cima alla scalinata troviamo due sonnecchiosi egiziani che ci dicono che l’interno della piramide è visitabile ma, a causa di un guasto, non c’è illuminazione.

Mia moglie e mia figlia si tirano indietro mentre io, incosciente, inizio la discesa munito di una piccola torcia tascabile.

Il cunicolo di ingresso è lungo 65 metri, con una pendenza media del 70%; a metà strada l’aria è già impregnata di umidità ma le tre stanze all’interno del monumento sono anche peggio.

L’ossigeno, in assenza di un impianto di ricircolo d’aria, è praticamente assente, un forte odore di ammoniaca ammorba gli ambienti e, insieme all’oscurità, rende i tre vani – alti 15 metri – una vera tomba.

La fioca luce della torcia illumina pareti fatte di blocchi enormi di granito rosso che si chiudono in alto ad aggetto progressivo.

Torno all’aperto come liberato da un senso di oppressione che mi ha preso all’intermno della piramide.

Ultima tappa della giornata e Menfi: un piccolo parco con delle statue ed un colosso di Ramses II coricato sotto un capannone.

Il nostro autista ci aspetta nei pressi di un bar, dove ci incontriamo e dove ci offre da bere.

L’ospitalità non è senza scopo: un signore che siede con lui al tavolo del bar ci invita ad entrare nella sua manifattura di papiri dipinti.

Son molto belli, fatti a mano e non stampati come quelli del bazar: ne compriamo due al prezzo di 160 l.E..

Nel tardo pomeriggio rientriamo in hotel, dopo aver trascorso una giornata magica ma anche un’ora nel traffico impazzito del Cairo.

Ormai Abdu è diventata una presenza familiare: ci ha persino mostrato le foto di moglie e figli, ci ha spiegato che la macchina non è sua ma di un boss al quale dovrà versare buona parte di quello che ha preso durante la giornata.

Decidiamo di affidarci a lui anche per il giorno seguente, anche se il giro sarà più breve perchè dobbiamo rientrare in Italia.

La sera andiamo a cena in un altro ristorante (La bodega, al I piano del n.157 di Sharia 26 july) situato nei pressi dell’albergo e consigliato dalla Lonely che, tuttavia, vi sconsiglio vivamente: cucina internazionale in ambiente troppo poco egiziano, piatti miseri ed anonimi.

Il giorno dopo prepariamo la valigia e, al solito orario, il nostro buon Abdu si fa trovare fuori dall’albergo; la nostra meta è il Cairo copto.

La zona è, come al solito, pedonalizzata e controllata da poliziotti; tutto il quartiere è sottoposto a restauri ed interi monumenti sono chiusi al pubblico.

Visitiamo, perdendoci tra un dedalo di vicoli, la chiesa di san Sergio – sorta sulla cripta dove la tradizione vuole si trovasse la grotta dove si rifugiò la Sacra famiglia per sfuggire ad Erode – nonchè la chiesa La sospesa.

L’interno è una via di mezzo tra moschea e chiese ortodosse, tutto il quartiere è visibilmente degradato.

Ripresa la via dell’hotel facciamo una breve sosta alla Cairo Tower e ad un piccolo parco circostante dove si trova un ficus vecchio di mille anni (secondo Abdu).

La nostra mattinata è finita, come anche il nostro viaggio; dopo aver preso commiato da Abdu – previo pagamento di 70 l.E. Per il tour mattutino a bordo della sua mitica Peugeot 504 – veiniamo presi in consegna dall’assistente Best Tour che, a bordo di una vettura climatizzata ci riporta in aeroporto.

E’ stato il nostro primo viaggio in Africa, nel mondo islamico, dove abbiamo potuto apprezzare i difetti di un mondo visibilmente arretrato ma, anche e forse più, i pregi di un popolo che è ancora abituato al sorriso.

L’Egitto vale ben più delle Piramidi.

Buon viaggio Gianluigi



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