MISSION: Tra gli Indios dell’Ecuador

ITINERARIO DI VIAGGIO di Cristina Rovelli TRA LE MISSIONI DELL’ECUADOR, DALL’AMAZZONIA ALLE ANDE, DALLA FORESTA ALLA COSTA DEL PACIFICO QUITO : arrivo e trasferimento a Esmeralda ESMERALDA : sulla costa del Pacifico ospitati nella missione di Juan Pablo II ATACAMES E SUA : costa del Pacifico - La danza d’amore delle balene S. MARIA...
Scritto da: Cristina Rovell
mission: tra gli indios dell'ecuador
Partenza il: 20/06/2003
Ritorno il: 15/07/2003
Viaggiatori: fino a 6
ITINERARIO DI VIAGGIO di Cristina Rovelli TRA LE MISSIONI DELL’ECUADOR, DALL’AMAZZONIA ALLE ANDE, DALLA FORESTA ALLA COSTA DEL PACIFICO QUITO : arrivo e trasferimento a Esmeralda ESMERALDA : sulla costa del Pacifico ospitati nella missione di Juan Pablo II ATACAMES E SUA : costa del Pacifico – La danza d’amore delle balene S. MARIA DE LOS CAYAPAS : risalita del fiume in canoa per giungere nella missione di S.Maria all’interno della foresta ISOLA DI MUISNE VIALE DEI VULCANI E BANOS AMAZZONIA VULCANO COTOPAXI comunità dei Sarasacas a Salinas VULCANO CHIMBORAZO per raggiugere Riobamba RIOBAMBA – ALAUSI’ treno per NARIZ DEL DIABLO CUENCA GUAMOTE VULCANO E LAGUNA DI QUILOTOA OTAVALO MITAD DEL MUNDO QUITO DIARIO DI VIAGGIO E DESCRIZIONE DEL VIDEO “Mia sorella parte missionaria in Ecuador !” così aveva esordito mio marito una sera, tornando a casa dal lavoro, quasi un anno fa… E da lì tutto ebbe inizio. Ed ora eccoci qua, in aeroporto in attesa che un aereo ci porti in quel lontano paese dell’America del sud.

Ecuador : so a malapena dove si trova sulla carta geografica, che strane vacanze quest’anno… Di solito i nostri viaggi internazionali avevano origine da motivazioni ben diverse… La natura, l’avventura, il desiderio di conoscere nuove culture… Ma stavolta non ho idea di cosa ci aspetta, più che un viaggio di piacere mi sembra un viaggio fatto per dovere… Ancora non sapevo che stavamo per vivere una delle più belle avventure della nostra vita, la più vera, la più autentica… Ancora non sapevo che qualcosa di straordinariamente bello ed esaltante stava per accaderci e certo, in quella sala d’attesa dell’aeroporto, tutto mi aspettavo tranne che di vivere delle emozioni che rimarranno per sempre scritte nella mia mente. 27 giorni indimenticabili ! Arriviamo in Venezuela dopo 10 ore di volo, uno scalo di 5 ore e infine, dopo un altro scalo in Colombia, un volo di due ore ci porta finalmente a QUITO, la mitica capitale dell’Ecuador. E’ notte fonda quando arriviamo… In Italia è già l’alba. Stiamo per atterrare e sotto di noi è tutto illuminato, sto per esplorare un mondo nuovo e, come sempre mi succede ogni volta che arrivo in un paese sconosciuto, sento l’emozione che mi sta catturando… Mia cognata Marisa e Gianna, la direttrice della missione, sono venute a prenderci all’aeroporto. E’ un momento di grande gioia e di esaltazione. Siamo a circa 3000 metri di quota, la temperatura è di 15? C. Ci fermiamo a dormire, per quel che rimane della notte, in un appartamento delle missionarie ; la mattina dopo un sole abbagliante ci accoglie, c’è un clima stupendo qui a Quito, raggiungeremo la missione di Esmeralda, sulla costa dell’oceano Pacifico, solo nel tardo pomeriggio perché ci aspettano molte ore di viaggio, non sono moltissimi i chilometri (circa 300) ma la strada è molto sconnessa e piena di curve. Mi soffermo ad osservare dei ragazzi che stanno partecipando ad una festa scolastica e Gianna mi racconta che in ogni scuola viene indossata una divisa specifica che la contraddistingue. Ci fermiamo ad un supermercato per fare scorta di viveri da portare alla missione perché sulla costa diventa difficile reperire ogni genere di mercanzia. Con un fuoristrada ci dirigiamo a NNO attraversando una regione selvaggia , gole profonde , lussureggianti foreste di papaya, banane, manghi, cacao e caucciù… Durante il viaggio ci fermiamo a mangiare qualcosa e per la prima volta in vita mia vedo un colibrì, un uccellino dal temperamento vivace, che non sta mai fermo e ci fa compagnia per tutto il pranzo… Lo osservo attraverso i vetri, siamo nel cuore della foresta e un turbinio di emozioni si sta scatenando nel mio animo… Il viaggio diventa sempre più interessante : un mercatino della frutta ci invita a soffermarci, coloratissimo e profumato… Il grande fiume che apre la porta ad ESMERALDA è un brulichio di vita : dei bimbi che giocano, una donna che si lava… Siamo scesi dalle Ande alla quota del mare e il clima è decisamente cambiato, c’è un caldo umido molto fastidioso e le zanzare abbondano… Marisa ci dice che questa è la stagione secca e che adesso si sta bene… Il cielo, però, è quasi sempre grigio a causa dell’umidità costantemente presente tutto l’anno.

L’arrivo alla missione è davvero una sorpresa : immersa nella foresta equatoriale, in posizione periferica rispetto alla cittadina di Esmeralda, è bellissima, grande e ospitale ! All’alba sono già sveglia, non mi sono ancora abituata al nuovo fuso orario (sette ore in meno rispetto all’Italia) e nell’attesa che la missione si svegli, comincio a girovagare … Ho la fortuna di incontrare una graziosa bimba che, molto spontaneamente, mi fa da guida in giro per la missione. Da una finestra Marisa e le altre cinque donne intente a pregare nella cappella: sono solo sei suore che portano avanti tutta la missione, ognuna è specializzata in un settore, dalle attività manuali a quelle mediche e qui accolgono i bambini e i ragazzi che non riescono a frequentare le scuole pubbliche, qui imparano a formarsi una vita nonostante i loro problemi fisici .

Rivedo Gianna e le altre sorelle a colazione, sono tutte indaffarate, oggi è domenica e si stanno preparando per andare alla messa, ma oggi sarà una funzione speciale : con l’occasione viene salutato un giovane prete dell’Ecuador, è stato ad Esmeralda per tre anni ed è stata la sua prima esperienza di sacerdote, ora dovrà andare in un’altra missione, più a sud e qui lascerà un vuoto… I bambini sono tutti sorridenti, molti vestiti con abiti ricercati e mi chiedo come riescano a tenerli così belli considerando i luoghi dove vivono, case di legno piene di polvere, buie e spoglie. La funzione religiosa mi infonde allegria : la chiesa è piena di bambini che battono le mani, cantano, si tengono per mano, si sentono i tamburi … Visitiamo il villaggio che si estende attorno alla chiesa e alla missione : mi colpisce immediatamente la quantità di bambini e di cani che sbucano da ogni capanna, da ogni vicolo e osservo che davanti a quasi tutte le case vi è una quantità enorme di bucato steso al sole. Nel pomeriggio lasciamo l’Instituto Catolico de Educacion Especial “JUAN PABLO II “ per recarci alla vicina località balneare ATACAMES , affacciata a una bella baia 25 chilometri più a sud, è molto frequentata dai locali e oggi che è domenica è piuttosto affollata; chiude la baia la cosiddetta isola degli uccelli per la miriade di specie di avifauna presente. Il giorno dopo riprendono le attività alla missione : ogni lunedì, come avviene in ogni scuola dell’Ecuador, si assiste all’alza bandiera e i ragazzi, prima di iniziare le lezioni, cantano l’inno nazionale ; mi soffermo ad osservare il gruppo di ragazzini sordi che cantano seguendo i movimenti dell’insegnante. Nella scuola vi sono moltissimi laboratori, dalla sartoria, alla falegnameria, alla cucina, all’infermeria, al centro di fisioterapia, al laboratorio dove vengono create coloratissime magliette, al giardinaggio… Maria Teresa ci racconta che stanno preparando un’area per poter ospitare anche quei ragazzi che vivono nelle zone più lontane e che non possono andare avanti e indietro tutti i giorni. Con Maria Teresa visitiamo tutta la scuola , entriamo nelle classi e ci racconta che ad Esmeralda sia gli allievi che gli insegnanti vanno a scuola saltuariamente, il servizio sanitario è tutto a pagamento e la popolazione non sempre può permettersi di essere assistita, sono diverse le donne che vivono sole, abbandonate più volte, con a carico parecchi figli, spesso nati da padri diversi. Visitiamo la cittadina di Esmeralda, caotica e rumorosa, suggestiva vista dall’alto, bianca e squadrata, camminiamo lungo la spiaggia per ammirare gli uccelli marini e i pellicani che, molto confidenzialmente si avvicinano alle barche dei pescatori. A pranzo Maria Teresa ci spiega il motivo per cui , già alle sette di sera, vengono chiuse e sprangate tutte le porte, ci racconta che lo scorso anno le stesse missionarie sono state rapinate da sei uomini armati che, puntando le armi, si sono introdotti all’interno della missione..

All’alba raggiungiamo SUA, un piccolo villaggio di pescatori, con una piccola barca ci spingiamo nell’oceano fino a circa 20 chilometri di distanza dalla costa : vogliamo vedere le balene ! Ho l’impressione che ci rovesciamo da un momento all’altro, le onde circondano continuamente la barca, siamo completamente fradici, sento l’acqua salata dappertutto, negli occhi, in bocca, sulla pelle e sui vestiti, sono soprattutto preoccupata per la videocamera, ho lo stomaco sotto sopra per via del continuo ondeggiamento… Ma d’improvviso dimentico tutto quello che sta succedendo… come apparse dal nulla, ecco emergere dall’acqua le balene, eccole saltare fuori dalle onde del Pacifico : sei esemplari, enormi, stupende… Saltano per poi ripiombare di nuovo sott’acqua e poi fuori di nuovo, proiettate nell’aria come siluri, a tratti vedi la schiena, a tratti la pancia e poi quello sbuffo a cascatella che emerge dall’oceano. E’ la danza di corteggiamento, il periodo della riproduzione, avviene proprio in questi giorni, quando la corrente fredda di Humboldt, proveniente dal Cile antartico, risale fino ad incontrare la corrente calda del Nino che si origina al largo delle coste di Panama e, insieme alla corrente, arrivano le balene. E’ un vero spettacolo naturale ! Una piccola avventura avvicinarsi a loro ma ne è valsa la pena, vorremmo avvicinarci di più ma con una barca così piccola non è prudente… Torniamo avvicinandoci alla splendida isola degli uccelli, ve ne sono dappertutto, sugli alberi, nei cespugli, sulla spiaggia e li osservo mentre mangiano i rifiuti che la marea ha portato a riva, un pellicano si sta dolcemente lasciando cullare dalle onde, dei granchi si muovono velocemente sulla sabbia e l’isola lussureggiante spicca nel netto contrasto di quest’acqua verde che la circonda.

Parlando con Maria Teresa vengo a sapere che, da diverso tempo, è in corrispondenza con Licia Colò, in quanto nella missione ci sono anche due ragazzi molto cari alla famosa conduttrice televisiva. Andiamo a trovarli e li osserviamo intenti a lavorare nel laboratorio : stanno preparando uno striscione per prepararsi alle olimpiadi nazionali che si svolgeranno a GUAYAQUIL dall’8 al 14 luglio, fra pochi giorni, c’è grande agitazione nella missione, partiranno in 50 ragazzi per partecipare a questo importante avvenimento sportivo. Maria Teresa ci racconta la storia di questi due ragazzi, Gabriel non cammina più perché gli hanno sparato, lo hanno trovato queste missionarie, disteso nella sua capanna in fin di vita… Daniel è sordo… Entrambi lavorano e studiano nel laboratorio dove vengono create le magliette decorate con le immagini dell’Ecuador.

visitiamo anche il laboratorio della ceramica… È piacevole guardare questi ragazzi, questi bambini impegnarsi con tanto entusiasmo ! Passeggiando nel giardino della missione mi soffermo incuriosita ad osservare un formicaio che ha costruito un interminabile tunnel di terra, un vero e proprio cunicolo che s’innalza lungo il muro di cinta della missione. Stiamo aspettando che i ragazzi del laboratorio di danza si preparino per esibirsi nel ballo più popolare della costa del Pacifico : la MARIMBA, una danza ritmica e sensuale, molto in voga tra la vasta popolazione di colore che vive sull’oceano. I negri giunsero in Ecuador nel 1533 quando un’imbarcazione spagnola che trafficava in schiavi, fu scaraventata contro gli scogli durante una mareggiata ; un certo numero di schiavi si mise in salvo rifugiandosi nell’entroterra, scontrandosi ma anche mescolandosi con alcune popolazioni indigene. Intanto che aspettiamo usciamo appena fuori dalla missione per visitare il villaggio dove vivono questi ragazzi che frequentano questa scuola speciale, case semplici e povere, bambini, cani e bucati stesi all’aria… È tutto qui e intorno la grande e selvaggia foresta. E’ tutto pronto : la danza prende il nome dallo strumento tipico, la Marimba… Iniziano a danzare, seguono perfettamente il tempo, è bello ammirarli, ma ciò che sorprende di più è che questi ragazzi sono tutti sordi !!! Riescono ad avvertire i suoni a percussione, da non credere… E’ l’ora di pranzo, per molti bambini questo è l’unico pasto che faranno in tutta la giornata, poi torneranno nelle loro capanne fino all’indomani. Fanno a gara per essere ripresi con la videocamera, sono socievoli e allegri.

Ci rechiamo al santuario della Madonna di Loreto, soprattutto per visitarne il parco nel cui interno vi sono detenuti diversi animali come pappagalli, scimmie, piccoli carnivori… Come sempre mi succede ogni volta che osservo degli animali tenuti in cattività, sono visibilmente contrariata ma mi colpisce soprattutto l’espressione triste e sconsolata di un piccolo mammifero… Vorrei tanto prenderlo e liberarlo nella foresta ! Stiamo per lasciare la missione di Esmeralda per andare verso l’ignoto : cosa troveremo, chi ci accoglierà, dove andremo ? Puntiamo verso l’estremo nord dell’Ecuador, al confine con la COLOMBIA , dobbiamo raggiungere il villaggio di BORBON , qui una canoa ci porterà all’interno della foresta, per diverse ore risaliremo il fiume Cayapas fino ad arrivare a S. MARIA DE LOS CAYAPAS, uno sperduto villaggio nel cuore della foresta, dove convivono due popolazioni di Indios estremamente diversi tra loro. Seguiamo Silvana, una delle sei suore che conosce bene il posto, ci hanno detto di cercare i missionari Comboniani perché loro possono indicarci un luogo dove dormire questa notte, quando giungeremo a S.Maria. Sono emozionata, dalla canoa mi sento avvolta da queste montagne verdissime, misteriose, coperte completamente dalla vegetazione, scorgo tra gli alberi le capanne degli Indios, disseminate lungo questo lunghissimo fiume, sono costruite su delle palafitte, tutte in legno, per proteggersi dalle piene frequenti del fiume.

Sono emozionata come se dovesse succedere qualcosa da un momento all’altro, c’è un’aria di aspettativa, l’idea di penetrare nella foresta mi esalta, mi rende euforica, so che siamo completamente al di fuori da ogni rotta turistica, l’avventura mi ha completamente conquistato… Giungiamo a S.Maria : una bimbetta ci osserva dall’alto della sua palafitta, penserà che siamo dei marziani… Noi, così lontani dal suo mondo, così imbranati al cospetto di questa foresta selvaggia e impenetrabile. Visitiamo la scuola fondata dai Comboniani, il villaggio e pranziamo con gli stessi missionari , sono 4 suore (Haimanot dell’Eritrea,il suo nome significa fedele, Maria un’italiana, Marcela una messicana e Pilar della Spagna) e due preti ; una insegna nella scuola, una è addetta al dispensario medico e le altre due si alternano facendo la spola nei 35 villaggi disseminati lungo il fiume, entrano nelle capanne degli indigeni ascoltando i loro problemi, portando loro gli aiuti necessari, vivono con loro.

Questi villaggi sono raggiungibili soltanto con la canoa, il fiume è l’unica via di accesso. Nel villaggio di S.Maria vivono due popolazioni di Indios : i CACHI, dai lineamenti asiatici con la pelle olivastra, che vivono in capanne completamente aperte su tutti i lati, fatta eccezione per un piccolo ripostiglio adibito alla zona notte ; i NEGRI dai lineamenti più marcati con la pelle scura , che vivono in capanne completamente chiuse. La scuola ospita dieci corsi tra elementari e scuole superiori, molti bambini attraversano la foresta ogni mattina, facendosi strada tra l’intricata vegetazione equatoriale, arrivano dai villaggi vicini. Nell’aria c’è un aspro odore di petrolio e ci spiegano che tale prodotto viene usato per lucidare i mobili e i pavimenti…

Lentamente percepisco che la foresta è abitata e continuamente parla, anzi mormora, non esiste il silenzio, il rumore placido e costante del fiume, le grida e gli urli che provengono dalla foresta e cerco d’immaginare gli animali che si trovano così vicino a noi… L’umidità che c’è nell’aria non dà tregua, sogno di farmi una doccia… Ma qui non c’è acqua, la vita si svolge sul fiume… Si fa tutto nel fiume, ma noi, poveri occidentali siamo qui in balia degli insetti, dei batteri di cui è invasa l’acqua del fiume, e non osiamo penetrare all’interno della foresta… Eppure , nonostante tutto ciò, mi sento privilegiata ad essere qui e mi piace osservare le scene di vita, c’è tanta calma tra le vie del villaggio, tutti svolgono le loro attività con estrema tranquillità, il tempo qui non ha nessun valore ed è inevitabile confrontare la loro vita con la mia, sempre di corsa per non essere travolta dalla frenesia del nostro mondo moderno… Mi sorprendo ad osservare una pianta di cacao, che strana, non l’avevo mai considerata , è davvero bella ! Un gruppo di bambini arriva di corsa dall’interno della foresta e si blocca di colpo, dopo averci visto : dobbiamo apparire loro alquanto strani… Assistiamo ad una scena d’amore tra due pappagalli, una scena tenera e divertente! Sul tetto di una casa vediamo stesi ad asciugare dei fogli di Damagua, un legno morbidissimo che viene essicato per costruire sandali. Da una capanna esce un cucciolo di ungulato, sembra un cerbiatto, mi dicono che arriva dalla foresta ma non riesco a farmi spiegare come è arrivato in quella capanna, mi assicurano però che verrà presto liberato… Speriamo ! Sul fiume una canoa scivola lentamente , silenziosa, dei bimbi lavano dei piatti sulla riva e alcune donne fanno il bucato, una montagna di panni che vengono lavati tutti i giorni… tutto è una scena idilliaca! Da una capanna si eleva una musica a tutto volume, una musica allegra che attira molti Indios, sono tutti assiepati nella capanna, l’unica che possiede un generatore di corrente ; sul fiume dei ragazzini giocano e si tuffano da un tronco emergente dall’acqua, una donna indios dei Cachi sta tessendo un tappeto mentre una delle figlie tiene in braccio il fratellino, i semi di cacao sono lasciati ad essiccare, un uomo costruisce la sua canoa… scene di vita semplice e povera.

Questa notte ceneremo al lume di candela, dormiremo in una capanna degli Indios , non c’è luce elettrica, non c’è acqua, ma adattarsi ne è valsa la pena per vivere questa profonda esperienza. Attendiamo la canoa che ci riporterà sulla costa, siamo in tanti , oltre a noi ci sono numerosi Indios che devono raggiungere altri villaggi, c’è una montagna di bagagli a bordo e temo che ne perderemo qualcuno durante il viaggio, gli spruzzi ai fianchi della canoa ci lavano in continuazione, ad ogni villaggio qualcuno scende, qualcuno sale. Con noi c’è anche Maria che sta portando viveri e altre mercanzie ad ogni villaggio che approdiamo : le vengono incontro i bambini che afferrano ciò che lei tira loro dalla canoa. Tornati nel villaggio di Borbon , raggiungiamo il nostro fuoristrada con un furgoncino ma abbiamo la brutta sorpresa di trovare una gomma a terra… Nessun problema! In men che non si dica alcuni indigeni ce la sistemano e via si parte verso altri luoghi ancora da esplorare… Con una barca ci avviciniamo alle mangrovie che crescono rigogliose intorno all’ISOLA di MUISNE in posizione alquanto isolata ; le foreste di mangrovie hanno subito un massiccio disboscamento messo in atto per ricavare le numerose vasche artificiali per l’allevamento di gamberetti… ora è in atto la riforestazione per cercare di recuperare quanto perduto. Visitando l’isola ci imbattiamo in una cucciolata di cani affamati e tenerissimi, l’isola è popolata da molti uccelli marini che vivono indisturbati, la spiaggia è grande e lasciata completamente al naturale : ogni relitto portato dalla marea viene lasciato sulla spiaggia, troviamo perfino il carapace di due tartarughe provenienti dalle vicine isole Galapagos ! A un botteghino ci offrono il succo del cocco, curioso il modo in cui lo rompono per estrarne il succo ! Su una bancarella osserviamo dei caschi di banane, ve ne sono di tre specie diverse e ognuna viene cucinata in modo differente : le patacones cucinate fritte e salate ; le maduro gustate fritte ma dolci; le guineo consumate crude, come si usa in Italia. E’ trascorsa una settimana e oggi lasciamo la costa , percorreremo con un pullman di linea un buon tratto della cosiddetta Panamericana, una lunghissima strada che si snoda dal Rio Bravo alla Terra del Fuoco, un intricato sistema di strade che copre complessivamente ben 48.000 chilometri, colonizzata alla fine del quattrocento dagli spagnoli e dai portoghesi. Torniamo così a QUITO, sulle Ande e sono a dir poco euforica al pensiero che ci attende la foresta amazzonica a oriente, per poi iniziare a vagabondare sulle Ande, tra i 3000 e i 5000 metri di quota, da nord a sud… Sì, c’è proprio un’atmosfera densa di aspettative… Da oggi non avremo più il rassicurante appoggio della missione di Esmeralda, da oggi siamo da soli e infatti… Ci capita subito il primo inconveniente !!! A Quito dovevamo incontrarci con altre tre persone per dividere le spese di viaggio che avremmo effettuato con un pulmino prenotato in un’agenzia, ma i tre non arrivano perché sono rimasti bloccati all’aeroporto della Colombia, a Bogotà… Quando arriveranno ? Non si sa… In questi paesi non vi è niente di certo e il tempo ha poca importanza ! D’accordo, allora nell’attesa, prendiamo un tram per giungere alla grande piazza dell’Indipendenza, dominata dalla mole della cattedrale, e cominciamo a visitare Quito , una splendida città coloniale con le strette vie lastricate fiancheggiate da costruzioni dai balconi in ferro battuto, le piazze, le fontane, le cupole e le torri in armonia con il paesaggio circostante e soprattutto le splendide chiese; è una giornata stupenda e i colori delle case spiccano in contrasto con il cielo turchino.

Finalmente il resto del gruppo (siamo in sei) riesce ad arrivare a Quito e insieme a una guida locale, Marcelo, partiamo con il pulmino alla volta della città di BANOS, trascorreremo lì la notte per raggiungere il giorno dopo l’AMAZZONIA. Percorriamo il cosiddetto VIALE DEI VULCANI, strada così chiamata dallo scienziato Alexander Humboldt che, dopo aver effettuato un lunghissimo viaggio in l’America del sud, dalla Colombia a Lima, rimase sopraffatto dalla grandiosità dei paesaggi ; fu soprattutto la natura selvaggia e immensa delle cordigliere andine che lo affascinò e si innamorò del vulcano CHIMBORAZO, la vetta più alta (6310 m.). A Banos, nel lodge dove dormiamo, immerso nella foresta, mi soffermo ad osservare dei pappagalli che con molta maestria stanno divorando un frutto ! Per raggiungere l’Amazzonia attraversiamo una fantastica vallata selvaggia, ricca di cascate , gole profonde e canyon vertiginosi. La strada diventa sempre più sconnessa e dobbiamo abbandonare il nostro pulmino, per un tratto viaggeremo su un furgoncino che ci porterà all’interno della foresta amazzonica, poi proseguiremo a piedi per giungere ad un villaggio dove vive una famiglia di Indios che ci ospiterà per questa notte. Ci dicono che in Amazzonia piove sempre ma io penso che stiano esagerando… Come mi sbagliavo !!!! Lo scoprirò in seguito dopo tre giorni di acqua continua !!!! Ora proseguiremo a piedi, sempre più lontano dalla civiltà… Una ragazza, Judy, la figlia del capofamiglia che ci ospiterà per la notte, ci fa da guida, ma prima di addentrarci nella foresta la vediamo cogliere un frutto da una pianta denominata achote , lo apre per estrarne una sostanza rossa : serve per proteggersi dai pericoli della giungla… La selva come la chiamano gli Indios ! Comincia a disegnare strani segni sul nostro viso con quella sostanza rossa… Decidiamo di stare al gioco per non deluderla ma noi non ci crediamo a questa favola ! Devo raccontare , però, che ad un certo punto, un minuto dopo il nostro passaggio, un albero altissimo è precipitato improvvisamente abbattendosi proprio sul sentiero dove eravamo passati noi… un rumore assordante, da far venire la pelle d’oca… Seguo con lo sguardo un’interminabile fila di formiche , ognuna sta portando sulla schiena una foglia dalle dimensioni sproporzionate rispetto al loro corpo… Judy mi racconta che queste formiche non si fermano mai, sono costantemente al lavoro ! Arriviamo ad una spettacolare cascata, la cascata di Agoyan, precipita dall’alto formando un incantevole laghetto, passiamo dietro la cascata. Judy prende delle foglie e ci invita a lavarci via la sostanza rossa… Ubbidiamo anche se più che pulirci ci sembra di sporcarci di più !!!! Arrivati al fiume ci laviamo e a fatica riusciamo a tornare del nostro colore naturale. La capanna dove siamo ospitati per la notte è praticamente all’aperto, ci sono sei letti affacciati direttamente sul fiume, protetti dalle zanzariere, comincia a piovere e non smetterà più ! dal tetto di paglia, naturalmente, sta entrando l’acqua. Vediamo un serpente e un pappagallo, accendiamo un fuoco nella capanna di Judy perché non abbiamo più vestiti asciutti, per consolarci Judy ci fa provare i copricapi che usano gli Indios dell’Amazzonia durante le feste : sono molto variopinti ed elaborati, poi ci insegna a creare le ceramiche, a cuocerle e a lucidarle. Continua a diluviare e per di più, con tutta questa acqua, veniamo a sapere che una frana ha interrotto la strada carrozzabile dalla quale siamo venuti… Così non ci resta che incamminarci a piedi, sotto il diluvio, per raggiungere il nostro pulmino e proseguire così il nostro viaggio. Torniamo verso Banos : da lì proseguiremo attraverso la provincia del vulcano COTOPAXI, un vulcano ancora attivo, per raggiungere la comunità dei SARASACAS, composta da 15.000 Indios. A Banos notiamo i primi Indios in costume tradizionale e Marcelo ci informa che in ogni provincia che andremo, troveremo costumi estremamente diversi e che ogni comunità, dovunque la incontri, è riconoscibile proprio dai colori, dalla lunghezza dei tradizionali ponchi, dalla forma delle gonne, dai cappelli e dal modo di acconciare i capelli. I bambini vengono tradizionalmente portati sulla schiena, legati e sostenuti da una lunga sciarpa o scialle che avvolge il corpo della madre e, a quanto vediamo, i bambini sembrano stare comodi ! Durante il viaggio attraversiamo diversi villaggi, le bancarelle sono cariche di canna da zucchero, viene tagliata ottenendone dei pezzi che, dopo essere stati lavati, vengono impilati uno sopra l’altro Ci stiamo avvicinando al villaggio dei Sarasacas, siamo a circa 4000 metri di quota, continua a piovere e fa freddo, la strada è sempre più sconnessa e il nostro pulmino sta avanzando lentamente, incontriamo delle pecore e dei lama sulla strada ma, a parte loro, non incontriamo anima viva… Ancora una volta siamo fuori da ogni rotta turistica e penso che se si dovesse rompere il pulmino… Ci faremo aiutare dai lama, dagli alpaca, dalle vigogne che popolano queste praterie, in questo paesaggio aspro e selvaggio. Eppure mi piace.

La comunità dei Sarasacas, nel villaggio di SALINAS, ci accoglie in piena attività : padre Antonio, un italiano, arrivò in questo sperduto villaggio circa 30 anni fa e con la sua opera, ha dato lavoro agli Indios locali, piantando estese piantagioni di pini che favoriscono la crescita dei funghi porcini, creando laboratori tessili e alimentari. Ogni prodotto viene venduto. Assistiamo alla fabbricazione del torrone e del cioccolato, la filanda con il lavaggio e la tessitura della lana e notiamo un bimbo, sembrerebbe piuttosto annoiato, che se ne sta seduto mentre sua madre disegna delle scritte in una fabbrica di palloni. Ciò che più mi colpisce, però, è l’ingresso della chiesa : sui gradini sono seduti molti Indios, uomini e donne, in attesa che inizi la funzione religiosa, poi entrano, ognuno con il suo fagotto o il suo bambino legato sulla schiena, e mi colpiscono i loro abiti, poveri e dimessi, alcuni laceri e consumati… E mi chiedo se tutte queste attività lavorative, che hanno spinto gli Indios all’interno di piccole fabbrichette, abbia davvero migliorato la loro vita … Ma allora com’era prima? Notiamo divertiti che in chiesa stanno entrando anche dei simpatici cani che, con molta sicurezza, si portano verso l’altare… Il paesaggio andino si presenta con le coltivazioni espanse fino alla cima delle montagne, nonostante siano alte 4000 metri ! Una donna sta rotolando una matassa mentre il suo piccolo bambino dorme tranquillo legato dietro la schiena : non riusciamo a vedergli neanche la testa talmente è sprofondato in quella culla vagante ! Saliamo per raggiungere i villaggi situati più in alto, sulle montagne, i paesaggi si fanno sempre più aperti e c’è tantissimo vento, l’aria è pungente … Fuori da una capanna una donna è circondata da numerosi bambini , non comprendiamo cosa stia facendo ma deve essere un gioco divertente vista l’attenzione che hanno i bambini ! Incontriamo dei lama che, incuranti del vento, dominano quello splendido paesaggio, due bambini ci osservano e notiamo che la bimba ha freddo, è davvero poco vestita… Scendiamo a Salinas attraverso uno spettacolare canyon , pareti scoscese, vertiginose, pinete, fiori sconosciuti, il fiore delle Ande, il chuchirava, la vegetazione andina e le bellissime formazioni rocciose… Il sentiero diventa sempre più accidentato e la polvere che solleviamo durante il nostro cammino si mischia a quella sollevata dal vento ! Arriviamo ad una grotta abitata dagli Incas, dove sono state trovate diverse tracce… Mi sembra di tornare indietro nel tempo. Visitiamo le meravigliose saline, hanno dei colori incantevoli, dal verde all’azzurro al marrone dorato e infine raggiungiamo la piazzetta di Salinas.

Ripartiamo seguendo questa volta la STRADA DEL CHIMBORAZO, la montagna più alta del paese, 6310 m di quota, si sgonfia una gomma del pulmino e proseguiamo a piedi a 4500 metri di quota, fa freddo ma il panorama è meraviglioso. Finalmente il nostro autista riesce a trovare aiuto per gonfiare la gomma e riusciamo così a raggiungere RIOBAMBA , famosa per essere il luogo di partenza del treno che porta ad Alausì. Ci troviamo nella provincia del Chimborazo e troviamo costumi del tutto differenti, proprio come ci aveva detto Marcelo, c’è un grandissimo mercato brulicante di Indios, i colori e gli odori creano un’atmosfera esaltante ! Ci sono alcune persone che, trasportando una portantina contenente una figura religiosa, raccolgono le offerte dai venditori del mercato . Dei bambini ci chiedono di poterci lucidare le scarpe… È triste vedere dei bambini lavorare ! All’alba prendiamo il treno, è ancora buio ma Marcelo ci consiglia di salire molto presto anche se mancano due ore alla partenza… Comprendiamo subito che ci ha dato un ottimo consiglio ! Infatti i tetti delle carrozze del treno dove viaggeremo si riempiono in men che non si dica, siamo tutti assiepati, non riusciamo neanche a muoverci su quel treno che trasporta merci e noi siamo sul tetto, in attesa che i ferrovieri completino tutte le manovre… Non so perché ma mi vengono in mente quei romanzi degli scrittori russi che descrivono il viaggio dei deportati in Siberia… Eppure sono emozionatissima, non vedo l’ora che il treno cominci la sua corsa verso ALAUSI’ ! Durante il viaggio attraversiamo numerosi villaggi e campi coltivati, la gente rimane a guardare questo strano treno che passa tre volte la settimana, ci salutano festosi… Ad un certo punto il treno si ferma perché dei contadini devono caricare una mucca che non vuole proprio saperne di salire sul treno ! Entriamo sempre più all’interno nella gola, i venditori ambulanti si muovono scavalcando le gambe dei viaggiatori seduti sul tetto, per non cadere si attaccano a noi, mi vengono le vertigini per loro… E intanto ci alziamo di quota sempre di più… Sotto di noi il baratro e questi venditori che continuano imperterriti a camminare da una tetto all’altro del treno, facendosi spazio tra la gente e ad ogni fermata salgono altre persone, altri venditori, altri passeggeri e noi siamo sempre più stretti… Così siamo sicuri di non cadere, ci sosteniamo a vicenda ! A metà viaggio si fa una sosta ma risalgo subito per paura di perdere il treno ma, soprattutto, per non perdere il mio posto conquistato fin dalle prime ore dell’alba ! Il panorama si fa sempre più spettacolare !!! I colori sono sempre più intensi… Il bigliettaio passa a controllare i biglietti… Ho le vertigini !!!! Ma non poteva controllarli mentre eravamo fermi alla stazione ?! D’improvviso il treno si ferma: un grosso legno interrompe le rotaie e Marcelo ci racconta che, a volte, sono gli stessi banditi che bloccano il viaggio per derubare i passeggeri… Ma va tutto bene, nessuna brutta avventura ! Saliamo ancora di più fino a raggiungere la celebre NARIZ DEL DIABLO , una zona selvaggia e impervia : il treno segue la linea ferroviaria disposta a zig zag e le manovre per orientare lo scambio ad ogni curva sono lunghe e laboriose… Vengono coinvolti anche i passeggeri che spingono la locomotiva a forza di braccia… Incredibile!!! E’ una delle esperienze più belle che io abbia mai vissuto !!! Ora dovremo raggiungere CUENCA ma in questi giorni, in Ecuador, c’è in corso uno sciopero che si sta allargando a macchia d’olio, ci sono numerose strade bloccate e cercare di forzare i posti di blocco non è prudente… Dobbiamo arrivare nella provincia di CORONAR, ma bisogna cercare una strada alternativa… Marcelo ci fa prendere allora un pullman che va verso la costa per poi rientrare verso est, in direzione di Cuenca, eviteremo così di attraversare le province in sciopero ma ciò ci comporterà un allungamento del viaggio di circa tre ore ! Rischiamo però di rimanere bloccati da qualche parte dato che lo sciopero si sta estendendo a varie province… Veniamo a sapere che anche Esmeralda è bloccata ! Che si fa ? Si va, naturalmente !!! La scelta di Marcelo di prendere un pullman di linea è legata al fatto che nella regione che dovremo attraversare i banditi assaltano almeno una macchina al giorno ma con il pullman si è un po’ più sicuri… Ci consiglia , però, di lasciare gran parte del nostro bagaglio in un albergo a Riobamba, dove torneremo. Banditi o non banditi, sta di fatto che attraversiamo una regione di bellezza incredibile, gole profonde, montagne scoscese colorate di rosso, giallo e verde e intanto la strada si fa sempre più stretta… L’autista del pullman guida veloce e questa strada sterrata, in mezzo alle Ande, non ha parapetti ! In molti punti mancano dei pezzi… Sono franati ! Il cielo andino è di una variabilità incredibile : sole , nubi e cielo turchino si alternano con una velocità impressionante !!! Cuenca ci accoglie con un’aria festosa, arriviamo nei giorni in cui si sta festeggiando la Madonna del Carmine, processioni e chiese addobbate a festa in molte vie. Anche qui i fiumi sono pieni di donne che fanno il bucato e lo stendono sui prati, i loro costumi sono particolari, con colori sgargianti e le gonne larghe e corte. Cuenca vista dall’alto è davvero bella, posta a 2500 m di quota, in una vallata dal clima così dolce e la vegetazione così esuberante che gli indigeni Canaris (gli abitanti di questa regione che opposero una feroce resistenza alla conquista incaica) la chiamarono “pianura grande come il cielo e valle fiorita”. ! Al museo del Banco Central Pumapungo sono rappresentate tutte le razze dell’Ecuador, davvero un grande mosaico umano ! Raggiungiamo quindi il villaggio di GUAMOTE nel giorno del mercato : è coloratissimo e si vende di tutto, gli uomini portano un poncho rosso, le donne indossano una lunga gonna tesa con uno scialle rosso, azzurro o verde e un cappello. Sono molto schivi, però, per nulla socievoli e passando tra le bancarelle sento delle donne mormorare, riferendosi a noi, “Attenti passano i gringo! “. Non mi sorprende, però, perché questo villaggio è completamente fuori dalle solite rotte turistiche e non sono molto abituati a vedere degli stranieri…

Li osserviamo mentre portano a spasso, come fossero cani, pecore e cinghialetti e poi li vediamo caricare sul bagagliaio di un pullman una pecora… Viaggia proprio davanti a noi, stiamo seguendo la stessa direzione , verso nord. Ci fermiamo in un villaggio per trascorrere la notte, arriviamo al tramonto … Andiamo a letto presto perché domani ci aspetta la discesa nel vulcano di Quilotoa. Il VULCANO DI QUILOTOA è un vulcano attivo situato a 35 chilometri a ovest di LATACUNGA : è lo spettacolo più bello di tutto il viaggio !!! Ci troviamo sul bordo del cratere vulcanico e sotto di noi la bocca del vulcano ospita una magnifica laguna color verde smeraldo, è splendida e cambia colore in ogni momento… Cominciamo a discendere le pareti del vulcano e ad ogni passo un diverso scorcio panoramico si apre al nostro sguardo. Notiamo dei fiori privi del gambo, quando va via il sole, fa così freddo che per resistere, questi fiori devono rimanere attaccati al suolo per assorbirne il calore immagazzinato durante il giorno. Finchè giungiamo sul fondo , in riva alla laguna, siamo tutti impolverati ma felici ! Ora bisogna risalire e qui viene il bello : guardiamo l’alta parete del vulcano che ci circonda, quanto siamo scesi… Il problema e la fatica sono soprattutto dovuti al fatto che siamo a 4000 metri di quota e si respira a fatica… Così ci incamminiamo piano piano, senza fretta ! Incontro sul cammino un gregge di pecore e una donna che, mentre cammina, sta filando. Pranziamo da una famiglia con sette figli, sono molto ospitali ed è piacevole giocare con i loro bambini ; in tutto l’Ecuador abbiamo visto molte donne portare numerose collane… Esse sono il simbolo della fertilità e in questo paese, per una donna, è molto importante !!! Gli uomini portano ponchi a righe e un cappello con la piuma. Viaggiamo alla volta della cittadina di OTAVALO attraversando una bellissima regione andina : un’enorme spaccatura taglia l’altopiano creando un effetto sorprendente, attraversiamo immensi campi coltivati a grano, biondi dorati, il verde si presenta in mille tonalità, vallate estesissime si alternano a praterie a perdita d’occhio… E io che mi immaginavo le Ande come montagne rocciose… E invece sono tutte coltivate, fino alla cima e ogni tanto, come dal nulla, emerge un vulcano, innevato ed imponente ! Il mercato di Otavalo vale davvero la pena di essere visitato, grande e variopinto, un insieme di prodotti artigianali irresistibile ! Le donne si caratterizzano per indossare delle bellissime camicie ricamate, gli uomini per portare una lunga treccia , simbolo di virilità, e un poncho azzurro. Osserviamo incuriositi un fraticello mentre fa la questua ai venditori del mercato e, poco dopo, lo vediamo regalare a un povero quella stessa frutta che aveva appena ricevuto in dono. Ha un sguardo aperto, leale e un’espressione felice, sì, deve proprio essere una persona felice ! Marcelo ci conduce alla cascata degli sciamani, ovvero il luogo dove questi mitici personaggi vengono a purificarsi, arrivano qui alle cinque del mattino, nelle notti di luna piena, cantano e si purificano alla cascata. Ci fermiamo da una famiglia molto cordiale e il capo famiglia ci presenta tutti gli strumenti musicali dell’Ecuador e poi, grande sorpresa, improvvisa un concertino con i due figli, un ragazzo e una bimba, graziosissima e dalla voce cristallina. Il viaggio sta giungendo al termine, torniamo verso QUITO, ci fermiamo in un locale lungo la strada e ascoltiamo per l’ultima volta le canzoni andine… Poco prima di Quito ci fermiamo alla MITAD DEL MUNDO, ovvero il luogo dove passa l’equatore ! Paolo cammina lungo questa linea immaginaria come se dividesse l’emisfero australe da quello boreale, ci troviamo esattamente alla metà del mondo ! Quito dall’alto merita di essere vista, ci troviamo al Mirador Panecilio, ma siamo incuriositi da una statua della Madonna perché porta le ali e una Madonna alata non l’avevamo mai vista . Una delle tante piazzette di QUITO, la piazza di S. Domingo, l’ultimo sguardo prima di partire, l’aereo ci aspetta per riportarci in Italia ! Sotto di noi l’Ecuador e sotto le nuvole rivedo tutti questi meravigliosi 27 giorni, dal primo all’ultimo, così vari e strani… Che posso dire, mi sento più ricca, diversa, migliore… Rivedo gli occhi dei bambini con il visino pieno di polvere, rivedo i ragazzi di Otavalo con la lunga treccia, sento i suoni della foresta amazzonica, mi appaiono come fantasmi i vulcani andini, risento le musiche sfrenate della costa del Pacifico e quella avvolgente delle Ande, mi emoziono ripensando al viaggio in canoa per arrivare a S.Maria e infine mi perdo nell’immensità di quel cielo turchino, costantemente attraversato dalle nubi, di mille forme, di mille sfumature e mi sento strana… In un misto di felicità, di esaltazione e di nostalgia… E pensare che quando sono partita, pensavo a questo viaggio come a qualcosa di banale, vuoto e spento e invece si è trasformato in una delle avventure più vere, un’avventura che non dimenticherò mai.

Arrivederci Ecuador ! di Cristina Rovelli



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