È una delle città più belle della Spagna, ma in pochissimi conoscono la sua incredibile cattedrale con 11 cupole e 4 campanili

Scritto da: alvinktm
È una delle città più belle della spagna, ma in pochissimi conoscono la sua incredibile cattedrale con 11 cupole e 4 campanili
Partenza il: 29/09/2019
Ritorno il: 02/10/2019
Viaggiatori: 3
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Della Spagna conosciamo diverse città, ma non avremmo mai sospettato che una delle meno conosciute dagli stranieri, italiani compresi, potesse ammaliarci così tanto come invece è accaduto. Ad essere sinceri a regalare un valore aggiunto al viaggio in Aragona sono state le escursioni con l’auto a noleggio, che ci hanno permesso di scoprire due aree opposte della regione, ma è proprio Saragozza quella che ci è rimasta nel cuore, insieme al territorio vasto e quasi disabitato che la circonda, in grado di ricordarci lo sconfinato ovest americano.

Diario di viaggio a Saragozza

Atterriamo a Saragozza con un volo Ryanair nel minuscolo aeroporto cittadino nel primo pomeriggio della domenica e subito la calda aria spagnola accarezza la nostra pelle. Alla partenza di Bergamo il termometro segnava 15 °C, qui di gradi ce ne sono 28 e ne siamo felici. Per noi significa prolungare di un poco l’estate, prima di subire il lungo e freddo inverno valtellinese.

L’autobus numero 505 è la soluzione più economica per raggiungere la città dall’aeroporto, al costo fisso di 4 euro. La fermata cittadina si trova all’incrocio di Paseo Maria Augustin con Avenida César Augusto. Da qui una passeggiata di circa un chilometro e mezzo conduce in Plaza del Pilar, il cuore di Saragozza. Se si percorre Calle Alfonso I, il vialone pedonale pieno di bar, gelaterie e negozi di marchi internazionali, la cupola della Basilica del Pilar nella piazza, si scorge fin da lontano e funge da punto riferimento per i turisti. Un po’ come un faro per i marinai. Il paragone calza ancor più a pennello se ci si aggiri di notte, quando la facciata dell’edificio religioso è illuminata da fari potenti che squarciano il buio.

Allunghiamo il percorso infilandoci nei numerosi vicoli laterali ed esplorando le piazzette che si aprono all’improvviso tra le vecchie abitazioni. Sediamo ai tavolini esterni di una caffetteria e assaporiamo il dolce far nulla pomeridiano, tipico dei paesi latini. Il clima caldo, è ovvio, agevola lo stato di totale rilassamento e le vetrine delle pasticcerie obbligano a cadere in tentazione. Per questo aspetto la Spagna non ha nulla da invidiare all’Italia. Qui la frutta secca, il cioccolato e la crema scorrono a fiumi, mentre le gelaterie italiane spuntano ovunque. Sono una delle cose che abbondano in città, assieme alle chiese e alle fontane.

Sconfiggiamo la pigrizia per recarci all’hotel Catalonia El Pilar, affacciato su Plaza del Justicia, in pieno centro. L’albergo occupa un edificio modernista di inizio ‘900 e offre le comodità moderne conservando alcuni particolari d’epoca come l’ascensore in legno riadattato a cabina telefonica, l’antica entrata principale, i mattoni a vista nella sala colazione, un tempo utilizzata come magazzino per il carbone. Le camere sono ampie, la colazione è superlativa con vasta scelta di dolce e salato per soddisfare ogni gusto, e il rapporto qualità-prezzo è ottimo.

Giorno 1 – Aljaferia, Patio Santa Isabel, Plaza del Pilar

aljaferia

Il pomeriggio spagnolo è lungo. Dopo la siesta riaprono negozi e musei per rimanere aperti fino a tardi.

Il Palacio de la Aljaferia non fa eccezione, osservando l’orario da aprile a ottobre 10-14 e 16:30-20. Il biglietto d’ingresso costa 5 euro, mentre sono disponibili anche visite guidate al costo di 18 euro.

Distante poco più di 1,5 chilometri dall’hotel, lo raggiungiamo camminando per venti minuti e intanto scopriamo un’altra zona della città. Subito ci accorgiamo che non è un’area a vocazione turistica e ricorda il quartiere di Gracia a Barcellona, cuore autentico della capitale catalana. Disordinato e un po’ sporco, qui come a Barcellona incrociamo bambinetti che giocano a pallone per strada, anziani accovacciati su sedie fuori dai portoni, ragazzi senza casco sui motorini e gente di ogni genere e nazionalità. La luce abbagliante del sole non penetra questi androni. Quando finalmente si sbuca nello slargo occupato dal palazzo dobbiamo coprire gli occhi per abituare la vista al cambiamento repentino. La frescura dell’ombra viene sostituita dalla calura riflessa dall’asfalto, ma la visione dell’imponente facciata costruita durante l’occupazione islamica del IX secolo fa dimenticare il disagio e ci attira a sé. Un ponte consente di superare il fossato per ritrovarsi ai piedi delle possenti mura di cinta, scandite da robusti torrioni circolari e dominate dalla torre del Trovador, a base rettangolare. Curiosi, superiamo il portale controllato da due guardie, ed essendo domenica non paghiamo il biglietto di 5 euro.

La struttura è enorme, frutto di aggiunte avvenute nei secoli, e solo una piccola parte è visitabile in quanto la porzione più recente è destinata agli uffici della Comunità autonoma dell’Aragona. Questo non deve scoraggiare perché il gioiello nascosto al di là delle spesse mura di mattoni è meraviglioso.

patio de santa isabel

Attraversato il cortile gli occhi si calamitano sul Patio de Santa Isabel e si respira l’arte araba. Il porticato circonda uno spazio aperto dove governano la simmetria e le figure geometriche. I decori in stucco in stile mudejar rievocano le emozioni vissute nella maestosa Alhambra di Granada, in Andalusia. Le colonne sottili che sostengono archi elaborati, soffitti a cassettoni anch’essi decorati e gli ornamenti ripetuti all’infinito sono il filo conduttore delle sale aperte sul giardino e di quelle al piano superiore. E’ un esplosione di raffinatezza che raggiunge la massima opulenza nel salone dell’oro, ostentata dai regnanti arabi e poi cattolici. Sedersi alle finestre e guardare al di sotto immaginando concubine e cortigiane calpestare le stesse pietre, sebbene in secoli diversi in rappresentanza di due culture completamente diverse tra loro, che si sono incontrate e scontrate, è spunto di riflessione.

Il brontolio delle nostre pance riporta i pensieri alla realtà. Adesso dobbiamo accontentare Leonardo e a poca distanza dal palazzo ordiniamo pizza e alette di pollo al Papa John’s Pizza, un fast food di discreta qualità in Piazza Europa contraddistinta dall’Obelisco alto 33 metri. Vista la temperatura gradevole ceniamo nei vicini tavoli dell’area verde di San Pablo Rio Ebro con vista privilegiata sul parco giochi.

Il buio scende pian piano senza minare il clima piacevole di inizio autunno che invita a esplorare Saragozza alle luci dei lampioni. Di sera la città acquista un fascino maggiore, romantico e immortale. Così ci incamminiamo verso Plaza del Pilar, ammirando le antiche mura romane che insieme alla statua di Cesare Augusto e alla chiesa di San Juan de los Panetes la chiudono a ovest. Il fragore dell’acqua ci spinge ad accelerare il passo, vogliamo scoprire da dove proviene. Appena l’immensità di Plaza del Pilar si apre davanti a noi, gli spruzzi e i giochi di luce della fontana della Hispanidad, la cui forma ricorda i contorni dell’America Latina, cattura i nostri occhi. Il solo guardarla rinfresca il corpo e rilassa, oltre a vivacizzare la piazza.

Poco distante un enorme globo terrestre in pietra ispira fotografie divertenti ed è preso d’assalto dai bambini che vi corrono attorno. La lunghissima facciata della Basilica occupa gran parte del lato verso il fiume Ebro, poi sorge l’Ayuntamiento, il municipio, mentre il monumento a Francisco Goya chiude lo spazio a est. Oltre si scorge la Cattedrale, la SEO. Il noto pittore spagnolo Goya, i cui ritratti sembrano cogliere l’anima del protagonista, è celebrato nella pinacoteca lì vicino. Di certo merita una visita ma noi l’abbiamo esclusa sia per via della ‘piccola peste’ al seguito che per poco interesse personale.

Usciamo dallo spazio della piazza per sperimentare la strettezza dei vicoli animati dai ristoranti di Tapas, il tipico aperitivo spagnolo con specialità salate, ma pure dolci, che accompagnano le lunghe serate estive. Salame, prosciutto, funghi, olive e molto altro viene servito ai tavolini oppure sistemato sui banconi dei locali per stuzzicare l’appetito. La varietà e la quantità sono talmente tante da sostituire un pasto.

Le vie anguste, eppure piacevoli da percorrere, del cuore storico di Saragozza sfociano in piazzette dove non mancano mai fontane e alberi. Si percepiscono le origine antiche di Saragozza, fondata negli anni antecedenti alla nascita di Cristo dall’imperatore romano Cesare Augusto. La Ruta Romana, cioè l’itinerario che porta alla scoperta delle terme, del foro, del vecchio porto fluviale e del teatro, consente di ripercorrere le origini di Saragozza. In particolare il museo teatro Caesaraugusta ha un grande fascino se lo si ammira alle luci dei lampioni. Per godersi lo spettacolo non è necessario entrare, basta guardare verso il basso, oltre le inferriate che lo proteggono dalla strada. Del percorso romano a noi è bastata questa chicca, l’ultima immagine della città prima di addormentarci stanchi ed entusiasti.

Giorno 2 – Basilica del Pilar, Seo, Parque Grande

basilica del pilar, saragozza

L’eccellente colazione dell’hotel Catalonia El Pilar è il modo migliore per iniziare la giornata con gusto e allegria.

Plaza del Pilar è lì ad attenderci, stavolta illuminata da un sole splendente. La Basilica di Nostra Senora del Pilar appare sempre maestosa ma, se devo essere sincera, con meno fascino rispetto alla visione notturna. Maria Vergine, alla quale è dedicato il magnifico edificio barocco, è la patrona della città. L’appellativo del Pilar deriva dal luogo dove avvenne l’apparizione della Madonna, in cima a un Pilar, una colonna, che nei primi anni dopo Cristo pare esistesse proprio dove oggi sorge la basilica. Per commemorare il sacro evento fu eretta all’inizio una costruzione di modeste dimensioni, poi sostituita a partire dalla seconda metà del 1600 dalle pietre della chiesa attuale. I lavori vennero ultimati oltre due secoli più tardi.

Se l’esterno colpisce per le numerose torri e cupole, l’interno trasuda la pomposità barocca, a partire dalla splendida Cappella del Pilar, cuore della basilica, con la statua di Maria Vergine. Sul retro i fedeli possono sfiorare la pietra originale del pilastro sopra cui avvenne l’apparizione. Si tratta soltanto di un ovale che incastona un pezzo di marmo rosato, ora consumato dai milioni di fedeli passati di qui. Pure io non ho resistito alla tradizione di toccare questo simbolo della fede. Chi ci crede fortemente lo fa con trasporto mentre la maggior parte, me compresa, spera di essere ispirato. Nel resto dell’ambiente spiccano le volte decorate e soprattutto la pala dell’altare maggiore scolpita nell’alabastro e dedicata all’Assunzione.

L’ingresso alla Basilica è libera, la salita in ascensore alla Torre Veia ha invece un costo di 3 euro a persona, soldi a mio parere ben spesi per godere del panorama sulle cupole policrome, il fiume e l’intera città.

Usciti di nuovo nel sole abbagliante scorgiamo la sagoma elegante della Seo che chiude a est Plaza del Pilar. La sua bellezza si eclissa un poco accanto alla grandiosità della Basilica. L’esterno infatti, a eccezione dello slanciato campanile, non rende giustizia alla bellezza dell’interno. L’edificio è dedicato al Signore, salvatore di tutte le creature, e la fede sperimentata dagli uomini nel corso dei secoli diviene tangibile attraverso l’arte. La spiritualità si tramuta in statue, intagli e decori di ogni genere. I Santi prendono vita, celebrati da sculture la cui espressività è talmente profonda da impressionare. La storia dell’edificio inizia nel 1300, lo stile gotico testimonia tale periodo, per poi ampliarsi alla fine del 1400 esibendo elementi rinascimentali, come l’utilizzo di geometrie semplici nella planimetria, e barocchi, nell’opulenza delle decorazioni e della facciata.

Varcata la soglia si trova un ambiente ben illuminato dalla luce naturale che illumina ben sedici cappelle. Inutile dire che per concedere a ognuna di esse il giusto tempo di contemplazione occorrerebbe rimanere una giornata, troppo per un breve viaggio come il nostro e un impaziente pargolo di tre anni. Così gli occhi scorrono veloci da un Santo all’altro per indugiare sulla raffinatezza della pala dell’altare Maggiore in alabastro, fitto di dettagli. La anticipa il Lucernario a cupola con elementi in stile gotico-mudejar che tanto apprezzo, gli stessi che ho conosciuto e di cui mi sono innamorata nell’Alambra di Granada, e che caratterizza pure il muro esterno della Cappella di San Michele. Causa restauri non è stato possibile entrare nel Museo Capitolare, perdita compensata dall’esposizione di Arazzi ai piani superiori, comprendente pure oggetti di arte sacra.

Non volendo sfidare oltre la pazienza di Leonardo, abbandoniamo chiese e statue di Saragozza per immergerci nel caos del Mercato Centrale, appena oltre Plaza del Pilar. Non centra nulla con la vasta e coloratissima Boqueria sulla Rambla di Barcellona, tuttavia è un luogo dove poter acquistare frutta e verdura, il nostro pranzo di oggi, a prezzi ottimi.

Proprio fuori transita l’unica tranvia di Saragozza, davvero comoda per raggiungere il Parque Grande José Antonio Labordeta, ed economica visto il costo del biglietto singolo di 1,35 euro.

Il parco è il polmone della città e se viaggiate con i bambini è un’ottima opzione per trascorrere qualche ora di relax all’ombra degli alberi, giocando a palla nei prati e lasciando sfogare i piccoli su scivoli e altalene. Il paragone con gli enormi Englisher Garten di Monaco di Baviera ci viene spontaneo essendo stati da poco nella capitale bavarese. Quest’area è molto più piccola e meno verde a causa pure del clima siccitoso. Non si nuota nel fiume e non esistono laghi dove surfare ma merita comunque un giretto. La parte migliore è quella attorno ai salti d’acqua della fontana monumentale. Due scalinate la abbracciano ,permettendo di raggiungerne la cima, e da lì la vista non è niente male.

Tornando in centro con il tram scendiamo alla fermata in Avenida de Césare Augusto, 45 per percorrere a piedi la bella via, pulita e alberata, piena di negozi e bar. Lì la vetrina del Panishop, chiamato proprio con il nome del fondatore di Saragozza, ci invita a entrare per gustare una merenda sfiziosa a base di pasticcini di produzione proprio. Prima di uscire acquistiamo pure dei bocadillos imbottiti, ovvero delle baguette riempite con verdura o salumi, da consumare all’aperto per cena.

Il programma per la serata è infatti quello di sfruttare appieno la piacevolezza del clima. Esploriamo i giardini del Palacio de la Aljaferia per avere una visione completa del grande complesso monumentale, quindi puntiamo verso il fiume Ebro.

La passerella pedonale, Pasarela Voluntariado, distesa sopra le sue acque offre un punto di osservazione privilegiato sulle due anime della città. La parte storica dove svettano i campanili della Basilica del Pilar e quella moderna con i nuovi edifici del palazzo del congresso, la torre del Agua, l’acquario fluvial. Saragozza infatti guarda al futuro, si espande, allunga le piste ciclabili e crea nuovi parchi per promuovere una viabilità sostenibile e aumentare la qualità di vita dei cittadini.

I giochi situati nelle vicinanze del ponte sono un luogo perfetto per le famiglie: i bimbi si divertono e i genitori possono concedersi un pic nic rilassante.

Concludiamo la serata con un altro giro in centro per imprimere bene nella mente gli scorci romantici di una città le cui luci si specchiano nell’Ebro.

Giorno 3 – Monasteiro de Piedra

monasteiro de piedra

La mattina si torna nel piccolo aeroporto di Saragozza, ma non è ancora il momento di imbarcarsi sull’aereo per l’Italia. Infatti, dobbiamo noleggiare l’automobile presso la compagnia Hertz, prenotata sul sito Autoeurope.it, molto conveniente.

Circa 100 chilometri da percorrere per la maggior parte su autostrade, gratuite, ci dividono dalla meta. Allontanandosi da Saragozza le abitazioni diminuiscono, concentrandosi solo in piccoli e rari paesi dispersi nel nulla. La pianura arida è interrotta da verdi campi coltivati, che poi si tramutano in colline di ulivi, vigneti e alberi da frutto. La terra è fertile sebbene appaia sterile, grazie agli sforzi dei contadini. Si attraversano canyon e formazioni di arenaria rossa che ricordano scorci dello sconfinato ovest americano.

A una trentina di km dall’arrivo bisogna uscire dalla strada a scorrimento veloce per imboccare un serpentone di asfalto pieno di curve e saliscendi che si si insinua tra i poggi via via più alti e serrati. Compaiono i boschi di conifere e capiamo di essere vicini, nulla però lascia a immaginare le bellezze celate nel Monasteiro de Piedra. Gli orari di apertura variano a seconda della stagione, quindi è meglio consultare il sito, e il prezzo del biglietto è di 14,40 euro on-line, 16 euro in loco. I giardini con parco giochi, bar e ristorante, wc, self service e area pic nic anticipano l’antica abbazia.

Le sue mura rispecchiano l’architettura cistercense e risalgono al 400 d.C., sebbene sia stata consacrata solo, si fa per dire, nel 1218. I ruderi della grande chiesa di Santa Maria, eretta in stile gotico e ora scoperchiata, non hanno perso la propria sacralità e si appoggiano al chiostro invece ben conservato. Sul corridoio aperto verso il cortile interno e abbellito da volte decorate si affacciavano le sale monacali come la cucina, il refettorio e la sala capitolare. I sotterranei ospitano il museo del vino reso interessante dai plastici e dalla location, ovviamente. Gli attigui alloggi, un tempo dei monaci, oggi ospitano un albergo tre stelle con spa.

Tutto è curato, bello, ma il gioiello del luogo non sono né l’hotel, né il monastero. Una discesa conduce al fondo di una lussureggiante vallata ed è qui che sembra di essere finiti in paradiso.

Grosse piante di noci e ippocastani ombreggiano i praticelli tagliati all’inglese. Tutto è così verde e tranquillo, solo il fruscio dei fiumi e il suono di una miriade di cascatelle si mischiano al canto degli uccelli. Passeggiare sui sentieri e sopra i ponticelli, costeggiare laghetti e ammirare l’acqua che sembra sgorgare direttamente dai sassi porosi e dal muschio fa perdere il senso del tempo. Persino l’orientamento, dopo un po’, viene messo a dura prova in un luogo dove l’importante non è l’arrivare in fondo, bensì godere di ogni singolo passo. Molti definisco il parco del Monasteiro de Piedra una piccola Plitvice. Non avendo ancora visitato la famosa riserva in Croazia posso solo credere a un tale accostamento. Tuttavia so per certo che la versione spagnola ci ha regalato l’emozione unica e profonda di attraversare la roccia, un po’ come fece Jules Verne nel suo romanzo ‘Viaggio al centro della terra’.

Uno stretto passaggio si apre nella Gruta Iris. Qui una gradinata tortuosa, ripida e scivolosa si incunea in discesa nella pietra. Piccole aperture consentono di vedere i bordi dell’alta cascata Cola de Caballo, poi tutto si chiude e solo le luci artificiali illuminano il percorso. All’improvviso il fragore della cascata che precipita nel lago penetra nelle orecchie e ci troviamo nella profonda caverna dietro di essa: spettacolare! Rabbrividiamo, le gocce gelide inzuppano i vestiti, eppure trascorriamo qui qualche minuto perché la bellezza del posto e tanto estrema quanto esaltante. Alla fine, un tunnel scavato nella roccia riporta nella tranquillità accogliente e rassicurante del bosco, ma una discesa non ci basta e ripetiamo un’altra volta il percorso.

Le sensazioni sperimentate lì le rivivremo guardando le foto, poi chiuderemo gli occhi per pensare intensamente a quegli attimi vissuti al Monasteiro de Piedra.

Per l’ultima cena spagnola torniamo a Saragozza ad assaggiare le famose tapas del bar ristorante Los Victorinos in Calle José de la Hera, un vicolo a due passi da Plaza del Pilar. Il cibo è davvero buono, così come la varietà e il rapporto qualità prezzo. Il locale non è grande, perciò il fine settimana è difficile trovare un posto, meglio andarci, come noi, nei giorni feriali.

Giorno 4 – Castillo de Loarre, Puerto Venecia

 
 
 
 
 
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Un post condiviso da E. Pernilla E. Karlsson (@spanien_med_pernilla)

Da un monastero a un castello. Dalla zona meridionale dell’Aragona a quella settentrionale, così da fotografare un’immagine fugace di questa regione. I canyon rossastri che hanno caratterizzato il percorso di ieri, oggi sono sostituiti da immensi pianori, almeno fino a quando non giungiamo ai piedi dello sperone sopra cui si accovaccia il Castillo de Loarre, dopo cento chilometri e un’ora abbondante di guida.

La fortezza sorge al limitare della catena montuosa dei Pirenei, non lontano dalla cittadina di Huesca, e il clima fresco e ventoso testimonia il cambiamento di morfologia del territorio. La nota rivista National Geographic nel suo numero di febbraio 2019 l’ha annoverato tra i 21 castelli più belli del mondo. Man mano che si percorre la strada in salita è difficile staccare gli occhi dal castello che sorveglia la sconfinata pianura sottostante.

Costruito nell’XI secolo, rappresenta uno degli esempi meglio conservati di complesso militare e residenziale d’Europa. Varcato il portale nella cinta muraria ci si trova al cospetto del maniero, incorniciato da un panorama mozzafiato che si allarga seguendo il viale e accedendo al nucleo medievale.

Oltre il portone in pietra comincia un irto scalone su cui si apre la Cripta, utilizzata per la preghiera e la sepoltura. Poi l’ambiente ampio e luminoso della chiesa de San Piedro compare verso la vallata. L’interno è illuminato dalla luce naturale che filtra attraverso le finestre decorate con colonnine. È spoglio e questo aspetto esalta maggiormente gli ornamenti sulle pareti e le cupole. Si sale ancora per affiancare un locale usato come dispensa dai frati e trasformato in prigione dai nobili, e l’originaria porzione del monastero adibita a camere dei chierici e successivamente dei signori. I gradini non sono ancora finiti e servono per superare il dislivello fino all’ultimo piano con la chiesa de Santa Maria, le cucine, la terrazza, l’armeria, la torre della regina e quella più alta del complesso. Dai suoi 22 metri di altezza si ammirano ancora oggi, come un tempo, delle vedute indimenticabili.

Con questi scenari negli occhi torniamo nella periferia di Saragozza lasciandoci alle spalle il profilo montuoso dei Pirenei.

In tarda serata l’aereo ci riporterà in Italia, ma adesso abbiamo ancora del tempo per scoprire un’ultima attrazione di Saragozza, molto diversa da tutte quelle già visitate. Sto parlando di Intu Puerto Venecia, un nuovo centro commerciale costruito per il divertimento di tutta la famiglia attorno a un lago, ispirato alla romantica Venezia. Per emulare l’ambientazione veneziana è possibile noleggiare una barchetta e remare tra le increspature dell’acqua, passando persino sotto un ponticello. Ci si può stendere al sole sulle rive del laghetto, volare sopra di esso con una carrucola, testare le proprie abilità fisiche al parco avventura, divertirsi a Neverland, una grande sala giochi per bambini, assaggiare una varietà di cucine e ovviamente fare shopping. La posizione strategica a una manciata di chilometri dall’aeroporto e dal centro lo rendono un luogo perfetto per trascorrere qualche ora di svago e spensieratezza.

In una regione con così tante attrattive, divertimenti, monumenti, castelli e buon cibo bisognerebbe trascorrerci un mese, senza correre il rischio di annoiarsi.

È questo l’ultimo pensiero dedicato all’Aragona che accompagna il decollo, assieme al profumo intenso delle tapas tiepide, alla magica atmosfera serale di Plaza del Pilar di Saragozza e all’emozionante discesa nella roccia al Monasteiro de Piedra.

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