Deserti, grattacieli e meraviglie d’ogni tipo: 2000 km per un viaggio (fuori stagione) negli Emirati Arabi

Quasi duemila chilometri a spasso negli EAU
Scritto da: LucaGiramondo
deserti, grattacieli e meraviglie d'ogni tipo: 2000 km per un viaggio (fuori stagione) negli emirati arabi

Viaggio fuori stagione (ma solo per la data di pubblicazione del diario, n.d.R.) verso gli Emirati Arabi Uniti, per scoprire una delle terre che si sta aprendo maggiormente al turismo negli ultimi anni.

Emirati Arabi on the road – Diario di viaggio

Sabato 23 dicembre – Verso Istanbul

Dopo diversi anni (quasi un decennio) decidiamo di fare un viaggio durante le festività natalizie e per la prima volta includeremo anche Capodanno.

Faremo un viaggio al caldo (seppur limitato, vista la stagione) degli Emirati Arabi Uniti, uno dei principali stati della Penisola Arabica, affacciato sul Golfo Persico e con una estensione di poco più di 80.000 chilometri quadrati, nonché uno dei più ricchi al mondo, grazie alla sua industria petrolifera.

In realtà volevamo includere anche un pezzetto di Oman (in gran parte già visitato in un precedente viaggio) e più precisamente la regione del Musandam, ma non è stato possibile ottenere, dalle compagnie di autonoleggio, l’autorizzazione ad andarci, per cui quasi all’ultimo siamo stati costretti a rinunciarvi e a modificare i programmi.

Partiamo da casa alle 14:55 di una calda… sì, di una calda giornata di dicembre, con il termometro che supera incredibilmente i venti gradi! Così facendo un quarto d’ora più tardi entriamo in autostrada A14 a Faenza, diretti a nord, e dopo neanche un giro completo di lancette giungiamo al Bravo Parking, nei pressi dell’Aeroporto Marconi di Bologna, dove lasceremo in deposito l’auto fino al rientro.

Con la navetta gratuita guadagniamo poi la zona delle partenze. Individuiamo il nostro banco, al quale imbarchiamo le valigie direttamente per Dubai, quindi oltrepassiamo i controlli di sicurezza e ci mettiamo in attesa del volo TK1326 alla porta 24.

Tutto procede secondo i programmi, fin quando sui videoterminali viene segnalato un quarto d’ora di ritardo, che non sarebbe nulla se non fosse per i tempi piuttosto stretti nello scalo ad Istanbul per il secondo volo.

Il problema si dilata poi ulteriormente e l’Airbus A321 di Turkish Airlines stacca da terra alle 19:51, con oltre mezzora di gap sull’orario previsto. Speriamo in un provvidenziale recupero, altrimenti la vedo davvero dura.

Attraversiamo l’Adriatico all’altezza della foce del Po, quindi la Penisola Balcanica e da lì planiamo dolcemente in direzione dell’aeroporto di Istanbul, sulla cui pista atterriamo alle 23:46 locali (due ore in più rispetto all’Italia), recuperando anche abbastanza, ma poi impieghiamo quasi mezzora a raggiungere il terminal, tanto che si fa.

Domenica 24 dicembre – Arrivo a Dubai

museo del futuro di dubai

Sbarchiamo al Terminal F, ma il prossimo aereo partirà dal D. Camminiamo allora per l’immenso Grand Airport e giungiamo alla porta giusta proprio mentre stanno per iniziare le operazioni di imbarco. Poco dopo saliamo così a bordo del grosso Boeing 777-300 della Turkish Airlines, che all’1:57 prende quota, identificato come volo TK0762. Noi ce l’abbiamo fatta, speriamo anche le valigie!

Sorvoliamo tutta la Turchia, da ovest ad est, poi l’Iraq e il Golfo Persico per atterrare, senza problemi, alle 6:41 locali (tre ore in più rispetto all’Italia), nell’aeroporto internazionale di Dubai.

Usciamo dai controlli doganali, recuperiamo con un respiro di sollievo le nostre valigie, quindi ci fermiamo alla Europcar dove, poco dopo, ci consegnano una bella e potente Ford Explorer grigia (targata Y57123). Con quella poi, seppur frastornati dopo la notte insonne, partiamo subito per visitare Dubai, capitale dell’omonimo emirato, uno dei sette che formano lo stato, e metropoli più popolosa degli Emirati Arabi Uniti, con 3,65 milioni di abitanti.

Appena usciti dal parcheggio degli autonoleggi del Terminal 1 percorriamo pochi chilometri lungo larghissime strade a più corsie e arriviamo in prossimità del primo luogo di un certo interesse: la Dubai Frame, che in inglese vuol dire cornice. Si tratta infatti di un eccentrico edificio con la forma di una gigantesca cornice (la più grande del mondo), composta da due torri ed una passerella orizzontale posta a 150 metri di altezza. Inaugurata il primo gennaio 2018, dopo circa dieci anni di lavori, è una delle mega opere costruite per l’Expo 2020.

Dopo aver parcheggiato entriamo a piedi nel Parco Zabeel, dove si trova la Dubai Frame, così possiamo fotografarla con la giusta luce, ma non vi saliamo alla sommità, vista la densa foschia che avvolge il paesaggio intorno a noi.

Successivamente, riguadagnata l’auto, ci spostiamo fin quasi al mare, nel quartiere di Jumeirah, dove si trova la Jumeirah Mosque, la più bella e importante della città ed anche una delle poche accessibili ai non musulmani, seppur unicamente con visita guidata, alle 10:00 del mattino, oppure alle 14:00, nel pomeriggio, e noi puntiamo chiaramente alla prima delle due opzioni.

Costruita tutta in pietra bianca, in uno stile architettonico originario della Siria, la Grande Moschea di Jumeirah è stata inaugurata nel 1979 ed è un dono del defunto sceicco Rashid bin Saeed Al Maktoum, ex sovrano di Dubai e padre dell’attuale reggente, lo sceicco Mohammed bin Rashid Al Maktoum. Ci aggreghiamo così ad un nutrito gruppo di turisti e prendiamo parte alla visita guidata, che ci porta ad esplorare gli interessanti e sfarzosi interni, così come interessanti sarebbero probabilmente anche le spiegazioni, se non fosse per il nostro pessimo inglese, che ben presto ci fa perdere il filo del discorso, lasciando spazio ad un briciolo di noia.

Comunque soddisfatti dell’esperienza e scattate le dovute foto, all’uscita dalla moschea ci avviamo in direzione di Bur Dubai, la zona più vecchia e ricca di storia della città, che si sviluppò attorno all’Al Fahidi Fort, scenografica costruzione difensiva che, eretta nel 1800, è considerata la più antica della città. Purtroppo però è chiusa per restauri.

Ci avviamo allora in passeggiata lungo il Dubai Creek, uno stretto braccio di mare che si insinua nella costa, utilizzato in passato come porto naturale e oggi solcato da numerose abra, le tradizionali e colorate imbarcazioni locali.

Così facendo giungiamo all’ingresso dello storico quartiere di Al Fahidi, perfettamente restaurato, che rende l’idea di come doveva essere Dubai verso la metà del XIX secolo, con le sue case color sabbia, sormontate dalle tipiche “torri del vento”, che fornivano aria condizionata naturale, grazie alla differenza di temperatura e di pressione fra l’esterno e l’interno dell’edificio.

Tornati sui nostri passi verso il centro di Bur Dubai ci avventuriamo anche nell’omonimo souk, un tempo il più importante della città, che sarebbe anche interessante se non fosse per i venditori, fin troppo insistenti.

Vorremmo infine attraversare il Creek, sulla linea numero uno delle abra, per raggiungere sulla sponda opposta il quartiere di Deira, dove sono collocati altri souk, ma il servizio in questa tratta è sospeso causa lavori, allora andiamo a cercare qualcosa da mettere sotto ai denti, prima di ripartire alla volta del moderno cuore di Dubai.

Percorrendo così la smisurata Sheikh Zayed Road, fra due ali di scenografici grattacieli, giungiamo nei pressi dello strabiliante Museun of the Future, del quale intendiamo soprattutto ammirare l’originale struttura, opera, nel 2002, dell’architetto sudafricano Shaun Killa.

L’edificio è stato progettato con una forma toroidale asimmetrica in acciaio e vetro, completamente ricoperto di finestre modellate in caratteri arabi, che vanno a formare veri e propri versi poetici, composti personalmente da Sua Altezza, lo sceicco Mohammed bin Rashid Al Maktoum. La sua incredibile silhouette si staglia poi sullo sfondo di numerosi grattacieli, fra i quali le Emirates Towers, fra i primi elementi ad aver caratterizzato lo skyline di Dubai a partire dal 2000, l’anno della loro inaugurazione.

Dal Museum of the Future ci spostiamo quindi di una decina di chilometri verso la periferia della città, per consumare una piccola parentesi naturalistica presso la zona paludosa di Ras Al Khor.

In questo ambiente acquitrinoso, che si estende per qualche chilometro quadrato, proprio ai margini di una superstrada, si radunano, nei mesi invernali, tantissimi fenicotteri, osservabili grazie ad una postazione, ben costruita e mimetizzata, che permette di immortalarli sullo sfondo dei grattacieli in lontananza… un’esperienza davvero meritevole di attenzione.

Ora non ci resta che andare verso il clou di giornata, ovvero la straordinaria Downtown Dubai, uno dei quartieri più belli e sorprendenti della città, sorto praticamente dal nulla in un paio di decenni, realizzato e progettato dalla Emaar, una delle aziende costruttrici più importanti dell’intero Medio Oriente.

È una strepitosa concentrazione di grattacieli, a partire da sua maestà, il Burj Khalifa, la cui sagoma si distingue già da parecchi chilometri di distanza, non per niente, inaugurato nel 2010, è la struttura artificiale più alta del mondo, con i suoi 829 metri. Un progetto dello studio di architettura Som, lo stesso del nuovo World Trade Center di New York.

Lasciamo la nostra auto praticamente alla base dell’Address Sky View, un originale edificio formato da due torri alte più di duecento metri, collegate da una grande piattaforma panoramica e poi a piedi raggiungiamo in centro di Downtown, dove si trova il Burj Khalifa Lake, un azzurrissimo specchio d’acqua nel quale si riflettono i grattacieli circostanti, oltre all’avveniristico palazzo dell’Opera House, mentre le rive brulicano di gente, attratta dalle più svariate attività commerciali.

Vaghiamo per un po’, alla ricerca delle migliori angolazioni in cui immortalare il re dei grattacieli, e poi, sfruttando la prenotazione fatta fin da casa, saliamo anche sul Burj Khalifa, al “At the Top”, la terrazza panoramica posta al 124° piano (452 metri di altezza), mediante un modernissimo ascensore, che viaggia a dieci metri al secondo.

Da lassù il panorama sarebbe grandioso se non fosse per la densa e onnipresente foschia, ma poi ci pensa il sole, con un infuocato tramonto, a risollevare un po’ la situazione.

Scendiamo dal Burj Khalifa che son quasi le 18:00, giusto in tempo per assistere al primo show della Dubai Fountain, un sistema di fontane danzanti collocate nel bel mezzo del lago di Downtown. Il più grande progetto del genere al mondo, opera della Wet Design, la stessa azienda delle famose fontane del Bellagio di Las Vegas. La Dubai Fountain, in particolare, spara getti d’acqua che raggiungono un’altezza massima di 150 metri ed è ravvivata da 6.600 luci e 25 proiettori che si esibiscono nello strepitoso contorno dei grattacieli illuminati … bellissimo!

Al termine dello spettacolo siamo però ormai agli sgoccioli delle nostre forze e ci restano solo quelle necessarie a raggiungere, nel sud della città e col buio ormai completo, l’Hotel Atana, che ci ospiterà per la prima notte del viaggio.

Ceniamo (non proprio bene) nel ristorante della struttura e poi ci trasciniamo in camera a riposare, con ancora negli occhi le opulenti bellezze di Dubai.

Dubai – Lunedì 25 dicembre

dubai

Oggi è il secondo giorno di visite a Dubai, ma è anche il giorno di Natale, ed è una bellissima sensazione!

Nei nostri programmi c’è l’esplorazione della parte più meridionale della città, così, una volta fatto checkout, andiamo ad una manciata di chilometri di distanza nel quartiere di Jumeirah e più precisamente a Jumeirah Public Beach, ma per un motivo ben preciso. Da questa spiaggia, infatti, si può osservare, in lontananza, il famoso Burj Al Arab, l’edificio a forma di vela, costruito nel 1999 su di un isolotto a poche decine di metri dalla costa, che si innalza per 321 metri, così da offrire ai suoi esclusivi ospiti viste mozzafiato sulla città.

Il Burj Al Arab, non per niente, è un hotel di lusso, composto di sole suite e insignito dello status di “hotel a sette stelle”. Peccato solo che negli ultimi anni a Jumeirah Beach abbiano costruito, fronte mare, un altro enorme hotel, che impedisce in parte la vista di uno dei più iconici edifici di Dubai.

Proviamo così a recarci di fronte al gate di ingresso del Burj Al Arab, ma non c’è neppure modo di fermarsi, allora andiamo a parcheggiare nei sotterranei del vicino Souk Madinat Jumeirah e, passando attraverso il souk, che in realtà è un moderno centro commerciale, cerchiamo di raggiungere la prospicente spiaggia, per poi da lì camminare fin di fronte al famoso hotel… troviamo però ancora la via sbarrata, perché la spiaggia è privata e non accessibile. Scattiamo quindi qualche altra foto del Burj Al Arab in lontananza e per non lasciare nulla di intentato, a piedi, torniamo al gate d’ingresso, ottenendo una discreta inquadratura, ma non ciò che avremmo voluto. La battaglia è persa e dobbiamo arrenderci.

Dal quartiere di Jumeirah ci spostiamo poi una decina di chilometri più a sud, a Dubai Marina, un’altra incredibile zona, costruita dal nulla in circa vent’anni, di questa sorprendente città. Un’opera della Emaar Properties (la stessa di Downtown), che ha messo in piedi una sfilata inebriante di moderni palazzi, dislocati lungo i 3,5 chilometri del formidabile porto turistico. Parcheggiamo con l’intenzione di andare ad esplorare la porzione più settentrionale della marina, quella dove sono concentrati la maggior parte degli avveniristici grattacieli, fra i quali la Cayan Tower, dalla inconfondibile silhouette caratterizzata da una torsione a spirale di novanta gradi. Completiamo così una bellissima passeggiata, in un incredibile ambiente, disseminato anche di surreali addobbi natalizi.

Fatta spesa andiamo poi a lasciare l’auto poco più a sud, in un enorme parcheggio sotterraneo, per accedere a JBR Beach, la spiaggia pubblica di Dubai Marina, che brulica di bagnanti.

Ci sistemiamo con i nostri teli in riva al mare e da lì ci godiamo la vista della bianca distesa di sabbia bordata di grattacieli, fra i quali l’originale sagoma bucata dell’Address Beach Resort, e davanti a noi la gigantesca Ain Dubai, la ruota panoramica che, con i suoi 250 metri di diametro, è la più grande al mondo nel suo genere.

Lì consumiamo il nostro indimenticabile pranzo di Natale, fatto di sandwich al formaggio e mortadella di manzo, quindi proviamo anche l’ebrezza di un bagno natalizio, in un mare non proprio caldissimo, ma piacevole. Restiamo a JBR Beach fin verso le 15:30, quando facciamo ritorno alla nostra auto per riprendere l’itinerario, che ci porterà ad Abu Dhabi, la capitale degli Emirati Arabi Uniti.

Ci sono da percorrere solo un centinaio di chilometri di comoda autostrada, durante i quali abbandoniamo l’area metropolitana per solcare paesaggi decisamente più desertici, e già prima delle 17:00 giungiamo nella periferia di Abu Dhabi e più precisamente nei pressi dell’autodromo di Formula 1 di Yas Marina, dove un mese fa si è concluso il campionato, con l’ennesima vittoria di Max Verstappen e la sua Red Bull.

Cerchiamo di scattare qualche foto del circuito, poi passiamo anche accanto al parco tematico Ferrari World e da lì andiamo verso il centro della capitale, che dista ancora una trentina di chilometri. Col buio ormai completo giungiamo così al Royal Rose Hotel, sfarzosa struttura ispirata ai palazzi parigini del XVII secolo, che ci ospiterà per le prossime due notti, quindi usciamo a cena, nelle vicinanze, da Domino’s Pizza, prima di ritirarci in camera a riposare e riordinare le idee per la visita di domani alla città.

Abu Dhabi – Martedì 26 dicembre

gran moschea dello sceicco zayed

Va ad iniziare così un nuovo episodio della vacanza con l’esplorazione di Abu Dhabi, capitale e seconda metropoli del paese, con 1,6 milioni di abitanti (e pensare che, prima della fondazione dello stato, negli anni settanta, ne aveva poco più di sessantamila!).

Quando partiamo dall’hotel, intorno alle 9:00, la città è avvolta in una densa foschia, poi, andando verso la periferia orientale la foschia diventa nebbia e mentre arriviamo al primo luogo di un certo interesse, la Sheikh Zayed Grand Mosque, sembra di essere più ad Occhiobello che nella Penisola Arabica. La moschea, che ci apprestiamo a visitare, fu eretta fra il 1996 ed il 2007 per volere dell’omonimo sceicco, padre fondatore degli Emirati Arabi Uniti, ed è una delle più grandi al mondo, con oltre 80 cupole, più di mille colonne e quattro minareti alti 107 metri. Può contenere circa quarantamila fedeli e per la sua costruzione furono utilizzate oltre centomila tonnellate di marmo bianco, facendone un vero e proprio capolavoro dell’architettura e del design islamico moderno.

L’edificio religioso è accessibile anche ai non musulmani, ma la procedura per esservi ammessi è talmente lunga e complicata che quando finalmente ci presentiamo al suo cospetto il sole si è divorato quasi completamente la nebbia, così possiamo goderci i suoi meravigliosi e candidi prospetti, che si riflettono sugli specchi d’acqua circostanti e si stagliano sull’azzurro del cielo.

Anche gli interni, ricchi di sfarzosi tesori e dell’immenso tappeto (intrecciato da 1.300 artigiani iraniani), che ricopre la sala di preghiere più grande al mondo, sono eccezionali e ci impegnano, a giusta ragione, più del previsto, così all’uscita siamo già in netto ritardo rispetto ai programmi.

Dopo la Sheikh Zayed Grand Mosque vediamo l’attiguo Wahat Al Karma: un moderno memoriale dedicato ai martiri degli Emirati Arabi e caratterizzato da una imponente struttura composta di enormi pannelli inclinati e appoggiati uno sull’altro e da una piazza sommersa da un velo d’acqua, sul quale si riflette il profilo della prospicente grande moschea.

Subito dopo passiamo accanto al Al Naqta Fort, uno degli edifici più antichi della città, e all’avveniristico Zayed Bridge, dal curioso profilo, che si rifà alle dune del deserto, e guadagniamo la vista del singolare Capital Gate, una moderna torre alta 160 metri la cui peculiarità è l’inclinazione, di ben 18 gradi (quasi quattro volte quella di Pisa!), che gli ha permesso di essere nominata nel Guinness World Record come l’edificio più pendente al mondo.

In questo modo ci approssimiamo al centro storico di Abu Dhabi, per andare a far visita al Qasr Al Hosn che, costruito intorno al 1790, è la più antica struttura della città, in origine dimora dell’attuale famiglia oggi al potere. Perfettamente restaurata, la fortezza, si può esplorare mentre fa bella mostra di sé sullo sfondo di modernissimi grattacieli.

Fatta spesa in un supermarket nei paraggi andiamo poi a consumare il nostro pranzo sull’isola prospiciente la costa, dove si trova l’enorme palazzo del Fairmont Marina Residences, ma anche l’Abu Dhabi Heritage Village, ovvero la ricostruzione di un vecchio villaggio locale, con bella vista sulla quinta di grattacieli più importate della capitale. Da lì, più tardi, ci spostiamo ancora sul continente e andiamo a parcheggiare nei pressi del Founder’s Memorial, un’opera monumentale, immersa in uno spazio verde, che espone un ritratto tridimensionale dello sceicco Zayed, che però dovrebbe spiccare molto meglio nell’oscurità, grazie ad una miriade di luci.

Dal memoriale, a piedi, passiamo poi di fronte ad uno scenografico gruppo di grattacieli, fra i quali le Ethiad Towers, dove si sarebbe potuto anche salire, se non fosse per la onnipresente foschia, per vedere la città da trecento metri d’altezza, ma non ne vale la pena, allora andiamo, proprio di fronte, nell’immenso Emirates Palace, una delle costruzioni più vaste al mondo, con il corpo principale che si estende per oltre un chilometro, ricco di 114 cupole. Al suo interno, sotto ad oltre mille lampadari, si sviluppa un lussuoso hotel, nella cui hall si può però liberamente accedere, per osservare, vista la ricorrenza, un enorme albero di Natale.

Mentre son quasi le 16:00 recuperiamo l’auto e andiamo, nella stessa zona della città, al parcheggio del Qasr Al Watan, il palazzo presidenziale degli Emirati Arabi Uniti, costruito fra il 2010 ed il 2017 e aperto ai comuni turisti dal 2019, salvo la presenza di cerimonie ufficiali e di capi di stato stranieri.

Dopo una discreta coda per acquistare i necessari biglietti saliamo così sulla navetta che ci accompagna di fronte al sontuoso palazzo, del quale, varcato il massiccio portone d’ingresso, esploriamo anche gli immensi saloni, decorati con arabeschi e marmi intagliati… un vero e proprio schiaffo alla miseria, una costruzione da mille e una notte, che nella nostra era solo in questa area del mondo si sarebbe potuta realizzare.

Con sollecitudine, poco dopo le 17:00, ci lasciamo alle spalle anche il Qasr Al Watan, per costeggiare la lunga spiaggia della capitale e andare nella zona nord della città, dove si trova il Louvre Abu Dhabi, una succursale del noto museo parigino, che contiene alcune interessanti opere d’arte e presenta una architettura avveniristica. Giunti però all’ingresso non ci fanno entrare perché avremmo dovuto acquistare il biglietto online e a quest’ora non è più possibile farlo… peccato! Ci consoliamo allora con uno spettacolo di droni, che si svolge al tramonto, sopra alla grande cupola del museo.

Mentre l’oscurità si prende la scena rientriamo poi al Royal Rose Hotel e poco più tardi usciamo a cena nei dintorni, all’Halais Restaurant, un piccolo locale gestito da asiatici. Lì mangiamo onesti hamburger e kebab ad un prezzo davvero irrisorio: cinque euro a testa! … Gli Emirati Arabi sono un paese davvero pieno di contrasti, se si pensa invece ai lussuosi hotel da migliaia di euro a notte, e naturalmente la sua eccentrica capitale ne è lo specchio e l’esempio più eclatante.

Deserto di Abu Dhabi – Mercoledì 27 dicembre

long salt lake

Oggi lasceremo le metropoli, per cui il paese va famoso, e ci spingeremo a sud, nelle regioni più interne, dove a dominare la scena sono i paesaggi desertici, di certo non meno intriganti dei grattacieli.

Prendiamo il via poco dopo le 8:00 da Abu Dhabi, puntando il navigatore sul primo obiettivo di giornata, che si trova appena fuori la capitale. C’è molta meno nebbia di ieri, ma poi, quando abbandoniamo la superstrada e giungiamo nelle vicinanze della Al Wathba Fossil Dunes Protected Area entriamo in un fitto banco e poi troviamo anche chiuso per lavori il gate di accesso al sito, che contiene un’interessante concentrazione di dune fossili, risalenti a circa quattro milioni di anni fa … peccato! … Non certo il modo migliore di iniziare la giornata!

Per fortuna poi la nebbia si dirada rapidamente e da lì, seguendo una pista che corre sotto ad un elettrodotto per qualche chilometro, attraverso un arido e suggestivo paesaggio, arriviamo nei pressi del Long Salt Lake, un luogo scovato per caso sul web. Anche questo sarebbe chiuso, ma non c’è nessuno e ignoriamo i cartelli di divieto di accesso, così possiamo vedere questo canale artificiale il cui elevato contenuto salino, emerso dal sottosuolo, ha portato alla formazione di bianchissimi cristalli, in contrasto con l’azzurrissima acqua e l’ambiente desertico circostante.

Scattiamo qualche buona foto e poi torniamo sui nostri passi fino a riguadagnare, tutto sommato soddisfatti, la superstrada. Percorrendo la E11 per cinquanta chilometri guadagniamo così lo svincolo che ci porta ad imboccare la strada E65, un incredibile nastro d’asfalto, quasi completamente rettilineo, che corre verso il Liwa Desert, ovvero il lembo più settentrionale del Rub’ al Khali, il cosiddetto Quarto Vuoto, che è il più grande deserto di sabbia al mondo! Dopo aver percorso un discreto tragitto, già fiancheggiati da splendide dune, conquistiamo il cartello che indica l’attraversamento del Tropico del Cancro e proseguendo oltre giungiamo in vista dell’Oasi di Liwa, una mezzaluna verde che si estende per oltre cento chilometri, da est a ovest, nel cuore del deserto.

Le sue radici risalgono a molti secoli fa, quando i beduini della tribù Bani Yas riuscirono ad estrarre acqua dalle profondità per coltivare datteri. Da allora Liwa si sviluppò per diventare un’oasi fiorente, con insediamenti e villaggi, dai quali ebbe origine anche l’attuale famiglia reggente Al Nahyan, che nel 1793 si trasferì ad Abu Dhabi. Fra splendidi paesaggi desertici, fatti di dune e palmeti, arriviamo così al Liwa Fort (o Fort al Jabannah), che fu costruito, nella sua tipica architettura, fra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo. Oggi perfettamente restaurato si può visitare gratuitamente e in completa autonomia… infatti siamo solo noi e ce lo godiamo indisturbati, prima di pranzare anche all’ombra delle sue mura.

Da lì, strada facendo, guadagniamo poi altre strutture difensive, più o meno della stessa epoca, come l’Attab Fort e il Mezaira’a Fort, la fortezza più nota dell’Oasi di Liwa, ma anche il Dhafeer Fort, conosciuto in alternativa come Al Hamily Tower, dalle caratteristiche un po’ diverse, infatti è un bell’esempio di casa fortificata, dalla cui terrazza si ha una bella vista sulle dune circostanti.

Poco oltre quest’ultima fortezza imbocchiamo poi il nastro d’asfalto più sorprendente: quello che si inoltra per oltre venti chilometri fra gli enormi cumuli di sabbia del Quarto Vuoto, verso il confine con l’Arabia Saudita, fino alla Moreeb Dune che, sfiorando i trecento metri di altezza, è una delle dune più alte al mondo. Qui il paesaggio è grandioso e ci divertiamo ad osservare le auto a trazione integrale che fanno su e giù dagli scoscesi pendii, ma anche a toccare con mani (e piedi) le smisurate colline di sabbia.

Alla fine facciamo il percorso inverso fino all’Oasi di Liwa e dopo aver visto altre due piccole fortezze, il Qutuf Fort (trasformato in un locale) e la Mougab Tower, ci avviamo verso il termine della tappa, una cinquantina di chilometri più a nord, nei pressi della località di Madinat Zayed, dove per la notte prendiamo alloggio al Tilal Liwa Desert Resort.

Questa esclusiva struttura turistica (la più costosa del nostro viaggio) è posta in splendida posizione, con vista sulle dune del Liwa Desert e più tardi, ovviamente, nel suo ristorante ceniamo anche, mettendo fine ad una indimenticabile giornata, trascorsa nel più classico dei paesaggi di quest’area geografica del mondo.

Al Ain – Giovedì 28 dicembre

dune deserto

La sveglia al Tilal Liwa Desert Resort è piuttosto precoce, perché ci aspetta una escursione in fuoristrada nel deserto, prenotata fin da casa con l’agenzia locale Rub Alkhali Desert Tourism, in partenza dall’hotel alle 8:00. Mentre siamo a far colazione, però, arriva un messaggio sul telefonino che la posticipa alle 9:00 causa nebbia, che in effetti c’è. Poco prima dell’orario previsto si presenta alla reception il nostro autista, Karim Rushdy, di origine egiziana, ma residente negli Emirati da tanti anni, e con lui, subito dopo, prendiamo ad inoltrarci fra le dune di questa zona del Liwa Desert.

Ben presto ci fermiamo a sgonfiare gli pneumatici, così da rendere più agevole il su e giù dalle colorate montagne di sabbia, quindi consumiamo un itinerario di oltre due ore, condito da avvistamenti di cammelli e sosta per un te beduino, sempre contornati da meravigliosi scenari, grazie anche al sole, che alla fine ha vinto la sua quotidiana battaglia con la nebbia, e accompagnati dalle esaurienti spiegazioni di Karim. Davvero un’ottima esperienza ed un bel modo di lasciarci alle spalle il magnifico Deserto di Liwa.

Rientrati all’hotel recuperiamo i bagagli e riprendiamo subito il nostro tour on the road, così facendo, intorno a mezzogiorno, ci fermiamo a far spesa nella cittadina di Madinat Zayed, quindi proseguiamo, affrontando un lungo trasferimento che, ripassando nei pressi di Abu Dhabi, dovrebbe portarci nella città di Al Ain, la quarta dello stato per popolazione (circa ottocentomila abitanti), ma soprattutto la più autentica, in confronto alle grandi metropoli cosmopolite della costa. Il suo nome, tradotto dall’arabo, significa sorgente, grazie alle acque, che qui rendono verdeggiante il deserto. Ma è anche la sorgente intesa come sito di origine degli odierni Emirati Arabi, essendo il luogo di nascita del padre della patria Sheikh Zayed bin Sultan Al Nahyan, principale fautore del processo di formazione del paese.

Intorno alle 15:30 arriviamo ad Al Ain e prima di tutto ci fermiamo al Qasr Al Muwaiji, un forte costruito ad inizio XX secolo e oggi perfettamente restaurato, che fu il centro di potere della famiglia Al Nahyan, nonché luogo di nascita anche dell’attuale reggente degli Emirati Arabi: Khakifa bin Zayed.

Scattata qualche foto ci spostiamo poi di qualche chilometro fino al Al Jahili Fort, che Zayed bin Sultan fece costruire alla fine del XIX secolo con lo scopo di controllare le tribù della zona e renderlo la propria residenza estiva. Ancora oggi, sapientemente recuperato, il forte fa bella mostra di sé, con le sue torri ed i caratteristici merletti in argilla.

Nelle immediate vicinanze si trova anche l’Al Ain Palace che, risalente ai primi anni del Novecento, fu la residenza ufficiale di Zayed bin Sultan prima di diventare emiro di Abu Dhabi. Attualmente il palazzo fortificato è un museo, completamente gratuito, che offre testimonianze circa la famiglia Al Nahyan e la società emiratina prima dell’avvento del petrolio.

Completiamo infine la visita di Al Ain con una passeggiata nella sua grande oasi, che ha una estensione di oltre 1.200 ettari, mentre il sole sta scendendo rapidamente verso la linea dell’orizzonte, allungando le ombre dell’immenso palmeto. Da lì ci spostiamo quindi all’hotel Aloft Al Ain, che si trova proprio di fianco al modernissimo stadio della città, dove passeremo la notte e consumeremo la cena, già compresa nel prezzo della camera, mettendo fine ad una giornata decisamente positiva.

Jabel Hafeet – Venerdì 29 dicembre

cammelli

Andiamo ad iniziare oggi alcune visite alternative, studiate per sopperire al divieto degli autonoleggi ad andare in Oman e alle due giornate che avremmo voluto dedicargli. A dir la verità, però, la prima parte di tappa era già nelle previsioni.

Partiamo dall’Aloft Al Ain poco dopo le 9:00 e da lì ci spostiamo nella periferia meridionale della città, per andare a far visita al locale Mercato dei Cammelli, il più importante del paese e unico nel suo genere, che seppur ammodernato è comunque molto caratteristico, perché offre l’occasione di osservare un genuino spaccato di vita tipico di questi luoghi, ma anche ottimi spunti per immortalare i più classici ed iconici animali del deserto. Il Camel Souq di Al Ain è però solo una parte del più ampio mercato del bestiame, che ospita altre specie, come capre, pecore e bovini, e merita senza dubbio la dovuta attenzione.

A pochi chilometri di distanza dal Mercato dei Cammelli raggiungiamo poi l’ingresso del Jabel Hafit Desert Park, un altro luogo decisamente interessante. Questo parco, infatti, si estende fra splendidi scenari ai piedi del Jabel Hafit, un imponente sperone di roccia che si erge sopra il deserto e lo domina dall’alto dei suoi 1.249 metri, risultando anche il tetto dell’emirato di Abu Dhabi. Ma il sito riveste anche un’importanza storica, perché ospita alcune tombe risalenti a 5.000 anni fa, inserite addirittura nel Patrimonio dell’Unesco.

Dall’ingresso percorriamo uno sterrato di tre chilometri che porta ad un parcheggio, dal quale a piedi, in meno di mezzora, raggiungiamo gli edifici funebri, tutti costruiti utilizzando semplici pietre (e sicuramente restaurati di recente), che nelle fattezze, con la copertura a cupola, ricordano vagamente alcuni nuraghi sardi e risultano davvero intriganti alla vista, soprattutto come sono, inseriti nell’arido e severo paesaggio. Dalla base delle irte pareti rocciose del Jabel Hafeet riguadagniamo poi l’auto e, seguendo le indicazioni, affrontiamo la strada, tutta asfaltata, che conduce alla vetta della grande asperità, fra vastissimi panorami sulla sottostante pianura, rovinati però dall’onnipresente foschia.

In cima al Jabel Hafeet pranziamo e poi riprendiamo l’itinerario. Scendiamo dalla montagna quindi, percorrendo ampie superstrade, sfioriamo il confine con l’Oman e dopo circa 160 chilometri arriviamo fra le prime propaggini dei Monti Hajar, una severa catena montuosa che si estende fra gli Emirati Arabi e l’Oman (ma soprattutto in quest’ultimo paese), nella località di Hatta. Lì lasciamo l’auto in un vasto parcheggio e poi, con un servizio di navette gratuito, raggiungiamo la Hatta Dam, una diga costruita negli anni novanta che forma un bel lago, incastonato fra le aspre montagne.

Al nostro arrivo presso il bacino lacustre la luce non è ottimale, ma il luogo comunque ci soddisfa. Non ci soddisfa affatto invece, al ritorno in paese, l’Hatta Heritage Village, venduto come la ricostruzione di un villaggio tradizionale, che piuttosto è, in maniera spudorata, un piccolo centro commerciale che offre banali souvenirs e cibo di strada, così gli dedichiamo non più di un quarto d’ora, prima di lasciarlo molto volentieri.

A questo punto della giornata mancano solo una sessantina di chilometri per concludere la tappa e lo facciamo, percorrendo anche un buon tratto di strada di montagna, fino a giungere nella città di Fujairah, capoluogo dell’omonimo emirato: un agglomerato di circa centomila abitanti che si affaccia sull’Oceano Indiano e sul Golfo dell’Oman. Li prendiamo alloggio al Time Moonstone Hotel, dove più tardi ceniamo anche (non troppo bene), concludendo un altro episodio di questa bella vacanza.

Fujairah – Sabato 30 dicembre

forte nel deserto

Oggi avremmo dovuto essere a bordo di un dhow, a navigare nei fiordi del Musandam e invece eccoci qua, a trovare una valida alternativa. Ci dedicheremo così alla visita della città di Fujairah e dei suoi immediati dintorni.

Appena lasciato il Time Moonstone Hotel ci rechiamo alla Sheikh Zayed Mosque, la più maestosa moschea della città che, inaugurata nel 2015, è la seconda in ordine di grandezza degli Emirati Arabi, dopo quella di Abu Dhabi. Ornata da sei minareti e 65 cupole si ispira alla Moschea Blu di Istanbul e può accogliere fino a 28.000 fedeli, però, secondo le nostre informazioni, non è visitabile per i non musulmani. Invece apprendiamo da una gentile persona di servizio al suo ingresso che vi si può accedere, ma solo dopo le 10:00.

Nell’attesa che si faccia l’ora andiamo così a vedere, a qualche isolato di distanza, il Fujairah Fort, che dovrebbe essere già aperto. Infatti, oltrepassata la scenografica e monumentale, omonima porta giungiamo al cospetto del maniero, costruito nel XVI secolo e abbarbicato sulla cima di una piccola altura rocciosa, al quale possiamo liberamente accedere.

Esploriamo così questa poderosa ed interessante fortezza, ai cui piedi si sviluppa anche l’antico villaggio, in gran parte restaurato e sapientemente ricostruito, quindi torniamo in direzione della moschea per visitarla. Lasciamo l’auto in un vastissimo parcheggio, che è praticamente vuoto, quindi non dobbiamo certo far le spinte per accedere al grande edificio religioso: quanto di meglio si possa chiedere per esplorarlo in tutta tranquillità e gustarsi la sua magnifica architettura, tipica del mondo arabo.

Emersi soddisfatti anche da questa esperienza risaliamo in auto e usciamo dalla città verso ovest, per salire sulle prime pendici dei Monti Hajar lungo il Wadi Al Hayl, una stretta vallata sul cui fondo si trova un palmeto e poco più in alto, in un bel contesto naturale, l’Al Hayl Fort, una piccola fortificazione, risalente al 1830, composta da una casa con cinta muraria ed una torre di avvistamento posta a breve distanza, un bell’esempio di architettura tradizionale in buono stato di conservazione, che fu, fino al 1958, la residenza di Abdullah bin Hamdan Al Sharqi, allora emiro di Fujairah.

Accompagnati dal gentile custode ci gustiamo il luogo e le splendide vedute che da esso si godono, poi torniamo sui nostri passi in direzione di Fujairah, che ci ha soddisfatti molto più del previsto. Intorno a mezzogiorno cominciamo poi a seguire la strada che va verso l’interno ed il nord della regione. Così facendo arriviamo ben presto all’ingresso del Wadi Shees, dove si trova un parco, fin troppo sfruttato turisticamente, che ignoriamo per inoltrarci nell’aspra vallata che si dipana alle sue spalle. Percorriamo quindi uno sterrato fiancheggiato da alte pareti rocciose e attraversiamo un pezzetto di Oman, inglobato dentro agli Emirati Arabi, per giungere nel paese di Nahwa, situato in un pezzetto di Emirati Arabi dentro al pezzetto di Oman. Difficile da spiegare, meglio guardare su Google Maps. Il percorso comunque è risultato piacevole e scenografico.

A Nahwa pranziamo e poi facciamo il tragitto inverso fino all’imbocco della vallata, quindi proseguiamo per strade più agevoli, scavalcando i Monti Hajar verso ovest e spostandoci, successivamente, ancora più a nord, laddove la catena montuosa si fa più severa. La nostra intenzione, infatti, è quella di scalare, in auto, una cima dei Monti Hajar, ovvero il Jebel Yanas, che raggiunge un’altezza di quasi mille metri ed è raggiungibile tramite una strada sterrata.

All’imbocco del tracciato, che ha uno sviluppo di circa 13 chilometri, c’è una sbarra abbassata, che però un militare ci alza senza fare domande, e da lì cominciamo a salire a tornanti, prima con facili pendenze e buon fondo, poi con tratti sempre più irti e dissestati, tanto che nella parte finale si rende necessario un 4×4, che per fortuna abbiamo.

Ci gustiamo così questa piccola avventura, contornati da grandiosi e aridi paesaggi montani, sminuiti solo dalla solita foschia, fin quando non incontriamo una seconda sbarra, che indica una zona militare non accessibile, allora torniamo sui nostri passi, comunque soddisfatti, e riconquistiamo le pianure sottostanti.

L’epilogo della giornata a questo punto è a portata di mano, così in breve guadagniamo la città di Ras al-Khaima, dove innanzitutto ci fermiamo ad un autolavaggio per rimuovere la polvere del Jebel Yanas e poi arriviamo al Citymax Hotel per la notte e per il meritato riposo, ma non prima di aver consumato, nei paraggi, una discreta pizza da Ok Pizzeria Italiana (che di italiano ha però solo il nome).

Abu Dhabi e deserto – Domenica 31 dicembre

dubai

Il viaggio volge ormai al termine: oggi è l’ultimo giorno che trascorreremo negli Emirati Arabi, ma è anche l’ultimo giorno dell’anno e per noi è una grande novità, perché mai ne avevamo trascorso uno all’estero e in vacanza.

Dopo aver fatto online il check-in per il volo di ritorno, partiamo dal Citymax Hotel di Ras al-Khaima e andiamo poco più a nord, nella località di Al Rams Dhaya, dove si trova il Dhayah Fort, l’unico forte collinare rimasto negli Emirati Arabi, la cui origine risale all’età del bronzo, ma l’attuale è stato costruito nel XIX secolo e restaurato alla fine degli anni novanta.

Il baluardo si trova alla base di grandi montagne e sulla vetta di una piccola rupe, da salire tutta a piedi, per mezzo di un’irta scalinata composta da 239 scalini, al termine dei quali però la vista è spettacolare e vale appieno lo sforzo necessario.

Subito dopo ci dirigiamo proprio verso le grandi montagne, che sono sempre i Monti Hajar, per scalare in auto, questa volta, il Jebel Jais, che con i suoi 1.934 metri è il picco più alto degli Emirati Arabi.

La strada che porta verso la vetta è nuovissima, asfaltata e molto comoda, non certo come quella del Jebel Yanas, e sale con ampi tornanti, fra grandiose vedute e l’onnipresente foschia, fino al Viewing Deck Park, un’area ricreativa con piattaforma panoramica ubicata a circa 1.300 metri di altezza, quindi proseguiamo ancora per qualche chilometro, ma non fino alla sommità, inquanto area militare posta sul confine con l’Oman.

Ci fermiamo allora poco prima, presso la Jais Sledder, che è una pista da slittino su rotaie, lunga quasi due chilometri, sulla quale, in compagnia di Leonardo, mi godo una bella discesa, condita da un pizzico di adrenalina. Presso il parcheggio della Jais Sledder pranziamo con i nostri panini e successivamente scendiamo dalle montagne per andare spediti verso la costa e Dubai.

Prima di chiudere il cerchio del nostro itinerario ci fermiamo però anche nella città di Sharjah, terza per dimensioni dello stato e capitale dell’omonimo emirato, ma anche uno dei luoghi più importanti dal punto di vista culturale degli interi Emirati Arabi.

Guadagnato il centro storico lasciamo l’auto in un vasto parcheggio, mentre sulla nostra testa si sono addensate parecchie nuvole e scende pure qualche goccia di pioggia, e ci rechiamo a vedere prima di tutto il Museum of Islamic Civilization, che contiene tanti interessanti pezzi di arte e storia islamica, all’interno di un vecchio souk che, a partire dalla sua grande cupola, architettonicamente vale da solo la visita. Andiamo poi a dare uno sguardo alla Bait Al Naboodah, una casa del 1845 appartenuta al commerciante di perle Obaid Al Naboodah, che è una splendida testimonianza dell’epoca. Infine, con le ombre ormai lunghe della sera, passiamo davanti all’ottocentesco Sharjah Fort e andiamo con sollecitudine verso Dubai.

Intorno alle 18:00 arriviamo così allo Hyatt Palace Dubai Al Rigga, ovvero l’hotel che ci ospiterà per l’ultima notte del viaggio. Saliamo subito in camera a rassettarci e poco dopo usciamo per andare a trascorrere il Capodanno.

Il nostro obiettivo, ovviamente, è Downtown e, soprattutto, il Burj Khalifa. Man mano che ci avviciniamo alla meta però il traffico aumenta in maniera esponenziale e ad un certo punto ci ritroviamo completamente imbottigliati in una lunga coda, ma non molliamo e con tanta pazienza arriviamo nella zona di sosta prevista. Parcheggiare però è pura fantasia, mentre le persone che si dirigono a piedi verso il centro sono uno sciame infinito. Giriamo un po’, sperando in un improbabile colpo di fortuna, e poi desistiamo.

Ci allontaniamo allora da Downtown, passiamo a fotografare, illuminato, il Museum of the Future, quindi andiamo mesti verso l’hotel e ci fermiamo a cenare da Pizza Hut, quando a Sabrina viene un’idea: che ci sia qualcosa da vedere in questa nottata alla Dubai Frame, la grande cornice? Indago un po’ sul web e mi pare di capire che anche lì ci sia uno spettacolo di fuochi d’artificio!

Finiamo allora di consumare la nostra pizza e poi, quasi alle 23:00, puntiamo il navigatore sul parcheggio della Dubai Frame. C’è traffico, ma accettabile, e quando arriviamo a destinazione troviamo già tantissima gente, ma riusciamo a scovare un posto dove lasciare l’auto, quindi a piedi andiamo dove van tutti, ovvero di fronte alla cornice, mettendo al suo centro un gruppo di grattacieli e in lontananza anche il Burj Khalifa. Lì aspettiamo la mezzanotte e poco prima, sulla facciata di uno smisurato palazzo, si accende un countdown … 10-9-8 … 3-2-1 … Buon Anno! 

Ritorno in Italia – Lunedì 1 Gennaio

Davanti a noi e intorno alla cornice si scatena un grandioso spettacolo pirotecnico, che dura una decina di minuti, con grande intensità ed un sonoro boato finale. Poi, sullo sfondo, continuano per alcuni istanti i fuochi del Burj Khalifa, tutto sembrava perduto ed invece abbiamo consumato un indimenticabile Capodanno!

Quando si spengono i bagliori in cielo andiamo a recuperare subito l’auto, così da tornare il prima possibile in hotel e riuscire a dormire qualche ora, ma dobbiamo sorbirci l’inevitabile traffico e non giungiamo a destinazione prima dell’1:00.

Punto la sveglia per le 5:45, in vista del volo di rientro, ma neppure il tempo di chiudere gli occhi che è ora di alzarsi.

Facciamo check-out, incluso un cestino per la colazione, e poi in auto ci avviamo verso l’aeroporto, che dista solo alcuni chilometri. Così ci rechiamo subito a consegnare, alla Europcar, la fedelissima Ford Explorer, con la quale, negli Emirati Arabi, abbiamo percorso 1.916 chilometri, quindi, una volta entrati nel salone delle partenze del Terminal 1, imbarchiamo i bagagli, superiamo i controlli di sicurezza e ci mettiamo in attesa del nostro volo (il TK0759) al gate D18. Poco più tardi saliamo così sull’Airbus A330 della Turkish Airlines che, in leggero ritardo, alle 10:00 in punto stacca da terra diretto ad Istanbul.

L’aereo, con qualche sobbalzo dovuto ad alcune turbolenze, atterra nel Grand Airport della megalopoli turca alle 13:46, dopo aver recuperato anche un’ora di fuso orario e lì, al contrario dell’andata, abbiamo parecchio tempo di sosta per il prossimo volo, quasi quattro ore, che si prolungano causa un inconveniente tecnico. In questo modo l’Airbus A321 di Turkish Airlines prende quota alle 18:25, identificato come volo TK1325, diretto a Bologna.

Scavalchiamo i Balcani e poi il Mar Adriatico per atterrare alle 18:44, nell’Aeroporto Marconi, recuperando altre due ore di fuso orario.

Alle 19:30 riconquistiamo anche la nostra auto al Bravo Parking e circa un’ora più tardi, alle 20:33, concludiamo felicemente il viaggio davanti al cancello di casa. Non c’è che dire, un bel viaggio, consumato in un periodo affascinante ma per certi versi anche ostico dell’anno, che però ci ha offerto numerose e piacevoli occasioni per renderlo sorprendente e, soprattutto, indimenticabile.

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