CUBA Expedition, tra Amore ed Odio

Diario di Viaggio Introduzione Cinque anni dopo la conclusione di questa avventura, offro ai viaggiatori anche questo diario, trascritto dagli appunti originali, come sempre presi a mano su carta. Pur avendo avuto la fortuna di continuare a viaggiare, la visita di Cuba è stata l'esperienza più sofferta in termini di etica e visione filosofica...
Scritto da: Fabri68
cuba expedition, tra amore ed odio
Partenza il: 19/01/2002
Ritorno il: 27/01/2002
Viaggiatori: da solo
Spesa: 1000 €
Diario di Viaggio Introduzione Cinque anni dopo la conclusione di questa avventura, offro ai viaggiatori anche questo diario, trascritto dagli appunti originali, come sempre presi a mano su carta. Pur avendo avuto la fortuna di continuare a viaggiare, la visita di Cuba è stata l’esperienza più sofferta in termini di etica e visione filosofica della vita; ammetto, dal ritorno ho parzialmente modificato il mio modo di considerare e concepire fatti e situazioni in diversi ambiti dell’esistenza quotidiana e sui rapporti fra le persone.

Anche a Cuba sono stato in viaggio da solo: nel 2002 avevo la gestione di un locale pubblico come lavoro e stavo vivendo un periodo di grandissima fatica fisica e mentale dovuta al mestiere in corso che non concedeva pause. Sono riuscito a ricavare una pausa solo nella stagione meno commerciale.

Contemporaneamente, vivevo una storia d’amore e passione sincera nei confronti della donna che allora era il mio “destino”.

Oggi Cuba so essere cambiata; io, il mio lavoro e la ma vita siamo cambiati, le persone che conosco hanno subito notevoli mutamenti.

Comunque sia, ciò che leggerete, come sempre con l’auspicio possa essere utile per riflessioni e nuovi viaggi, è la trascrizione moralmente onesta di quanto visto, provato, vissuto.

Padova, aprile 2007 Fabrizio Carbognin 19 Gennaio 2002, Milano Malpensa Sono emozionato, mi trovo a Malpensa dopo meticolosissimi preparativi, è la prima volta che affronto una trasvolata atlantica; spero di non avere dimenticato nulla. Il biglietto aereo l’ho acquistato tramite la agenzia di Bologna “Wallaby”, la quale ha pubblicizzato in internet le proprie offerte: prezzo incredibile di 400 euro a/r Milano/La Habana. Bonifico bancario e via! Dopo il biglietto mi sono documentato quanto più possibile circa la logistica del viaggio, anche questa volta parto con zaino e biglietti e basta, senza alcun villaggio od hotel ad attendermi. Mia madre mi ha prestato le guide del Touring Club, io ho scaricato dalla rete la lista completa delle “case particular” da est ad ovest del paese, le usanze alimentari e non, cosa fare e cosa no. L’altro giorno ho anche stipulato una polizza di soccorso medico con la Europe Assistance. Ho preparato lo zaino con calma verificando due volte tutto l’equipaggiamento scritto sulla lista, preparata e “limata” da giorni… Ho trovato pure un parcheggio a pochi chilometri dall’aerostazione, ho pattuito il prezzo e prenotato il mio posto auto. Poco fa infatti, li ho lasciato il mio mezzo, dopo una corsa da Padova dove ho trovato anche ghiaccio per terra, pagando anticipatamente la settimana di sosta e grazie la loro navetta, mi trovo dentro il terminal ad un’ora dal previsto imbarco. Sono le 13,40. Nello zaino ho un pacco da consegnare a La Habana, ad una amica di Naida, la moglie cubana del gestore del ristorante etnico vicino il mio bar; la prossima notte so dove dormirò, poi.. Sarà “Caribe Expedition!”. Alle 14,50 sono seduto sull’aeromobile dopo una piacevole sorpresa: la compagnia aerea, che doveva essere la “Cubana de Aviation” è stata tramutata in “Lauda Air”, l’aereo è nuovo, il più grande per dimensione sul quale sia mai salito, grandissime turbine “Rolce Royce” a propulsione, monitor LCD personale per i films sul poggiatesta del sedile di fronte, telefono satellitare sul bracciolo, hostess in divisa sbarazzina con jeans per pantaloni! Fico! Contrariamente a quanto pensato, la trasvolata non mi mette troppe paranoie (non è che adori volare…) e le undici ore scorrono lentine ma comodissime. Volando verso ovest, in senso contrario al tempo, la notte è durata una volta e mezza il normale, poco dopo le 22,00 ora locale (- 4,5 h) atterriamo all’aeroporto “José Martì”. Entrando nella stazione, mi stupisco della celerità delle pratiche doganali tanto che dopo soli venti minuti son su un taxi (regular) verso la zona “Playa”, tragitto da dieci minuti, diretto a casa di Ruinelda. L’appartamento, per quanto visto col buio siamo in una zona povera, i sembra tenuto con grande dignità, vedo un televisore 32 pollici ed uno stereo Sony. In casa è anche Hilvya, la destinataria del pacco datomi da Naida. Sono completamente frastornato e i livelli di adrenalina sono ai massimi. Parlo con le due ragazze circa un’ora, tempo di decidere il prossimo spostamento, domani mi imbarcherò nuovamente per Santiago. Chiamiamo l’aeroporto Nacional e ci informiamo di costi ed orari. Decollo previsto per le 8,10; domattina un taxi sarà sotto casa un’ora e mezzo prima. Mi offrono un letto, le lenzuola sono totalmente sintetiche (elettromagnetiche!), ci sono oltre venti gradi ed in strada sento gran baccano. Alle 23,00 provo a dormire. Mi giro nel letto come uno spiedino; alle 4,30 dubitando di essere riuscito a dormire, accendo la luce in preda ad un “Jet Lag” tremendo e mai provato… Decido di iniziare la stesura del diario di viaggio per la Caribe Expedition! … Tra poco sarò sul taxi per l’aeroporto, si vola a Santiago.

20.01.2002 La Habana Alle 6,15 della mattina che fuori i galli fanno un festival canoro, ancora buio, bevo un caffè preparatomi con la moka, una qualità amara e scadente. Mi sento chiedere bel 25$ per le poche ore trascorse in casa (ma come, ti ho pure portato il pacco e mi “derubi” in questo modo?!?), pago solo per non incrinare i rapporti di vicinato a Padova; prese le mie cose salgo sul taxi che mi sta attendendo in strada e pagando altri 15$ sono alle partenze nazionali poco rima le 7,00. Attesa la calma esagerata dell’operatrice di biglietteria, compro per 100$ un ticket per Santiago de Cuba. Dovrà passarmi la paura di volare: prendo posto su un “Antonov” bi turbo elica sovietico, vecchio di almeno venti anni, trenta posti a sedere, con dei fori sulla carlinga che puoi vedere la luce passante… Il servizio a bordo, affidato ad una giunonica hostess, comprende un caffè ed una caramella, serviti separatamente… Voliamo a bassa quota, guardo in basso, in questo giorno soleggiato, mi stupisco di me e del paesaggio. Penso a Rosa ed al Bar. Sono le 8,30 ed in prossimità della “Sierra Orientale” l’aereo inizia dei sali-scendi dovuti alla montagna, si abbassa la montagna si abbassa l’aereo, si eleva la montagna e l’aere sale… (!) Atterriamo sotto un sole luminosissimo all’aeroporto “Antonio Maceo” di Santiago, minuscolo, arancione e bello come fosse una cartolina. PS: alla fine, non male il volo sul sovietico…

Trovo e salgo su un taxi particular, con 4$ mi porta in centro dove trovo alloggio in una casa particular che è presente sul mio elenco internet downloaded. Sono a “Casa di Iris”. Mi sento a mio agio, mi faccio una doccia e mi cambio che sento di averne proprio gran bisogno. La camera non è per niente male, ha frigo ed aria condizionata (un vecchissimo condizionatore da parete “fabricado en URSS”), doccia in camera; 50 $ per tre notti. Sono a trecento metri dalla antichissima precolombiana Catedral, questa città è più antica dell’odierna Capitale. Inizio l’esplorazione del centro città, come calamitato, mi trovo a suonare abusivo (!) a “La Casa de la Trova” in calle Herida, la più antica e tradizionale di tutta l’isola. Poco dopo l’inizio della performance, vengo distolto al pubblico divertito ed invitato a scendere dal palco, senza autorizzazione, senza il visto della censura, non si suona… Mentre quindi mi accontento di scattare delle foto, un ragazzo sornione mi invita a seguirlo in un altro luogo, un locale dove è possibile suonare. Trovo altri amici suoi quasi ad attendermi, mi fanno ordinare una bottiglia di “Ron” blanco e capisco che dovrò anche pagare il loro pasto a base di riso e pesce. Partecipo al consumo del ron, i ragazzi sono un gruppo folcloristico musicale, io suono e canto benissimo, propongo in italiano anche una mia canzone dedicata all’isola di Pantelleria, restano tutti a bocca aperta, qualcuno mormora bonito esto musico.. Sono molto lieto di ricevere i loro apprezzamenti, visto che della musica chi può ne fa un mestiere.. In quattro si finisce una bottiglia di ron anche alle 11,00 di mattina. Ora inizio a sentire veramente fame, non mangio nulla dall’Italia salvo il cibo sul volo quindi, salutati i musicisti, dopo pochi passi entro alla “Cadena Imagen”, mangio riso con carne di maiale e crocchette con non so che dentro, dolci; termino con banane fritte le quali hanno identico sapore di patatine! Bevo una cerveza Hautey, prodotta proprio a Santiago. Sento le pochissime ore di sonno ed il ron. Pago e torno a casa sapendo di attendere aragosta per cena! Sono le 14,15. Iris mi dice che per prendere l’aragosta era troppo tardi e che ha preso dell’ottimo “pescado” (pesce) fresco. Dormo finalmente due ore. A cena purtroppo devo annotare la mia delusione, il pescado, si fresco, mi è stato proposto fritto e.. Alla fine pesando alla langosta, solo una delusione. Dopo cena, fa buio presto, esco per fare due passi in Plaza Catedral; girovago, giungo ad un altra piazza, dalla parte opposta del centro storico, mi accomodo su un tavolino all’aperto ed assaporo il mio primo Mojto in terra cubana. Una ragazza magrissima mi abborda, le offro una birra e me ne vado. La tipa era certamente una jinetera, una di quelle che le aveva certamente viste e provate tutte; non volevo proprio provasse anche me. Tornato i Plaza Catedral, mi siedo su una panchina sorseggiando qualcosa di fresco ed osservando le persone camminare. Torno in camera pensando che, pur non avendo ancora fatto nulla di straordinario, ho già speso troppo. Buonanotte. Click 21.01.2002 Santiago de Cuba Il jet lag non accenna a diminuire, alle 6,30 sono sveglio come un grillo, così come Iris ed il suo piccolo Alejandro, vestito della sua divisa rosso borgogna da studente elementare. Bevo il bicchiere (un “vaso”) di caffè amaro pattuito nel prezzo della pensione ed esco. Albeggia appena. Girovago per le vie sorvolate da centinaia di cavi e collegamenti elettrici che a vederli sembrano pericolosissimi, osservo le vetrine delle “tiendas” (negozi) sulla via. A metà mattina entro negli uffici della Habana de Aviation per acquistare un biglietto per il ritorno a La Habana e riconfermare il volo intercontinentale per Milano. Questa volta, efficienza e velocità sono professionali, quasi commoventi… Devo notare che non ho visto sino ad ora una persona dello stesso colore di un’altra, ma nei posti importanti la pelle degli addetti è la più bianca possibile… Torno ad immergermi nel traffico accettabile della città senza incontrare alcun turista.. Scatto decine di foto, spero siano venute bene, non le sviluppo mai in viaggio. Il pudore sembra mancare, sia i bambini che gli anziani allungano sempre la mano per chiedere denaro, le scuse sono le più disparate… Nelle vetrine delle tiendas ho notato dei piatti di ceramica colorata, la fattura è estremamente dozzinale ed i decori anche, tanta Cuba Caribe ovunque ma scevri di qualsiasi significato o pregio. Mi dico, da qualche parte un ceramista ci sarà.. Camminando, incontro un anziano, con le ceramiche nella testa, chiedo a lui se conosce un laboratorio o qualcosa del genere. Guadagnare qualcosa, sotto qualsiasi forma, aguzza l’ingegno e la volontà. Inizialmente, un po’ furbescamente, mi porta di fronte una delle vetrine appena valutate, rispondo che sto cercando prodotti ben diversi, cerco una forma d’arte e non dozzinali prodotti per turisti. Fattomi ben comprendere, questa volta l’anziano scavando fra i ricordi e le cose sentite dire inizia un dentro-fuori fra decine di negozi, alla fine dopo quasi un’ora, esclama.”Stà el atelier de Jacas!” Bene… Andiamo a trovare questo Jacas allora! Camminiamo a passo spedito verso la periferia per circa venti minuti, con varie soste per informazioni sulla giusta via… Bussiamo ad una porta anonima. Apre un ragazzo ben colorato. Entro in una sala organizzata ad esposizione.. INCREDIBILE! Sculture e piatti di ceramica dalle forme e colori eccezionali, accostamenti di diversi materiali, sul retro, un vero e proprio laboratorio con forno professionale e Jacas, dall’umiltà e dall’arte eccezionali!! Completa la casa un patio esterno con fiori e cactus, il tutto invisibile dalla via. Mi vengono in mente le ricche dimore padovane del centro storico che nascondono cortili interni ampi e bellissimi. Comprerei tutto, dovrò fare certamente delle scelte. A momento, conosciuto il luogo e l’artista, fingo un bisogno di riflessione; in realtà, voglio liberarmi dalla presenza del mio anziano accompagnatore. Come premio, mi chiede di accompagnarlo alla “Casa del Ron” per offrirgli una consumazione di preziosissimo liquore invecchiato trenta anni. Trenta anni, “ne versi due, grazie!” Che nettare, che goduria! Saluto riconoscente il mio “Virgilio cubano” ed essendo oramai ora di pranzo, mi accomodo ad un tavolo di un locale all’aperto; pranzo con panino di porchetta, due crocchette fritte ed una birra. Una ragazza volgare, per tutto il tempo mi chiede di pagarle qualcosa, mi si offre carnalmente. Rifiuto con sdegno. Mi sento dire ”che cosa ci sei venuto a fare a Cuba, frocio!” Puttana… No riesco ancora a trovare il senso di questo viaggio, una accordatura tonale, un qualcosa che non siano soldi richiesti gratis o per sesso, sporco e mercenario…

Alle 14,20 stomacato dal locale, “scappo” per la via della casa di Jacas. Tornato solo a bussare alla sua porta, mi accoglie con il sorriso. Mi lascia il tempo di ambientarmi e capire il senso della sua arte. Conversando, ne traggo una sorta di scheda che vi propongo: “José Joaquin Tejada detto JACAS, nato nel 1957 a Santiago di Cuba, dopo la Scuola dell’arte di Cuba, ha elaborato un proprio stile: il punto di partenza, che ogni volta, ad ogni creazione ne determina la realizzazione, è la pratica dello stile attraverso la libera espressione, filosofica e concettuale. Nella libertà la creazione. Talvolta questo processo di creazione, richiede l’aggiunta, l’accostamento di altri materiali, sempre naturali. L’ispirazione poi, cresce e si concretizza attraversi il colore, i materiali ed i simboli che sono comunicazione nella sua arte. Per tema la difesa della Natura. I materiali che usa sono la Ceramica, metallo ed altri materiali naturali come corde di canapa.

Vivendo e lavorando a Cuba, con tutte le implicazioni che ciò comporta, le sue opere traggono vigore dall’ambiente stesso i cui colori caldi Jacas trasferisce sulla ceramica. L’uso di materiali e forme naturali, conferisce ai vasi ed alle forme un carisma proprio particolare. Rara, metafisica ed aggregata al percorso dell’umanità attraverso l’esistenza, è la produzione di piatti, mattonelle e sculture da parete.

Tutti i materiali sono utilizzati nell’interezza della estensione loro propria, sia fisica che concettuale”.

Ebbene, alle 16,30 tornato alla casa di Iris, nella mia camera (ah, in totale le camere sono due) mi trovo ad ammirare la nuova sezione della mia collezione di ceramiche, quella cubana, dell’Artista Maestro JACAS: due piatti ed una mattonella, pezzi unici, i 60$ meglio spesi. Sono appagato e felice, Iris mi offre un bicchiere di Ron Habana Club Anejo, dolce e cavalcante l’onda. Da tre giorni a Cuba, ho dormito meno di otto ore. Mi spoglio ed indossato il pigiama, felice, alle 17,30 passate, mi tuffo sul letto. Buonanotte, Click.

22.01.2002 Santiago de Cuba Mi sveglio con una fame incredibile, sono le 3,30 della notte. Ho dormito ininterrottamente dieci ore ma adesso sveglio come un grillo, maledetto jet lag, non ho nulla da fare e niente cibo fino all’alba. Questo paese deve ancora penetrarmi, ancora non vi è alcuna sintonia. Apro il frigo, trovo solo una birra che stappo, nonostante l’ora, per riempire lo stomaco visto che non è bene bere l’acqua del rubinetto. Oggi sarà martedì, studio approfonditamente le guide su Cuba prestito di mia madre. Ieri abbiamo toccato i 32°. Devo fare trascorrere il tempo; sorseggiando la birra, apro il pacco con i due piatti preziosi e la mattonella di Jacas, tocco gli malti delle superfici, ricordo il senso di queste opere che significano “il transito dell’uomo sul cammino dell’esistenza”, difficile e periglioso percorso; la mattonella “made in Italy” ha per titolo “frutta tropicale”, dove la frutta è in scaglie metalliche fuse dopo l’ulteriore cottura nel forno a 1200 gradi… Tecnica mista?!? Finalmente arrivano le 6,30 e sento odore di caffè. Sino ad ora le 16,30, ho trascorso un ottimo martedì, sicuramente il giorno migliore dal mio arrivo. Alle 7,00 ero fuori casa, deciso a visitare il “Castillo del Moro”, chiedo circa i mezzi pubblici a disposizione: sono i taxi e la “Guagua”, la corriera, se così possiamo classificarla… I mezzi a motore, qualsiasi, producono emissioni e smog INCREDIBILI, nauseabondi, da terzo mondo inferiore… Quando si incrociano due camion la nuvola nera prodotta è stupefacente, nel senso dello stupore… Attendo 45 minuti in strada tra il puzzo dei gas, dopodiché, apparentemente arreso, cambio strategia, ho fame, mangio un paio di panini con una bibita presi su un banchetto per strada, torno verso casa. Telefono in Italia, torno anche a la Casa de la Trova, scatto altre foto agli interni, bevo una birra e decido di volere vedere il mare dei Caraibi. Con una riserva di 30$ in tasca, in Plaza Catedral salgo su un taxi particular, pattuiamo 5$ per il Moro. Strada facendo, imbarchiamo una coppia di ragazzi argentini, anche loro sulla strada del Castillo. Sono argentini ricchi, in questi giorni arrivano notizie di sommosse e “cacerolazo” per le strade di Buenos Aires, la crisi economica più devastante di quel Paese, chiedo notizie ma l’imbarazzo è grande… Giunti a destinazione, alla base del monte dove è eretto il Castello, disegno di un architetto italiano, con i giovani che attendono i turisti, mi accordo subito per un pranzo, alle 14,00, a base di aragosta (finalmente!) e con gli amici argentini ci inerpichiamo sul sentiero, sul costone sul mare (anche un po’ pericoloso) e saliamo sino il Castillo. Il panorama è ottimo, stonano certamente le ciminiere della raffineria affacciata sulla baia in lontananza. Visitiamo la fortificazione, un castello pusterese ai Caraibi. Alle 13,30 abbandono la compagnia e mi incammino verso la mia agognata aragosta. Le due ragazze dell’affare mi conducono in una casa clandestina, si vede chiaramente, dedicata e chissà quali feste… Sono da solo a pranzo, con gli occhi delle due costantemente puntati si di me (“pensate che scappi senza pagare il conto?”) Ottimo pranzo! Aragosta grigliata guarnita di insalata con pomodori e cetrioli, riso per carboidrati, caffè, mezza minerale.. 11$. Non male… In aria si misurano 34°C. Se andassi sulla spiaggia soffrirei la calura, decido nuovamente per un taxi alla volta del centro. Provo a chiamare Rosa ma non c’è. Acquisto un gelatino tipo soft ice, una bottiglia di acqua per la notte, torno in camera, scrivo queste righe. 17,10. Esco nuovamente. In Plaza Catedral incontro Aldo, torinese, impiegato come casellante, parliamo e scambiamo impressioni ed esperienze. Lui è a Cuba per le ragazze. Io no. Voglio comunque offrirgli una birra ma alla fine paga lui. Ho nuovamente fame e penso che non so dove potrò nuovamente trovare un pasto significativo visto che domani ho l’aereo per la Habana e non ancora la minima idea di dove alloggiare ecc. Quindi, a la Casa de la Trova, mangio un paio di sandwich con 2,3$. Torno a casa di Mama Iris, chiedo di essere svegliato “eventualmente” per le 8,00, mi offre Habana Club in acqua gassata. Studio le guide circa la Habana, penso al giorno che verrà. Alle 20,40, mi corico, dormirò.

23.01.2002 Santiago de Cuba Mi sveglio tardi, sono le 6,15. Faccio una doccia, ricompongo i bagagli (ora ho anche i piatti di Jacas) e bevo un caffè più carico delle altre mattine. Esco per imbucare delle cartoline ed immagazzinare nella mente, come al solito, le ultime immagini di questa bellissima città. Compro uno zainetto (8$) che non l’ho portato da casa e prenoto un taxi per l’aeroporto dove arrivo in perfetto orario. Il volo ha un ritardo notevole, oltre un’ora e mezzo. Altro aeromobile sovietico, uno JAK quadri elica del 1989, colorato in modo variopinto, della Caribbean Airlines, palme e isole sull’esterno della carlinga. Nell’attesa incontro Isabella, una signora toscana di mezza età, un figlio con i miei anni, mi racconta la sua vita.. Da ragazza fece parte di “Lotta Continua”, oggi, in pensione, è volontaria della croce verde e guida le ambulanze. A Cuba per una missione umanitaria, si lamenta che le cose vanno sempre peggio. Saliti in aereo, vedo solo giapponesi ed europei… Ci concediamo addirittura il lusso di fare scalo ad Holguin, alle 15,30 siamo a La Habana. Prendo un taxi con Isabella, dividiamo il prezzo della corsa, 15$, ed arriviamo nel quartiere del Vedado, dove grazie ad Isa trovo un appartamento completamente a mia disposizione per 20$ a giorno, pagamento anticipato. Preso possesso del nuovo alloggio, esco e passando per l’Università arrivo alla “Rampa”, la strada principale del Vedado che in discesa, porta verso l’Oceano Atlantico, sul quale si affaccia la città. Devo annotare che continuo a dormire poco e male. Mi accomodo in una specie di ristorantino, sulla via, consumo un mezzo pollo fritto ed in vista della notte, acquisto una piccola bottiglia di Habana Club. Chiamo il mio amore e finalmente (!) riesco a parlare con lei (a soli 15 $ per 3 minuti!). Dice di essere preoccupata che vada a jinetere, figuriamoci! Non ci sono stato e non ci andrò, mi fanno pena e compassione. Sono innamorato. Non ho mai pagato una donna in vita. Cuba costa tutto. Non mi piace. I rapporti umani sono falsati dall’aspettativa di denaro, è una richiesta continua. Bleah! Penso a Rosa e penso che la amo tanto (anche se a volte mi fa impazzire). La Habana sembra cadere a pezzi, palazzi un tempo fantastici sembrano cadere e tutto scorre. Anche i palazzi sembrano vecchie jinetere. Provo un senso di malessere, il mio sesto senso non aveva messo Cuba fra le mete importanti, io volevo andare in Messico, ci sono quasi per caso e perché il prezzo del volo è stato una vera occasione. Sono qui casualmente e non per caso, oggi scrivo, non ci tornerò. Cuba, bandius!! Sono le 19,40 e sono stanco, sento il ron e voglio provare a dormire. Rosa ti amo. La casa qui a la Habana ha dei pregi. Letto comodo, duro, sto bene e tutto è molto silenzioso. Mi corico. Alle 4,00 della notte mi sveglio di soprassalto, guardo fuori per capire se è mattina o pomeriggio (non posso avere dormito così tanto), il silenzio intorno e troppo. Non ci sono galli canterini e nemmeno carta igienica nel bagno, gli scarafaggi si.

24.01.2002 La Habana Buongiorno! Nel cuore della notte sono nuovamente sveglio senza pericolo di potere riprendere sonno. Leggo alcune pagine del libro di Gutierrez, le pagine della guida Touring sulla città, fumo una sigaretta, si fanno quasi le sei. Mi sbagliavo, i gallici sono e cantano anche al Vedado, ma dove cazzo li tengono sti animali che siamo in un quartiere in centro città?!? Prima delle sette, doccia fatta, sono fuori casa ancora buio in cielo. Mi avvio a piedi verso il “Malecon”, il lungomare, arrivo nel cuore della città moderna, supero la fabbrica di sigari Partagas, cammino di fronte l’Hotel Inglaterra, il Capitolio, il Teatro Nacional, al Floridita entro nella Habana Veja, cinque chilometri quadri patrimonio Unesco. Il fatto di non essere assalito per soldi mi mette subito di buon umore: La zona è veramente pittoresca e mostra i fasti di un passato non troppo lontano; un secolo fa questi luoghi dovevano essere stati di una bellezza eccezionale. Arrivo e visito ciondolante il mercatino per turisti dell’Habana Veja: statuine lignee, strumenti musicali a percussione, souvenir, dipinti caraibici… “bon preso por ti!” Voglio comprare qualcosa di bello a Rosa e trovare un pensiero per Sara e Simonetta, le mie dipendenti del bar a Padova. Io, con i piatti di Jacas, dovrei ritenermi appagato. Per Simo e Sara ho trovato due bei quadretti con veduta della vecchia Cattedrale del centro, a Rosa ho comprato un bel quadro grande 40×50, direttamente dall’artista, uomo di mezza età (ma poi valla a capire l’età…) che mi delucida le sue opere; ho preso una visione notturna, toni blu e gialli, bello direi, sicuramente genuino. Per pochi dollari acquisto anche una sporta intera di strumentini musicali: maracas, legnetti, zucca sonora… Dopo tanto camminare, entro in un “paladar” (ristorantino) e pranzo senza troppa soddisfazione. Dopo pranzo, gironzolando, non comprendo gli ammiccamenti di un ragazzo, non è una offerta sessuale ma qualcosa di strano di certo; alla fine con cinque dollari, il tipo mi convince a prendere un ciuffo di ganja del caribe hehe! Torno in taxi al Vedado (cioè “vietato”, negli anni sino la Rivoluzione castrista sotto Batista i neri non potevano alloggiare, si ricorda ancora il rifiuto in faccia ad Aretha Franklin in città per un concerto), il caldo si fa sentire, bevo una birretta camminando, entro i una libreria dove acquisto un libro sulla musica, testo didattico per il secondo ano di università; in spagnolo, comprensibilissimo. Torno a piedi in camera, inebriato, provo a dormire.

25.01.2002 La Habana Mi sveglio veramente tardi, sono quasi le sette. Ristorato dal sonno, faccio una doccia e mi vesto con estrema calma, esco che quasi sono le otto. Torno a piedi a la Habana Veja, circa sei km, seduto sul cordolo di un marciapiede mi gusto latte e polpa di un cocco appena staccato dalla pianta (credete, veramente diverso da quello a cui siamo abituati, con la polpa gelatinosa che si stacca dalla scorza con il cucchiaio come un kiwi) ed inizio una conversazione con il ragazzo del cocco sulle libertà, la democrazia ed i media, parliamo di soldi. Forse domani mangeremo insieme una aragosta, presso un suo conoscente. Spero… Chiamo Rosa anche oggi, mi manca. Chiamo anche il mio bar, tutto tranquillo, anzi, economicamente parlando, fiacco. Almeno niente problemi seri. Bene! Ho fame, sono ormai le 12,30 e mi accomodo in un bar con cortile aperto sulla strada, l’”O’Rey” e mangio uno spiedino di gamberi con insalata, ma, avendo solo stuzzicato il mio stomaco, ordino anche una pizza ed una birra Cristall che ho proprio fame. Continuo ad incontrare gente che si aspetta denaro.. Che devo pensare di questo paese che vorrebbe le libertà dell’occidente e che comincia ad avere le distorsioni di un sistema senza averlo adottato? “Besame Mucho” suona live l’orchestrina, suona benissimo; due ragazze affascinanti e tre bravi musicisti suonano un “son” dal tiro eccezionale. Ormai fatto mezzo pomeriggio, inizio a pensare al volo di ritorno che sarà domani nel tardo pomeriggio. Torno piedi al Vedado, faccio una sosta al Floridita per provare il famosissimo Heminwayano daiquirì. Al tramonto passeggio per la Rampa, osservo stagliarsi verso il sole l’hotel Havana Libre e l’Ambasciata di Russia, massiccia in calcestruzzo sembra antiatomica ed occupa parte dell’orizzonte. Vado a dormire presto, domani si parte.

26.01.2002 La Habana Al solito sveglia prima delle sette. Questo pomeriggio ho il volo e voglio terminare in bellezza questo viaggio, ancora contrastante e conflittuale. Il malessere circa il continuo commercio di cose ma soprattutto persone che mi accompagna dall’arrivo, nonostante l’imminente partenza, non sfuma nemmeno ora. Compongo lo zaino e tutti bagagli con cura, esco per l’ultima mezza giornata a disposizione. Torno in centro e salgo al roof di un palazzo che domina la città, bevo l’ultimo mojto gustando un panorama eccezionale. Sceso, al mercatino dei librai, trovo e compro il “Diario del Chè en Bolivia”; visito il Museo della Rivoluzione che tra armi e cimeli offre uno spaccato di storia emozionante. Come ciliegina sulla torta, effettuo anche la visita al Museo degli strumenti musicali, che trovo fantastico…

Sono di nuovo al Vedado, consegnando le chiavi dell’appartamento, accomiatandomi mi sento quasi ed inaspettatamente leggero in vista della partenza.

Al José Martì tutto scorre ineluttabile come il giorno dello sbarco. Pago gli ultimi dollari, 20, per il visto di uscita dal Paese. Dovendo offrire un commento a caldo, vivo verso Cuba sentimenti contrastanti: Amore, per una terra dalla natura ridondante e magnificamente lussureggiante e suggestiva; Odio per i rapporti umani basati ESCLUSIVAMENTE sul sesso e sul denaro…

Ancora volo Lauda Air, ancora una dozzina di ore di volo comodo ed un po’ monotono… A Milano il freddo è notevole. La navetta del park mi riporta alla mia auto, ho tre ore di guida prima di casa. I pensieri sono ancora un turbine, faccio fatica ad organizzare ricordi dei giorni appena vissuti. Il pensiero dei piatti di Jacas ma soprattutto il pensiero di Rosa, mi fanno scorrere la strada che percorro come seguendo un filo. Ho notevole sonno arretrato, un giorno di pausa e poi di nuovo dietro il bancone del mio delirante lavoro di barista. La spedizione cubana è terminata, torno sano e salvo ma dubbioso se felice. Avrò bisogno di tempo per capire e discernere…

A tutti offro i miei più sinceri buoni auspici per magnifiche avventure. Alla prossima amici!! Padova, 27.01.2002 Fabrizio



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