Dalmazia in bicicletta

Croazia 13-22 Agosto 2005 Partecipanti: Antonio, Francesco, Marco C, Marco DS. Km percorsi in bici: circa 400 Costo per persona 450 € Consumi: 50 L. Di birra; 15 L. Di vino; 6 L. Di pelincovac; 3 L di grappa. Introduzione Tutto nacque dall’improbabile lettura di un racconto che narrava le eroiche gesta di alcuni ciclisti che...
Scritto da: Antonio 51
dalmazia in bicicletta
Partenza il: 13/08/2005
Ritorno il: 22/08/2005
Viaggiatori: fino a 6
Spesa: 500 €
Croazia 13-22 Agosto 2005 Partecipanti: Antonio, Francesco, Marco C, Marco DS.

Km percorsi in bici: circa 400 Costo per persona 450 € Consumi: 50 L. Di birra; 15 L. Di vino; 6 L. Di pelincovac; 3 L di grappa.

Introduzione Tutto nacque dall’improbabile lettura di un racconto che narrava le eroiche gesta di alcuni ciclisti che effettuarono un viaggio da Trieste ad Istambul. Tale libro illuminò la mente (quasi mai appannata, se sobria) di Marco C che propose di emulare tali gesta “se pedaliamo alla media di 20km/h per circa 8 ore al giorno potremmo essere ad Istambul in circa 20 giorni …” la risposta fu assolutamente all’unisono “ma Vaff…” Marco C elaborò con un po di fatica quanto gli era stato gentilmente risposto e dopo qualche giorno ritornò con una proposta apparentemente più decente “Si fa un giro in Croazia …”.

Qualcuno rispose “Vabbè mi compro la bici…” Condivisa la meta del viaggio il gruppo Inizia la preparazione atletica (che parolone!!) con la bicicletta.

Dei quattro protagonisti solo Marco C aveva avuto in passato esperienze del genere mentre gli altri non si potevano definire ne ciclisti e ne tanto meno sportivi.

Francesco poteva vantare di possedere una splendida Bianchi da corsa mai utilizzata, da tempo residente sul terrazzo di casa. Altro suo punto di forza erano una serie di magliette specifiche per la bicicletta tutte rigorosamente con la targhetta attaccata e stile anni 80 (color fucsia e verde fosforescente).

Antonio aveva sempre frequentato la sua bicicletta. Abilissimo nel spolverarla saltuariamente, non si era mai accorto che non era più in grado di percorrere consecutivamente 10 km senza avere un guasto meccanico. Dopo qualche uscita e diversi problemi tecnici si era messo alla ricerca di un mezzo a due ruote non motorizzato che potesse assolvere alla funzione desiderata. Dopo mesi di dubbi amletici, MTB o una bici da Corsa? risolse il problema con una bici “ibrida” mezza MTB, mezza bici da corsa, mezza cavallo e mezza toro.

Marco DS invece ebbe modo di conoscere la bicicletta anni ed anni or sono (la data si è persa nella memoria). Tale essere, dotato di ruote, freni e pedali non gli suscitò grandi simpatie e per questo motivo Marco DS e la bicicletta non si frequentarono più. La nuova proposta di vacanza lo stimolò e riuscì ad ottenere una bici MTB raccogliendo i punti dal benzinaio (che paradosso!!). Si presentò dicendo che la sua bici non era un granché e ripeteva che “a caval donato non si guarda la mascella” … ancora non aveva capito che la bici non va a biada ma a sudore e fatica.

A tal proposito è meglio dare un consiglio a tutti coloro che non hanno grande confidenza con il mondo delle due ruote a pedali. È necessario che siate coscienti di quanto vi può accadere entrando con una bici, presa con la raccolta punti, presso un negozio specializzato di ciclismo. Come tutte le persone inesperte, infatti, Marco DS si avvicinò alla categoria di facinorosi e malati mentali dei venditori di bici volendo acquistare qualche piccolo accessorio. Dopo aver richiesto solamente una camera d’aria di scorta e dopo aver spiegato cosa intendeva fare, l’esperto venditore riuscì ad ammollargli una sella nuova, un portapacchi in alluminio (che invece si è gia arrugginito), due gomme nuove (perché con un profilo meno estremo si va meglio !?!?!) ed addirittura delle leve del cambio di tipo diverso da quelle montate in origine (perché maggiormente efficienti), più una messa a punto generale (che tanto serve sempre). Forse adesso la sua bici va effettivamente a biada.

Dopo qualche uscita in bici e dopo esser riusciti a fare, in giornata, una cinquantina di km sulle pianeggianti strade della campagna romana i quattro potevano finalmente brindare al nuovo status acquisito: erano diventati, a loro dire, ciclisti esperti.

Sabato 13 agosto: Pronti, partenza, via! Ore 5:00 nonostante l’orario l’entusiasmo era altissimo, telefonatine e squilli vari per verificare che tutti fossero in piedi.

Ore 6:00 partenza in treno per Ancona. È il caso di ricordare che in Italia la bici non si può caricare su tutti i tipi di treni ma solo su alcuni lentissimi diretti  Tra un panino e l’altro, tra considerazioni di altissimo livello, tipo “anvedi quella, anvedi è meglio quest’altra” i quattro presunti ciclisti arrivano ad Ancona. La stazione dei treni ed il porto sono molto vicini.

La partenza è fissata nel primo pomeriggio e l’attesa è monopolizzata dal tentativo di Marco C di far già sua la famosa coppa “il Campionissimo” (di tale trofeo si dirà prossimamente). Contemporaneamente riesce a perdere una pedivella e a denunciare agli altri la scomparsa della sua carta di identità. La pedivella viene riavvitata con il supporto di un camperista, mentre la carta di identità ricompare improvvisamente a suo posto nel porta documenti.

Si coglie l’occasione per verificare i bagagli. Spicca Marco DS che con l’aggiunta dell’asciugacapelli, della gelatina, di un pacco famiglia di salviettine profumate e di un numero imprecisato di vestiti stacca tutti con un buon 16/18 kg. Antonio incomincia a precisare “ho portato solo due cambi…Ogni sera farò il bucato” e per tale abitudine serale venne soprannominato l’uomo in ammollo.

Durante la breve visita alla città i magnifici quattro riescono a far conoscenza con tutti i matti presenti nel centro storico di Ancona. Incontrano un anziano signore vestito da marinaio che ritiene che il duce sia ancora al governo ed un uomo (o presunto tale) in bicicletta con abiti invernali (ricordo che siamo in agosto) che ci indica una birreria. Anche Marco C, dopo pranzo, decide di entrare con onore nel gruppo di pazzi riuscendo a trascinare gli ignari compagni per il salitone che porta ad Ancona alta. La digestione, la pendenza superiore al 10%, il litro di birra che circolava nel corpo ed i 40 gradi all’ombra provocarono le prime visioni ad Antonio il quale sostiene che l’adesivo della Madonna del Divino Amore attaccato sulla canna della bicicletta si era duplicato e gli aveva comunicato un’insensata profezia.

Venne quindi il momento di prendere la nave che li avrebbe portati dall’altra parte dell’Adriatico.

Marco C sentenziò “come l’anno passato appena mettono giù il portellone noi entriamo di corsa e prendiamo un po di divanetti” Eccezionale fu l’accoglienza ricevuta dall’equipaggio croato. Il simpatico capitano dopo il timido tentativo di entrare per primi sentenziò “i bicicli per ultimi che intralciano le automobili!!!!”. Lì capirono che la moglie del capitano, anni addietro, aveva avuto una scappatella con un gruppo di ciclisti ed il capitano se lo era segnato.

Ore 23:00 si sbarca a Zara, e questa volta per primi.

Con tempo record di 42 minuti e 16 primi vengono percorsi in piena notte i 25 km necessari per raggiungere Sabunike, a nord di Zara, dove i quattro sono accolti calorosamente dai suoceri di Marco C.

È durante quella cena che si capisce che le salutari vacanze ciclo-turistiche diventeranno prima un viaggio di ciclo-turismo-eno-gastronomico e poi ponendo le parole per importanza decrescente il tutto verrà affrontato come eno-gastronomico-turismo-ciclo. Già quella sera si incominciano ad alleggerire i bagagli cercando di eliminare le cose non indispensabili. Francesco, dotato di zaino, elimina parte delle tante magliette portate, così come fa pure Marco DS che però non rinuncia all’asciugacapelli ed alla gelatina. Antonio fa il suo primo bucato in terra croata.

Domenica 14 agosto. Dintorni di Zara.

La sveglia suona tardi e dopo un’abbondante colazione a base di ottima marmellata di fichi e di biscotti fatti in casa viene effettuato un breve giro per Sabunike il quale si presenta come il classico paese composto da villette utilizzate nella maggior parte dei casi come residenze estive. Dalla spiaggia di sabbia, dalla quale prende il nome il paesino, si possono ammirare l’isola di Pag e la catena montuosa del Velevit. Prima di pranzo il gruppo si trasferisce ad una quindicina di chilometri a Sud (verso Zara) per fare qualche bagno e pranzare con una abbondante frittura di calamari in una incantevole pineta. Lungo la strada si incontra la cittadina di Nin dove sono presenti delle rovine romane, nulla di eccezionale per i ciclisti romani.

Lunedì 15 agosto. Ferragosto bagnato, ferragosto … All’ isola di Dugi Otok Partenza la mattina presto, traghetto alle ore 9:00. Arrivati sull’isola si fa rotta verso Nord alla ricerca di due affittacamere 20enni amiche di Marco C. La strada, un susseguirsi di salite e discese (con pendenze superiori al 10%), attraversa tutta l’isola nella parte centrale, la più alta, mostrando ai visitatori la rigogliosissima vegetazione ed il limpidissimo mare. Dopo aver preso un abbondante acquazzone i quattro eroi trovano facilmente alloggio a Bozava presso le due simpatiche e sveglie ragazze.

Nonostante il brutto tempo si decide di andare all’estremità nord dell’isola dove è visitabile un faro. Qui si scopre il punto debole di Antonio, l’altitudine e la mancanza di una vera e propria protezione sulla cima della lanterna gli arrecano fastidiose vertigini.

E’ quindi molto meglio scendere giù dal faro e precipitarsi in acqua. Il tempo è tutt’altro che bello ma la piccola spiaggia di ciottoli bianchi di fronte al faro è meravigliosa. Prima di tornare a casa visita ad un’altra caletta con spiaggia di sabbia ed immancabile bagno.

La sera è passata a mangiare e a bere presso uno dei numerosissimi grill presenti in Croazia. Francesco partito astemio incomincia ad apprezzare le sostanze contenenti alcol, sarà un inarrestabile crescendo.

Martedì 16 agosto. Da ciclisti si diventa marinai.

Visto che il giorno precedente si era pedalato a sufficienza si decide di noleggiare un gozzo per fare un giro nelle insenature raggiungibili solo tramite il mare. Un po per caso un po per fortuna si scoprono delle baie meravigliose. La calma ed il silenzio vengono rotte, di tanto in tanto, dall’arrivo dei barconi dei gitanti, ammassati, in alcuni casi, come le poco rinomate carrette del mare che trasportano gli immigrati clandestini. Al timone si alternano i due capitani: Marco C ed Antonio. Il primo con una guida soft sostiene ad ogni istante di aver trovato l’andatura da crociera, peccato che la barca in navigazione sia addirittura più lenta del moto ondoso. Il secondo con una guida molto più irruenta ritiene che nonostante l’andatura riesca a tagliare le onde come un marinaio navigato e che gli spruzzi di acqua che bagnano gli altri occupanti sono solo una sfortunata casualità.

Mercoledì 17 agosto. Se il bel tempo si vede dal mattino…Verso il sud di Dugi Otok.

Sveglia, piove, si parte. Oggi è previsto un vero e proprio tappone pirenaico. Date la scarse capacità dei quattro, la salita da affrontare per lasciare il paese di Bozava sembrava uno scoglio insuperabile. Il chilometro con pendenza superiore al 10% ed il bagaglio pesante caricato in bici non facevano prevedere un facile scollinamento che, invece, i quattro, accompagnati dalla pioggia, sudati e stanchi, riuscivano abilmente a superare tale ostacolo. Ora il percorso di circa 40 km era un susseguirsi di sali e scendi, alcuni anche impegnativi, ma fattibili. Durante il percorso vengono raggiunti da una comitiva di circa 30 persone che viaggiando in barca visitavano le isole in bici. È inutile dire che nonostante il bagaglio erano i nostri quattro amici ad imporsi sul gruppo dei festosi barcaioli. Antonio già ipotizzava una possibile serata passata in compagnia di Elisa, tedeschina con la quale aveva condiviso parte della pedalata. Purtroppo, a differenza di quanto sosteneva la stessa Elisa, la barca dei ciclisti sarebbe dovuta partire dal porto immediatamente dopo il pranzo.

Nel pomeriggio visita al parco naturale di Telascica dove ci sono delle baie dalla bellezza indescrivibile, un lago salato e delle maestose scogliere. Come per il resto dell’isola la vegetazione è rigogliosissima.

Si dorme e si cena a Sali.

Giovedì 18 agosto: Rino, Dino, Ringhio … Ciro a papà I quattro decidono che dopo gli 80 km fatti il giorno precedente era necessaria una pausa. Si decide quindi di prendere parte ad una gita in barca diretta alle isole Incoronate.

Al porto sorseggiando una birra li aspetta il capitano da alcuni chiamato Rino da altri Dino, dai quattro soprannominato Ringhio. Omone sui 120 kg con conclamata allergia al timone. Si fa rotta verso Sud dove si visita prima una piccola grotta e successivamente si fa il bagno in una insenatura. Bellissimo. Il pranzo si svolge in un ristorante su un piccolo isolotto, il pesce è buono ma non abbondante. Ringhio riesce a far sue quattro bottiglie di vino mentre i quattro “sportivi” si fermano ad un paio di birre. Si scopre in tale circostanza che l’alcol accentua in Ringhio l’allergia al timone. Infatti, mentre all’andata aveva solo tentato di investire un piccolo gommone lasciando il timone per cercare nella stiva non si sa che cosa, nel percorso di ritorno il timone era una cosa rotonda di cui non conosceva il significato. Fortunatamente l’impatto con gli scogli è stato miracolosamente evitato svariate volte. Durante il ritorno Ringhio propone di fermarci a cena al miglior ristorante delle isole Incoronate, specialissime le aragoste. Ringhio avrebbe lasciato li i ciclisti. Sarebbe rientrato in porto per bere un paio di birre e poi sarebbe tornato a prenderli. La proposta è accettata anche se è forte il dubbio che Ringhio, una volta al porto, sia poi in grado di ricordarsi l’impegno di tornare al ristorante. L’isola ha come unico edificio il ristorante ed un piccolo porto super attrezzato per ricevere i maxi yacht. Attendendo l’ora di cena i quattro fanno un giro per ammirare queste barche ed avere la conferma che i gitanti barcaioli sono tutt’altro che persone allegre e gioiose, anzi sembrano tutti molto annoiati. Per tale motivo è necessario portare un po di allegria e sano casino agli ospiti del porto e si decide di organizzare una partita di pallanuoto. L’assenza di porte viene sopperita utilizzando gli yacht generando un “piccolo” risentimento da parte dei proprietari delle imbarcazioni. Si decide quindi di smettere. La cena, alla quale si aggiunge una coppia napoletana-veneta, è ottima. Sul conto i due chili e mezzo di aragoste si fanno sentire ma ne valeva la pena. Incredibilmente, quando ormai non era più atteso, compare all’orizzonte Ringhio. Naturalmente, prima di ripartire per Sali, parte l’inevitabile giro di birra e di pelincovac (un amaro). Durante il tragitto, Ringhio, che non riusciva neanche più a parlare, sorprende gli altri naviganti tirando fuori dalla cambusa una bottiglia dell’acqua da un litro e mezzo piena di simil grappa. Il torci budella ha il suo effetto e dopo qualche bicchiere si decide che Ringhio non si chiamava ne Dino e ne Rino ma Ciro. Antonio citando una frase di W. Blake “when the doors of perception are cleasened, man will see things as they truly are, infinite…” incomincia a ricordare storiche ubriacature adolescenziali. Miracolosamente, forse grazie all’intercessione della Madonna del Divino Amore si riesce ad arrivare in porto ed ad andare di nuovo a cena. Nessuno ricorderà mai cosa si è mangiato quella sera. Francesco ormai è divenuto un esperto bevitore da disintossicare il prima possibile.

Venerdì 19 agosto. Si ritorna a pedale.

La mattina si riparte per tornare a Zara. Il gruppo si spacca. Antonio vuole andare ai laghi di Plitvice ma essendo lontani propone di prendere la corriera e di caricare su le bici. Marco invece propone un itinerario di 250 km da fare in tre giorni per andare a KRKA e tornare a Zara. Vincerà la terza ipotesi suggerita dalla grappa bevuta la sera prima. Per verificare la fattibilità della proposta suggerita da Antonio i quattro si recano alla stazione dei bus dove a breve sarebbe partito quello che li avrebbe portati a destinazione. Alla richiesta gentile di poter caricare le biciclette si riceve un primo timido si da un autista. Un attimo dopo un suo collega tutt’altro che gentile nega il permesso perché avrebbe dovuto riordinare un po i bagagli degli altri passeggeri. Probabilmente quest’autista aveva in passato subito una vicenda simile a quella successa al capitano della nave (la storia della moglie, per i deboli di memoria). Non rimane che andare a KRKA e quindi i quattro partono, affrontando la litoranea, direzione Sibenik. A circa 20 km dalla partenza si verifica il primo guasto meccanico, Antonio subisce la prima foratura (e dico prima non casualmente). Tale evento infausto, riparato abilmente in 10 minuti, convince velocemente che di fare 70 km non è il caso anche perché il corpo è ancora fortemente provato dalla bevuta del girono prima. Marco C dichiarerà “non ho avuto un calo fisico.. Ma fare una strada come la litoranea non mi interessa, troppo trafficata”. Abituati al traffico di Roma quella riportata era una motivazione poco credibile. Si arriva rapidamente a Biograd e dopo aver ammirato le bellezze locali ci si mette alla ricerca di una stanza. Si trova una signora che gentilissima ci dice che una sua amica ha una casa bellissima in centro e che l’avrebbe chiamata per farci ospitare. L’amica si fa attendere nonostante, ci era stato detto, abitasse a poche centinai di metri da dove eravamo, forse era colpa del traffico… La casa era effettivamente molto bella ma era a circa 30 minuti in bici dal centro, praticamente oltre l’incrocio con la litoranea. Si decide di tornare comunque in centro (sul molo) a cenare non prima di essersi fatti una doccia e aver fatto una partitella di basket. Questo sport ci mancava e poi non potevamo andare in centro senza sudare un pochino. Biograd, con un molo pieno di ristoranti e bar, è una città abbastanza pulita ma non presenta particolari attrattive.

Sabato 20 agosto. Di nuovo sulle isole: Pasman ed Ugljan.

La giornata non inizia nei migliori dei modi. La camera d’aria di Antonio, sostituita il giorno prima, non sembra gonfissima. Comunque si parte per Pasman, isola collegata con frequenti traghetti che dista pochissime miglia. Il territorio dell’isola è molto simile a quello di Dugi Otok anche se presenta dislivelli minori. Strada facendo ci si ferma ad una località non ben identificata e dopo un bel bagno si va a pranzo in un ristorante sperduto in campagna. I quattro ciclisti concordano sul mantenersi leggeri ed infatti tranne la frittura svuotano la dispensa del ristorante. Dopo una siesta di un paio d’ore è ora di ripartire.

Pochi chilometri e la gomma di Antonio è di nuovo a terra, il problema è dovuto all’allentamento di una serie di raggi. Antonio passa in vantaggio nella classifica del “campionissimo” anche perché la sua bici manifesta periodicamente svitamenti vari. Dato il problema non risolvibile istantaneamente si decide di completare l’isola di Psaman, passare tramite il ponte sull’isola di Ugljan e tornare a Sabunike. La ruota regge ma con qualche problema. Anche quel giorno vengono affrontati circa 80 km che devastano i quattro “atleti”. Si cena nell’unico ristorante del paese dove servono porzioni mostruose che neanche lo stomaco a molazza di Antonio riesce a sopportare. La stanchezza attanaglia i quattro che decidono ugualmente di andare al bar della piazza centrale dove si narra ci sia una cameriera “da paura” alta circa 2 metri. Dopo aver preso l’ennesimo pelinkovac succede l’inaspettabile, finalmente il santino della Madonna del Divino Amore posto sulla canna della bicicletta di Antonio ha il suo effetto. Abbandonato il tavolo posto all’esterno, Antonio, si reca nel bar per pagare, le cameriere hanno un sussulto inspiegabile. All’uscita dal bar le ragazze al suo interno lo seguono incominciando a mandare baci. Antonio si chiede se per errore, data la stanchezza, non avesse pagato in euro invece che in kune, la notevole differenza di cambio avrebbe potuto generare questi gesti di affetto. I quattro decidono di vederci chiaro e nonostante spompati come la camera d’aria di Antonio decidono di approfondire la faccenda.

Domenica 21 agosto. Ultimo giorno. Come il primo: piove.

Appena smesso di piovere, da buon italiani, si decide di andare a fare una partitella a pallone. Terreno scivolo non in perfette condizioni, prestazione scadente. Si ipotizza che la bicicletta non sia propedeutica al calcio così come le ciabatte da mare utilizzate.

Dopo un bel bagno si torna in tempo a casa per divorare un pollo al forno con relative patate.

Nel primo pomeriggio si riparte per Zara. Antonio ormai con i suoi problemi cronici di gonfiaggio della ruota e con sempre più punti nella classifica “il campionissimo” è costretto a mettere il suo bagaglio sullo sterzo per alleggerire il retrotreno. A nulla serve più gonfiare la ruota. Arrivati a Zara finalmente esce il sole. Marco C e Marco DS colgono l’occasione per bere l’ennesima birra mentre Francesco ed Antonio comprano qualche gingillino ed un paio di magliette semi false della nazionale croata.

All’imbarco si ritrovano vecchi amici.

Il capitano della nave è il simpaticone dell’andata che anche in questo caso afferma “i bicicli per ultimi che intralciano le automobili!!!!”.

Nell’attesa incontrano anche la napoletana dotata di boe conosciuta sull’isola di Dugi Otok. Una stima prudenziale fa propendere per una sesta. Peccato che non abbia accettato l’invito di andare al ristorante al ristorante sull’isola deserta (quelle delle aragoste). Nel dopocena ci sarebbe stata grappa ed abbondanza per tutti.

Si imbarcano, mangiano, giocano a carte e dormono. Francesco scopre il “morbido” mondo dell’insignificante materassino di spugna. Molto meglio gli altri con il materassino gonfiabile.

Lunedì 22 agosto. Premio “il Campionissimo” Si arriva finalmente in Italia e tutto sembra deciso per l’attribuzione del premio Il Campionissimo prima edizione. Tale premio che prende il nome dal titolo che si attribuisce ad i grandi personaggi del ciclismo (come ad esempio Costante Girardengo, Alfredo Binda nonché Gino Bartali) è attribuito in questa circostanza a colui che si è messo in mostra per qualità quali la sfortuna, la sbadataggine e l’inesperienza. Nel momento che il gruppo toccava il suolo italiano il trofeo era saldamente in mano ad Antonio grazie agli innumerevoli problemi con la ruota posteriore. Seguiva Marco C che aveva conquistato meritati punti grazie alle ipotesi sbagliate effettuate durante il tragitto, alla temporanea scomparsa della carta d’identità e alla rottura della pedivella. Marco DS e Francesco erano attardati in classifica. Il primo aveva conquistato qualche punto tramite l’enorme bagaglio con il quale si era presentato e grazie alla bici rifatta come Liz Taylor. Il secondo si era impegnato a seguire gli altri compagni di viaggio nelle scorribande alcoliche con evidente incapacità.

Ma come in molte volte accade “non dire gatto se non lo hai nel sacco” (Trapattoni Docet).

L’esperienza, la capacità creativa … Il genio di Marco C erano in agguato. Con un colpo di mano quando ormai sembrava tutto deciso sferra l’attacco e con un’acrobatica scivolata sui binari presenti al porto di Ancona riesce ad aggiudicarsi il trofeo. Per cercare di conquistare più punti ed assicurasi l’ambito trofeo coinvolgeva nella caduta anche Marco DS. Un fenomeno! Ormai Marco C era in fuga e nessuno potrà più rimontarlo. Complimenti il trofeo è meritatamente conquistato! Roma accoglie i quattro eroi con la pioggia. Il viaggio finisce qui, Marco C e Marco DS si recano a casa. Antonio maledice il giorno in cui aveva comprato la bicicletta più svitabile dell’unione europea, Francesco da le ultime pedalate per andarsi ad iscriversi alla Alcolisti Anonimi sperando in una rapida disintossicazione dalla grappa.



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