Corsica in sette giorni

Veloce periplo dell'isola in auto, percorrendo 1.016,3 chilometri
Scritto da: brabam
corsica in sette giorni
Partenza il: 10/10/2015
Ritorno il: 17/10/2015
Viaggiatori: 1
Spesa: 1000 €
CORSICA IN 7 GIORNI E 1016,3 KM

Breve premessa: i nomi delle città o delle località sono tutti in italiano, come in origine. Detesto sentire l’accento sulla vocale finale, i nomi vanno pronunciati come in italiano.

Venerdì 10.10.2014: BASTIA – SAN FIORENZO

E’ notte. Mi sveglio alle 04.15 anziché alle 04.30 come programmato. Doccia, colazione a base di frutta, e via, alla volta di Livorno. Ho tempo, vado piano, a 80 km/h, e sono veramente in relax. A questa velocità è lunga, ma alla fine arrivo in porto a Livorno, per la precisione al Porto Mediceo. Trovo il terminal traghetti della Corsica Ferries e scendo a fare il biglietto. Sono 211,00 Euro, online avrei risparmiato 50 Euro. Vabbé. Ci si imbarca. Salgo su, posteggio dove mi indicano gli addetti e raggiungo il ponte. Cerco subito un posto per dormire. Mi sistemo davanti alla reception, sul divanetto, bello largo, indisturbato, non prima di aver fatto colazione al self service (orrende uova strapazzate con orrenda salsiccia e pancetta, inclusa un’orrenda macedonia). Alle 12.45 si sbarca a Bastia, che vista dal mare sembra un’accozzaglia di casermoni in stile francese, che abbruttiscono l’insieme. Guadagno subito la strada per Capo Corso. Occorre mezz’ora per lasciarsi alle spalle le brutture. Poi si presentano alla vista solo costa, baie, insenature, calette, una più bella delle altre. Passo Macinaggio e salgo verso Capo Corso. Scendo verso Botticella, la supero e arrivo a Barcaggio, da cui posso ammirare la punta a nord della Corsica. Riparto. Prendo la strada per San Fiorenzo. Per molti tratti bisogna procedere con cautela perché la strada è dissestata. Tante belle foto e panorami mozzafiato. Arrivo a Nonza e faccio delle foto della rocca a strapiombo sul mare. Arrivo alla zona del moscato di Patrimonio, dove è tutto un brulicare di cantine vinicole che fanno vendita diretta e degustazione, ma io guido, e non posso bere. Cerco una chambre d’hotes, che non trovo, ne trovo un’altra ma la proprietaria mi dice che è già chiusa per fine stagione. Passo San Fiorenzo, vado ad Oletta. Tutto chiuso (siamo solo al 10.10.2014., mica a Novembre…). Torno a San Fiorenzo, chiedo all’agenzia di soggiorno. La gentile signora mi indica una buona chambre d’hotes, Baraka, della Sig.ra Giorgi, Euro 50,00 senza colazione. La proprietaria è una persona molto simpatica e mi accoglie calorosamente. Mi dà una piccola casetta tutta per me con cucina, camera, bagno e pergolato. Mi reco a cenare al Arrier Cour, in centro a San Fiorenzo, che mi lascia da subito perplesso e poi scontento. Il cibo non è un granché, è caro. Per una charcuterie asfittica di salami corsi (12 Euro, troppi), soupe corse (10 euro per una minestra di carote, patate, fagioli e due pezzettini di salame sono troppi), insalata e birra corsa (25 cl), 29,50 Euro. Decisamente troppi per il nulla (bello è che il cameriere/chef mi ha detto che ho ordinato una cena consistente, che non ce l’avrei fatta a finirla tutta….). Me torno alla stanza perplesso (mi chiedo se sia tutto così il cibo corso?….) E’ notte, a più riprese vado in bagno per bere litri di acqua fresca, ho una sete boia, la charcuterie era molto salata e piccante, e adesso ne pago le conseguenze. La mia esperienza con i salumi e la zuppa corsa finisce qui. D’ora in poi solo pesce ai ferri, insalata e frutta.

Sabato 11.10.2014: SAN FIORENZO – CARGESE

Giornata dedicata alla guida. Alla partenza la Sig.ra Giorgi mi regala una confezione di crema di nocciole corsa (perché lei non può più mangiarne per via della glicemia). Parliamo brevemente e amabilmente dei trascorsi genovesi dell’isola, e la Sig.ra Giorgi mi fa una rivelazione, con un moto d’orgoglio: “sa, Antonio, noi corsi veri, corsi da generazioni, prima di sentirci francesi, prima di sentirci italiani, ci sentiamo GENOVESI. Ci salutiamo calorosamente con la promessa di rivederci in futuro e mi dirigo verso Calvi. Salto il deserto des Aigues (lo farò alla fine) e spero di trovare S. Antonino (che però salto perché non è ben segnalato, devo girare per Pigna, e dopo per San Antonino, ma non me ne avvedo). Pazienza, mi dico. Calvi merita una visita solo per la cittadella e per la scritta SEMPER FIDELIS, che sanciva la fedeltà estrema a Genova. Dimenticavo, durante il tragitto per Calvi ho fatto sosta a Isola Rossa. Nulla di che. Nella cittadella di Calvi vale la pena visitare la Chiesa e l’Oratorio, in cui, al momento del mio arrivo stanno cantando a cappella Dopo Calvi (per la cronaca: mi sono fermato a bere un te caldo, ma nel bar non servono cibo……e non è il solo bar dove ciò avviene….bah….) mi accingo ad un tour de force di guida lungo la costa. Faccio una visita a Santa Reparata, che è una piccola baia raggiungibile di preferenza col fuoristrada. Bagno giusto le gambe. Riparto e passo una serie di baie, calette ed insenature che fanno rabbrividire la Costiera Amalfitana e le Cinque Terre. Le foto si sprecano, e le soste con l’auto pure. Ci sono tratti di strada vecchia stretta in cui non incontro anima viva per chilometri. Passo una delle zone più belle della Corsica, la riserva naturale di Scandola. Guido per ore, salendo e scendendo per quelle stradine a picco sul mare ed in mezzo a tanta vegetazione. Arrivo a Porto. Scappo subito. Proseguo per Piana dove sosto 15 minuti per scattare delle foto. Dopodiché prendo deciso per Cargese, dove mi fermo e occupo una stanza all’Hotel Cyrnos (38 Euro senza colazione). Non fa schifo, anche se è un due stelle. Nel paese c’è una folta comunità di greci venuti qui circa tre secoli fa. Infatti ci sono due chiese prospicienti: una di rito greco-ortodosso e ed una di rito latino. Davanti a quest’ultima degli uomini stanno giocando a bocce, ed ascolto due di loro che stanno parlando in corso. Si accorgono che li sto guardando, si fermano, un po’ imbarazzati e forse indispettiti. Chiedo loro di continuare, visto che mi piace sentirli parlare la loro lingua, essendo io italiano. Si aprono e mi parlano un pò di loro e di cosa fanno. La sera vado a cena a l’Ancura, a Sagone. Bel ristorante, pesce buono, ma caro da togliere il sorriso. Opto per il menu da 25 Euro (alla carta bisogna accendere un mutuo per pagare). Ordino 1) soupe de poisson 2) parillade poisson 3) tartare de ananas Bevo un Muscat con olive, per antipasto. La soupe è solo un brodo di pesce (io pensavo alla nostra zuppa di pesce, che però loro chiamano Bouillabasse). Vabbé… La Parillade è valida, si tratta di filetto di pesce alla piastra, con patate e verdure grigliate La tartare di ananas è una squisitezza, molto fine e delicata, da provare Vino da 50 cl, bianco di Patrimonio. Spesa totale: 53 Euro (il doppio del menu………) esco gobbo dalla legnata, con lo stomaco semivuoto, e sono pure bello ubriaco. Guido piano, a 30 km/h, anche se mi occorre molta attenzione e concentrazione. Però arrivo sano e salvo a Cargese, dove gironzolo per il paese, in un tranquillissimo sabato sera. Mi sideo davanti all’hotel e scrivo. Il tasso alcolico non scende, e sono passate ben due ore dalla cena….si vede che io sto all’alcol come la verginità sta a Cicciolina.

Domenica 12.10.2014: CARGESE – AJACCIO

Lascio Cargese alle 09.00 e mi dirigo ad Ajaccio, che raggiungo con calma alle 10.00. Una città grande, con tanto di porto traghetti e aeroporto. Ci sono le Avenue ed i Boulevard. Lascio l’auto in una via laterale, in un posteggio gratuito, e mi dirigo verso il centro storico. E’ domenica e tutti i negozi sono chiusi. Raggiungo la Rue du Roi de Rome e visito senza entusiasmo la casa natale di Napoleone Bonaparte. Un grande condottiero, si, ma anche un grande predone, che rubò a man bassa in Italia. Per i corsi ed i francesi è un eroe nazionale, per me solo un furfante. Il Museo Flesch, manco a dirlo, oggi è chiuso. Altri musei pure (alla faccia del turismo). Gironzolo fino alla Cittadella (non visitabile, perché è zona militare) e poi trovo una camera all’Hotel du Palais, 60 Euro con colazione. Bel hotel, con camere rinnovate e bei bagni. Esco e mi reco lì vicino, in un bar per mangiare un’insalata niçoise. Raggiungo l’auto e mi reco alle Isole Sanguinarie. Nulla di particolare. Non faccio neanche l’escursione con la barca (10 Euro) perchè non mi interessa. Giusto il tempo di fare il periplo della penisola e prendo l’auto per andare ad esplorare l’entroterra, verso Bastelica. Percorro la strada che sale che sale da Bastelicaccia, quella più vecchia, che passa per Oc e Tolla, costeggiando un lago e delle gole, che sono uno spettacolo, una meraviglia della natura. Raggiungo Bastelica dopo un’ora e un quarto di guida. Bei boschi, arriva forte il rumore della cascatelle vicine. Gironzolo per il villaggio, dove ogni persona saluta cordialmente. Siamo nel cuore della Corsica, in cui vissero gli insurrezionisti, che combatterono per la liberazione da Genova. Siamo nel paese di Sampero Corso, nel paese della gente dell’interno, che nel passato non volle mai piegarsi al giogo dei dominatori, prima genovesi, e poi francesi. Cerco un posto per cenare, Chez Paul, che è famoso, ma è chiuso per turno. U Ponte è aperto, ma la cucina apre alle 20.00. Sono le 17.00 e non ho voglia di attendere così a lungo. Decido di tornare ad Ajaccio. Arrivo in hotel, chiedo lumi. Mi mandano sul fronte del porto, dietro la stazione dei treni, in due posti cari come il sangue. Ne cerco uno sempre nel porto, ma verso il centro storico. La Rade fa al caso mio. Una crepe parisienne, una mousse di castagne, 1/4 di vino corso, fanno 19,50 Euro. Ok. Gironzolo un pò e poi faccio una capatina in un Internet café. Brutte notizie da Genova, per l’ennesima alluvione. Torno triste e sconsolato in albergo.

Lunedì 13.10.2014: AJACCIO – CORTE via treno (trenichellu)

Sveglia di buon’ora alle 07.00 (anche se l’hotel si trova a meno di 100 mt dalla stazione voglio fare le cose con calma). Il trenino parte puntuale alle 08.11. Dentro c’è l’aria condizionata, che dà un pò fastidio (a me, che la detesto). Passata la pianura intorno ad Ajaccio, si aprono i paesaggi fatti di montagne, gole, boschi, ponti sui tanti torrentelli, stazioncine (a volte abbandonate) che servono i villaggi di campagna. Sul treno viaggiano studenti che vanno a Corte a seguire i corsi universitari, turisti ed escursionisti, che vanno a visitare le Gole di Restonica. Dopo due ore attreverso valli verdi e rigogliose si arriva a Corte, La stazione è a poco meno di 600/700 mt dal paese. In cinque minuti a piedi raggiungo il centro città, dove si sviluppa il Boulevard Paoli, che sfocia in una piazza con la statua. Salgo all’ufficio informazioni, alla Cittadella. Mi dicono che i musei oggi (lunedì) sono chiusi (evvai… si sono mica messi d’accordo con Ajaccio, dove i musei chiudono la domenica?). Vengo a sapere che le Gole di Restonica si possono raggiungere solo con l’auto, non esiste navetta e neanche il bus. Si trovano a 16 km e non ho neanche le scarpe adatte. Bene, vorrà dire che la mia visita si ridurrà a tre sole ore, dato che ho il treno per Ajaccio alle 13.11. Alle 11.30, dopo aver bighellonato nelle vie del centro, mi reco a pranzare da Bip’s, segnalatomi dalla guida Tci. Ordino una insalatona al Bip’s, che da sola è un pasto (uovo sodo, una fetta di prosciutto crudo, quattro pezzi di pecorino stagionato, riso integrale, mais, lattuga, pomodori, due fette d’arancia, e altro, che non ricordo). Passo poi alle costine di agnello grigliato, con contorno di patate fritte, molto gustose, insalata di pomodori, zucchine stufate. Mi concedo un bicchiere di vino rosso (marca Colombo, 10cl, assai corposo, al profumo di mirto). Sono strapieno. Mi offrono l’agnello in salsa di pomodoro. Non posso rifiutare, ma segno il passo. Non contenti mi offrono un piatto di penne con agnello stufato (se qualcuno ha presente quella strana trasmissione americana, Man Vs Food, in cui un uomo gira i locali d’America ingozzandosi ogni volta del cibo locale, ecco, io mi sento come quel tizio). Mangio l’agnello e lascio le penne (è troppo). Chiedo il conto, perché di li a poco ho il treno. Mi offrono anche il digestivo, che è una vera bontà al mirto. Pago 22,50 che è nulla rispetto a ciò che ho divorato. La proprietaria del ristornate e le cameriere mi hanno coccolato e viziato, sono convinto che se fossi rimasto li ancora un pò mi avrebbero messo all’ingrasso come un agnello per la pasqua. Saluto cordialmente, ringrazio e corro verso la stazione. Di lì a poco arriva il Trenichellu, salgo, raggiungo il sedile, faccio in tempo ad aggiornare il diario e cado addormentato, come una pera cotta. Mi sveglio all’arrivo ad Ajaccio. Esco, raggiungo l’auto e prendo per direzione Porticcio. Lo passo, nulla di che. Poi salgo a Coti/Chiavari, per vedere quel posto in cui tre o quattro secoli fa una comunità di liguri di Sopralacroce (nell’entroterra di Chiavari) vi prese dimora. Dopo un bel pò di strada in salita arrivo al paesello, fa frescolino. Non c’è anima viva. Incontro una signora, Sylvia, con cui dialogo in italiano. Anche lei si interessa di discendenze, etnie, dna. Pare che Coti derivi il nome da una città greca, Kotis, da cui un gruppo di abitanti si spostò qualche secolo prima. Ma a Kotis avevano fatto tappa dei Vikingi, così alcuni abitanti sono alti, biondi e con occhi azzurri. In merito alla comunità di liguri questi furono decimati dalla malaria, ed i pochi sopravvissuti alcuni anni fecero ritorno in Liguria. Vorrei stare a parlare per ore ma devo scappare. Mi congedo, dopo esserci scambiati le mail, e prendo la strada per Propriano. La sfioro e continuo per Sartene. Faccio un giro nel centro con l’auto, ma non mi fermo, anche se a malincuore, scelgo di proseguire per Bonifacio. Ho già fatto molta strada e ne ho ancora parecchia, ma passate le strade di campagna, in cui non incontro quasi nessuno, trovo delle strade veloci, dove si può andare a 90 km/h. Lo spettacolo del tramonto sul territorio di Bonifacio non ha pari. Il rosso di sera dà una luce magica e mi fermo più volte a scattare foto. Arriva il bivio, tiro per arrivare a Bonifacio e trovare un hotel dove potermi fare una bella doccia. Eccolo, l’Hotel des Etrangers, all’inizio del paese. Chiedono 45 Euro senza colazione, senza tv. Mi lavo, esco ad esplorare il paese. Una vera sorpresa, un tripudio per gli occhi, non si può descrivere. C’è il porto in basso e la città vecchia in alto, dove tutto sa e parla di Genova: i vialetti latricati, le case con le scale ripide, le peculiarità architettoniche tipiche genovesi. La visita del belvedere di notte è confusa, vorrei capire qual’è la Sardegna, la Maddalena, le Isole Lavezzi e Cavallo. Scorgo i fari di fronte, vedo luci, ma nel buio pesto non mi raccapezzo. Bonifacio si trova in un’insenatura che le fa da porto naturale, con la pietra levigata dal vento, che qui è fisso, e dal mare. Direi che tra tutte le città visitate finora sia la più interessante. Insieme a Bastia e Calvi fu fedele a Genova, e fu l’ultima a cedere agli indipendentisti corsi, guidati da Pasquale Paoli (sorretto dai francesi), ben quasi quindici anni dopo che la Corsica era stata ceduta alla Francia. Torno all’hotel per riposare dopo la giornata intensa. L’indomani prenderò il battello è farò i giri delle Calanche, di Lavezzi e Cavallo.

Martedì 14.10.14: BONIFACIO-CORTE (via Aleria)

Mi sveglio alle 08.00 ben riposato. Doccia, colazione a base di frutta, e cammino verso il centro per la visita alla città vecchia. I gestori dell’hotel mi concedono gentilmente di lasciare l’auto parcheggiata nel loro spazio finché ne ho voglia. Molto gentili. Un hotel che consiglio per l’ottimo rapporto qualità/prezzo. Passo il porto, che si sta lentamente svegliando e salgo su, alla città vecchia. Mi reco al punto d’informazioni turistiche dove Manuela, una bella ragazza mora della Maddalena, mi dà le dritte per una visita dettagliata della città. La cartina fornitami ha tutte le indicazioni e dettagli per non farsi sfuggire nulla. Prendo subito per la Via Doria (il richiamo alla mia squadra di calcio è troppo forte) e la risalgo. Trovo la casa che fu dei Doria, con tanto di stemma, scritta in latino e richiami architettonici. Peccato che a piano strada si trovi un negozio di alimentari che svilisce l’insieme e lo rende volgare. Purtroppo il palazzo è in degrado, come il 95% degli altri palazzi, e non capisco perché, visto che il luogo è di pregio e viene visitato da milioni di persone. Giro ancora per le vie e viuzze, mi fermo nei punti panoramici, ammiro tutto quel complesso di case fortificazioni, che protessero la città per secoli. Vedo distintamente la costa nord della Sardegna, con le varie isole in mezzo alle due isole maggiori. Finisco di seguire tutte le indicazio ni della cartina, senza perdermi neanche un punto segnalato e poi scendo giù al porto, mi reco all’imbarcadero non prima di aver preso lo zaino in macchina. All’interno ho messo una bottiglia d’acqua, maschera, costume, telo da mare. Si parte, le foto si sprecano. Si nota con molta evidenza la scala del Re di Aragona, scavata nella falesia, e che consentiva alla gente di scendere dal paese e abbeverarsi ad una piccola polla di acqua dolce. La Sardegna a destra appare con un pò di foschia. Piano piano davanti a noi si stagliano le isole dell’arcipelago di Lavezzi: Lavezzi e Cavallo. La seconda si riconosce subito per via delle case dei Vip che vi sono state costruite negli anni ’70. Da ricordare l’incidente in cui fu coinvolto Vittorio Emanuele, allorquando, in occasione di un litigio fece partire una fucilata che colpì un giovane tedesco, Dirk Hamer, che morì in seguito alle ferite riportate. Lavezzi per contro è un’isola disabitata e protetta, in cui vivono lucertole e flora mediterranea. Sbarchiamo. Alle 12.30 ci sarà la prima tranche del rientro. M’involo ad esplorare l’isola tramite i sentieri battuti (gli unici su cui è consentito camminare). Passo il cimitero che ospita tutti i marinai che un secolo prima persero la vita in un naufragio, proprio li davanti. Oltre ci sono calette e più alla fine trovo sotto un piccolo rustico, una spiaggetta isolata, dove posso dire di essere solo. Mi denudo, infilo il costume e mi fiondo in acqua. E’ un paradiso, una sorta di paradiso terrestre. Mi ero emozionato così nel 2000, quando, in una domenica di maggio, scoprì durante un lungo week-end, la Punta di Coda Cavallo, a San Teodoro, in Sardegna. Ebbene, oggi rivivo le stesse emozioni. Mi immergo in quell’acqua cristallina, e tutti i pesci, saraghi, orate, vengono a curiosare e a scrutarmi da vicino. Forse, non vedendo mai anima viva, avranno pensato: “un extra-marino!”. Una mezz’oretta di assoluto relax, di pace e di condivisione di quella meraviglia con l’ambiente circostante. Manca una donna, con cui sarebbe bello condividere quei momenti e quello splendore di posto, unico al mondo. Sarebbe bello mettersi nudi, fare il bagno insieme, e poi fare l’amore, rifare il bagno, rifare l’amore finché lei non direbbe “basta”. E poi abbandonarsi al sole di quella spiaggia incantata. Io penso che quella caletta sia stata il luogo di concepimento di tanti bambini… Ok, è arrivato mezzogiorno in un lampo, faccio su armi e bagagli e torno all’imbarco, puntuale per le 12.30, ora in cui il battello tornerà a prendermi (chi vuole può attardarsi e prendere i battelli delle 14.30 e delle 16.30). Lasciati gli ormeggi guardo con nostalgia la spiaggetta incantata e mi scappa una lacrima (lo so, sono un inguaribile romantico). Durante il rientro facciamo il periplo dell’isola di Cavallo, che fu trasformata in un gran resort di lusso negli anni ’70 ed è rimasta esclusiva fino ad oggi. Non si può ancorare ne accedere. In seguito facciamo tappa a due grotte, e nella seconda entriamo noi con tutto il battello. Il comandante sa come affrontare le difficoltà che la manovra comporta, visto che il battello è grande e alto deve coordinare la spinta del motore con l’onda giusta, sennò ci si sfracella. Entrati dal pertugio ci troviamo in una cavità naturale, con in alto un buco da cui si vede il cielo e la vegetazione. E’ un giro bellissimo e vale tutti i 35 Euro richiesti. Rientriamo, ma prima di scendere mi complimento con il comandante, lascio una mancia e raggiungo un ristorante sul molo, che aveva attirato la mia attenzione (disobbedendo alla guida, che mi suggeriva la cantina Doria nel paese vecchio, ma ho troppo appetito e non ho voglia di arrampicarmi di nuovo). Mi siedo da Rocca. Ordino un menù mare da 29 Euro, due piatti a scelta. Prendo insalata caprese e spaghetti ai frutti di mare (in linea con lo stereotipo dell’italiano pollo). L’insalata è passabile, ma è assai misera. Gli spaghetti sono da dimenticare. Conto salato, per quello che ho mangiato Euro 31,4 (considerando i 3 Euro del vino). Pago e fuggo. Mi fermo ad un panificio e compro i dolci alla castagna (7 Euro). Ne spizzico un pò per appagare l’appetito e poi raggiungo l’auto. Lascio Bonifacio e mi dirigo verso Aleria, risalendo per la costa ad est. Mi fermo qualche minuto al Super Geant per comprare souvenir gastronomici della Corsica. La strada è quasi pianeggiante e la velocità media è alta (vige il limite dei 90 km/h). Ad Aleria faccio 20 Euro di gasolio (1,39 al litro, ma potevo farlo prima, a Ghisonaccia, dove l’avrei trovato a a 1,34). Prendo per Corte (48 km) e la strada scorre che è un piacere, poco traffico, un bel paesaggio, ed arrivo di nuovo a Corte. Domattina voglio andare a vedere le Gole di Restonica, ed il museo di Storia Corsa (che ieri, lunedì, era chiuso). Trovo un hotel decente, l’Hotel du Nord, situato nel viale centrale, al 22 di Cours Paoli, e mi faccio dare la camera a 60 Euro/notte senza colazione. La stanza è bella, accogliente e tutta rinnovata. Il ragazzo alla reception parla bene italiano e mi dà ottime indicazioni. Faccio una doccia veloce ed esco. Raggiungo il Bar Bip’s, li vicino (ieri ero stato a mangiare al Ristornate Bip’s, di proprietà della stessa famiglia). Alcuni giovani stanno cantando a cappella canti corsi. Entro in punta di piedi, ordino una birra corsa, ed ascolto in religioso silenzio. E’ veramente delizioso sentire quelle voci, a volte sono poesie ad una sola voce, che capisco bene, a volte sono canti di gruppo, sul tipo dei canti dei pastori sardi. Splendido. Mi complimento con uno dei tre e gli chiedo il bis, ma senza successo. Sono chiusi, poco inclini a confidenze, d’altronde siamo nella profonda Corsica, a Corte, cellula della rivolta contro i genovesi. Cantano, anche se percepisco di essere in qualche modo un elemento di disturbo, o quantomeno, non sono gradito. Arrivano due loro amici e uno dei dei due mi dà le spalle, parla ad alta voce e disturba i canti. Perché lo fa? Meriterebbe un ceffone. E’ un canterino ma è timido e gli do fastidio? Non canta? Boh… La serata scorre, il barista mi riempie di nuovo gratis il bicchiere. Ringrazio. Arriva una pizza d’asporto. Il tizio con cui ho parlato mi dice di prenderne un pezzo. Ringrazio e accetto. Ho però sempre l’impressione di aver rotto le uova nel paniere, ma i canti sono bellissimi e faccio finta di nulla. Alla fine il timido, rassegnato alla mia presenza (eh, no, non me ne vado solo perchè a te do fastidio), dopo il terzo cocktail, si scioglie e abbozza tre canti, subito incalzato dagli altri. Capisco che questi canti popolari, che nascono spontanei, non sono rivolti ad un pubblico, ma sono per pochi intimi. Chiusura, gelosia, diffidenza, isolamento, chissà…. ma questo rappresentano i corsi dell’interno. Evitano di guardarmi in faccia. Dopo un pò lasciano il bar defilandosi senza salutare, e rimango solo con me stesso. Ad ogni buon conto è stata una bella esperienza. Domattina comprerò un cd di musica popolare, di quelli da ascoltare bevendo un calice di vino da meditazione. Per oggi può bastare. Mi ritiro in camera per ultimare il diario della giornata.

Mercoledì 15.12.14: CORTE-BASTIA (via Laporta)

Mi alzo alle 08.00. Faccio una veloce doccia, poi la colazione a base di frutta e acqua, in camera. Alle 08.30 parto per le Gole di Restonica. Trovo subito il bivio. La strada passa in mezzo a gole e ruscelli. Ogni tanto incontro dei bovini lingo la strada che, mano a mano che sale si fa più stretta. Per fortuna è presto ed incontro solo un mezzo che scende. Ci sono spesso degli slarghi per poter cedere il passo, altrimenti la situazione si farebbe critica, visto che la strada sale per 15 chilometri. Parecchi cartelli indicano il divieto di parcheggio e camping selvaggio. E’ una zona pericolosa e possono cadere frane, e possono altresì avvenire inondazioni, visti i tanti corsi d’acqua presenti e la grande umidità. Arrivo finalmente al parcheggio, che è il punto di partenza dei tanti escursionisti (si può arrivare al lago e alle vette, ma io non ci penso nemmeno). Esco dall’auto, fa freddo e tira vento, metto felpa e k-way, scatto un pò di foto e risalgo in auto. Scendendo incontro dei veicoli in senso opposto al mio, ma con le zone di manovra non c’è problema e ci facciamo strada. Prego di arrivare alla fine prima che si siano svegliati tutti. Alle 09.30 sono di nuovo in centro a Corte. Cerco un negozio dove comprare un cd di polifonia corsa. In una giornaleria (posta prima di un negozio di musica) trovo un cd di un gruppo importante, che costa Euro 17,50 (sono i “A Filetta” il titolo è: “Una terra ci hè”). Salgo alla cittadella per andare a vedere il Museo della Corsica ed il museo regionale di Antropologia. Rimango un pò deluso, mi aspettavo una mostra razionale sui vari periodi storici dell’isola, ma non è così perché la storia parte solo dall’inizio della dominazione francese. La parte più interessante è una raccolta di attrezzi della civiltà contadina, ad opera di un certo Padre Louis Douzan, che raccolse e preservò dall’oblio circa tremila oggetti. Il resto della mostra, a parte un filmato che parla della storia della Corsica francese ad oggi, è abbastanza veloce. Esco, scendo fino all’auto, non prima di essermi soffermato in Place Gaffory, con la statua del Generale omonimo e, sullo sfondo, la casa natale con i muri crivellati di colpi sparati dai genovesi, ancora ben visibili a tutt’oggi. Erano gli anni in cui la Corsica rivendicava l’indipendenza da Genova (e parliamo di almeno 250 anni fa…..vuol dire che su questa casa, come altre migliaia nell’isola, che cadono a pezzi, dalle facciate mai restaurate, nessuno si è mai preso la briga di mettervi mano). Con l’auto prendo direzione Ponte Leccia. Arrivato salgo su per Morosaglia (14 km) da dove prendo per La Porta (altri 6 km di strade di montagna, che passano in mezzo ai boschi). La Corsica è anche questo: si passa dai paesaggi costieri a quelli montani in meno di mezz’ora, come in Liguria, mi sento a casa. Raggiungo La Porta, un piccolo ma grazioso e tranquillo villaggio in cui si trova una chiesa splendida, San Giovanni Battista, di stile barocco, iniziata nel 1648 e terminata nel 1680. Da vedere assolutamente, ed il percorso che ho fatto io, un pò tortuoso, vale la pena. Per chi ama farsi delle belle passeggiate La Porta è il posto ideale. Cerco un ristorante, l’unico del villaggio, che è a 50 mt. il L’Ampugnani. Entro. Ci sono due clienti, marito e moglie, stanno pranzando. Cerco il titolare, ma non vedo nessuno. Rientro, incrocio un ragazzo alto e biondo, del tipo franco-normanno, non certo corso, con dei tatuaggi evidenti sul collo, molto gentile. Mi fa accomodare e mi mostra il menu. Scelgo quello da 17,50 Euro: antipasto-piatto del giorno-dessert. Per antipasto scelgo un’insalata mista (cruditées). Ottima e abbondante, molto ben presentata e invitante. E’ composta da cipolle dolci tagliate fini, carote, pomodori, lattuga e condite con olio, salsa e aceto. Ho un grande appetito e divoro l’insalata con quattro fette di pane (buonissimo). Il piatto del giorno è uno splendido cinghiale in salmì con tagliatelle. Ottime e ben cotte. Tutto abbondante. Nel frattempo nel ristorante entra l’altro titolare, un ragazzone di quasi due metri, molto gentile e alla mano. Entrano anche altri clienti. Arriva il dessert, una tortina soffice alla castagna, con guarnizioni di frutta e salsina chantilly, golosissima. Il caffé e la grappa sono offerti dalla casa. Conto: 20,40 Euro, prezzo onestissimo. Ho mangiato benissimo, in abbondanza ad un prezzo abbordabilissimo (in Corsica purtroppo si viene sistematicamente pelati, mentre all’interno si sta bene, come un pò dappertutto). Dimenticavo: il cibo è cotto bene ma non è affatto pesante, riesco a digerirlo senza fatica, e parla uno che ha problemi digestivi…. Lascio La Porta e prendo per la costa, direzione Figulli.

La strada scorre. Continuo per Bastia. All’ingresso trovo un pò di traffico. La città è grande e le macchine stanno una sopra l’altra. Raggiungo il centro, trovo un posto un pochino defilato, a 500 mt sopra la stazione dei treni, e parcheggio.. Scendo giù a piedi e trovo subito due hotel: Les Voyageurs (3 stelle) che chiede 70/notte e Univers (2 stelle) che chiede 50/notte. Scelgo il secondo, anche se dopo mi pento, visto che il due stelle non è un granché. Ma è centrale e a due passi dal porto, i traghetti sono a 200 mt. Mi lavo veloce ed esco subito per un giro a piedi nella città. Prendo il Boulevard Paoli e risalgo il centro storico fino alla cittadella. Qui tutto sa di Genova, i palazzi, le case, le vie, i caruggi. Peccato che tanti quartieri siano lasciati andare. Scatto tante foto, soprattutto ai portali e alle facciate, che raccontano di un passato fiorente (così come Bonifacio e Calvi, non a caso città fedelissime a Genova). Ma ci pensò Napoleone a spostare la capitale da Bastia ad Ajaccio, e a fare un pò di casini. Sono tre belle città, con centri storici decadenti, ma dai passati ricchi. Scendo giù e mi fermo in un negozio di dischi per comprare un altro cd di polifonia corsa: I Campagnoli “Odisseu” (Euro 22,50). Torno in camera, faccio una veloce cena con acqua e frutta. Sulla porta dell’hotel vedo un manifesto in lingua corsa che dice che domani , giovedì 16.10.2014, presso il bar Penalty, ci sarà una festa con musica e cibo. Esco a cercare il bar, che si trova in un angolo della piazza del mercato. Dentro c’è la musica dei Gipsy Kings. Mi siedo fuori e ordino una birra corsa. Terminata la consumazione, chiedo lumi per il programma dell’indomani sera. Mi confermano che dalle 18.00 ci sarà un gruppo che canterà musica corsa e altri generi. Ottimo, penso. Ci sarò di sicuro. Saluto e torno all’hotel. Redigo il diario del giorno e vado a letto. Domani andrò a San Fiorenzo per vedere il deserto e la la Spiaggia di Saleccia.

Giovedì 16.10.2014: BASTIA – SAN FIORENZO

Sveglia tranquilla alle 08.00. Doccia, colazione con frutta e acqua, e poi via, verso San Fiorenzo. Da Bastia ci si mette poco perché basta svalicare il Col di Teghime con la D81, sono 23 km in tutta scioltezza, oltre a godersi i panorami da una parte e dall’altra. Alle 09.00 sono davanti all’ufficio informazioni a chiedere dei battelli per la spiaggia di Saleccia. Mi indica le compagnie presso cui informarmi. L’unica barca disponibile in questo periodo è Popeye. Al botteghino dicono di tornare per le 09.55 perchè le condizioni meteo non sono il massimo. Mi fermo un pò a parlare con la signora del botteghino che mi fa presente che in Corsica non piove da ben quattro mesi (se penso che in Liguria è piovuto tutto l’inverno, tutta la primavera, parecchio in estate, e pure di recente, in occasione delle varie alluvioni… è tutto un altro mondo). Adesso capisco perchè tante fontane sparse sull’isola erano a secco, tranne quelle di Corte, dove l’acqua non manca mai. Nel frattempo bighellono per il paese e mi fermo in un bar che ha i tavolini all’aperto. Ordino una spremuta d”arancia e chiedo dov’è il bagno. E il bar du Passage e per una spremuta annacquata chiedono 5 Euro. Mi pento di soldi, che mi sembrano veramente buttati. Ritorno al molo e dicono che si parte. 16 Euro A/R col gommone grosso (visto che siamo solo sette persone). Si arriva velocemente alla spiaggia di Lodu. Sbarchiamo e prendo subito il sentiero costiero per Saleccia. La danno per un’ora e quaranta minuti, ma col mio passo la raggiungo in 35 minuti, passando per un sentiero che rasenta la scogliera e piccole calette. Nulla di spettacolare, purtroppo c’è molta sporcizia che si accumula in mare e viene portata a riva. Finalmente arrivo alla tanto decantata spiaggia di Saleccia. Un grande lido, nulla di che. Sono solo come un cane, le onde crescono ma non mi invitano a tuffarmi, l’acqua è scura. Decido di tornare a Lodu, dove almeno la spiaggia è più bella, più piccola, ma sicuramente meno dispersiva e più accogliente. Oltretutto l’acqua è cristallina. Alle 12.00 sono a Lodu, anche se sarei potuto arrivare prima prendendo l’altro sentiero ma avevo tanto bisogno di muovermi, dopo tanti giorni alla guida. Eccola la spiaggetta, che piace a me, ed ecco lei, bionda, tutta solitaria, là nel mezzo. Mi devo inventare qualcosa per approcciarla: prima mi tuffo e sto in ammollo dieci minuti, giusto il tempo per accorgermi che un pesciolino sta addentando le mie ferite sulla tibia destra, che si stanno cicatrizzando, sarà forse che ha visto le croste muoversi ed avrà pensato di farsi uno spuntino. Sentivo qualcosa che punzecchiava la mia gamba, ma dopo ho capito cos’era. Esco dall’acqua. Mi asciugo e vado dalla bionda. Il resto lo lascio all’immaginazione, dico solo che quella spiaggetta è magica. Davvero un bel pomeriggio, che meglio di così non poteva andare. Sbarcati a San Fiorenzo ci diamo appuntamento a Bastia, per una serata corsa al Bar Le Penalty. Sulla via del ritorno mi fermo a Patrimonio per fare una degustazione di Muscat e vin à l’orange (buonissimi). Arrivato all’hotel faccio una doccia e mi cambio d’abito. Esco mi reco al luogo dell’appuntamento. E’ una serata fatta di musica corsa dal vivo, barbecue e incontro politico tra indipendentisti. Lo so, potevo scegliere un altro locale, ma ormai avevo programmato di visitarlo, ad ogni costo. Arriviamo puntuali al bar alle 18.00 ma è ancora presto, e allora facciamo come gli altri, ordiniamo un “aperitif”, e bisogna scordarsi che portino qualcosa da sgranocchiare, perché non si usa, si beve a basta. Passa il tempo, le braci sono pronte, ma temporeggiano tutti. Verso le 19.30 finalmente mettono le salsicce e le bistecche di maiale a cuocere. Stavo pensando di aver fatto una brutta figura, ed invece è valsa la pena aspettare, le salsicce sono deliziose (abbiamo scelto quelle non piccanti) e così le bistecche di maiale. Ottima carne, ha un gusto delicato e particolare, di una tenerezza mai sentita prima. I maiali corsi vengono lasciati liberi di pascolare nei boschi, forse è per questo che la loro carne è particolarmente buona e fine. Nel bar cominciano a cantare a cappella, complici i vari bicchieri di liquore a base di mirto. Io divoro quattro panini (4 Euro l’uno, e l’incasso va alla causa corsa). Inizia ad esserci un pò di confusione, fuori da un paio d’ore c’è un leggio con spartito, microfono e collegamento elettrico, ma nessuno lo usa. Si aspetta un cantante? Non si capisce nulla. Ci togliamo dal marasma e ci dirigiamo verso un locale li vicino, tranquillo, per prenderci un cocktail. Vediamo arrivare la polizia per un giro di pattuglia, sfiora il dehor del bar Le Penalty, gira e va verso la piazza, e subito uno dei sostenitori urla: “français de merde!”, ricevendo immediatamente il consenso di tutti i convenuti, con applauso generale. Il sentimento anti francese è molto forte, anche se dappertutto si sente parlare francese, in una maniera direi quasi dileggiante, in quanto i giovani storpiano la cadenza, quasi grugnendo, e ridicolizzando la lingua di Voltaire.

Venerdì 17.10.2014: BASTIA – LIVORNO

Giorno di congedo dalla Corsica e dalla dama bionda. Facciamo una colazione presso uno dei tanti café presenti sul Boulevard de Gaulle. Arriviamo ai saluti, con la promessa di risentirci (si dice sempre così). Mi restano una manciata di ore prima dell’imbarco, che avverrà alle 14.15 e dal check-out, che deve avvenire entro le 11.00. Vorrei prendere l’auto per girare nei dintorni, ma onestamente non ne ho più voglia. Desidero solo gigioneggiare per Bastia. Leggo sulla guida del TCI che c’è un ristorante simpatico da visitare (U Tian), che sarà un’idea per un ultimo pranzo in Corsica. Bastia mi fa sentire a casa, a parte i corsi, che sono a volte scontrosi, a volte simpatici e cordiali, ma alla fine mi sembra non siano ben definiti. Insomma, sono isolani, con un loro passato pisano-genovese, che riemerge sempre e ovunque, ed un presente francese che male si incastra, anzi stride. Sento gridare: “français merde!”, ma poi la gente parla francese, godendo di tutti i vantaggi di far parte della Francia. I vecchi tra di loro parlano corso, a volte un misto corso-francese, i giovanotti “teppa” urlacchiano un francese storpiato, enfatizzano le ridicolezze linguistiche, facendone una parodia. Riguardo alle fisionomie direi che la confusione regna sovrana, mentre in Sardegna è abbastanza diffuso un tratto somatico, in Corsica a mio parere c’è una grande commistione genetica: cinquecento anni di dominazione genovese hanno apportato genomi diversi. Vedo ovunque volti simili a quelli di gente che vive in Liguria, mettiamoci anche molti francesi, installati qui da due secoli, rimane da selezionare il fenotipo con capelli scuri e carnagione olivastra. Quello che intuisco riguardo al carattere è che un corso difficilmente vi metterà a vostro agio, difficilmente vi aprirà la porta dei suoi segreti, della propria tradizione, dei propri sentimenti, del proprio vissuto culturale. Forse che sia retaggio di un passato genovese non sradicabile, o forse che sia insito nella natura di un corso, di un tipico isolano? Bisogna anche dire, ad onor del vero, che in Corsica sono passati greci, romani, barbari, pisani, genovesi, spagnoli, francesi, e quindi, come si fa a definire un corso? Chi sono i corsi? Prendo a bighellonare per la citta, mi fermo in una pasticceria segnalata dalla guida per degustare un dolce che chiamano Fiadone. Il gusto ricorda vagamente la pastiera ed il budino cotto al creme-caramel, mi pare sia fatto con ricotta e uova. E’ molto buono, sembra pesante, ma non lo è per nulla. Esco, faccio un salto al Terminal B, quello per l’imbarco della Corsica Ferries. Mi accerto dell’orario d’imbarco (basta anche arrivare alla 13.30). Mi reco all’hotel per l’ultimo utilizzo della toilette. Sono le 10.20 e credo che la donna della pulizie si sia portata avanti col lavoro. Sebbene il check-out sia alle 11.00, e l’ho ribadito alla reception, il letto è stato sfatto e giacciono pronte le nuove lenzuola (come dire:” togliti dalle scatole che ho da fare”). Alle 10.45 lascio l’hotel, sistemo lo zaino e gli ultimi bagagli in auto. Riprendo il tour della città per far arrivare l’ora di pranzo. Mi incammino nel viale a monte di Cours Paoli, che brulica di bei negozi e caso vuole che mi fermi di nuovo davanti ad un negozio di dischi, che espone in vetrina due cd di musiche popolari di Bastia, con prezzi di 9 e 10 euro, li prendo (sono i Chiami Aghialesi “Canti per u presepiu” e “Guerrieri di l’eternu”). Poco più avanti entro in un Carrefour dove cerco idee per spendere qualche euro. Compro dei biscotti (canistrelli) al vino e all’antica, oltre ad una bottiglia di rosso novello di Corsica. Compio ancora due giri nella zona del porto vecchio ed arrivo al ristorante A Scaletta. La guida dice che è specializzato in cibi locali e che l’atmosfera è tipicamente corsa. Tutto vero, è piccolo ma accogliente, al primo piano con vista sul porticciolo. Entro, vengo accolto calorosamente e mi faccio sistemare sul balcone. Scelgo il menù del Pescatore a 32 Euro, che comprende: insalata di polpo, sardine alla bastiese (ripiene di brocciu), piatto di formaggio di pecora con marmellata di fichi, dessert. Il polpo non è male, con olio, prezzemolo e aceto, ma le sardine sono eccelse: ripiene di delicato formaggio brocciu e gratinate, sono veramente deliziose, non a caso sono il loro piatto forte.. Il formaggio di latte di pecora ben si sposa con la marmellata di fichi. Il dessert è una specie di budino al creme-caramel, fatto dalla moglie del titolare. Il conto è di 35,5 Euro col vino (nei ristoranti corsi, ed in genere, è bene non prendere mai la bottiglia, che qui costa Euro 17 per mezzo litro….). Mi offrono una grappa al mirtillo, che è deliziosa. Ringrazio, saluto e vado all’auto per l’imbarco. Arrivo al molo alle 13.00. Si aspetta un pò e poi ci sistemano nel garage 4C (le auto sono stipate all’inverosimile e non consiglio questa esperienza ai claustrofobici). Salgo sul ponte in alto e mi accaparro una sdraio, che non mollerò più fino allo sbarco. Mi metto a torso nudo per godermi il sole e, con un occhio alla città che si allontana, saluto questa terra che mi ha ospitato per una settimana.

Conclusioni

Ne è valsa la pena? Direi proprio di si.

Le strade, come sono? A parte qualche vecchio tracciato sono valide (dimenticatevi le leggende sulle strade corse, che le vogliono ancora strette ed accidentate)

Auto: la propria o a noleggio? Consiglio di usare la propria, avendo cura di fare inserire nell’assicurazione il soccorso stradale. Attenzione agli autovelox!

Km percorsi: 1016,3

Periodo: dal 10.10.14 al 17.10.14

Tempo atmosferico: buono, clima asciutto.

Contro: ad ottobre molte strutture ricettive sono già chiuse, ed è un vero peccato, anche se in quelle aperte si possono strappare prezzi molto ragionevoli.

Traghetto: Corsica Ferries (durata della traversata: 4 ore)



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