Qinghai, alla ricerca di monasteri

Premetto: abito in Cina, per cui sia la spesa, che i tempi per questo viaggio sono stati molto limitati per me. Molto diversa serebbe stata la situazione se fossi partita dall'Italia. Il Qinghai e' una regione a Nord del Tibet, territorio tibetano fino a quando nel 1600 non e' stato annesso nell'impero cinese e poi durante gli anni '50 il governo...
Scritto da: Cristina Zanni
qinghai, alla ricerca di monasteri
Partenza il: 01/10/2003
Ritorno il: 07/10/2003
Viaggiatori: da solo
Spesa: 500 €
Premetto: abito in Cina, per cui sia la spesa, che i tempi per questo viaggio sono stati molto limitati per me. Molto diversa serebbe stata la situazione se fossi partita dall’Italia.

Il Qinghai e’ una regione a Nord del Tibet, territorio tibetano fino a quando nel 1600 non e’ stato annesso nell’impero cinese e poi durante gli anni ’50 il governo comunista ha inglobato nelle provincie vicine altri territori tibetani, tra cui , appunto, anche nel Qinghai.

E’ un altipiano inospitale, con inverni gelidi, poco densamente abitato da popolazioni tibetane , Hui mussulmani, kazaca, usato dal governo comunista come territorio di confino per i lavori forzati dei criminali pericolosi e oppositori del regime. L’altitudine dell’altipiano va dai 2500 ai 3500 metri. Invece le vette montuose arrivano ai 6000.

Io sono arrivata in aereo fino alla capitale della provincia, Xining dove ho visitato il tempio lamaista, Ta’er, famoso per le sue sculture fatte con burro di yak. Tra l’altro ho scoperto che questa e’ una pratica di tutta la zona, in quanto le ho trovate anche a Tongren e Xiahe. Poi ho fatto i miei spostamenti con i pulmini locali. Principalmente ho seguito la rotta che mi portava a visitare gli altri templi del buddismo tibetano della setta gialla. Ma ho anche dedicato una giornata alla visita di una riserva naturale lungo le rive di un grandissimo lago salato a circa 260 Km da Xining.

Lungo il lago ho trovato casualmente una grotta su una montagna, Gongbao Dong meta di pellegrinaggio dei tibetani fin dai tempi piu’ remoti. Si credeva che entrando nella grotta si passasse definitivamente in India, terra originaria del Buddismo. Il pellegrinaggio si celebra ogni 60 anni e quest’anno era proprio l’anno dedicato al pellegrinaggio santo. Ho visto parecchi tibetani, uomini, donne con bambini e vecchi percorrere centinai di kilometri a piedi pregando, cioe’ avanzando stendendosi a terra per tutto il percorso nonostante la pioggia e la neve. Una cosa impressionante. La mia curiosita’ e’ stata molta e sono salita sulla montagna fangosa per vedere cosa facevano i tibetani. L’interno della piccola grotta era pieno di lampade di burro di yak dato in offerta e preghiere a forma di sciarpe e bandiere con scritte sacre.

Quindi con i pulmini mi sono spostata all’interno verso sud, arrivando a un piccolissimo centro dove c’era un importante monastero della setta dai cappelli rossi. Qui ho fatto sosta una notte. Arrivata in questa cittadina ho anche deciso che non avrei fatto piu’ viaggi del genere da sola in questa stagione. Si percorrono strade bruttissime in mezzo alle montagne, magari quando scende la neve e si arriva in posti arretrati. La cittadina, affatto turistica, era un immenso pantano e l’ostello sporco e senza la possibilita’ di lavarsi. La cosa piu’ strana della Cina e’ che anche in mezzo a questo nulla i cellulari funzionano e c’e’ un ufficio della Telecom China con dei PC per la connessione ad internet. Il tempio e’ ancora abbastanza intatto, ma gia’ ci sono i segni di un restauro osceno in corso che non tiene conto di nulla. Per esempio, l’ala piu’ alta era stata coperta all’esterno dalle obbrobriose piastrelle cinesi.

Da Tongren mi sono poi spostata a Xiahe. Il tragitto fra questi due posti e’ incredibilmente bello. C’e’ solo la strada sterrata che passa in mezzo alle montagne e a una steppa ondulata dove si incontrano solo pastori tibetani di yak, pecore e capre. Per me il terreno del Qinghai, come quello della Mongolia, deve essere molto impermeabile perche’ l’acqua della pioggia non penetra nel terreno e forma acquitrini che ricordano molto il terreno sabbioso della laguna veneta, spesso nel terreno si trovano ampie buche di terra franata con le pareti scoscese .

Xiahe e’ una piccola cittadina per meta’ tibetana e meta’ mussulmana in mezzo ad una vallata. Il monastero Labrang copre una zona vastissima e per percorrerlo a piedi serve una giornata. E’ circondato dalle ruote delle preghiere tibetane e la parete sud della collina e’ sacra e viene utilizzata per stendere i Thanka durante le festivita’. Con i Monateri di Lhasa, Ganden, Sera e Drepung, quello di Xining, Ta’er si ,e quello di Shigatze e’ l’ultimo della serie dei piu’ grandi luoghi sacri della setta del buddismo tibetano lamaista. E’ anche un centro importante per lo studio della medicina tibetana, nonche’ dell’astronomia. Effettivamente, l’ultimo giorno sono dovuta uscire alle 5 di mattina per prendere l’autobus e la cosa piu’ impressionante erano le stelle della via latea, semplicemente cosi’ luminose da sembrare raggiungibili con le mani. La mancanza dell’inquinamento luminoso e’ una fortuna in questo caso! Il giorno prima un vecchietto tibetano con il nipotino a seguito incontrato lungo il percorso all’esterno del tempio cercava di parlarmi e mi ha messo in mano la sua ruota della preghiera cercando di farmi partecipe. Di fronte alla mia goffagine mi ha aiutato a farla girare mettendo la sua mano sopra la mia. La cosa deve averlo impressionato, perche’ dopo ha voluto prendermi la mano per guardare il palmo e mi ha fatto vedere le sue per comparare il colore e la rudezza, poi si e’ preso la mia mano e si e’ accarezzato la faccia ridendo. Mi ha fatto una tenerezza! I tibetani sono cosi’ miti e dolci. Le persone che ho conosciuto mi hanno detto che la loro ricchezza e’ misurata con il numero degli animali che hanno. Non accumulano ricchezze, ne’ case. Tutto quello che hanno in piu’ lo danno ai monaci.

Invece devo dire che alcuni monaci non sembrano proprio tali. Hanno a fianco della cinta il cellulare, vecchio modello magari, ma ce l’hanno in molti. Nei monasteri entrano che sono bambini, vengono dati dalle famiglie. Per la famiglia e’ una fortuna avere un monaco in casa, per i bambini il monastero e’ la via per una vita certamente migliore e per ottenere una certa educazione. Uno di loro, in un momento tranquillo all’esterno mi ha chiesto la foto del Dalai Lama, cosa proebitissima in Cina e in Tibet.

Una cosa curiosa, forse non proprio bon ton e che all’inizio non avevo capito, e’ che i monaci si accucciano ovunque e fanno la pipi’. Io li vedevo accucciati e pensavo fosse il tipico modo cinese di aspettare lungo la strada e solo dopo ho capito cosa stavano facendo. Poi si alzano e si battono la veste.

A dir la verita’ anche le donne tibetane fanno lo stesso e si spostano anche di solo di 5 metri dalla via principale e s’accucciano.

Nella via del ritorno, come spesso da me paventato, si e’ rotto l’autobus in mezzo alle montagne e io gia’ mi prevedevo una nottata all’agghiaccio.

Invece poi siamo stati soccorsi da un altro pulman. E qui c’e’ stato da ridere. Tutti noi passeggieri siamo saliti sul pulman arrivato e questo ha cominciato a trainare con una corda il pulman rotto. Questo succedeva, pero’, solo nelle salite perche’, poi, durante le discesce, staccavano la corda e lasciavano scivolare giu’ per la strada il pulman rotto in folle; seguivamo noi, pure noi in folle. Arrivati alla fine della discesa veniva legato ancora l’altro pulman e cosi’ via. Questo viaggio e’ durato 13 ore e tornata a Xining dove alloggiavo in un albergo cinese ma con le stanze riscaldate e l’acqua calda mi sembrava di essere a New York.

Devo dire la verita’, non ho mai patito la fame. Sono andata sempre nei ristorantini Hui, minoranza mussulmana, che io ritengo piu’ puliti di quelli tibetani e ho mangiato spesso una specie di tagliatelle o maltagliati grandi cucinati con le verdure, abbastanza piccanti, ma ottimi. Io la prossima volta vorrei che ci fosse qualcuno con me a percorrere itinerari simili. Ciao



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