Canavese a due ruote

Tre itinerari di turismo dolce tra pianura e collina, che consentono di viaggiare a poco più di 10 km all’ora immersi in una rasserenante natura, alle porte di Torino, non lontano dal confine con la Valle d’Aosta
Scritto da: cappellaccio
canavese a due ruote
Partenza il: 30/04/2015
Ritorno il: 03/05/2015
Viaggiatori: 2
Spesa: 500 €
Questa passeggiata su due ruote in tre tappe, con base a Ivrea si dipana a sud della “capitale” del Canavese, su strade principalmente asfaltate, adatte insomma sia alla bicicletta ibrida o alla MTB che alla city-bike. Date le scarse difficoltà altimetriche non sono necessari muscoli d’acciaio per affrontare queste pedalate prevalentemente pedemontane, ma è opportuno dotarsi di confortevoli pantaloncini da ciclismo, visto che il primo percorso consiste in una sgambata di cinquanta chilometri, il secondo ne prevede settanta e il terzo cinquantaquattro. Lungo gli itinerari si toccano le località storico-turistiche di Agliè, Pavone Canavese, Mazzè e Masino, con i loro castelli dal fascino impareggiabile e i bacini lacustri di Candia e Viverone, circondati da morbidi dossi morenici, orlati di canne e animati dal volo di germani reali, cormorani e folaghe. Si incontrano anche vari interessanti edifici religiosi come la pieve dei SS. Pietro e Paolo a Pessano, i resti della chiesa del Gesiun nei pressi di Piverone, o il santuario di Sant’Antonio di Monte Perosio nel comune di Azeglio, tutti e tre collocati sulla via Francigena.

Il nome di questa zona –Canavese-, che include l’intero circondario di Ivrea, deriva dall’antica e oggi scomparsa città di Canaba ubicata sul torrente Orco, pertanto il toponimo non ha a che fare con la canapa, come potrebbe suggerire la presenza di alcune foglie di questa pianta sullo stemma dei Valperga di Masino.

Giungendo a Ivrea, che sorge sulle sponde della vorticosa Dora, si nota immediatamente un contrasto tra un’area pianeggiante, che si stende in un ampio ventaglio, e una serie di rilievi a forma di anfiteatro, che costituiscono la Serra d’Ivrea. Si tratta di ciò che rimane di un esteso cordone morenico formatosi in epoca preistorica per la spinta e forza erosiva del ghiacciaio della Dora Baltea. Queste colline originariamente erano l’argine di una grande conca che, nel momento in cui i ghiacci si sono sciolti, si è trasformata in un gigantesco lago, le cui principali “reliquie” sono gli specchi d’acqua di Viverone e Candia.

Per parlare delle radici storiche di questo luogo bisogna dire che prima dell’arrivo del console Terenzio Varrone nel 22 a.C. qui viveva la tribù dei Salassi. Ivrea nacque con il nome latino di Eporedia, forse su un precedente stanziamento celtico. Dopo la dominazione romana ci fu l’invasione dei longobardi; quindi, nel periodo medioevale, Ottone III conferì l’incarico ad Arduino di governare la marca di Ivrea. Nel 1002, a Pavia, questo nobile guerriero riuscì a farsi nominare primo sovrano d’Italia. A partire dal XII secolo il Canavese entrò a far parte dei territori dei Savoia, come testimoniato dalla roccaforte militare, che fu edificata a fianco del Palazzo Vescovile di Ivrea su commissione di Amedeo VI di Savoia. Dell’imponente castello, eretto nella seconda metà del XIV secolo, si sono mantenute quattro grosse torri cilindriche – di cui una mozzata e due merlate -, che segnano gli spigoli di una chiusa struttura quadrangolare rosso mattone. A partire dalla seconda metà del Quattrocento la fortezza fu destinata a complesso palazziale dei Savoia, ma poi nel Settecento venne trasformata in carcere e in seguito abbandonò la funzione di prigione solo negli anni ’70 del Novecento. Attualmente si può visitare parzialmente, ma si vedono praticamente solo le celle dei prigionieri.

Tra gli altri gioielli della città ci sono il Duomo, dedicato a S. Maria Assunta e sorto in forme romaniche, che però ora mostra una facciata dalle limpide linee neoclassiche, e la porticata piazza Ottinetti.

Primo giorno: solcando la campagna verso Agliè

Una volta fuori dalla struttura ricettiva Spazio Bianco, scendiamo per via dei Patrioti e arriviamo ai giardini pubblici. Qui, a sinistra, incollate al palo di un segnale stradale, vediamo le tre freccette di colori diversi che segnano l’avvio dei nostri percorsi.

Inizialmente imbocchiamo il Lungodora, ovvero Corso Re Umberto e ci dirigiamo verso la passerella ciclo-pedonale che consente di scavalcare il fiume; poi, comodamente seduti su una panchina ergonomica ma non intelligente, ci riempiamo gli occhi con uno strepitoso panorama sulla città di Ivrea contro lo sfondo delle innevate montagne che la attorniano. Prima di allontanarci dal centro urbano passiamo per i quartieri periferici di San Grato e di Bellavista, le cui costruzioni popolari sono tra le architetture moderne più significative del passato industriale legato all’Olivetti: si tratta di un patrimonio monumentale (inserito nella tentative list dell’Unesco al fine di ottenere il riconoscimento della prestigiosa organizzazione), costituito non solo da fabbriche, ma anche da uffici, abitazioni e scuole, che ricordano l’inscindibile accoppiata formata da Ivrea e Olivetti.

La tappa successiva è Pavone Canavese, dominato dalle geometrie del castello: il maniero – una perfetta location per un albergo e ristorante – è infatti visibile da pressoché qualsiasi punto del paese. Altro elemento di spicco sono i ricetti, che nel periodo medioevale fungevano da magazzini per i prodotti agricoli e come rifugi per persone e animali in caso di pericolo.

Oltrepassato Pavone l’itinerario si sviluppa ancora in piano lungo la SP77. Transitiamo per Chiusellaro Verna e costeggiamo l’autostrada A5 utilizzando la strada Trompetto, una piacevole carrabile che penetra nel fitto di un bosco e in capo a svariati chilometri si innesta sulla SP56. Pedaliamo senza fatica sino a raggiungere i dolci pendii della Serra. Qui una salita ci conduce a S. Martino.

Superata Vialfrè, dove guadagnamo il culmine del percorso odierno, la pendenza si attenua e perciò arriviamo in breve a S. Giorgio Canavese, che omaggia i passanti con la visione della bella parrocchiale di Santa Maria Assunta; poi un’altra suggestiva stradina che si inoltra in mezzo alle fronde degli alberi ci porta ad Agliè e alla sua famosa Residenza Sabauda, originariamente una fortezza del XII secolo che il re Carlo Felice di Sardegna agli inizi dell’Ottocento volle trasformare in una lussuosa dimora di villeggiatura. Il bianco e mastodontico salone delle Guadie del Corpo rappresenta il punto di partenza per visitare gli ambienti della reggia: fra i più celebri si possono menzionare la sala cinese che raccoglie numerosi pezzi orientali, le due simmetriche e luminose gallerie quella d’Arte e quella Verde, un originale teatrino con uno stupendo sipario dipinto, il museo delle Statue o Tuscolano che contiene una consistente collezione archeologica, l’impressionante Salone da Ballo interamente dedicato alle gesta di Arduino di Ivrea e infine la seicentesca Cappella di San Massimo, ornata di stucchi, dove è esposta una copia settecentesca della Sacra Sindone.

Usciti da questo posto memorabile immortalato anche nella fiction Elisa di Rivombrosa, procedendo per via Meleto sfioriamo la villa-museo appartenuta al poeta Guido Gozzano (all’interno della quale si respira un’atmosfera crepuscolare) e poco più avanti avvistiamo il santuario della Madonna delle Grazie, sovrastato non da uno, ma da ben tre campanili, motivo per cui è conosciuto come Chiesa dei tre Ciochè.

Da Bairo ci spostiamo a Torre Canavese e poi, dopo una discesa abbastanza accentuata, attraversiamo il Ponte dei Preti, gettato sul torrente Chiusella. Una leggenda locale vuole che in questo tratto alcuni malfattori si dedicassero a predisporre imboscate ai passanti per spogliarli di tutti i loro averi, impiegando una strategia ben collaudata: uno dei briganti fingeva di essere un sacerdote per valutare se lo sventurato viandante fosse la persona giusta da spennare. Se il malcapitato era degno dell’attenzione dei banditi il falso religioso avvisava i complici, che lo alleggerivano delle sue proprietà, compresi gli abiti. Il prete impostore sarebbe dunque rimasto nella memoria collettiva tanto da spingere gli abitanti di Strambinello a ribattezzare col nome attuale l’antico ponte in pietra.

Sentendoci fortunati per non dover affrontare i disagi e le disavventure d’altri tempi, continuiamo a pedalare verso il paese di Parella; in seguito a una discesa piuttosto ripida la rotabile finalmente spiana, ma quando siamo nei pressi di Loranzè sui campi pesa una luce verdastra, che preannuncia un temporale. Proseguiamo un po’ turbati dalla cupezza dell’atmosfera sino all’altezza di Fiorano, dove una pioggerellina debole comincia a venir giù fredda e obliqua. Gli pneumatici della bici sibilano lungo la strada inumidita dalla pioggia e questo ronzio ci accompagna inesorabilmente fino al rientro a Ivrea.

Secondo giorno: in sella attraverso le ridenti campagne del Canavese verso il lago di Candia

Oggi passeggiare in bicicletta è un puro godimento, considerato che è uno di quei giorni che abbagliano, con un sole prepotente e nuvolette soffici sfrangiate dal vento che galleggiano nel cielo azzurro. Appena fuori dalla periferia urbana cominciamo a percorrere alcune strade vicinali, in un contesto agreste, dove ampi campi coltivati a colza, cioè di un giallo squillante, allietano la pedalata. Su asfalto (SP78) attraversiamo dapprima il piccolo insieme di case di Tina, quindi il paese di Vestignè, poi Borgomasino e infine giungiamo a Maglione dove, in ogni angolo, ci si imbatte in un’opera d’arte dipinta sui muri. Poi giriamo il manubrio in direzione Moncrivello e da qui proseguiamo lungo via Vische, seguendo la sterrata che passa rasente a un canale, il Naviglio d’Ivrea. Al termine di questo gradevolissimo tratto arginale in cui ci fa compagnia l’acqua che scorre, superato il casotto Maddalena, raggiungiamo la diga di Mazzè e attraversiamo un ponte sulla Dora Baltea. Il sole scintilla sul fiume e sarebbe una buona idea fermarsi, magari ad ammirare il manufatto idraulico. Come mai lo propongo al mio consorte? Perché adesso comincia una salitona che non è da prendere sottogamba: lentamente ci inerpichiamo fino al centro di Mazzè dove, per riprendere fiato, sostiamo davanti alla parrocchiale dedicata ai Santi Gervasio e Protasio, che sfoggia una facciata barocca di un bel colore rosa confetto. Non lontano dalla chiesa vi è il neogotico castello di Mazzè.

Abbandonato il maniero eccoci ora in un ambiente incantevole, che si chiude con una fuga di colline che sfuma all’orizzonte, dietro il quale, a nostra insaputa, si cela la liquida superficie del lago di Candia, che riluce ai raggi del sole. Quando si concede alla nostra vista il primo scorcio panoramico ci guardiamo attorno deliziati, perché il luogo non lascia indifferenti: il confine tra acqua e cielo sembra quasi non esistere, il vento sussurra tra le canne e una canoa scivola silenziosa sull’uniforme distesa lacustre.

Veramente sarebbe ora di introdurre carburante in corpo, ma per evitare che la digestione appesantisca le gambe preferiamo un picnic sull’erba al pranzo al ristorante La barcaccia, che si trova proprio sulle rive del lago. Dopo lo spuntino rimontiamo in sella e ci ritroviamo fra una serie di cascine dai nomi particolari: Mombello, Moncucco, Pratoferro, Cafasso e Margherita. In seguito notiamo le indicazioni della Ciclostrada della Dora Baltea, che seguiamo per un consistente tratto e che ci fa passare per Crotte, Realizio e Cerone, conducendoci nuovamente a Ivrea.

Terzo giorno: un’amena escursione al lago di Viverone e al castello di Masino

Oggi il cielo è lattiginoso, col sole nascosto dalle nuvole, non si vede nemmeno un brandello di azzurro, ma almeno non piove. Puntiamo inizialmente in direzione Bollengo. Il percorso, che in parte ricalca quello della via Francigena, si rivela fin da subito più vario dei precedenti, giacché ci porta a fianco della corona di colline della Serra che sconfina verso l’arco alpino, culminante nelle svettanti cime del Monte Rosa e del Gran Paradiso. A Pessano, frazione di Bollengo, stiamo a contemplare la chiesetta dei SS. Pietro e Paolo, la cui austera semplicità rivela l’impostazione romanica dell’opera. Poi però comincia una serie di disagevoli saliscendi, che mi induce a credere che quest’ultimo itinerario non sia adatto ai più sedentari. All’arrivo a Piverone, dove attraversiamo una graziosa porta-torre e una fila di case inframezzate da botteghe, siamo già scompigliati e ansanti. Usciti dall’abitato osserviamo che la giornata si sta facendo sempre più plumbea e che c’è un cartello che ci segnala la possibilità di fare una deviazione per vedere i ruderi della chiesa di S. Pietro di Livione, chiamata in dialetto Gesiun. Proseguiamo attorniati dalla successione ordinata dei vigneti a pergola dell’Erbaluce, che scendono fino a ridosso del lago di Viverone. In particolare, poco prima del paese omonimo, ci vengono incontro i terreni tappezzati di viti della Cella Grande, un antico monastero risalente al XII sec. che in passato era un punto di sosta per i pellegrini che transitavano sulla via Francigena e che ora è un’azienda agricola votata alla produzione del vino Erbaluce. Seguitiamo a pedalare per una strada a traffico limitatissimo, in una stupenda cornice paesistica fino a una morbida discesa che ci conduce a pelo d’acqua. Dopo la promenade del lungolago prendiamo una via a sinistra e ci inoltriamo per una strada bianca affogata nel verde, che corre a lato delle colline incombenti e maciniamo alcuni chilometri fino ad Azeglio, non senza prima esserci fermati davanti al santuario di Sant’Antonio Abate di Monte Perosio, venerato luogo di devozione. Più avanti attacchiamo la salita che porta ai paesi di Settimo Rottaro e Cossano. Tiriamo ancora il fiato e ci facciamo forza per raggiungere il castello di Masino, un maniero da favola racchiuso nello scrigno di verzura del suo parco, posizionato su un pulpito panoramico a picco sulla vallata della Dora Baltea, che consente una vista a giro d’orizzonte che spazia fino alla catena delle Alpi.

Si tratta di uno dei luoghi di maggiore attrazione turistica e ne siamo consapevoli nel momento in cui ci accorgiamo che un fiotto di turisti sbuca dalle fauci spalancate del castello, la cui mole esprime pienamente la potenza e ricchezza della famiglia Valperga, che per circa mille anni ebbe qui la sua residenza. Anche la decorazione degli interni, caratterizzata da uno sfarzo che ammutolisce, fa intuire che questa illustre casata fu veramente importante, tanto da essere protagonista della storia piemontese e italiana.

Lasciato il castello attraversiamo velocemente il borgo di Masino e sfrecciamo a razzo lungo una discesa eletrizzante che ci conduce a Caravino. Adesso che sappiamo che le salite sono finite le nostre pedalate sono farcite di rinnovate energie, sicché rapidamente raggiungiamo Albiano di Ivrea e quindi il B&B. Siamo arrivati comunque più tardi del previsto, abbiamo le magliette intrise di sudore e le gambe in atrofia, ma ci sentiamo contenti di essere entrati a contatto con lo spirito più autentico del Canavese.

Come arrivare: in treno. Ivrea si trova sulla linea ferroviaria Torino-Aosta.

Pernottamento e ristoro

B&b Spazio Bianco, camere con cultura Via dei Patrioti, 17 10015 Ivrea (TO) tel. 0125-1961620 www.spaziobiancoivrea.it email: info@spaziobiancoivrea.it;

Il ristorante/bar più vicino a questa struttura ricettiva è MOMA, tel. 0125425972 Via dei Patrioti, 19 (chiuso il lunedì).

Noleggio biciclette e indicazioni sui percorsi

Ruotalibera, Regione Termeino, 60 10013 Borgofranco d’Ivrea (TO) tel. 3494694041 – 335236015 – www.ruotalibera.net/upload/2015-02-17_14-02-13_RL%20Canavese_L%20PV.pdf; l’agenzia fornisce le tracce GPS dei percorsi e ha incollato delle freccette adesive segnaletiche agli incroci, inoltre è in grado di suggerire percorsi alternativi in caso si desiderasse accorciare gli itinerari o evitare qualche salita. Per quanto riguarda il trasporto bagagli questo non è necessario poiché si mantiene come base di partenza lo stesso alloggio per tutta la vacanza.

Per saperne di più

– su Ivrea in generale: http://www.radiocorriere.tv/piemonte/Ivrea_to.html

– sul castello di Ivrea: piazza Castello; orari d’apertura: domenica 15.00-18.30, biglietto: intero € 2,00 https://www.youtube.com/watch?v=irYAi2po8kQ brevissimo video sul castello Ivrea; http://www.mondimedievali.net/Castelli/Piemonte/torino/ivrea.htm sito con info sul castello.

– sul Museo a cielo aperto dell’architettura moderna di Ivrea

– panchina intelligente sulla passerella ciclo-pedonale che attraversa la Dora Baltea, inaugurata nel 2013 https://www.youtube.com/watch?v=Dizxs_bM7jk

– sul castello di Pavone: è un hotel, ristorante e centro congressi (non si visita) per avere un’idea del suo aspetto si può guardare questo video https://www.youtube.com/watch?v=3ZuJ9ZJezgU

– sul castello di Agliè: tel. 0124 330102; calendario apertura estiva 2015 (2/06-4/10): aperto da mar. a dom. 9-18.30 (ultimo ingresso); giardini e parco solo sab.-dom. e festivi, stesso orario del castello. Le visite sono accompagnate, per cui alla biglietteria assegnano un orario di ingresso, che dipende dall’ordine di arrivo e dall’affluenza di turisti alla reggia. visita virtuale al castello e al borgo; https://www.youtube.com/watch?v=yaRIpxrOG2E TG di rete7 del 25/05/2014 – presenta la residenza ducale di Agliè la direttrice della stessa.

– su villa “il Meleto” di Guido Gozzano: tel. 0124 330150, aperta da mart. a dom. (eccetto mercoledì) 10-12.30/15-19. Info sul museo: http://www.italianbotanicalheritage.com/it/scheda.php?struttura=1533. Video sul museo https://www.youtube.com/watch?v=dJAja8VehMM

– sul santuario della Madonna delle Grazie (Chiesa dei Tre Ciochè) http://www.viaggispirituali.it/2009/09/santuario-madonna-delle-grazie-aglie-torino/; ;

– sul castello di Mazzè: http://www.castellodimazze.it tel. 011 9830765; 011 3741761 http://www.parcopotorinese.it/

– sul lago di Candia: video https://www.youtube.com/watch?v=4aKpKya0gsA

– sulla chiesa romanica dei SS. Pietro e Paolo a Pessano di Bollengo

– sul borgo di Piverone e sui ruderi del Gesiun nei pressi di Piverone video: https://www.youtube.com/watch?v=kQE6_DJiXLA

– sul lago di Viverone video: https://www.youtube.com/watch?v=kyw2pdChkqw

– sul castello di Masino tel. 0125 778100 per gli orari consultare: https://fondoambiente.it/luoghi/beni-fai; video promozionale del FAI: https://www.youtube.com/watch?v=WWn1fl6ohMc

Cosa assaggiare: ad Agliè il torcetto, un biscotto al burro; consiglio di visionare questi due video sulla sagra del torcetto 2015: https://www.youtube.com/watch?v=UN6VQiz-j5g; https://www.youtube.com/watch?v=5bKFnLA8ypE



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