Isola di Sal: per rigenerarsi

A Malpensa avvisto subito quelli che saranno "troppo i nostri nuovi migliori amici". Li seguo con lo sguardo. Hanno negli occhi la nostra stessa voglia di partire, di sparire per un po', di staccare la spina, di conoscere gente nuova, e di lasciare Milano, al suo freddo, alla sua caoticità, alla sua gente frenetica. Quello col giubbino rosso...
Scritto da: Tuppa
isola di sal: per rigenerarsi
Partenza il: 24/11/2001
Ritorno il: 01/12/2001
Viaggiatori: fino a 6
Spesa: 1000 €
A Malpensa avvisto subito quelli che saranno “troppo i nostri nuovi migliori amici”. Li seguo con lo sguardo. Hanno negli occhi la nostra stessa voglia di partire, di sparire per un po’, di staccare la spina, di conoscere gente nuova, e di lasciare Milano, al suo freddo, alla sua caoticità, alla sua gente frenetica.

Quello col giubbino rosso sarà mio amico. E’ deciso.

In volo proiettano “Save the Last Dance”. Io e Simona l’avevamo già visto al cinema. Qui è sottotitolato in portoghese. Si, perché dove stiamo andando parlano portoghese.

Barbara è fatta di melissa. Gliel’ha consigliato Simona di prenderla. Ha effetto calmante. E Barbara ne ha bisogno, perché è terrorizzata dal volo. Siamo a pochi mesi dall’11 settembre, e non ha accettato una meta più lontana perché se è più lontana, ci sono più probabilità di un attentato. Così dice! Il mio occhio sinistro è sempre vigile e guarda fuori dal finestrino. Ci siamo. Panico. Un’isola piccolissima. E’ Sal.

Riesco a vederla tutta con uno sguardo. Sicuri che la pista sia abbastanza lunga? Questo mi chiedo mentre l’aereo plana verso terra. Non penso a cosa succederà nei giorni a venire. Penso a atterrare. E da li verrà tutto il resto.

Il mare qui è oceano. Non avevo mai visto l’oceano prima d’ora.

E’ una sera di novembre e 6 ore di viaggio mi hanno massacrato le chiappe.

Primo dettaglio. Caldo pazzesco. Aspettiamo i bagagli. E non nego che ho paura che proprio i miei siano andati persi. Si, insomma, ce l’hanno avuta tutti questa sfiga una volta nella vita, perché non dovrebbe capitare anche a me, proprio nel mio primo viaggio fuori dall’Italia? Ma niente è andato perduto. Sul pulmino tra l’aeroporto e il Djadsal ci spiegano le regole di comportamento per i giorni a seguire.

Non date mai le spalle all’oceano. Le onde anomale arrivano quando meno te l’aspetti.

Non date soldi ai bambini in paese, perché qui la popolazione è molto povera, i bimbi si abituerebbero a chiedere soldi ai turisti e i genitori soffrirebbero perché non possono accontentare allo stesso modo i loro piccoli.

Usate la crema protettiva per tutta la durata del soggiorno, perché i raggi anche se non sembra, sono molto forti.

E così via.

Io guardo fuori dal pulmino. Non c’è niente. E’ tutto deserto. Qualche casa bassa qui e là. Nient’altro.

Ah si, c’è l’edificio di Telecom Italia. Chi l’avrebbe mai detto! Arriviamo. Gli omini del villaggio ci danno il benvenuto. Io faccio foto a raffica a tutti i bambini che incrocio.

L’omino col giubbino rosso è al tavolo di fronte al nostro. E’ destino. AmicoooOOOoo! C’è una brezza leggerissima che allevia le pene dovute all’afa.

Finalmente nel nostro bungalow. Decidiamo chi dorme dove, ci spogliamo, e finalmente mettiamo le ciabatte.

La vacanza ha inizio.

Il primo sole non mi trova impreparata. Ho la protezione 2 con me!! E la Nivea idratante.

Ecco cosa succede da qui in poi. Cellulari irraggiungibili dal resto del pianeta Internet inesistente. Il vecchio mondo non è che un vago ricordo.

Al trio aggiungiamo subito Antonella, in vacanza da sola, non poteva non diventare la nostra nuovissima migliore amica.

Gli animatori diventano subito miei fanZ.

Rimbecillisco a più non posso e tutti i giochini aperitivo, le sigle, e compagnia bella, mi vedono protagonista.

Non posso farci niente. La bambina che è in me esce sempre fuori appena la metti davanti a un gioco.

Andrea, l’omino col giubbino rosso e i suoi amici diventano nostri compagnetti di vacanza. Si pranza assieme, si cena assieme, si fa tutto assieme.

Tutto diventa come se ci conoscessimo da sempre. Le confidenze alla sera sotto gli ombrelloni in piscina, gli abbracci ogni volta che se ne aveva voglia, promesse di rivedersi anche dopo il rientro a Milano, cose che succedono sempre e solo in vacanza.

Mangio due o tre porzioni di ogni cosa a pasto. Pesce, carne, pasta, dolci. Tutto per tre.

Dopo ogni pasto, con l’invidia di tutti, cago regolarmente al bagno del ristorante. Simona per due sere non esce dal bungalow causa dolori addominali dovuti a cacca pigra.

Conosco Sidney e Inaldo. Di un nero mai visto prima sulla pelle di qualcuno. Bellissimi, teneri, con occhi dal mare dentro, come quelli dei sardi. Vogliono presentarmi alla loro famiglia e sposarmi dopo qualche giorno.

La spiaggia è stupenda e pare infinita. Eppure se la percorri per una giornata intera, riesci a fare tutto il giro dell’isola.

L’oceano cerca di intimorimi. E un po’ ci riesce. Così vasto, così profondo, così anomalo, lui e le sue onde. Barbara si lussa un polso cercando di sfuggire a una schiaffo del mare. Che ridere. Faceva la splendida lei, in riva, e in posa.

Il beach volley ha troppi segreti per me. E io non ne ho per il resto della truppa che non può che scompisciarsi dalle risate per la mia incapacità.

Escursione con le jeep. Vediamo la città di Santa Maria dal punto più alto dell’isola. Inaldo ci dice che quella strada laggiù, quella che attraversa tutta l’isola per 12 km, l’ha fatta costruire Mussolini. E io mi dico: ma che diamine, che cosa ci è venuto a fare Mussolini qui? Inaldo ci racconta quanto sia diversa la condizione della gente che vive nella parte nuova della città da quella che vive nella città vecchia.

E si vede anche a occhio nudo. A sinistra case semi-fatiscenti, senza colori se non nelle porte color pastello. A destra case simil-San Teodoro.

Incontro i bambini del paese. Entriamo nella loro scuola. Chiedo il permesso di fotografarli. Si, chiedo il permesso, perché non è normale secondo me che qualcuno arrivi a scuola e cominci a sparare flash su tutti. Bimbi bellissimi dagli occhi d’ossidiana, che sorridono sempre e cantano.

Ci sono bambini con la divisa e le scarpe, e bimbi vestiti di vestiti ma scalzi.

I miraggi. Ho fotografato un miraggio. Giuro. Le saline. Qui l’acqua è 26 volte più salata dell’acqua del mare. Emozione straordinaria nel sentirsi spinti a galla. Galleggiamo e ridiamo. Simona mica tanto. Sviene per il caldo. Quella donna, l’ho sempre detto che è un po’ deboluccia:) Una sera i bambini ballano per noi. Che belli. Vorrei abbracciarli tutti e impregnarmi del loro buon umore. Voglio sentirmelo addosso.

Regna la pace. Le orecchie sentono solo pescatori che rientrano in porto, canzoni da chissà dove, e la brezza che le accompagna.

Non voglio più andar via. Questo è un posto giusto.

Voglio restare qui, insegnare l’italiano nelle scuole. Accompagnare la nonna di Sidney fino alla fine dei suoi giorni. Vivere di mare, di musiche e di balli.

I balli. Devo assolutamente imparare a muovere il bacino in quel modo che ho visto solo qui. L’ultimo giorno. Gli animatori mi abbracciano, mi baciano, mi ringraziano per averli fatti divertire.

Sidney si incolla alla porta a vetri dell’aereoporto e mi guarda andar via dopo avermi chiesto per l’ultima volta di sposarlo.

Inaldo rassegnato decide di baciare Antonella.

Barbara è di nuovo fatta di melissa.

Andrea è il mio nuovo migliore amico.

Simona ha il cagotto, perché per 7 giorni non è riuscita a produrre niente di marrone.

Non ricordo bene come ci venne in mente di andare proprio a Capo Verde.

Forse non venne in mente a tutte e tre, ma solo a Simona. E così lei si occupò di tutto. Agenzia, prenotazione, anticipo lira, scelta del posto.

A me sarebbe andata bene qualsiasi cosa. Sono morta il 23 Luglio 2001.

Avrei accettato di rinascere solo se fosse stato in un altro mondo.

E Simona me l’ha procurato.

(Novembre 2001 – Capo Verde, Isola di Sal)



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