Glacier-Waterton International Peace Park

Visita a due bellissimi parchi di montagna tra il Montana e l’Alberta dove l’orso è di casa
Scritto da: balzax
glacier-waterton international peace park
Partenza il: 03/06/2017
Ritorno il: 05/06/2017
Viaggiatori: 1
Spesa: 1000 €

Il progetto dei parchi della pace

Glacier National Park nel nord del Montana (USA) e Waterton Lakes National Park nel sud dell’Alberta (Canada) rappresentano un esempio di collaborazione internazionale volta a preservare un delicato ecosistema comprendente laghi, ghiacciai e morene. Da qui l’appellativo di “parchi internazionali della pace”. In questo ambiente che offre paesaggi di una bellezza unica, veri e propri angoli di paradiso, vive una ricca fauna di abitanti di laghi, monti e foreste: orsi, alci, cervi, wapiti, caprioli, capre di montagna, marmotte, scoiattoli, lontre, il raro ghiottone tipico di questo territorio. La regina dei parchi è la Going To The Sun Road, la famosa strada di Shining. Il re dei parchi invece è l’orso, presente qui in quasi un migliaio di esemplari (3-400 grizzly e 5-600 black bears), che è quasi impossibile non incontrare lungo strade e sentieri.

Glacier National Park

Raggiungo il Glacier National Park da sud, dopo un lungo trasferimento da Cody attraverso Wyoming e Montana (vedi il precedente diario su Yellowstone). Qualche problema con il navigatore di Google Maps, che non individua la strada più breve. Poco male, sceglie un percorso scenografico che attraversa la Custer Gallatin Forest e la Nez Percé Clearwater National Forest, poi sale verso il Montana lungo la highway US 93 lasciando sulla destra il Mission Range, altro massiccio delle Rocky Mountains, e costeggiando il grande Flathead Lake. Per l’alloggio ho scelto il Glacier Travel Inn a Columbia Falls, posto proprio sulla US 2 a solo 25 km di distanza dall’ingresso Ovest del parco. Anche per questo parco, come a Yellowstone, le soluzioni di alloggio nei lodge all’interno sono molto care, da 200-250 € per notte in su, mentre scegliendo una sistemazione esterna si spende circa la metà.

Il Glacier National Park con i suoi 26 ghiacciai, 200 laghi, 1000 miglia di fiumi, cascate impetuose e cime maestose, è uno dei parchi americani più belli e affascinanti. Due catene montuose attraversano il parco da nord-ovest a sud-est, le Livingston Mountains a ovest e più a est il Lewis Range. Ci sono 32 picchi oltre i 2700 metri, tra cui il più alto è il monte Cleveland (3192 metri). Le montagne del parco hanno uno stupendo colore bruno-viola, dovuto alla natura sedimentaria e alla presenza di minerali di ferro. In alcuni punti assumono tonalità di verde e grigio-rossastro per presenza di argilla e quarzite. Le variazioni di colore delle pendici montuose si notano a primo acchito durante la visita.

Caratteristica di questa meraviglia della natura sono i numerosi ghiacciai, che però è meglio affrettarsi a vedere perché stanno a poco a poco scomparendo. Da 110 che erano nel 1950, oggi sono solo 26 e si stima che entro il 2020 si estingueranno tutti. Secondo i geologi, resteranno ancora ridotte formazioni di ghiaccio e nevai permanenti, ma molti spettacoli naturali che caratterizzano questo parco sono destinati a un incredibile cambio di fisionomia.

La prima sorpresa è proprio all’ingresso. Arrivo presto di mattina, il gate è aperto ma non c’è nessun ranger in giro. Che si fa… si entra o non si entra? Un cartello seminascosto indica che bisogna mettere i 30 dollari dell’ingresso in una busta, compilarla col proprio nome e col numero di targa della macchina e ripeterli su una ricevuta da staccare. Poi si mette la busta in una buca delle lettere e si inizia la visita. La ricevuta servirà per ogni altro ingresso nell’arco di una settimana. Come me, altre due coppie di visitatori fanno lo stesso. Notare bene che nessuno è lì a controllare se uno i 30 dollari li ha davvero messi in busta. Tutto basato sulla fiducia.

Going to the sun road – tratto Ovest

La principale attrattiva del Glacier Park è la Going To The Sun Road, una delle strade panoramiche più incredibili d’America, che in 80 km taglia il parco lungo laghi e montagne e sale fino al Logan Pass (2026 metri), dando quasi l’idea di inerpicarsi verso il sole. E’ la famosa strada che si vede in Shining, quella percorsa da Jack Nicholson, alias Jack Torrance, mentre si dirigeva al famigerato Overlook Hotel (che però è nel Colorado, mentre le riprese furono girate in un albergo dell’Oregon).

Ann, la gentilissima hostess del motel, mi ha avvisato che il Logan Pass riaprirà solo il 18 giugno, causa neve, e che di conseguenza la strada è interrotta e percorribile solo in due tratti separati. La visita comincia quindi dall’ingresso Ovest lungo il Mc Donald Lake, per una ventina di km fino al Trail of the Cedars, il sentiero dei cedri. Da qui bisogna tornare indietro e riprendere la US 2 che corre lungo tutto il confine sud-est del parco. Noto con un certo stupore che nel lago non c’è neanche un’imbarcazione, ma il mistero verrà svelato poco più avanti.

Parallela alla US 2 highway corre la linea ferroviaria panoramica Empire Builder della Amtrak, che collega Chicago con Seattle e ha due fermate proprio alle porte del parco. Molti visitatori giungono qui proprio col treno.

Il punto delle capre

Lungo la highway ci sono alcuni punti di osservazione, tra cui il “goat lick overlook”, il punto delle capre, posto proprio davanti al ponte ferroviario arroccato su un crinale di montagna: se volete fare una bella foto al treno dell’Amtrak sospeso sul ponte di legno, tenete presente che transita di qui tutti i giorni verso le 8 e mezza di mattina. Il “goat lick” è a un centinaio di metri di distanza sulla destra, lungo il fiume Flathead. Il “lick” è un ripidissimo pendio scosceso ricco di sale, sul quale le capre di montagna zampettano mantenendosi miracolosamente in equilibrio senza alcuna difficoltà apparente. Le bianche caprette dalla barbetta mefistofelica leccano la superficie alla ricerca di sali di calcio, potassio e magnesio per reintegrare le perdite di questi minerali a cui vanno incontro durante l’inverno. Per inquadrarle bene ci vuole un teleobiettivo.

Two Medicine Lake e il problema delle cozze di montagna

Proseguendo lungo la US 2 si raggiunge l’East Glacier gate e da qui la prima delle strade che virano verso l’interno lungo le vallate che si aprono nel parco, quella che porta ai laghi Two Medicine incastonati tra i monti. I paesaggi lungo il percorso sono incantevoli. Le vette delle Rocky Mountains qui assumono un colore bruno-violetto, con cappuccio bianco di neve che ancora si deve sciogliere. Già da questa prima visione ci si rende conto che i ghiacciai purtroppo stanno scomparendo e oggi rimangono solo le morene scoperte. Arrivati al secondo lago, un cartello avverte che la navigazione su tutti i laghi del parco è interdetta a causa della proliferazione di molluschi che stanno infestando le acque. Si tratta di mitili d’acqua dolce simili a cozze del genere dreissena, dette “quagga” e “zebra”. I molluschi si riproducono rapidamente e crescono a migliaia e migliaia soprattutto in prossimità dei pontili, dei docks e dei canali di scolo. Questi ospiti indesiderati sottraggono ossigeno e nutrienti all’ambiente lacustre, riducono la disponibilità di zooplancton e producono di conseguenza una forte diminuzione della popolazione di trote, salmerini e ciprinidi che si trovano in scarsità di risorse alimentari, mentre le alghe sono già quasi del tutto scomparse.

Le imbarcazioni, sul cui fondo i molluschi aderiscono, sarebbero un veicolo di diffusione dell’infestazione verso altri punti dei laghi non ancora toccati dai maledetti bivalvi. Di conseguenza, la autorità del parco hanno preso la drastica decisione di proibire la navigazione, sia pubblica che privata.

Nel secondo dei laghi Two Medicine, “the lake of the rising wolf mountain” (il lago della montagna del lupo che sale) è possibile fare un po’ di kayak, ma solo con quelli forniti dall’organizzazione che vengono accuratamente bonificati ogni due giorni.

Mai e poi mai avrei pensato che le cozze potessero costituire un problema per i laghi di montagna.

Going to the sun road – tratto Est

Da Two Medicine ritorno alla US 89 proseguendo verso il centro di visitatori di St Mary, che è il più importante del parco e anche il posto più fornito per comprare dei souvenir. Il trasferimento è abbastanza lungo (50 km circa), ma la strada è bella, corre su e giù per le colline aprendosi ogni tanto in viewpoints che offrono scorci dei laghi e dei ghiacciai ancora compatti. In alcuni punti ci sono raffigurazioni e ricostruzioni che ricordano l’insediamento indiano in questo territorio da parte delle tribù Corvi e Piedi Neri.

Appena dopo il St Mary Visitor Center inizia il secondo tratto percorribile della Going To The Sun Road, ovvero quello finale per chi arriva qui dopo avere superato il Logan Pass.

Questo tratto di strada, che costeggia il St Mary Lake, è semplicemente meraviglioso. A ogni angolo, a ogni curva, si aprono visioni stupende. Alcuni punti che non si dimenticano facilmente: Wild Goose Island, l’isola dell’oca selvaggia – Rising Sun, la valle del sole nascente – Sun Point, dove sorge il sole – il fronte del Jackson Glacier – Harrison Glacier, Sperry Glacier e i “defunct glaciers” Pumpelly, Pumpkin e Red Eagle – le baie e le insenature del lago – le cascate che si aprono lungo la strada. La strada è aperta fino al Jackson Glacier Overlook proprio davanti all’imponente massiccio della Going-to-the-sun Mountain, a cui fanno cornice Amphiteater Mountain, Heavy Runner Mountain e altri massicci che sembrano sorgere dalle acque. Molti sentieri si aprono lungo il percorso. Persino un pigrone come me non può rinunciare a percorrere qualcuno di quelli che dalla strada scendono verso il lago: quello vicino alla gola Sunrift Gorge e quello accanto che porta alle Baring Falls.

Lungo la strada si incrociano spesso i “jammer”, caratteristici miniautobus scarlatti in stile vintage che accompagnano i visitatori privi di auto propria verso i luoghi più belli da ammirare.

Appena dopo il Jackson Overlook c’è il cartello “road closed – opening June 18th” e bisogna tornare indietro.

Many glacier road

Se Going-to-the-sun è la strada più famosa, la Many Glacier road che si trova nel nord nel parco, una ventina di miglia dopo essere rientrati sulla US 89, è quella più ricca di sentieri di trekking che raggiungono ghiacciai nascosti e lontani. La strada costeggia il lago Sherburne, poi raggiunge lo Swiftcurrent Lake e il Josephine Lake. Sulle sponde dello Swiftcurrent Lake c’è lo storico Many Glacier Chalet, famoso tra gli appassionati di trekking che frequentano questa zona del Montana dato che da qui partono i sentieri più belli di tutto il Glacier Park. Many Glacier è un bellissimo hotel in stile rustico messo in una posizione invidiabile, con un solo difetto: per meno di 300 dollari a notte è difficile trovare una camera.

Lungo l’istmo che unisce i due laghi c’è un grande assembramento di veicoli. Dato che provengo da Yellowstone, so già che questo significa presenza di fauna selvatica. Infatti: l’oggetto di tanto interesse è un magnifico grizzly dal pelo fulvo che si aggira tranquillo al limitare della strada in cerca di bacche. Un ranger cerca disperatamente di trattenere la gente dentro le auto ma non c’è niente da fare: con grande circospezione ormai siamo già scesi in una decina e ci avviciniamo furtivi all’oggetto del desiderio fotografico. L’orso sembra infischiarsene di tanta attenzione e continua a spostarsi lungo il ciglio della strada cercando nuove fronde. Ogni tanto alza la testa e ci guarda, che poi è tutto quello che speravamo perché così riusciamo a riprenderlo di fronte. Una foto ravvicinata è allegata al diario. Da non più di 4 metri riesco persino a fargli un filmino di una ventina di secondi. Poi finalmente, con grande sollievo del ranger, l’orso devia verso l’interno della boscaglia e a poco a poco scompare alla vista.

Il ranger, dopo avere redarguito tutti gli astanti, ci dice che questo atteggiamento di indifferenza da parte dei grizzly nei confronti dell’uomo è abbastanza comune, ma bisogna stare attenti perché ci sono altri orsi che, al contrario, non tollerano la presenza dell’uomo, diventano aggressivi e quindi possono essere osservati solo rimanendo in auto. E’ notizia di un mese fa l’attacco mortale di un grizzly a un uomo in mountain bike nella foresta dei laghi Halfmoon a circa tre miglia dal West Glacier gate. Tra l’altro, l’uomo ucciso era proprio un ranger in perlustrazione. Questa consapevolezza ha sicuramente acuito il nervosismo del ranger di Many Glacier Road, fermo restando che il comportamento di noi che siamo scesi dalla macchina è stato estremamente imprudente. Il “bear jam”, congestione di persone e veicoli che si crea quando appare un orso lungo la strada, è una situazione di pericolo per tutti, orso compreso.

I sentieri che partono dal Many Glacier Chalet portano ad alcuni tra i più bei ghiacciai nascosti del parco. Questa zona è la migliore sia per le passeggiate che per le possibilità di avvistamento di animali. Il sentiero di 9 km che porta al Grinnell Lake e al Grinnell Glacier è un mito tra gli escursionisti. Qualche tempo fa era più facile, perché si poteva raggiungere la base del ghiacciaio con le barche-taxi che attraversano i primi due laghi che si incontrano lungo il sentiero. Adesso però la navigazione è interdetta, come ho spiegato prima, e quindi bisogna fare l’intero tragitto a piedi. L’incontro con gli orsi lungo questo percorso è molto probabile, per cui conviene tenere a portata di mano lo spray antiorso.

Waterton Lakes National Park

Da St Mary si sale lungo la N 89 fino a incrociare, dopo Babb, la US 17 “Chief Mountain Highway”, che dopo una ventina di miglia del tutto prive di traffico raggiunge il confine col Canada. La Chief Mountain, un possente massiccio cilindrico simile ai butte della Monument Valley, si erge ai lati della strada come un guardiano severo che controlla il transito verso il Canada. Un piccolo obelisco marca il confine. Formalità doganali rapidissime, arrivando via terra non serve l’ETA, il permesso scritto. Fanno solo aprire il portabagagli per vedere cosa hai dentro, ed eccoci nell’Alberta. Fotoricordo di prammatica davanti al grande cartellone “Welcome to Alberta – the wild rose country” e via sulla NR 6 che prosegue verso Nordest. Attenzione che da qui in poi i limiti di velocità sono espressi in kilometri, non più in miglia. Quelli canadesi sono persino più restrittivi di quelli americani (80 km/h sulle highways e 30 km/h nei centri abitati).

Poco dopo l’incrocio con la NR 5 c’è il gate del Waterton Lakes National Park. Questo piccolo parco lacustre, sconosciuto a molti, occupa 500 kmq nel sud dell’Alberta al confine con il Montana negli USA. Il parco costituisce un insieme unico con il Glacier Park statunitense, con cui condivide il grande Upper Lake e molti sentieri transnazionali. L’ingresso è gratuito, ma non è tutto: mi consegnano anche un “discovery pass” valevole per entrare gratuitamente in tutti i parchi canadesi, valido fino alla fine del 2017…. uno stimolo per ritornare, chissà.

La zona umida di Maskinonge (che vuol dire “pesce brutto e grosso” nella lingua degli indiani Chippewa) è il primo lago che si incontra, a poche centinaia di metri dal gate. Il paesaggio a Maskinonge Overlook è da cartolina, ma fermatevi a leggere i tre manifesti, di cui uno scritto in idioma indiano, che descrivono le bellezze di questa zona umida. Nel lago sguazzano anatre selvatiche, otarde e falchi pescatori, e c’è possibilità di avvistare cervi e alci, ma solo all’alba e al tramonto.

Dopo pochi kilometri si raggiunge il delizioso villaggio montano di Waterton, adagiato sulle rive dell’istmo tra Middle e Lower Waterton Lake. D’inverno ci vive solo una quarantina di persone, ma d’estate il borgo si rianima e si ripopola fino a superare il migliaio di residenti. Il colorato e barocco Prince of Wales hotel domina il centro abitato dall’alto di una collina, visibile da ogni punto ci si trovi, offrendo un colpo d’occhio eccezionale sui tetti rossi e azzurri degli edifici che si riflettono nel lago. Nello specchio d’acqua in centro paese però si vedono solo canoe e qualche barca a remi. Anche in questi laghi la navigazione è stata proibita per via del problema delle cozze d’acqua dolce, quindi niente battelli e niente servizio di vaporetti che raggiungevano l’Upper Lake in territorio statunitense. Se nel frattempo le corse dovessero essere riprese, ricordate di portare il passaporto, altrimenti non vi fanno scendere dal battello.

Il villaggio di Waterton merita senz’altro una visita, almeno per una rilassante passeggiata tra il lungolago e la spettacolare cascata Cameron Falls, che al crepuscolo viene illuminata per rendere più suggestiva la visione. La cascata scende lungo la roccia più antica di tutta la catena delle Canadian Rocky Mountains, un basamento di età precambriana visibile sulla sinistra che risale a 1500 milioni di anni fa. Nei parchi cittadini circolano liberamente le grandi bighorn sheeps dalle corna ricurve, che pascolano indisturbate anche nel campeggio tra le roulotte.

La visita al parco si svolge lungo due percorsi, Akamina Parkway e Red Rock Parkway.

La Akamina Parkway si imbocca a nord di Waterton e, attraversando la valle tra Bertha Peak e Crandell Peak lungo il profondo canyon dell’Akamina River, raggiunge dopo una ventina di km il Cameron Lake quasi al confine con la British Columbia. Le bighorn sheeps attraversano spesso la strada scendendo dalle rocce, quindi bisogna guidare piano e stare molto attenti. Nuovo assembramento di auto lungo il percorso, poco dopo le ultime case di Waterton: questa volta il protagonista è un grizzly che ha scelto uno spuntone di roccia per sonnecchiare al sole, a una ventina di metri dalla sede stradale. La strada, in molti tratti stretta e ripida, raggiunge il sito di Discovery Well dove fu aperto il primo pozzo di petrolio del Canada Occidentale, poi le rovine di Oil City dove vivevano i lavoratori del bacino petrolifero, quindi il passo Kishinena che mette in comunicazione l’Alberta con la British Columbia e finalmente raggiunge il lago Cameron, un gioiello subalpino con i pendii segnati dalle valanghe invernali, abitati da una nutrita colonia di orsi. I paesaggi delle vallate e del canyon sono da stropicciarsi gli occhi.

La Red Rock Parkway inizia a 3 km da Waterton lungo la strada che porta al centro visitatori. In 15 km raggiunge il Red Rock Canyon, uno stretto canyon di rocce rosse ferruginose formato dai torrenti che scendono dalle montagne Glendowan e Dungarvan. Nel tratto vicino all’area di parcheggio principale ci sono dei bacini tra le rocce dove si può fare il bagno, sempre affollati di gente. Lungo la strada ci sono alcuni viewpoints nei punti strategici dove è più facile incontrare gli animali. A Bellevue Hill Point un branco di caprioli è praticamente di casa tutto il giorno, mentre al mattino presto o alla sera arrivano anche gli orsi e i wapiti escono dalla foresta sulla collina per le quotidiane razioni di erba fresca.

Ritorno a Columbia Falls

L’intensa giornata canadese volge al termine. Gli alci nella laguna di Maskinonge non si vedono neanche adesso, pazienza. La highway che porta negli USA è ancora più deserta di quanto non fosse all’andata, mentre la sagoma severa della Chief Mountain proietta le ombre lunghe della sera sul percorso. Il doganiere americano è un po’ più scrupoloso di quelli canadesi. Appena si accorge che sono italiano prorompe in un lungo racconto sul suo fidanzamento con una ragazza di Trapani durato due anni, e vuole sapere tutto sulle ultime novità in Italia. Cerco di parlare solo di cucina e calcio, cosa che lo soddisfa molto. Dice che mi farà un regalo: mi chiedo cosa diavolo vorrà darmi, poi quando mi restituisce il passaporto mi mostra sorridendo il timbro che ha messo: Port of Chief Mountain … con tanto di orso disegnato! Se vi capita di passare da questo posto di frontiera, fatevelo mettere anche voi. E’ l’unico punto frontaliero fra Canada e USA dove hanno il disegno dell’orso nel timbro.

Torno a Columbia Falls scegliendo di fare la Montana 464 che passa da Babb e Browning, nel pieno del Blackfeet Territory, cioè la regione dove vivono i discendenti della tribù dei Piedi Neri. All’ingresso di Browning si nota subito il bianco Wigwam Café Espresso, proprio a forma di tenda indiana: non ci si può esimere da una sosta per un espresso ristoratore. La gentilissima barista dai caratteri somatici chiaramente indiani mi indica una specie di gazebo dove raccolgono le firme per la costituzione di una regione autonoma per le tribù Blackfeet, Salish e Kootenai, invitandomi a firmare la petizione. Mi dice che avevano già un mezzo accordo con Obama, che era venuto qui in visita nel 2016, ma adesso c’è Trump….

Cena al Back Room Restaurant di Columbia Falls e preparativi per il ritorno in Italia.

Conclusione

Glacier e Waterton sono due parchi di puro splendore paesaggistico, dove si è completamente immersi in scenari magnifici. Gli effetti della contaminazione portata dall’uomo si fanno sentire anche qui, portando conseguenze terribili come lo scioglimento dei ghiacciai e l’introduzione di specie esogene. Ma la bellezza dei luoghi rimane eccezionale, al punto che a volte ci si sente degli intrusi di fronte agli spettacoli naturali, mentre altre volte ti sembra di essere parte di questo ambiente e dei suoi abitanti. E’ la sensazione che ho provato trovandomi a quattro metri da un orso che non si curava minimamente della mia presenza, come se anch’io fossi un abitante dei boschi come lui.

Luigi

Luigi.balzarini@tin.it

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Prince of Wales hotel - Waterton

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Incontro ravvicinato col grizzly

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Red Rock canyon

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Chief Mountain

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Wigwam Café - Browning

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Fattoria lungo lo Swan Lake

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Flathead Lake

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Many Glacier chalet e Swiftcurrent Lake

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Going To The Sun Road

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Jackson Glacier

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Two Medicine Lake

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Rising Sun point

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I rossi "jammer" che percorrono la Going To The Sun road

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Maskinonge Overlook



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