Yugoland 2012

Tre camper e sei amici tra Bosnia e Croazia
Scritto da: 2perplesso
yugoland 2012
Partenza il: 03/08/2012
Ritorno il: 21/08/2012
Viaggiatori: 6
Spesa: 1000 €
Yugoland ad agosto 2012

Premessa: Yugoland è il titolo di un libro/diario di Andrea Ragona e Gabriele Gamberini che abbiamo letto tutti noi amici in questo viaggio che ad agosto 2012 ci ha portato in Croazia e Bosnia, mentre in precedenza avevamo visitato Serbia, Montenegro e Macedonia, e che ci ha fatto pensare, ma anche sorridere perché “La Jugoslavia è una bici. Il manubrio è la Croazia, perché la sua guida, il Maresciallo Tito, era croato. Il telaio, la struttura portante, è la Serbia. I pedali, motore economico del tutto, la Slovenia. Le ruote, amalgama delicato di aria, acciaio e gomma, sono la Bosnia. La sella, che si sfila senza clamore, il Montenegro. La catena, piccola parte a servizio del tutto, la Macedonia. E infine il campanello: il Kosovo”. Terra difficile, martoriata, ma la Jugo non esiste più. L’autore fa dire a un suo protagonista “ …siamo sempre stati dominati dagli altri. Pensa, mio padre è nato austriaco, io sono nato italiano, mia figlia è nata jugoslava e mio nipote è nato croato! E non ci siamo mai mossi di qui!”.

Il viaggio

Tre nuovi camper (rispetto all’anno scorso) Elnagh Baron 36 di Licia e Francesco, Hobby siesta 600 di Graziella e Bruno ed Elnagh Duke 45 di Paola (IO) e Silvano con l’aggiunto di una Vespa 125 (nuova anche quella). Tre coppie di amici da anni: i ragazzi sono andati per la loro strada ed ora noi ‘consumisti’ viaggiamo con 3 mezzi comodi e con il massimo della privacy.

3.8.2012

Partiti da Pordenone il 3.8.2012 alle 18 raggiungiamo Pesek e ci fermiamo per la notte. La prossima volta è preferibile entrare in Slovenia e a pochi chilometri fermarsi nel parcheggio del supermercato, vicino al distributore, subito dopo il bivio per Lubjana. Il traffico è stato intenso tutta la notte, ma per fortuna abbiamo passato il Lisert: al mattino alle 7 c’erano 9 km. di fila. Per quanto sia presto troviamo subito fila e raggiungiamo il confine croato dopo 34 km in ben 3 ore! Anche l’autostrada che porta a Fiume e trafficatissima e optiamo per la vecchia strada normale: ben fatto, ci siamo salvati. Prendiamo l’autostrada verso Zagabria ed usciamo a Karlovac, una cittadina poco segnalata, ma particolare: a perfetta pianta stellare a 6 punte come Palmanova con fossati e bastioni: bisognerebbe vederla dall’aereo. Ma il pregio di questa città è il verde e quanto hanno saputo valorizzare con molta sapienza. Il fiume è diventato la spiaggia della città con parchi, hotel e bar. La gente si organizza con picnic, ma non mancano gli sposi per le foto di rito. Nel pomeriggio raggiungiamo a 13km. a sud il Camping Slapic (che avevo trovato in internet come uno dei pochi a 4 stelle di tutta la Croazia). Ci aveva lasciati un po’ perplessi l’entrata (poco facilitata) e con postazioni poco alberate, invece la sorpresa è grande: un fiume blu lungo gli alberi dove tutti sono immersi a rinfrescarsi e a nuotare. Chi vuole può andare a fare rafting. E’ un posto veramente speciale! Cena con verdure alla griglia e formaggi.

Domenica 5.8.2012

Notte silenziosa, ma stamattina segna pioggia: ridicolo! Ma l’umidità della notte è spaventosa. Bagnetto solitario per Graziella e Bruno. Lei dice che è calda (veramente è a 25°), ma noi la chiamiamo Messner. Questo campeggio è a sud di Duga Resa lungo il fiume Mreznica, uno dei corsi più belli e limpidi della Croazia e abbiamo pagato per una notte (2 persone, camper, luce) 162 kune. Sulla strada D1 a sud verso Sluny vediamo a Turany, passando, ma senza fermarci, una caserma austriaca dove sono visibili all’esterno armamenti della guerra 1991/1995. Arriviamo quindi a Rastoke, che è il centro storico di Sluny, conosciuto per i suoi mulini ad acqua ben conservati e le cascate pittoresche lungo il fiume Slunjcica che confluisce nel fiume Korana. Abbiamo comperato il biglietto di 25 kune ed abbiamo seguito i percorsi segnalati tra case caratteristiche, acque fresche, cascatelle, alberi di prugne e in fondo l’orrido e la grande cascata. E’ proprio incantevole! Pranzo con la caratteristica trota ai ferri e poi via fino al Campeggio Korana più vicino ai Laghi di Plitvice. E’ un due stelle, e ne vale proprio due: terreno sconnesso, non abbastanza alberato per i nostri mezzi che dovrebbero parcheggiare su un piazzale cementato al sole! No, non mi piace, ma è solo per una notte.

6.8.2012 lunedì

Sveglia alle 6 perché alle 7.30 siamo già all’entrata 1: se si arriva più tardi – peggio se nel fine settimana – a mezzogiorno non ci si muove più sulle passerelle. Pagamento con Visa di 110 kune a testa. Siamo sulla parte alta, per cui decidiamo di scendere a piedi e di tornare con il trenino. Decisione azzeccata: fresco, ombreggiato e non molta gente a quell’ora. Silvano è stato bravo perché ha sempre camminato, anche se con il bastone: forse avremo fatto 8 km in 4 ore. Bravo perché mesi fa ha avuto un tremendo incidente con l’aereo e gli hanno operato il bacino frantumato: questa era una prova importante, che ha superato. Plitvice è veramente straordinaria anche se visitata più volte. Questo sito Patrimonio dell’Umanità Unesco è un vero e proprio paradiso per la fauna selvaggia con uccelli, cinghiali, orsi e svariati altri animali. Il parco occupa una superficie di 33.000 ettari e comprende 16 laghi in successione, collegati fra loro da cascate. Si cammina su comode passerelle pensili in legno sopra acque verde smeraldo. L’escursione è facile, ma non per persone con difficoltà motorie o carrozzine perchè le passerelle sono costruite con tronchi tagliati e uniti tra loro, quindi il terreno è sconnesso. Le cascate sono numerose: dalle altissime (la più alta è di 78mt) a quelle poco più alte di 1mt che sono emozionanti e pittoresche. La discesa ai laghi inferiori è stata lunga, circa 4 ore dall’entrata 1, ma talmente ricca di sorprese di giochi d’acqua, cascate, pesci e natura quasi incontaminata, che il tempo è passato velocemente. Il battello si prende una volta sola, 20min, e quando si sbarca c’è un luogo di ristoro, praticamente l’unico. Scarpe comode, antizanzare, capellino e borraccia con acqua sono i must per questa passeggiata indimenticabile tra la natura. Alle 14 siamo al confine con la Bosnia: scannerizzazione dei passaporti e in 15’ siamo pronti per raggiungere la nostra meta: Martin Brod. Va ricordato che gli accordi di Dayton del novembre 1995 prevedono per la Bosnia Erzegovina la divisione in due stati: la Federazione della Bosnia Erzegovina e la Repubblica Serba di Bosnia con una rotazione presidenziale: un serbo, un bosniaco (mussulmano) e un croato, con una burocrazia amministrativa vertiginosa. Cerchiamo di fermarci a Bihac, ma non troviamo parcheggio in centro per tre camper. Tuttavia non mi è sembrato un granchè quello che ho visto: bello il fiume ed un parco di platani. Direzione Sarajevo. Sulla strada principale abbiamo cercato i riferimenti dove girare, ma mi sfuggono, anche se Francesco e Licia ci avevano segnalato un grande cartello turistico: non avevo calcolato giusto le distanze perché non trovavo i nomi dei paesi segnati sulla carta. Poi ho capito che la guerra aveva distrutto i paesi e anche i nomi erano scomparsi. Siamo tornati indietro di 30 km e finalmente abbiamo raggiunto (stanchi) Martin Brod, anche se impolverati dagli ultimi 8 km, di sterrato e lavori in corso: peggio del Camel Trofy. Alle porte del paese un ponte crollato/bombardato è sostituito da uno provvisorio percorribile anche col camper. Siamo al confine con la Croazia, solo una collina ci separa, ma non ci sono strade dirette. Il paese sorge su decine di ramificazioni del fiume Una su cui sono sorti decine di mulini. E’ parco nazionale. Chiediamo informazioni: c’è un campeggetto comunale sul fiume, ma la strada è troppo in pendenza. Poi troviamo un camping privato subito al di là del ponte in un delizioso posto sotto gli alberi, con tavolo e panche di legno e fiume scrosciante: bellissimo. Era quello che volevamo e che abbiamo sempre sperato di trovare in ogni viaggio.

martedì 7.8.2012

Abbiamo passato una notte fresca e asciutta, con in sottofondo il rumore dell’acqua. Colazione e primo giro in moto per cercare i posti più belli, mentre gli amici raggiungono a piedi le cascate spettacolari. Quasi tutte le case a Martin Brod hanno un torrente che passa dietro l’abitazione o in mezzo al cortile e si vede la ruota del mulino. Qui le casalinghe raramente lavavano a mano: quando ancora in nessuna parte della Bosnia e dell’Europa esistevano le lavatrici a Martin Brod l’ingegno della gente locale aveva portato a costruire piccole dighe sui torrenti dove i vestiti venivano lavati dalla forza dell’acqua e senza alcun detersivo. Una delle ultime di queste ‘lavatrici ecologiche’ si può ancora vedere ed è tenuto attivo anche il suo vecchio mulino macinando grano per i propri bisogni e per la curiosità dei turisti in visita. Graziella e Licia si sono fermate infatti a comperare la polenta e la proprietaria del mulino ha fatto una dimostrazione della lavatrice a 5 programmi di lavaggio con l’acqua corrente. Inoltre, in molti cortili si vedono particolari capanni di legno intrecciato per essiccare il grano chiamati kuruzana. Le cascate non sono imponenti come quelle di Plitvice, ma l’ambiente è molto bello, il fragore è assordante, ma soprattutto non c’è nessuno e godiamo di questa natura ancora incontaminata. Pomeriggio di relax bordo-fiume, dove 5 ragazzi – dopo il bagno- hanno cucinato ai ferri trote e cipolle, bevendo 20 bottiglie di birra! A cena siamo andati in ‘centro’ e abbiamo mangiato su panche all’esterno di una piccola trattoria 2 trote ai ferri a testa (avevano una vasca dove i pesci nuotavano e li hanno fatti fuori tutti), patate fritte, pomodori, cetrioli e cipolla, birra e abbiamo speso € 10 a testa. La gente del posto sostiene che il fiume Una sia stato chiamato così dai romani, perché lo consideravano il più bello dell’impero. Le impetuose e rumorose cascate e le sue rapide, dove si può fare rafting e kayak, formano un quadro di grande bellezza e suggestione. Impressionante anche il rafting sul fiume Una. La maggior parte delle costruzioni sono recenti, perché costruite dopo la fine della guerra, terminata nel 1995. Viaggiare i Balcani ci ha portato alla scoperta di questo piccolo gioiello naturalistico della Bosnia Erzegovina. Martin Brod, villaggio di confine, ricco di storia e storie, cascate e torrenti. Da tre anni è Parco Nazionale, ma non basta per risollevare le sorti di una comunità isolata. Se mi chiedessero cosa mi è piaciuto di più di questo viaggio, darei una medaglia d’oro (pari merito a Zara) a Martin Brod, nonostante che… lo dico dopo.

Mercoledì 8.8.2012

Si riparte, ma per uscire dal campeggetto si deve fare una salita con sterrato sabbioso, pieno di buche, poco agevole. Silvano, dopo due tentativi, mi fa scendere (siamo troppo pesanti con la moto, infatti Francesco più leggero è già uscito),e prende una gran rincorsa. Mi sono venuti i capelli dritti: ha preso una buca, mimetizzata dall’erba tagliata, spacca a metà il parafango posteriore e arriva in cima trascinando il pezzo, trattenuto solo dai cavi elettrici delle luci posteriori! Disperazione: tutti con le mani in testa! E’ accertato però: Silvano ha una grande manualità. In mezz’ora ripartiamo dopo aver unito i pezzi trattenuti da cavetti d’acciaio alla struttura nel sotto-camper. Per fortuna la parte elettrica è salva: ci è andata meglio di quello che avevo temuto. Con una bella toppa il viaggio continua. Strada comoda, anche se con segnali di mine al lato della strada, e completamente senza traffico verso est a Drvar, quindi non tornando da dove eravamo venuti, per risalire sino a Bosanki Petrovac e riprendere la E761 verso Sarajevo. Rilassante, senza traffico, tranne qualche camion carico di legnami, si arriva all’ora di pranzo a Kljuc, dove, subito dopo il paese, ci siamo fermati in un’area attrezzata sotto gli alberi sul fiume Sana. Qui i fiumi sono veramente gioiosi, pescosi e vengono utilizzati dai giovani come fossero vere spiagge al mare: prendendo il sole, facendo il bagno, giocando con la palla. A proposito di palla, qui era veramente particolare: piccola a forma di bomba. Lanciata con le mani fischia: siamo rimasti senza parole! Arriviamo in serata a Jajce. Troviamo parcheggio lungo il fiume, pagando una piccola tangente al posteggiatore. La prima cosa che appare non appena giunti in città è la fortezza, accessibile mediante una scalinata che conduce ad una torre a pianta quadrata ed alla piccola “Moschea delle Donne”, oltre la quale una breve passeggiata consente di raggiungere il maniero vero e proprio. La cittadina infatti è abbarbicata in posizione dominante su un’imponente cascata di 21 metri (quante foto!) , la vecchia cittadina fortificata, sembra arrampicarsi sulle pendici di un ripido poggio fino ai ruderi del castello, dove in epoca medievale venivano incoronati i re della Bosnia. Ho fatto copia di un quadro di Jajce che rappresenta meglio l’insieme del nucleo storico e delle cascate. A conferire ulteriore fascino a Jajce contribuiscono il magnifico paesaggio a perdita d’occhio nei dintorni, mentre alcune interessanti catacombe ed un tempio dedicato a Mitra richiamano sul posto gli appassionati di misteriosi culti scomparsi. Le dimensioni ridotte dell’insediamento consentono di visitare la città vecchia in un paio d’ore. Jajce mostra ancora le ferite della guerra: nel 1992, fu prima pesantemente bombardata dall’esercito serbo e poi messa a ferro e fuoco da quello croato, con la conseguente fuga della maggior parte della popolazione verso la vicina Travnik.

Cena di carne all’hotel Ristorante Stary Grad a 15 euro a persona con il vino e con piatti tipici locali. Particolarità del posto è un pavimento trasparente che lascia vedere, tre metri più sotto, un particolare reperto archeologico, costituito da un bagno turco romano. E poi a nanna. Non so perché, ma sono stanca.

Giovedì 9.8.2012

Ancora verso Sarajevo: bella strada sino a Travnik lungo il fiume. Città antica, residenza di numerosi visir e in tempi recenti scenario del romanzo del premio nobel Iso Andric in La cronaca di Travnik. E’ la storia di due consoli, uno francese e uno austriaco, che in epoca napoleonica si trovarono a vivere in questo selvaggio avamposto immerso nel nulla. E’ una cittadina ricca di storia e vissuti, non sempre sereni e tranquilli, cimiteri ovunque e giovani vite spezzate tra il 1992 e 1995. Anche le case bombardate sono monito di una guerra civile violenta e sanguinosa: la maggior parte delle case sono nuove. E’ l’antica capitale bosniaca e numerose sono le moschee, la più bella la Moschea multicolore, che presenta vivaci affreschi sulla facciata principale ed affascinanti arcate che accolgono un piccolo bazar. Da vedere anche le rovine del castello medioevale. Giriamo per il mercato della frutta e verdura, formaggio, insaccati e scarpette di lana: vivace e gioioso. Riprendiamo la strada verso Sarajevo che dista circa 80 km., ma è veramente brutta, tra zone commerciali e artigianali. Non trovando alcun posto per pranzare lungo il fiume ci fermiamo al ristorante/hotel Florida, dopo circa 25 km, e mangiamo benissimo agnello e vitello a 7 euro a persona. La strada continua e nella parte finale è autostrada fino a Sarajevo. Poco prima, a Visoko, la guida segnala un’antica struttura, che fa parte di un complesso collinare naturale di aspetto piramidale, che si suppone sia di costruzione umana risalente addirittura a 12.000 anni fa: la Piramide del Sole. Pare che un team di fisici abbia rilevato un fascio di energia che fuoriesce dalla parte superiore della piramide. Per me è una bufala… e non ci siamo fermati.

Siamo fortunati: arrivati quasi in centro di Sarajevo abbiamo trovato un parcheggio a pagamento vicino al Parlamento e all’Holiday Inn (l’hotel della stampa internazionale durante la guerra), come nel 2003. Don’t forget, non dimenticare, è scritto dovunque: deve essere stato terribile!

Taxi e via nel centro storico, nel quartiere di Bascarsija: è un susseguirsi di strade acciottolate, moschee e negozi in stile orientale, un luogo al di fuori dell’Europa, eppur così vicino. Il centro somiglia un po’ a Istanbul per il brulicante quartiere turco: un incantevole dedalo di viuzze pedonali lastricate e di cortili aperti pieni di caffè, gioiellerie, laboratori di rame e ristorantini. Quando inizia la ‘chiamata’ della preghiera, si potrebbe pensare di essere effettivamente in Medio Oriente. Ho visto Sarajevo prima e dopo la guerra ed ora ti stringe il cuore perchè ha sofferto più di tre anni d’assedio da parte delle forze serbo-bosniache, durante la guerra di Bosnia (1992-1995). Sarajevo è da sempre città multi-etnica e multi-religiosa, al suo interno convivono tre diverse religioni: l’islam, il cristianesimo (con due confessioni: cattolica ed ortodossa) e l’ebraismo. Il grande clima di tolleranza e rispetto tra queste confessioni ha portato a soprannominare Sarajevo la Gerusalemme d’Europa. I rapporti tra queste fedi si sono incrinati in seguito alle guerre jugoslave. Ora ogni orto, ogni giardino è un cimitero di lapidi bianche: sono tutti ragazzi morti in quegli anni in questa città tormentata. Sarajevo sta faticosamente rimettendosi in piedi, stanno ristrutturando e ricostruendo, e ancora stanno lavorando alla sede della Biblioteca Nazionale, sventrata dai serbi nel tentativo premeditato di cancellare la storia di questa città: la storia di Goran Bregovic ed Emir Kusturica. Giriamo a zonzo senza meta: è bello guardare le persone, conosci un popolo: ragazze belle e giovani, alcune con il capo coperto, altre con gli hot pens, ma tutte belle e alte. Ceniamo e dopo alcune foto davanti ad uno dei palazzi bombardati, ora in ristrutturazione (sembra un cellulare spento), rientriamo per trovarci una sorpresa: il posteggiatore ci viene incontro, non sa come scusarsi. Abbiamo avuto la visita dei ladri… Sono entrati nel nostro camper dal bagno tagliando l’oscurante e rubando il nuovo TV e mettendo a soqquadro. Da Francesco e Licia sono entrati, invece,dalla finestrella del retro del letto a castello, tagliando la plastica del braccetto di chiusura e portando via il TomTom. Facciamo chiamare la polizia che inizia a scrivere il verbale, ma vuole che andiamo in ambasciata italiana il giorno seguente: no grazie, volevamo semplicemente segnalare, non perdiamo altro tempo. Il guardiano di notte era dispiaciuto, ed era l’unico che parlasse inglese, ma la colpa era di quello che ci aveva accolto in arrivo e ci aveva fatto mettere in fondo al parcheggio, a ridosso della rete tagliata. Dovevamo imporci noi! Incarta e porta a casa. Ci serva di lezione. Questo viaggio comincia a costarci, ma non manca il buonumore e mangiando anguria nel piazzale del parcheggio, con autolesionismo, ne ridiamo sopra.

Venerdì 10.8.2012 Verso Mostar

La strada fino a Konijc è scorrevole ma poco paesaggistica, poi invece, dopo il lago, è molto bella. Siamo fortunati a trovare parcheggio di lato ad una scuola vicino al centro, che raggiungiamo a piedi in 10 minuti. Sono passati 9 anni dall’ultima volta e tutto è molto più commerciale (S. Marino), ma molto è stato fatto nella ristrutturazione e le vie che portano al ponte sulla Neretva sono gioiose. Mostar è, in effetti, una cittadina incantevole, ma massacrata dalla guerra, con il famoso ponte turco a dorso di mulo, ora ricostruito nel 2004, perché bombardato nella guerra nel 1993. Mostar ha il sapore dell’oriente, ma in questi luoghi il cristianesimo e l’islamismo si sono incontrati e scontrati, la diversità delle fedi si è andata trasformandosi in contrapposizione, la contrapposizione in intolleranza e l’intolleranza in odio, l’odio etnico. Il fiume Neretva divide Mostar tra occidente e oriente, tra croati e bosniaci, tra cattolici, ortodossi e mussulmani. Abbiamo girato per due ore e poi via, verso il mare. Subito dopo il confine verso la Croazia (la Bosnia ha una uscita al mare con Neum, che purtroppo hanno cementato) ci siamo fermati per comperare le ostriche e, ancora una volta, – la terza – è toccata ancora a noi la ‘sfiga’. Silvano, facendo manovra ha toccato con la parte finale del camper una macchina parcheggiata: un danno lievissimo, ma piuttosto di chiamare la polizia, abbiamo pagato 100 euro sopravvalutando il graffio di 2 cm. Se devo dire la verità: sono un po’ rotta i c… Poi verso sud sino alla Penisola di Peljesac e, subito dopo Ston, ci siamo fermati al campeggio Prapratno che è un tre stelle e nel giorno di S. Lorenzo dovrebbero chiedere aiuto al cielo per farsene dare qualche altra. Sarò stata nervosa per l’accaduto ma per me in quel momento era tutto negativo, mi pareva poco organizzato, sporco perché il vento spesso portava tanta polvere nera all’interno del camper,oltre alle formiche che mi avevano invaso la mansarda. Devo ricredermi, anche perché in questo campeggio ci siamo fermati ben sei notti (mai successo in viaggi precedenti) ed era comodo sotto gli olivi secolari, con una bella spiaggetta di sabbia e di acqua turchese limpida.

Sabato 11.8.2012

Io e Silvano prendiamo la Vespa e andiamo verso Orebic. Ci fermiamo a Drace, ma non è un granchè, per raggiungere poi Trstenik bel borgo ristrutturato con un mare turchese, ma non è un posto da camper. Ritornando cambiamo strada e percorriamo una via asfaltata a metà costa sino a Zuljana, bel paesino, ma anche questo non per camper: le strade sono strette perché le case sono nate alla rinfusa, senza criterio. Pomeriggio relax. Gli amici fanno il bagno in queste acque limpide vicino al campeggio mattino, mezzogiorno e sera, ma io sono così freddolosa che per me vanno bene solo le terme con l’acqua calda: Oradea o Saturnia.

Domenica 12.8.2012

Di nuovo in giro con la Vespa. Prima di Ston prendiamo una stradina che porta a nord della penisola di Peljesac e ci fermiamo a Leka, case di sassi, senza un bar, ma c’è il gioco delle bocce, e sulla darsena del porticciolo una famiglia, compresi i bambini, che sistemano in cassette le ostriche appena raccolte. Tutto il mare qui è una coltivazione di mitili e ostriche che è una risorsa importante oltre all’enologia. Hanno saputo lavorare tutti questi terreni aridi per piantare le viti. Famosi sono i loro vini rossi. Comperiamo le ostriche e quasi due kg di cozze che mangiamo a pranzo: pranzo succulento con finale di palacinke al cioccolato.

Lunedì 13.8.2012

Sveglia alle 6 e fuori c’è l’arcobaleno, chissà perché. L’umidità della notte? Il cielo non è limpido, l’aria è asciutta ed è pertanto un fenomeno strano. Alle 7 partiamo con il traghetto verso l’isola di Mljet con una breve traversata di 45’. Dicono che sia la più affascinante isola dell’Adriatico, isola dove si dice che Ulisse rimase sette anni. ma se devo essere sincera ho visto di meglio. L’isola è lunga 37 km ed è larga appena 3. Noi siamo in vespa, ma gli amici noleggiano una cabrio gialla e sono gasati (410 kune + benzina finale). Non ci sono che paesi e villaggi di pescatori. Raggiungiamo Polace dove facciamo colazione e acquistiamo i biglietti per il Parco Nazionale, creato nel 1960. L’ingresso al Parco è di 100 kune: c’è un sentiero che conduce a due laghi salati (lago Maggiore, profondo 46 m., e lago Minore, profondo 29) che, in realtà, sono due baie separate dal mare aperto da dei canali molto stretti. Nel 1151 il re Desa donò l’intera isola all’ordine benedettino di Santa Maria di Pulsano (che si trova in Puglia) che, al centro del lago Maggiore, in cui sorge l’isolotto di Santa Maria, costruì il convento omonimo risalente al XII secolo che ora è stato trasformato in albergo e ristorante. I due laghi salati, ideali per nuotare, hanno un colore verde brillante. Prendiamo a sud di Veliko Jezero (il lago più grande) la piccola imbarcazione per arrivare a Sv Marija: un isolotto all’interno della stessa isola. Qui è ospitato un monastero che si estende per quasi tutta la superficie e ne visitiamo l’interno che è però in ristrutturazione. Si possono percorrere le rive a piedi, ma anche con le biciclette a noleggio. Raggiungiamo quindi Pomena (carina): è un centro turistico dove approdano barche a vela, caicchi e yachts miliardari. Sicuramente è un bell’approdo perché ha insenature protette con porti riparati e vediamo barche che non sono barche ma ‘IOT’, anche con l’elicottero. Bagno (per loro) in acqua limpida, poi pranziamo all’aperto in una osteria in riva del porto, poi io e Silvano riprendiamo il traghetto alle 16, loro alle 19 perché c’era sicuramente da vedere forse la spiaggia più bella dell’isola a Saplunara. Percorso, mi dicono, bellissimo con panorami mozzafiato, un paradiso nascosto di natura incontaminata e tranquillità, con spiagge sabbiose, dichiarata area naturale protetta. Gli amici, peraltro, volevano godersi l’auto gialla sino in fondo. Si crede che San Paolo sia naufragato nelle spiagge di Saplunara nell’ anno 61 dc, quando stava tornando a Roma. Avevo letto che a fine ‘800 l’isola era infestata da serpenti velenosi, per cui fu pensato di portare delle manguste indiane che, in effetti, ripulirono l’isola, ma si moltiplicarono in tal modo da infestare nuovamente il territorio: ed eccola lì, sulla strada, forse uccisa da un’auto in corsa: bel musetto!

Martedì 14.8.2012

Di nuovo in moto verso Ston: cittadina nella parte nord-occidentale del Canale di Ston, famosa per le sue saline e per gli allevamenti di ostriche. dove è costruita la muraglia seconda per lunghezza solo a quella cinese (dicono), a me risulta invece che sia seconda ai Valli romani in Britannia. Quando Peljesac è caduta sotto la Repubblica di Dubrovnik, i cittadini di Dubrovnik hanno costruito la muraglia per difesa lunga 5,5 km con 41 torri e 7 bastioni. Le mura di Ston collegano le località di Mali Ston e Ston, nota grazie alla sua ricca storia e all’antico nucleo cittadino in pietra. E’ possibile salire ma preferiamo ammirarla dai piedi del monte perché fa veramente troppo caldo. Interessante è anche la grande salina situata poco fuori dal centro. Il centro ha palazzi gotico-rinascimentali, anche se nel 1996 un terremoto molto forte ha contribuito alla distruzione di molte abitazioni già duramente colpite dalla guerra. Molto bella anche la strada che porta a Broce tra le vaste saline. E’ un piccolo paese di pescatori di 4 case di sasso, ma ha 4 chiesette, tutte chiuse o senza tetto. Ritorniamo e visitiamo anche Mali Ston a ridosso di Ston con 3 arsenali e un deposito del sale. Bruno ha la febbre: non ci si muove dal camping Prapratno. L’anno scorso era toccato a Silvano ad Oradea. Nel pomeriggio acquisto 3 h di internet a 50 kune e torno tra i vivi. Mi mancava…

Mercoledì 15.8.2012

E’ Ferragosto e non ci si muove. Bruno sta meglio e abbiamo deciso che domani si riparte. Troppo stanziali per i miei gusti! Un altro giro in moto sino a Ston, ma il traffico è bloccato per la processione. Oggi riso in bianco per chi non sta bene e per noi crostini al salmone e pesce spada affumicati. La cena al ristorante Bella Vista, appena sopra il camping, è stata speciale con un antipasto, offerto dal gestore, da novelle cousine: fichi al gorgonzola avvolti nel prosciutto appena caldo e croccante.

Giovedì 16.8.2012

Si riparte dopo 6 notti. Lo stazionamento non è compatibile con il nostro Dna. Bruno non vuole più rimanere al mare perché non lo fa dormire e anche noi vogliamo qual-cosa di diverso. Pensiamo ad un tragitto di ritorno interno alla Croazia, a nord di Spalato. Decidiamo di prendere la parte finale della nuova autostrada partendo dalla foce della Neretva (quanta frutta e verdura saporita in questa piana!) ma, solo dopo 5 km. di percorso a 4 corsie, senza preavviso, ci troviamo altri 29 km. di montagna con pendenze e tornanti. Non è un percorso snello, ma le vallate si susseguono con bei panorami di viti e coltivazioni di alberi da frutta. Siamo giunti nel primo pomeriggio a Sinj ed ho scoperto che quel parcheggio sotto gli ippocastani e platani l’avevo già visto in un precedente viaggio. Il paese non ha grande interesse, ma se fossimo arrivati la prima domenica di agosto avremmo visto la famosa giostra cavalleresca in ricordo della vittoria sui turchi del 1715. Un giro, un gelato e lasciamo la cittadina.

A 10 km il Lago Perucko è rappresentato da un grande invaso artificiale creato dalle acque del Cetina. A questo proposito una nota: un’altra volta, quando saremo in zona, bisogna seguire questo fiume perché forma canyon spettacolari (guardare la carta e seguire il percorso) Tornando al lago: le rive non sono sfruttate turisticamente e …meglio andare oltre. Nel 1993 fu minato dalle truppe serbe che minacciavano di far saltare la diga, ma per fortuna la ragione prese il sopravvento. A 20 km. Knin e sul percorso molti villaggi e case bombardate lasciate lì abbandonate a memoria di una terribile guerra di pulizia etnica. Dovevamo fermarci per la notte, ma tutto era così triste da mandare tutti in depressione….meglio andare oltre. Via verso la zona della Krka e ci fermiamo a Skradin La cittadina è situata in amena posizione lungo il fiume Krka nei pressi del Parco Nazionale del fiume Krka, a 18 km da Sebenico e ad un centinaio di chilometri da Spalato. Appena fuori la cittadina abbiamo trovato il piccolo campeggio Skorici di Pero Skoric in alto sulla collina, al fresco. Pasta preparata da Graziella e le palacinke: che abbuffata!

Venerdì 17.8.2012

Al sig. Pero, che parla molto bene l’italiano ed è un commerciale nato, abbiamo pagato 200 kune (caro!). Ci ha consegnato depliants con l’offerta del posto, un sacchetto di mandorle e la possibilità di farsi portare con il suo pulmino sino all’entrata delle cascate della Krka, ma noi le abbiamo viste già due volte e preferiamo continuare. Riprendiamo un pezzetto di autostrada, usciamo a Pirovac e arriviamo alla litoranea per raggiungere Biograd ed imbarcarsi per l’isola di Pasman a kune 152 per mezzo (solo andata). Pasman è di fronte a Zara. L’isola è collegata da un ponte all’isola di Ugljan: la particolarità di entrambe, oltre alla sagoma lunga e affusolata, sta nel fatto di essere abitate solo sul versante nord-orientale, appunto quello che guarda Zara e il continente, mentre il lato di sud-ovest verso Dugi Otok e le Kornati si presenta selvaggio e praticamente privo di insediamenti stabili. Il traghetto attraversa in 20’ e siamo già a Tkon. Dopo pochi km. raggiungiamo il camping Lucina a Pasman. E’ un campeggio familiare (quanti bambini!) sotto gli alti pini davanti ad un mare non molto bello e siamo attaccati come le sardine. I fortunati siamo noi perché ci hanno concesso uno slargo, ma siamo davanti alla porta di tende e rulotte di locali stanziali. Fa molto caldo e nel pomeriggio non si riesce a riposare in camper. Raggiungiamo il paese a piedi , sono solo 500 m. , e passeggiamo sul lungomare guardando le evoluzioni delle barche a vela con il vento sostenuto. Queste spiagge e questo mare non è quello che cercavamo: è stato fatto un tentativo per una escursione alle Incoronate, ma non le organizzano di sabato, allora domani torneremo sulla terra ferma. Graziella avrebbe voluto almeno fare un’escursione sulla cima delle colline per vedere le Kornati, ma ci voleva una bicicletta o più tempo a disposizione. Ottima cena, ad un prezzo onesto, al Ristorante Lanterna.

Sabato 18.8.2012

Lasciamo l’isola di Pasman, vista, non piaciuta da parte mia, perché non ha paesini caratteristici, non ha un mare turchese: c’è di meglio, ma soprattutto, non è un posto da camper. Due ore sotto il sole prima di riuscire ad imbarcarsi, ma in 25’ siamo a Zara con 226 kune dal porto di Preko. A 3,5 km. dal centro di Zara la guida segnala il Camping Boric ad una stella, ma ne merita almeno 3 per la posizione dal centro e dall’alta alberatura, e soprattutto siamo larghi. Ha un’uscita con spiaggetta al mare, anche se non bella, ma per andare in centro si acquista, all’edicola di fronte all’entrata il biglietto a/r del bus a 16 kune: benissimo. Bel tragitto col bus e in 10’ siamo in centro passando sul lungomare ricco di ville dei primi del ‘900 con parchi. Città viva, allegra, piena di bellissime ragazze giovani alte e con tacco 15, a sciami. Zara non l’avevo mai vista così allegra: bancarelle, suonatori di strada, saltimbanchi. E’ una cittadina che si è rigenerata dopo la guerra. Arriviamo, lungo la penisola del centro, al mare dove il ‘mare suona’ . L’Organo marino, un’icona moderna diventata simbolo della città, è un miracolo architettonico realizzato nella parte sommersa della riva cittadina, dove le onde del mare, infrangendosi e fluendo attraverso le canne installate sott’acqua, producono un suono incredibile (detto appunto “musica del mare”) che si diffonde per tutto l’ampio spazio della riva. Un’altra curiosità della città, anch’essa opera del medesimo architetto plurimedagliato zaratino Nikola Bašić, con un progetto molto innovativo nel 2005, si trova proprio nella vicinanze ed è il Saluto al Sole. Si tratta di un’installazione realizzata con trecento lastre di vetro multistrato, poste al medesimo livello della pavimentazione della riva. Di forma circolare, con 22 metri di diametro, il Saluto al Sole è stato ideato come installazione artistica spaziale a forma d’anfiteatro attorno alla quale, sistemati su blocchi di pietra, girano tutti i pianeti del sistema solare disegnando ciascuno la propria orbita. Una coppia di sposi festeggia il matrimonio con molti ospiti elegantissimi, offrendo un brindisi e aspettando il tramonto perchè, secondo le parole del grande Alfred Hitchock, questo è il “più bel tramonto del mondo” ed è spettacolare. Migliaia sono le persone sedute ad aspettare la fine della giornata e quando il sole scende dietro la collina dell’isola di fronte, tutti fotografano e applaudono questa natura meravigliosa. Subito si accendono i led della piattaforma del Saluto al Sole e sprigiona l’energia accumulata tramite uno spettacolo incantevole di luci, che si muovono casualmente e cambiano continuamente colore. Due progetti geniali! E’ tutto veramente suggestivo, originale, unico! Cena in una cortile interno della città vecchia: tutto ai ferri a 250 kune la coppia.

Domenica 19.8.2012

Oggi zia Giulietta avrebbe compiuto 100 anni: ci teneva così tanto a raggiungere il secolo, ma 3 anni fa non ce l’ha fatta. Decidiamo di rimanere un altro giorno a Zara: è così bella e poi è la domenica di rientro dalle ferie. Perché stressarci? Con il bus di nuovo in centro a vedere la Piazza dei Cinque Pozzi dove appunto c’è una cisterna con cinque pozzi; costruita dopo la distruzione della rete di acque adottata dai romani, per opera degli austriaci. Zara è una città che sembra italiana, con le sue chiese importanti, le mura, le porte, il leone di Venezia. D’altra parte, per secoli Zara fece parte della Repubblica di Venezia, ma con il Trattato di Campoformido fu annessa all’impero austriaco. Zara per alcuni anni (tra il 1805 ed il 1810) fu unita al Regno napoleonico d’Italia, ma successivamente alla disfatta di Napoleone fu dominata dagli austriaci fino ai primi del ‘900. In seguito alla I^ guerra mondiale la città divenne un’enclave italiana, ma nel corso della II^ guerra mondiale fu gravemente colpita dai bombardamenti aerei e nel 1947 fu annessa alla Jugoslavia. Dal 1991, non esistendo più la repubblica jugoslava, fa parte della Croazia. Nei primi decenni del Novecento la popolazione di lingua e cultura italiana ammontava a circa il 95% degli abitanti, ma la gran parte di loro abbandonò la città dopo la fine della seconda guerra mondiale. Al mercato per la spesa di frutta e verdura e appena fuori le mura abbiamo trovato un pescatore con gli scampetti appena pescati per una pasta grandiosa preparata da Graziella. Nel tardo pomeriggio ancora in centro a sentire l’organo. Più il mare è mosso, o con onde alla risacca dal passaggio delle banche, e più il suono è intenso. Ho fotografato alcune persone che ascoltavano e aspettavano il calar del sole che sembravano prese, estasiate, con espressioni di vero mantra. E’ stato veramente piacevole e rilassante un altro tramonto a Zara. Ultima sera a cena, città che si è riscattata alla mia memoria, rispetto a visite precedenti.

Lunedì 20.8.2012

Si torna a casa. Il traffico è intenso in autostrada, ma usciamo dopo una 50^ di km perché la strada che porta verso Gospic è segnalata molto bella, panoramica, deserta, anche se a tratti ci sono segnalazioni di mine. Se non si ha fretta di tornare a casa è un percorso da godere. Il pranzo, poi, l’abbiamo fatto lungo la strada, in un’area parcheggio con bellavista e tendalino su tavolo e panche già in loco. Riprendiamo l’autostrada ad Otocac sino a Ogulin e poi usciamo per tagliare l’autostrada e arrivare a Vrbovsko: quest’ultima parte un po’ tortuosa e stancante. Pensavamo di trovare un campeggio sul laghetto Lokve, ma la guerra ha distrutto la struttura e proseguendo ci siamo sistemati più a sud sul laghetto di Fuzine. Ultima cena con risotto ai funghi, preparato da Licia, a 700 m al fresco e coperti dal piumino.

Martedì 21.8.2012 E’ finita la vacanza anche per quest’anno. Abbiamo percorso km 2.100.

Alla prossima…

Questo non è un libro, e normalmente non è corretto farlo, ma voglio dedicare questo diario a Carmen Contarini, che viaggiava con i miei diari ed aspettava i miei scritti e le mie foto per liberare i pensieri e godere con me delle mie esperienze.

“Il mondo è un libro, e chi non viaggia legge solo una pagina” S. Agostino

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Isola di Pasman

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3 camper in viaggio nell'ex Yugoslavia



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