West Coast e grandi parchi

Negli States per un viaggio di 5600 km: da San Francisco a Los Angeles attraverso parchi nazionali, Riserve Navajo e altre bellezze
Scritto da: ilcalabrese
west coast e grandi parchi
Partenza il: 08/08/2016
Ritorno il: 24/08/2016
Viaggiatori: 2
Spesa: 4000 €

USA: CALIFORNIA-UTAH-IDAHO-MONTANA-WYOMING-ARIZONA CON PARCHI

(8–24 agosto 2016) I numeri del viaggio:

Ore di volo complessive (andata, ritorno e voli interni turistici): 28 circa

Stati attraversati: 7 (California, Nevada, Utah, Arizona, Idaho, Montana, Wyoming)

Km percorsi: 5540 circa

Fusi orari attraversati: 2

Giorni totali: 16

Giorno 1: Bologna-San Francisco (California) (via Parigi)

Ci sono cose che è necessario vedere, sentire e provare per qualsiasi appassionato di viaggi. Sicuramente, il viaggio che stiamo affrontando durante la stesura di questo resoconto raccoglie un po’ di quelle cose.

Le attrattive principali saranno alcuni parchi nazionali americani (in totale, sono circa 60; di seguito indicati con NP) gestiti dal governo centrale di Washington e altri parchi naturali gestiti dagli indiani oppure parchi statali.

Innanzitutto, la prima cosa da fare è arrivare sulla costa pacifica degli USA, e il viaggio non è breve.

Prendiamo il volo Air France da Bologna con coincidenza a Parigi (aeroporto “Charles de Gaulle”).

La prima tratta dura circa 1h 30′, la seconda dura circa 12h. Arrivo previsto a San Francisco alle 19 circa, ma l’aereo atterra alle 19:30. La temperatura esterna è di 18 gradi, con cielo parzialmente coperto e vento.

Ed ecco subito alcune delle cose da provare in questo viaggio: il primo impatto con la costa ovest prevede le lungaggini burocratiche dei controlli di polizia in uscita dall’aeroporto, tantissimi cinesi (la Chinatown di San Francisco è la più grande che esista fuori dalla Cina) sia ai controlli aeroportuali, sia tra gli autisti di Super Shuttle (il servizio di transfert dall’aeroporto all’hotel, acquistato online: 17, 90 $), sia tra i receptionist dell’hotel…

E poi ci sono i saliscendi della città, impressionanti rampe che ci conducono, dopo circa 30 minuti dalla partenza dal San Francisco International Airport, fino all’Holiday Inn Golden Gateway dove pernotteremo due notti.

Altre due cose inevitabili da provare: la mentalità americana e, almeno a San Francisco, l’inglese americano parlato dai cinesi…

Intanto la cosa importante è essere arrivati a destinazione. Abbiamo appena il tempo di abituarci al fuso orario (finché saremo in California, che ha capitale Sacramento, avremo -9h rispetto all’Italia) poi domani sarà un altro giorno.

Giorno 2: San Francisco-Sausalito-San Francisco

Con ancora un po’ di jet lag addosso, dopo colazione dedichiamo la mattinata alla visita di San Francisco, anche usando la mappa della città ricevuta alla reception dell’hotel, munita di qr-code con le tabelle orarie del servizio di trasporto pubblico MUNI.

Trasporto pubblico: biglietto giornaliero x qualsiasi mezzo, anche tram storico (che ha corsa singola 7 $) costa 20 $.

Gli altri mezzi di trasporto hanno corsa singola da 2, 25 $.

La linea del tram storico (cable car) va dalla downtown (quartiere finanziario) fino a di fianco all’hotel Holiday Inn Golden Gateway.

Le linee di cable car sono 3: California, Powell-Mason e Powell-Hyde.

San Francisco è stata fondata in onore di Assisi e San Francesco.

Vediamo subito il quartiere North Beach (Little Italy), con Corso Cristoforo Colombo e Lombard Street (dedicata ad una comunità di Guarda Lombarda (Benevento) che si era trasferita a Baltimora.

Lombard Street, oltre che essere in pendenza ripida, è anche la più tortuosa di San Francisco.

Vediamo la piazza dedicata a George Washington, primo presidente americano e da cui hanno avuto inizio il movimento beat e il movimento hippie.

Subito dopo arriviamo a Chinatown, una delle più vecchie d’America (fine del decennio del 1840) e la Downtown, dove si trovano gli edifici governativi.

Vediamo a sapere che a San Francisco i terremoti sono frequenti per la presenza della faglia di Sant’Andrea, posta nell’Oceano Pacifico.

San Francisco è stata fondata nel 1776 come villaggio con il nome di Yerbabuena.

La temperatura a San Francisco è sempre piuttosto costante attorno ai 20 gradi: l’aria fredda proveniente dell’Oceano Pacifico si scontra con l’aria calda proveniente dalla valle centrale della California (dove, ad esempio, si trova la catena montuosa della Sierra Nevada).

Durante la visita della città vediamo anche Alamo Square in ristrutturazione.

Vediamo poi il quartiere di Twin Peaks, da cui si ha visuale panoramica della città di San Francisco, il Golden Gate Park con Museo delle Scienze, sul tetto del quale c’è un giardino pensile progettato da Renzo Piano, e il giardino giapponese.

Procediamo poi fino a vedere il Golden Gate Bridge, il ponte più famoso di San Francisco, e il Fishermans Wharf, il quartiere dei pescatori di San Francisco, dove i pescatori partivano per la pesca del granchio. In zona, i moli da cui partono i traghetti per Sausalito (dal Pier 41) e altre destinazioni, e locali tipici con specialità di pesce (tra cui la clamp chowder, ovvero la zuppa di vongole, la crab chowder, ovvero la zuppa di granchio, e il fish ‘n’ chips).

Alcune indicazioni per gli amanti delle bistecche: “rare” = “al sangue”, “medium rare” = “media al sangue”, “done” = “mediamente cotta”, “well done” = “ben cotta”.

Nel pomeriggio, dal Pier 41 del Fishermans Wharf prendiamo il traghetto con destinazione Sausalito (10 $ a corsa).

Lungo il tragitto attraverso la San Francisco Bay, passiamo anche di fianco all’isola di Alcatraz.

Sausalito dista circa 8 chilometri da San Francisco e la crociera durata 30 minuti.

Dopo la visita di Sausalito, torniamo a Fishermans Wharf e con il bus torniamo all’hotel (saliti sul bus, il conducente non ha voluto i soldi per i biglietti; p.s.: i conducenti dei mezzi pubblici diversi da cable car non danno resto).

Altre due informazioni importanti:

1) anche negli USA, come in Canada, la mancia è parte integrante dello stipendio. Questo significa che va aggiunta ai prezzi esposti, facendo attenzione se questa viene inserita direttamente negli scontrini (in modo da non pagarla due volte). La mancia corrisponde alla voce “tip” o “gratuity”.

2) la V.A.T. (Value Added Tax), equivalente all’I.V.A., viene aggiunta alla fine della spesa ed è pari all’8%.

Giorno 3: San Francisco – Yosemite N.P.-Mammoth Lakes (495 km circa)

Quando si pensa di organizzare un viaggio come questo, viene subito in mente la necessità di noleggiare un’auto. Se però si decide di fare un viaggio del genere e non si ha voglia di sorbirsi tanti chilometri in pochi giorni, occorre trovare un’alternativa.

Quella trovata da noi si chiama Versis America, un tour operator che si appoggia al tour operator locale Travalco e che organizza anche tour di questo tipo.

La cosa interessante, nel nostro caso, è la garanzia di avere un mezzo di trasporto a disposizione per i trasferimenti tra un N.P., o parco naturale di genere diverso, e un altro.

Purtroppo non esiste la possibilità di fare trasferimenti con i mezzi pubblici in luoghi come quelli che abbiamo intenzione di visitare e/o semplicemente attraversare.

Ovviamente, oltre ai luoghi visitati durante questi trasferimenti, strada facendo ne incontreremo altri che ci piacerebbe vedere utilizzando eventualmente anche mezzi di trasporto diversi, ma è bene affrontare una cosa alla volta.

Intanto oggi, dopo colazione, partiamo piuttosto presto, alle 7:45, consci che la distanza da percorrere sarà lunga.

Questo è uno di quei viaggi in cui una delle cose da provare e da vivere è il viaggio stesso: durante questa esperienza di viaggio, anche tutti i trasferimenti vanno vissuti come parti integranti del viaggio.

Partenza alle 7:50, dopo colazione e check out, con destinazione Yosemite N. P., sulle Montagne Rocciose (Rocking Mountains).

Usciti da San Francisco prendiamo il San Francisco Bay Bridge, il ponte lungo 7 chilometri che collega San Francisco a Oakland, passando vicino a Berkeley, sede dell’Università statale della California, quindi l’autostrada M-80, che taglia tutta la parte centrale degli USA da New York fino a Downtown San Francisco.

Sulla costa ovest degli USA, la maggior parte delle autostrade è gratuita con velocità massima di 65 miglia orarie. Sulla costa est sono tutte a pagamento.

La rete ferroviaria negli USA è poco sviluppata, a parte in alcune zone, però è frequente incontrare lunghi treni merci.

Procedendo verso la zona centrale della California, inizialmente attraverso campi coltivati principalmente a grano e frutteti poi campi a terreno più secco, il cielo nuvoloso di San Francisco lascia spazio a cielo sereno con il sole a picco. E la temperatura esterna è più alta.

Arrivati nella valle centrale, passiamo dalla cittadina di Merced (72 000 abitanti) e ci rendiamo conto che le città americane non hanno tipicamente un vero centro.

Facciamo una sosta di circa 15 minuti per poi ripartire verso Yosemite.

Vediamo anche molti uliveti, mentre la Napa Valley è la zona della California famosa per i vigneti.

Oltre la California, lungo la costa pacifica ci sono anche Oregon e lo Stato di Washington e sono meno popolati rispetto agli Stati della costa atlantica. La California ha il punto più alto e più basso degli Stati Uniti. Yosemite N.P. è ampio poco più di 3000 mq e l’ultimo villaggio prima di entrare nel territorio del Parco è Mariposa. La strada è alberata e, in generale, molto verdeggiante e la zona è priva di qualsiasi tipo di copertura (telefonica o simile). Le pareti rocciose di Yosemite N.P. sono ripide e brulle.

Attenzione: ogni Parco americano ha entrata a pagamento! Per quelli Nazionali, è possibile anche acquistare un Pass. Per qualsiasi attività occorre un permesso, anche perché in questo modo, i rangers che lo gestiscono sanno chi si trova all’interno.

Yosemite N.P. si trova a circa 1700-1800 m s.l.m. E la temperatura esterna è di circa 26-27 gradi.

Dopo qualche fotografia a Tunnel View, dove riusciamo a vedere anche le cime El Capitan e Half Dome, per poi proseguire all’interno di Yosemite N.P. lungo la Yosemite Valley fino a fare una seconda sosta.

Dopo la pausa riprendiamo la visita di Yosemite fino ad uscirne percorrendo il Tioga Pass (chiuso in inverno) con cima posta a quota 3031 m s.l.m. Salendo verso la cima, nella vallata a fianco notiamo tantissime sequoie. In particolare, arriviamo ad un parcheggio da cui parte il “Tuolumne Grove Trailhead”, un sentiero in discesa di 1 miglio che conduce a sequoie giganti, di cui alla fine una di circa 800 anno e il diametro di 4 metri e un’altra fulminata che sovrasta il sentiero stesso (andata 30 minuti, ritorno 40 minuti).

Risaliti, partiamo di nuovo lungo la Tioga Road alla volta del Tioga Pass vedendo anche il Tenaya Lake, che prende il nome da un capo indiano della tribù Yosemite. Giunti al Tioga Pass, all’ingresso est del Yosemite N.P., inizia la discesa in direzione di Mammoth Lakes a quota 400 m s.l.m., dove pernotteremo.

Un particolare da tenere in considerazione: la Tioga Road è sprovvista di qualsiasi tipo di protezione in entrambi i sensi di marcia.

Appena terminata la discesa, sul lato opposto della strada si vede il deserto e alle 19:15 circa arriviamo al “Sierra Nevada Lodge Resort & Spa” di Mammoth Lakes. Ceniamo da “Rafter’s” con hamburger e grilled cheese.

L’impressione iniziale è confermata: nella gastronomia, come in tutto gli altri ambiti, sembra proprio che il popolo americano tenti assiduamente, in maniera convinta, di affermare una cultura nuova come se fosse antica e fondata. .. ma questa non esiste ancora realmente.

E occorre ricordarsi anche un’altra cosa: in America, il “conto” non è “bill” come in Regno Unito e Irlanda, ma “receipt”.

Giorno 4: Mammoth Lakes-Calico Ghost Town-Las Vegas (Nevada) (670 km circa)

La tappa di oggi sarà tutta desertica, con destinazione finale Las Vegas, che si trova in mezzo al deserto del Nevada. La prima intenzione sarebbe stata quella di arrivarci passando dal Death Valley N.P., ma questo non è consentito dalle autorità locali a causa delle temperature elevate.

Per questo motivo, riproponendoci di tornare in zona per visitare il Death Valley N.P. quando le condizioni climatiche lo consentiranno, presumibilmente nei mesi da ottobre a marzo, oggi seguiremo un itinerario alternativo.

Dopo colazione, alle 7:45 circa, lasciamo Mammoth Lakes e costeggiamo la parte orientale della Sierra Nevada con cielo sereno e sole a picco.

In questa zona, la vegetazione è costituita da arbusti bassi alternati ad alberi che, con il passare dei chilometri, diventa sempre più brullo, senza alberi e con al centro la strada dritta a due corsie per ogni senso di marcia.

La strada viene poi a trovarsi nella zona del Grande Bacino, un lago che è stato prosciugato, e la strada è sul fondo di quello che era il lago.

E sulla destra rimane sempre la Sierra Nevada…

Facciamo una sosta a Lone Pine, dove si vede anche il Mount Mc Kinley, ovvero la cima più alta nei 48 Stati USA (esclusi Alaska e Hawaii), quindi riprendiamo la strada di avvicinamento al Nevada e a Las Vegas… e il paesaggio rimane invariato.

Strada facendo, entriamo nel deserto del Mojave.

La pianta tipica di questo deserto è il joshua tree, simile alla jucca, che cresce soltanto nel deserto del Mojave.

Il nome a questa pianta venne dato dai Mormoni, che pensavano che la pianta somigliasse al loro Dio (Joshua).

Il deserto del Mojave è poi ricco anche di miniere di borace.

Per avere la cittadinanza americana se non si è nati negli USA e/o i genitori non sono americani, dopo 3 anni di matrimonio con un coniuge americano occorre sostenere un esame di giurisprudenza sulla Costituzione Americana, uno linguistico, poi fare un giuramento. L’alternativa è richiedere la Carta Verde per soggiorno prolungato e dopo 5 anni seguire lo stesso iter detto sopra.

In questo modo si hanno tutti i diritti dei cittadini americani, compresa anche la possibilità di essere Senatore, ma non si può diventare Presidente degli USA.

Inoltre, negli USA la sanità è a pagamento per tutti i cittadini.

Per i cittadini che ha un reddito annuo inferiore ai 14 000 $ può richiedere l’intervento statale di assistenza sociale.

L’assicurazione medica a pagamento, che non prevede tutti i tipi di copertura sanitaria, ha in media un costo di 325 $ mensili.

Le aziende private sono tenute a sostenere parzialmente il costo di questa assicurazione ai propri dipendenti.

La media nazionale di stipendio si aggira sui 40-50 mila dollari americani e i dipendenti vengono pagati ogni due settimane.

La pensione statale americana è bassa, per cui deve essere unita ad una pensione integrativa e le persone tendono a lavorare molti anni in più rispetto, ad esempio, all’Italia.

Sosta a Barstow, nodo per i trasporti in California, per poi ripartire.

Nel pomeriggio vediamo Calico Ghost Town, una città fantasma a circa 500 m s.l.m. da cui so ha un visuale panoramica sul deserto del Mojave.

Intanto la temperatura nel deserto del Mojave e a Calico Ghost Town è 42 gradi.

Terminata la visita di Calico Ghost Town, riprendia la strada per il Nevada, la cui capitale è Casper City e dove tutto è consentito… a differenza degli altri Stati Uniti d’America.

Il Nevada ha lo stesso fuso orario della California ed è quasi completamente coperto dal deserto e Las Vegas, dove arriviamo alle 17 circa, spunta quasi dal nulla in maniera imponente e non passa certamente inosservata.

La strada principale della città è Las Vegas Boulevard, conosciuta come “Strip” ed è lunga 7 km.

Ogni hotel di Las Vegas è costruito a tema e, tranne quello di proprietà di Donald Trup (che non ha ottenuto la licenza), ha un proprio casinò di svariati chilometri quadrati.

Gli hotel di Las Vegas sono tutti enormi, con molti piani e varie attrattive.

Noi alloggiamo a “The Linq”, che ha anche la ruota panoramica più grande del mondo (High Roller: 37 $ per 30 minuti di tempo utile per una panoramica di Las Vegas).

Successivamente vediamo all’interno “The Venetian”, dove si trova una ricostruzione di Venezia xon tanto di gondolieri sul Canal Grande.

Ci sono anche “Luxor”, con una ricostruzione di ambientazione egiziana, “New York, New York”, con la Statua della Libertà, “Paris”, con la Tour Eiffel, “Caesar’s Palace”, con il Colosseo, e altri hotel ancora… Tutto rigorosamente finto.

Una cosa vera di Las Vegas invece è certamente il vento caldo del deserto, che soffia continuamente anche a tarda sera.

Giorno 5: Las Vegas-Zion Canyon N.P.-Bryce Canyon N.P.-Bryce Canyon City (Utah) (500 km circa)

Dopo la colazione al “Flamingo” di Las Vegas… insieme ai fenicotteri, lasciamo quella che potrebbe essere ribattezzata “Phon City” (per via del vento caldo…).

È bastata una notte (la notte porta consiglio…) per fare una riflessione interessante riguardante Las Vegas.

Premesso che Wall Street ha investito molto su questa città, probabilmente qualcuno ha pensato: il deserto del Nevada è enorme, per cui ci sono possibilità di costruire qualcosa di grande. Per alimentare il turismo, hanno ideato tanti hotel che sono ognuno un’attrazione indipendente, hanno legalizzato il gioco d’azzardo, in cui il Nevada ha l’esclusiva rispetto agli Stati Uniti d’America, e permesso qualsiasi altra cosa proibita nel resto degli USA… e a quel punto il gioco era fatto! Las Vegas è in grado di ospitare fino a 66 000 persone, che alloggiano in hotel luxury e spendono soldi giocando nei casinò di qualsiasi hotel. Insomma… un modo furbo per fare girare l’economia degli Stati Uniti. Bravi! Il risultato è sicuramente ottimo allo scopo!

Partiti da Las Vegas, procediamo verso nord attraverso il deserto del Nevada. Informazione utile per chi deve guidare: le autostrade con numero pari attraversano gli USA da nord a sud, mentre quelle con numero pari vanno da est a ovest.

Con il passare dei chilometri vediamo le mesas, altipiani di roccia sedimentaria nati dal prosciugamento di un lago. Terra gialla e pietra rossa… Sosta breve al confine tra Nevada e Arizona, Stato che attraversiamo solo velocemente per adesso, per poi ripartire. Nel breve tratto di strada in Arizona, l’autostrada attraversa il Virgin River Canyon. E dopo circa 30 minuti entriamo nello Utah, che ha fuso orario -8h rispetto all’Italia.

La capitale dello Utah è Salt Lake City. Il panorama esterno rimane desertico, con terra e roccia dal colore rosso, almeno nel sud. Lo Utah è popolato dai Mormoni, che arrivarono in cerca della Terra Promessa, e prima di diventare Stato lo Utah era un Territorio più esteso, che i Mormoni avevano chiamato Deseret. “Utah”, nome imposto allo Stato omonimo dal Governo americano, significa “gente di montagna”. I Mormoni si considerano Cristiani, infatti leggono anche la Bibbia. In questi giorni, Zion Canyon N.P. è chiuso a causa di una frana a bloccare la strada.

Zion Canyon N.P., creato dal Virgin River, è l’unico canyon che si può vedere dal basso verso l’alto e noi lo attraversiamo passando da Springdale, dove si trova il Visitors Centre, e facciamo sosta fotografica. Vediamo il canyon del fiume Virgin affiancato da alte montagne di roccia sedimentaria rossa… Bellissimo!

Dopo circa un’ora ci muoviamo per percorrere ancora parte di Zion Canyon N.P. e spostarci verso il Bryce Canyon N.P. Durante l’avvicinamento a Bryce Canyon N.P., la vegetazione aumenta nonostante gli alberi che vediamo siano su un terreno piuttosto secco e salendo in quota l’ambiente diventa boschivo. Il Bryce Canyon, dove arriviamo dopo circa 3 ore di viaggio dopo Zion, non è veramente un canyon: si tratta di formazioni rocciose di arenaria erose da vento, acqua e ghiaccio che si presentano come pinnacoli, chiamati “hoodoos” dai nativi americani, che nella credenza rappresentano gli spiriti maligni. Qui le formazioni rocciose sono di colore rosso/marrone/ giallo (per gli ossidi di ferro) e violaceo (grazie ai sali di manganese).

Il Bryce Canyon N.P. è… Bellissimo? Meraviglioso? Fantastico?… No, nulla del genere: è semplicemente indescrivibile. Da Sunset Point, facendo un po’ di attenzione perchè si tratta di un sentiero in pendenza, perrcorriamo a piedi il “Navajo Loop”, un percorso circolare di 1.3 miglia che scende nel canyon per poi risalire e dove vediamo anche “Thor’s Hammer” (il Martello di Thor). Consigliato farlo da sinistra a destra. Vediamo anche un colibrì, qualche scoiattolo e un piccolo serpente a sonagli verde mimetizzato tra la scarsa vegetazione. E camminare nel Bryce Canyon N.P. è un’emozione davvero unica! Al ritorno, andiamo al “Ruby’s Inn” di Bryce Canyon City (catena Best Western) dove pernotteremo. Il paese? È presto detto: struttura ricettiva, ristorante, supermercato e Main Street. La temperatura esterna alla sera è di 25 gradi. Cena con trota e scampi al ristorante della struttura ricettiva poi pernottamento. Durante la cena, sulla tovaglietta che viene data ad ogni cliente del ristorante leggiamo una storia. Nel 1916, Reuben e Minnie Syrett portarono la famiglia nelle zone selvagge del sud dello Utah e si stabilirono con un ranch nei dintorni dell’attuale posizione del “Ruby’s Inn”. Presto, un rancher locale parlò a Ruby del canyon chiamato Bryce, che rimase talmente impressionato dalla bellezza del canyon stesso, da raccontarlo ai propri amici e così iniziò ad ospitare visitatori. Nel 1919, Ruby costruì un piccolo lodge nelle vicinanze del canyon chiamandolo “Tourist rest”, che così divenne il primo lodge a Bryce Canyon. Nel 1923, il Bryce Canyon divenne Monumento Nazionale e Ruby trasferì il “Tourist rest” nel luogo dove aveva il suo ranch chiamandolo “Ruby’s Inn”. Quando Bryce Canyon crebbe di importanza diventando Parco Nazionale, il “Ruby’s Inn” divenne una grande operazione commerciale. E tutto cominciò casualmente a partire da qualche tenda…

E anche la cena non è stata male. Forse proprio perché qui hanno delle tradizioni e si sono costruiti un passato?

Giorno 6: Bryce Canyon City-Salt Lake City-Ogden (454 km circa)

Dopo colazione, alle 7:50 circa, partiamo per una seconda visita al Bryce Canyon N.P. prima andare verso Salt Lake City, capitale dello Utah. Arrivati al Bryce Canyon N.P. percorriamo parte del “West Rim”, da Inspiration Point a Sunset Point, fiancheggiando dall’alto il canyon con i pinnacoli di arenaria. Ripartiamo alle 9 circa e percorriamo strada normale, attraverso anche strade tortuose di collina per poi imboccare l’autostrada I-15 fino a Salt Lake City con sosta intermedia a Fillmore, dove assaggiamo finti milk shake di plastica (ironia nei confronti della gastronomia americana, nda). Nello Utah, il limite di velocità sulle autostrade arriva a 80 miglia orarie e anche la M-15 passa attraverso il nulla per chilometri e chilometri e chilometri.

Salt Lake City (città del lago salato) prende il nome del lago Bonaville (salato solo nella parte nord).

Poco prima di arrivare a Salt Lake City vediamo, lungo l’autostrada, la sede di Adobe.

Arrivati nella capitale dello Utah alle 15 circa, ci rendiamo conto che è una città industrializzata e con la Downtown occupata da palazzi adibiti ad uffici. Inoltre, dietro alla Downtown, vediamo il Campidoglio e poco dopo visitiamo la comunità mormone. Il fondatore dei Mormoni fu Joseph Smith e il movimento arrivò nello Utah attorno alla metà del 1800. I Mormoni venerano Cristo e i loro luoghi di culto ordine di importanza sono il Tempio e la Chiesa. Leggono la Bibbia e il Libro di Mormon. Vediamo la Assembly Hall, il Tabernacolo e il Conference Centre. Tutti gli edifici sono moderni e costruiti con materiali poveri. Il più usato è il legno di pino bianco, dipinto eventualmente per farli sembrare altri materiali, come ad esempio marmo. In ogni caso, il Conference Centre è fastoso e costoso…e i volontari pagano per restare un anno e mezzo all’interno della comunità mormone di Salt Lake City. Ed esiste anche un Fondo per i Missionari, alimentato dai più benestanti della comunità mormone a livello mondiale.

Terminata la visita, a cui ognuno può aggiungere le proprie impressioni personali, riprendiamo il tragitto verso Ogden, dove pernotteremo al “Ben Lomond Suites”, un hotel storico della cittadina. Alloggiamo in una suite composta da 3 locali. Durante tutta la giornata, clima caldo secco. Ogden non ha nulla di turistico da offrire e 25th Street è la strada principale su cui trovare opportunità gastronomiche. Prediamo fish ‘n’ chips da asporto alla birreria “Roosters Brewing Co”, quindi torniamo in hotel.

Giorno 7: Ogden-Yellowstone (Idaho/Montana/Wyoming) (600 km circa)

La giornata di oggi è dedicata al trasferimento in Wyoming per visitare il Parco Nazionale di Yellowstone. Per arrivare a destinazione, lasciamo lo Utah e attraverseremo parte di Idaho e Montana. Usciamo da Ogden e fiancheggiamo la catena montuosa Wasatch, una catena di 160 chilometri dove si svolgono anche gare di sci alpino.

Una parentesi merita l’alimentazione americana. L’obesità negli USA è una malattia è maggiormente diffusa nella provincia. Michelle Obama ha fatto una campagna per fare in modo che nelle scuole e relative mense i bambini siano educati ad un’alimentazione sana. Le bevande locali hanno una quantità maggiore di zuccheri, tutti artificiali, ed è diffuso il diabete. Almeno, non si vede mai nessuno fumare.

Procedendo, entriamo nell’Idaho. “Idaho” è un nome fittizio: un politico dello Utah propose il nome “Idaho” per questo territorio degli USA, facendolo passare come un nome nativo indiano con significato “gemma nella montagna”. Dopo votazione, il nome “Idaho” è stato accettato. .. ma si tratta semplicemente di un’invenzione! Lo Stato dell’Idaho è ricco di campi di patate e grano, che crescono su un terreno prevalentemente vulcanico. Con capitale Boise (nome francese, come per tante località di questo Stato), l’Idaho si trova nella zona delle praterie, come anche il Montana, che sono situate tra le due catene montuose principali che attraversano gli USA da nord a sud: le Rocky Mountains (Montagne Rocciose) a ovest e gli Appalachi a est. Entrambe le catene montuose cominciano in Canada e scendono verso il Messico. Facciamo una sosta a Blackfoot per poi ripartire dopo circa 20 minuti. Vediamo lo Snake River, fiume lungo circa 1600 chilometri che scende dalle Rocky Mountains, e lunghe distese di campi di patate, grano e terreno vulcanico. Passiamo poi dal Montana, con capitale Helena, che ha boschi e praterie e una densità di popolazione bassa. Ci sono molte aree disabitate e molto verdi e alberate. Sosta a West Yellowstone, ancora nel Montana, prima di entrare poi nel Wyoming fino a Yellowstone N.P., patrimonio UNESCO e con un’estensione di circa 9000 chilometri quadrati. Per fare un paragone, l’estensione della Corsica è di circa 8000 chilometri quadrati. Il generale Lee, a capo dell’esercito sudista, e il generale Grant firmarono un’armistizio dopo che l’esercito sudista perse la guerra. Successivamente, Grant divenne presidente USA e lui stesso volle che fosse istituito Yellowstone N.P. Yellowstone N.P. sorge su terreno vulcanico e la presenza del vulcano origina molti geyser, suddivisi tra Upper Geyser Basin, Lower Geyser Basin e Midwest Geyser Basin, ma è anche causa di incendi per autocombustione. Inoltre, da metà ottobre alcune zone di Yellowstone N.P. sono chiuse per neve. Per gli stranieri è possibile anche fare uno stage di 3 mesi di volontariato, con vitto e alloggio pagati. Nel pomeriggio iniziamo la visita di Yellowstone N.P., entrando dalla parte del Montana, a circa 2000 m s.l.m., mentre l’altitudine media nel parco e circa 2400 s.l.m. Poco dopo l’entrata nel Yellowstone N.P., ci troviamo nel Wyoming. Il Wyoming ha capitale Cheyenne ed è il meno popolato degli USA (500 mila abitanti). Piove, e alla nostra sinistra vediamo un incendio… Proseguendo lungo il tragitto vediamo tanti alberi. Su tutta la superficie del Yellowstone N.P. ci sono circa 4000 bisonti e molti di questi morivano respirando le esalazioni di gas vulcanici dopo essere rimasti a scaldarsi. All’interno del Yellowstone N.P. si trovano anche l’aquila dalla testa bianca, i cervi, 600 orsi grizzly, dieci branchi di lupo grigio (importato dal Canada dopo essere stato sterminato perché invadeva le proprietà vicine). Il nome del parco (“pietra gialla”) deriva dal colore delle pietre che si trovano alla sorgente del fiume omonimo e l’odore di zolfo si ritrova durante la visita di Yellowstone N.P. Clima fresco e con il temporale e il vento facciamo una passeggiata rilassante, riscaldante e… termale.

Vediamo geyser di diverse dimensioni, piscine di fango e tanti colori. In mezzo ai geyser vediamo alberi danneggiati dal calore e dai gas e sentiamo il tipico odore di uova marce caratteristico dello zolfo.

Percorriamo il percorso “Upper Geyser Basin” in circa 30 minuti, poi vediamo poi anche “Old Faithful” (“Vecchio Fedele”), ovvero il geyser che erutta con frequenza più costante e i cui vapori arrivano ad un’altezza di circa 35 metri.

I rangers riescono a prevedere piuttosto accuratamente le eruzioni dei geyser ed espongono gli orari all’ “Information Desk” del Visitor Centre di Yellowstone N.P.

Terminata l’eruzione di “Old Faithful”, ripartiamo e percorriamo un altro tratto diYellowstone N.P. attraverso prati e zone boschive per arrivare al “Deer Lodge”, situato a circa 2200 m s.l.m. nel Grant Village all’interno di Yellowstone N.P., dove pernotteremo per due notti senza televisione, senza wifi nè alcun altro contatto con l’esterno.

Cena al “Restaurant Lounge’ con hamburger di bisonte e polpettone di bisonte e daino in serata poi pernottamento.

E tra i volontari che lavorano al “Restaurant Lounge” trociamo anche uno studente universitario di Bologna che ha deciso di trascorrere a Yellowstone N.P. i mesi da luglio a settembre.

Giorno 8: Yellowstone (240 km circa)

Dopo colazione, un’altra giornata intera per visitare Yellowstone N.P. L’ambiente è tranquillo, seppure pieno di visitatori. Attraversiamo un’area molto vasta di bosco. Questi alberi hanno pigne sulle cime, con la resina che impedisce ai semi di cadere. Gli incendi che avvengono nel parco sciolgono la resina e permettono ai semi di disperdersi e riprodurre gli alberi. In mattinata vediamo il “Midwest Geyser Basin”, una passeggiata che offre uno spettacolo meraviglioso, con tanti geyser, tanta nebbia geyserosa e “Grand Prismatic Spring”. Dopo circa 45 minuti ci spostiamo per proseguire la perlustrazione di Yellowstone N.P. e arriviamo al “Norris Geyser Basin”, altra passeggiata emozionante in mezzo a geyser, piscine di fango, colori vari e nebbia calda odorosa di zolfo, poi proseguiamo ancora per vedere “Canary Springs”, “Mammoth Hot Springs” e, alla fine della passeggiata, durante una sosta, 2 gruppi di alci (9 capi) a riposarsi all’ombra di due enormi case private. Ripartiamo x salire fino ai 3000 m s.l.m. del Mount Washburn e svalicare, passando da Canyon Junction, fino ad “Artist Point”, con il canyon da una parte e la cascata dall’altra. Proseguendo, incontriamo il fiume Yellowstone e successivamente varie mandrie di bisonti al pascolo… e in mezzo alla strada. Continuando la strada del ritorno al “Deer Lodge” del Grant Village, costeggiamo anche lo Yellowstone Lake, che vediamo anche percorrendo il “West Thumb Geyser Basin”… e alcuni crateri di geyser si trovano all’interno del lago nella zona vicina alla riva. Giornata quasi sempre soleggiata con temperatura attorno ai 25 gradi, ma con pioggia poco prima di sera. Cena buona al “Restaurant Lounge” con polpettone di bisonte e daino, wurstel di bisonte e merluzzo dell’Alaska impanato piccante.

Pernottamento. Domani mattina lasceremo Yellowstone N.P., ma dove sono Yoghi e Bubu?

Giorno 9: Yellowstone-Jackson-Grand Teton N.P.-Rock Springs (415 km circa)

Attraversando un ultimo tratto di Yellowstone N.P. e lasciandoci alle spalle anche le emozioni che un parco di questo tipo può generare (che ovviamente saranno sempre soggettive), quindi ci dirigiamo verso il Grand Teton N.P., all’interno delle Rocky Mountains. Il nome del Grand Teton N.P. è di origine francese (accento sulla “o”). All’interno del Grand Teton N.P. fiancheggiamo il Louis Lake, lo Snake River e facciamo una sosta fotografica al Jackson Lake a quota 2100 m s.l.m., dove le montagne si specchiano sulla superficie dell’acqua. Il Grand Teton N.P. si sviluppa sulla catena montuosa omonima, lunga 85 chilometri e la cui cima più alta (il Grand Teton) è a quota 4200 m s.l.m. Poco dopo avere lasciato il Jackson Lake, raggiungiamo un altro punto panoramico dove vediamo le cime del Grand Teton e del Mount Moran preceduti da una campo pieno di arbusti di salvia e, successivamente, il Jenny Lake con un’altra visuale sulle tre punte del Mount Grand Teton. Facciamo poi un breve sosta al Craig Thomas Discovery And Visitor Centre del Grand Teton N.P., quindi proseguiamo verso Jackson Hole, lasciando il parco. Immersa in una distesa di arbusti bassi vediamo anche la villa dell’attrice californiana Sandra Bullock. Arriviamo a Jackson Hole, per cui facciamo una sosta da “Starbucks” poi visitiamo la cittadina prima di ripartire con destinazione finale Rock Springs. Vediamo locali tipici, una diligenza che offre servizio per un giro turistico di Jackson Hole, e un ambiente che in generale richiama lo stile Old West. Ripartiamo alle 14:45 circa e poco fuori da Jackson Hole inizia a piovere, ma smette presto e proseguendo arriviamo a quota 2400 m s.l.m. circa in mezzo alle praterie, una distesa infinita di erba, case prefabbricate e pascoli di bovini. E la distanza tra una casa e la successiva è di svariati chilometri. Sosta breve a Pinedale per poi arrivare a Rock Springs attraverso anche un tratto di strada sulla M-80 , dove pernotteremo una notte al “Quality Inn”. Rock Springs non ha nulla di interessante, ma serve una sosta prima di tornare nello Utah. In serata passiamo da “Walmart” per acquistare una bandana in previsione della polvere che troveremo nei prossimi Parchi. “Walmart” è una catena di supermercati aperta 24h/24h che vende qualsiasi cosa… comprese le armi!

Giorno 10: Rock Springs-Arches N.P.(Utah )-Moab (Utah) (465 km circa)

Colazione alle 6 e partenza alle 7:30.

Oggi giornata di trasferimento dal Wyoming allo Utah per visitare Arches N.P.

Lasciamo Rock Springs percorrendo la I-80 e presto vediamo il Green River, restando ancora nelle praterie. E sotto il terreno delle praterie passa il gasdotto. Alle 9 circa, entriamo nuovamente nello Utah e subito ricominciamo a vedere le pareti di roccia rossa.

Continuando, usciamo dalla I-80 e percorrendo strada normale passiamo i monti Wasatch e arriviamo nella cosiddetta “Carbon County”, ricca di miniere di carbone. Sosta prolungata a Price, che sfruttiamo per prendere qualcosa dallo “Starbucks” all’interno del “Lins Fresh Market” e un po’ di spesa da “Dollar Tree”, la catena di supermercati con tutto al prezzo di 1 $. Ripartiamo quindi per proseguire verso Arches N.P., ancora in mezzo al nulla. Causa anche un rallentamento lungo la strada, alle 16 circa arriviamo ad Arches N.P., una superficie di 310 chilometri quadrati che ospita 2300 archi di roccia arenaria ad un’altitudine di circa 1600 m s.l.m. Molti di questi archi sono stati generati da sabbia pietrificata grazie all’azione di acqua e ghiaccio che entrano nella roccia e la spaccano a causa dell’aumento di volume. In generale, Arches N.P., del 1971, è nato dal prosciugamento di corsi d’acqua ed è uno dei più visitati. Le condizioni climatiche sono accettabili, senza pioggia e senza sole a picco, per riusciamo tranquillamente a fare una passeggiata attorno a “Balanced Rock”, poi la “Windows Trail”, “Double Arch” e concludiamo la visita di Arches N.P. vedendo il “Delicate Arch”, che si trova anche su mokte targhe automobilistiche dello Utah. Passeggiate brevi, ma con risultati fantastici sul benessere e l’emotivita di chi le percorre. Arriviamo a Moab poco dopo, dove alloggeremo al “Moab Hotel Downtown”. Cena al “Moab Diner” con 2 sandwich e rientro per il pernottamento.

Giorno 11: Moab-Monument Valley (Utah)-Antelope Canyon (Arizona)-Page (Arizona) (430 km circa)

Dopo colazione, alle 7:45 circa partiamo da Moab per andare a vedere la Monument Valley, che è gestita dagli indiani Navajo. Il meteo è soleggiato. La Monument Valley si trova nello Utah al confine con l’Arizona. Alle 9:30 circa entriamo nella nazione dei Navajo, in cui vivono poco più di 300 mila abitanti. Oltre il 50% di questa popolazione usufruisce dell’assistenza sociale. Pare che siano arrivati nel sud-est degli USA attorno al 1500, proveniendo dallo Sreetto di Bering attraverso il Canada, e vivono in condizione seminomade. Le case originarie dei Navajo si chiama hogan ed è una costruzione circolare in fango all’interno del quale vengono svolte anche le funzioni spirituali. Ora, come materiali per costruirli vengono usati anche legno e metallo. Molti Navajo sono mormoni, ma sono riusciti a mescolare la loro spiritualità, legata agli elementi naturali, con la religione cristiana. Tutti i nativi americani hanno una tessera identificativa e privilegi e programmi sociali gratuiti. Questo dopo le guerre del 1800. Sono allevatori di pecore e intagliatori di pietra turchese. Il cavallo, portato negli USA dagli Spagnoli dell’Andalucia, è stato adottato dai Navajo. Così è nata la razza Mustang. “Pellerossa” è un termine nato dal fatto di avere usanza di mettere la terra ocra sulla pelle. Nella nazione dei nativi americani è proibito l’alcool, per cui i nativi lo acquistano appena fuori salla nazione. La polizia della nazione dei nativi cede il passo alla F.B.I, (Governo Federale) nel caso in cui non riesca a gestire alcune situazioni. Inoltre, i nativi americani hanno il problema dell’obesità perché non abituati all’alimentazione americana. Procedendo verso la Monument Valley vediano il San Juan River, affluente del Colorado River. E all’interno della nazione Navajo si trova la miniera di carbone a cielo aperto più grande degli USA, di proprietà dei Navajo e gestita dagli americani. Poco dopo vediamo la formazione rocciosa “Mexican Hat”. Arriviamo poi nella lunga strada dritta che arriva alla Monument Valley, poi il paesino di Goulding prima di svoltare a sinistra ed avvicinarci ulteriormente alla nostra meta, dove arriviamo alle 10:40. Facciamo una sosta, in attesa di effettuare un tour in jeep, della durata di circa 90 minuti, all’interno della Monument Valley alle 11:30 muniti di: cappellino per ripararsi dal sole; bandana per ripararsi dalla polvere; fotocamera per immortalare le bellezze naturali. Per chi preferisce, è possibile fare anche il tour a cavallo. Si possono trovare informazioni sul web al link www.monumentvalleytours.net. E questa è un’altra delle cose da provare facendo un viaggio di questo tipo.

Balzellon balzelloni, grazie all’indiano Navajo Jimmy alla guida, vediamo “The castle”, “The king on the throne”, “Three sisters”, il “Pollice” con dietro lo “Stivale”, il “John Ford Point” (ambientazione di molti film western), “The camel”, “Hitchcock”, “Jesus Christ”… tutto con circa 40 gradi di temperatura. Caldo, ma bellissimo!

Usciamo dalla Monument Valley… e davanti a noi vediamo un temporale in azione. Lungo la strada verso Page (Arizona) facciamo un sosta a Kayenta, uno dei centri abitati più grandi della nazione Navajo, da cui ripartiamo alle 14:45 circa percorrendo un lungo tratto in cui non c’è nulla a parte roccia rossa e arbusti bassi. Vediamo in lontananza il Lake Powell e ci avviciniamo all’Antelope Canyon, che deve il suo nome al fatto che tempo indietro era frequentato dalle antilopi.

La visita sarebbe stata prevista per il giorno successivo, ma se piove il canyon viene chiuso… E arrivati sul posto ci rendiamo conto che c’è rischio pioggia.

Per questo motivo, visitiamo Antelope Canyon con un giorno di anticipo.

Accompagnati da una guida indiana, percorriamo l’Upper Antelope Canyon, bello, poi scendiamo di 27 metri per percorrere il Lower Antelope Canyon… Indescrivibile! Ogni altra parola sarebbe superflua. Lame di luce… Tanta bellezza in pochissimo spazio, con righe verdi ad indicare la roccia erosa lentamente e il sentiero che a tratti è largo anche solo pochissimi centimetri. Poi purtroppo siamo arrivati all’uscita.

Poco dopo giungiamo a Page…e il fuso orario è -9h rispetto all’Italia.

Page, fondata in occasione della costruzione della diga del Lake Powell, ha tantissime chiese in sequenza… intanto arriviamo all’hotel “Quality Inn Lake Powell”, dove pernotteremo. Cena da “Subway”, durante la quale assaggiamo anche la root beer, e rientro in hotel.

Giorno 12: Page-Lake Powell-Horseshoe Bend-Grand Canyon N.P.-Tusayan (240 km circa)

Dopo colazione, alle 7:20 circa usciamo dall’hotel per volare sul Lake Powell: un’esperienza unica per vedere dall’alto il lago che si trova a Page e che non è altro che un canyon allagato.

Dal piccolo aeroporto di Page, con un aereo turistico, voliamo sul Lake Powell per circa un’ora e vediamo questa enorme meraviglia… e, tra gli scherzi della natura, anche il “Rainbow Bridge”, un ponte in pietra sotto cui ci si potrebbe anche volare! Questo lago fa parte del Glen Canyon ed è anche navigabile. Il Lake Powell è molto profondo, ha una costa di 3000 chilometri e la sua diga è alta 220 metri. Ritornati a terra, ci spostiamo per vedere da più vicino la diga del Lake Powell. Temperatura attorno ai 34-35 gradi, senza umidità. Tutto questo, come il Gran Canyon N.P., è creato dal Colorado River. Ripartiamo alle 9:50 circa e poco dopo ci fermiamo per fare una passeggiata nel deserto dell’Arizona. Una passeggiata piuttosto breve sulla sabbia rossa tra le rocce che pavimentano il sentiero… Circa 25-30 minuti andata e ritorno, con temperatura attorno ai 40 gradi. Da pazzi? No, perché il premio è molto alto: si chiama Horseshoe Bend, una semplicissima “omega” di acqua. L’artista è il Colorado River e il risultato è magnifico!

Accaldati e soddisfatti, riprendiamo la strada verso il Grand Canyon. Percorriamo l’altopiano del Colorado River e siamo a circa 1800 m s.l.m. Proseguendo vediamo anche il Painted Desert, con colori dal rosso, al giallo, al verde a seconda dei metalli che formano il terreno, e poco dopo sostiamo a Cameron. Pranzo al “Cameron Trading Post” con Taco Navajo, pietanza tipica dei nativi americani. Si tratta di una forma circolare piuttosto grande di pane fritto, servito con fagioli, verdure, carne tritata e formaggio. Considerando le dimensioni del Taco Navajo, è consigliabile una porzione ogni due persone. All’interno del “Cameron Trading Post”, oltre al ristorante è presente anche un enorme negozio di artigianato nativo americano e souvenir vari. Alle 13:45 circa, ripartiamo verso il Grand Canyon N.P., lungo 440 chilometri, con una larghezza che varia da 500 metri a 24 chilometri e una profondità di 2 chilometri. Il Grand Canyon N.P., che ha un’estensione di 4856 chilometri quadrati, fu voluto dal Presidente degli USA Theodore Roosevelt, cacciatore di puma. Suddiviso in North Rim e South Rim, quest’ultima è la zona più accessibile e quindi maggiormente visitata. Nel South Rim (versante sud) percorriamo la Desert View Drive, dove vediamo la “Watchtower” e percorriamo parte del South Rim Trail.

Vediamo alcuni punti panoramici, notiamo la vastità del Gran Canyon N.P. e il fatto che sia in qualche modo ripetitivo: guardando dall’alto al basso, notiamo strati di roccia bianca, seguiti da strati di roccia rossa e, sulla parte più bassa, vediamo il verde del manto erboso.

Poco dopo vediamo “Bright Angel” (di ispirazione per molti pittori) e percorriamo la parte iniziale del Bright Angel Trail, quindi lasciamo il Grand Canyon N.P. per andare a Tusayan, dove alloggeremo al “Red Feather Lodge”.

Giorno 13: Tusayan-Grand Canyon-Sedona-Scottsdale/Phoenix (380 km circa)

In mattinata, usciamo dall’hotel alle 7:10 circa per andare a volare sul Grand Canyon N.P. e vederlo dall’alto.

Per sorvolare il Grand Canyon N.P. è possibile usare aereo turistico oppure elicottero, partendo da due aeroporti diversi. Noi optiamo per l’aereo turistico, che vola più alto rispetto all’elicottero e così si ha la possibilità di vedere la profondità del canyon (costo indicativo del volo: aereo turistico 150 $, elicottero 200 $; durata indicativa del volo con aereo turistico: 45 minuti, durata indicativa del volo con elicottero: 30 minuti).

Partiamo alle 8 circa con aereo turistico della Grand Canyon Airlines e, durante il volo, riusciamo a vedere il Grand Canyon N.P. nella sua lunghezza e profondità. Oltretutto, il Grand Canyon è una delle sette meraviglie del mondo. È enorme!

E vediamo anche il Colorado River, non visibile visitando il Grand Canyon N.P. da terra.

Ci rendiamo conto, inoltre, che il versante nord (North Rim), costituito dall’Altopiano Kaibab, si trova più in alto rispetto al versante sud (South Rim) di circa 600 metri.

Il North Rim non è visibile da ottobre a maggio a causa delle nevicate, mentre il South Rim è sempre aperto ai visitatori.

Inoltre, il Colorado River presenta colorazione diversa da un tratto ad un altro a seconda dei detriti che vengono a trovarsi belle sue acque.

Alle 9:15 circa rientriamo in hotel per poi ripartire alle 9:45 alla volta di Sedona, ubicata alla fine dell’Oak Creek Canyon.

Percorriamo l’autostrada I-40, che fa parte della famosa Route 66. La Route 66 va da Chicago a Santa Monica (Los Angeles).

Facciamo una breve sosta ad Oak Creek Canyon Vista per vedere dall’alto il canyon omonimo, prima di attraversarlo con vari tornanti in discesa verso Sedona, dove arriviamo alle 12:30 circa e da cui ripartiamo alle 14:30. Temperatura attorno ai 30 gradi. Sole poi temporale con vento.

E uscendo da Sedona, per la prima volta vediamo rotonde sulla strada.

A parte una pausa di circa 30 minuti senza pioggia, ritroviamo il temporale con grandine per un breve tratto.

Lungo la strada di avvicinamento a Phoenix cominciamo a vedere piante di saguaro nel deserto dell’Arizona.

Temperatura: 40 gradi circa.

Siamo nel deserto del Sonora.

Arrivati a Scottsdale/Phoenix, alle 17 circa, iniziamo a vedere le palme.

Temperatura torrida. Alloggiamo a “Embassy Suites by Hilton” di Scottsdale, che si trova all’interno dell’area urbana di Phoenix (4,5 milioni di abitanti, la sesta più popolosa degli USA).

Molti si sono trasferiti nell’area metropolitana di Phoenix per il costo basso della vita.

Phoenix è al centro della Valley of the Sun… e si sente!

Serata con caldo e un po’ di pioggia… e non ci bagnamo!

Giorno 14: Scottsdale/Phoenix-Palm Springs – Los Angeles (670 km circa)

Oggi giornata di trasferimento per tornare in California, con destinazione finale Los Angeles.

Alle 8:15 circa, dopo colazione, lasciando Scottsdale/Phoenix vediamo il campus universitario, il Campidoglio dello Stato dell’Arizona, poi campi di anguria e cotone.

Temperatura già rovente, ma senza umidità.

In periferia vediamo anche molti centri commerciali, che nella maggior parte degli USA si trovano fuori dalla città.

Procediamo per molti chilometri in mezzo al deserto dell’Arizona: non c’è altro e piove. Grazie alla pioggia, la temperatura è calda, ma sopportabile.

Facciamo una breve sosta, prima di ripartire verso Palm Springs.

Intanto, poco dopo rientriamo in California e ritroviamo il Colorado River, che segna il confine tra Arizona e California.

E ancora il deserto, palme… e cielo coperto.

Palm Springs si trova in mezzo al deserto… Sabbia bianca, cielo coperto e temperatura di 40 gradi.

Località con circa 45 mila persone, Palm Springs è capitale USA della chirurgia plastica ed è meta per giocare a golf, tennis, relax…

Noi arriviamo alle 13:30 circa.

E a Palm Springs la via principale non si chiama Main Street ma Canyon Drive

Prendiamo qualcosa da bere allo “Starbucks” che si trova all’incrocio con la strada principale.

Per hamburger, è consigliato il locale “Ruby’s”.

Percorrendo Canyon Drive di Palm Springs ci rendiamo conto che anche Palm Springs ha la “Walk of Fame”… e su questa strada, il clima è reso umido dai nebulizzatori dei locali di cui è piena Canyon Drive.

Effettivamente Palm Springs è una località turistica, con tanto di strada dello shopping e un autobus gratuito per girare la cittadina.

Alle 15:15 lasciamo Palm Springs per continuare l’avvicinamento a Los Angeles e in mezzo al deserto vediamo una distesa di pale eoliche.

Con cielo parzialmente nuvoloso, alle 16:15 circa entriamo nell’area metropolitana di Los Angeles… ma la città è grande e, prima di arrivare a destinazione abbiamo almeno un’ora di viaggio.

Los Angeles è molto trafficata, per cui non si sa mai esattamente quanto tempo occorre per ogni spostamento.

Alle 17:45 arriviamo all’hotel “Hilton Los Angeles Airport”, dove alloggeremo per due notti.

Giorno 15: Los Angeles

Giornata dedicata alla visita delle attrattive turistiche principali della città, senza riuscire però a visitare gli Studios di Hollywood, di cui ci occuperemo prossimamente, e le cui visite sono prenotabili online ai links www.wbstudiotour.com (Warner Bros), www.paramountstudiotour.com (Paramount Pictures), www.sonypicturesstudiostour.com (Sony Pictures Studios).

Inoltre, esiste anche la possibilità di vedere gli Universal Studios Hollywood (sito web al link www.universalstudioshollywood.com), che ora sono principalmente un parco divertimenti.

Los Angeles, che si trova nel sud della California, è la città più popolata della California e la seconda degli USA dopo New York. Ha circa 4,5 milioni di abitanti e traffico a qualsiasi orario. Los Angeles è tante città insieme e multietnica. Inoltre, all’interno della città ci sono pozzi petroliferi. La città prende nome da Santa Maria degli Angeli, vicino Assisi (Umbria), e lo deve ad un gruppo di 44 frati francescani che si stabilirono in città nel 1781.

Vediamo la zona di West Side, abitata dai caraibici, quindi arriviamo a Downtown Los Angeles, che è ik cuore pulsante dell’attività finanziaria e dove è nata la città.

A Downtown Los Angeles vediamo il Conference Center, lo Staples Center (dove giocano Los Angeles Lakers e Clippers e dove ha avuto luogo il funerale di Michael Jackson).

Downtown Los Angeles a volte è anche un set televisivo e ha pochi grattacieli.

Vediamo la Disney Hall (il teatro della Filarmonica), la City Hall e infine, a confronto, uno vicino all’altro, l’edificio della US Bank (il più alto della West Coast, 310 metri di altezza e 73 piani) e la biblioteca di Los Angeles (il più basso della West Coast).

Proseguendo vediamo El Pueblo, la zona più vecchia della città, con Avila Adobe (Casa Avila), la xasa più vecchia della città, ad ingresso gratuito.

Vicino a El Pueblo, vediamo Chinatown quindi percorriamo Wilshire Boulevard e vediamo l’ospedale dov’è deceduto Robert Kennedy e, passata la zona di West Lake, vediamo il liceo che è stato costruito al posto dell’hotel Ambassador, dove Robert Kennedy fu assassinato. In memoria dell’evento, dacanti al liceo è stato posto un monumento.

Invece del liceo, Donald Trump avrebbe voluto fare costruire un hotel con casinò, ma il sindaco di Los Angeles, Bradley (a cui è intitolato anche un terminal del Los Angeles Airport) si è opposto al progetto.

Dopo entriamo a Koreatown (45 mila abitanti circa) quindi proseguiamo attraverso il Miracle Mile, doce abitano persone ricche, e nel quartiere dei Latinos, dove è nato lo spanglish (lingua che deriva dalla fusione di spagnolo e inglese).

Proseguendo arriviamo a Beverly Hills (25 mila abitanti circa), con Rodeo Drive, piena di palme e proseguiamo su Sunset Boulevard, luogo famoso per gli artisti, fino a Hollywood.

A Hollywood vediamo la “Walk of Fame” con le stelle dedicate ai divi, le impronte davanti al “Chinese Theatre”, il “Dolby Theatre”, dove vengono consegnati i Premi Oscar, e la famosa scritta “Hollywood” sulla collina.

Alle 12:45 lasciamo Hollywood, quindi procediamo attraverso il quartiere ebraico di Los Angeles e ci dirigiamo verso Santa Monica, dove arriviamo alle 13:30 circa, da cui inizia la Route 66.

Rientro in hotel.

In serata prendiamo qualcosa da “Starbucks” all’interno dell’hotel.

Giorno 16: Los Angeles-Bologna (via Parigi)

Alle 12 circa, dall’hotel prendiamo l’Airport Shuttle gratuito (corse ogni 20 minuti, 24h/24h) per arrivare al vicino Los Angeles International Airport per prendere il volo Delta Airlines/Air France che ci riporterà a Bologna con scalo a Parigi.

In queste due settimane abbiamo avuto l’occasione di vedere tutti i colori dell’arcobaleno, sparsi qua e là, uno alla volta oppure due o più insieme, ed è stata ogni volta un’emozione diversa.

Goodbye USA! È stato bello passare da qui! Torneremo presto per vedere altre meraviglie…



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