Il blu della Calabria

Un tuffo nel mare e nella storia di Cirò Marina
Scritto da: mario de filipp
il blu della calabria
Inutile stare a pensarci, in Calabria basta percorrere la statale 106, quella che costeggia tutto lo Ionio; tra un capannone e un centro commerciale, una stazione di servizio e un brutto insediamento di edilizia vacanziera, non c’è speranza che al viaggiatore venga in mente la Magna Grecia. Oppure la storia avventurosa degli albanesi sbarcati su queste coste oltre cinquecento anni fa, in cerca di una nuova patria. O tante altre vicende che questi luoghi dovrebbero richiamare, le incursioni dei pirati saraceni, i briganti nascosti tra gli alberi. Il susseguirsi ininterrotto di questi insediamenti ha imbruttito in modo permanete spiagge e contrade per secoli quasi disabitate. La malaria teneva la popolazione lontana, i paesi sono ancora visibili in alto, sulle colline.

Per conoscere davvero la zona ionica calabrese meglio portarsi dietro qualche libro, ad esempio i romanzi di Carmine Abate custodiscono per le generazioni future un pezzo di storia che non è più leggibile sul territorio, tra le case e i panorami che l’hanno ispirato. Anche l’ultimo, La collina del vento, è ambientato tra queste dune rossicce che scendono verso il mare, tra il suo paese, Carfizzi, e il promontorio di Punta Alice, che fa parte del comune di Cirò Marina. Da 12 anni Cirò detiene la Bandiera Blu, unico caso in Calabria, già solo per questo primato merita una visita. Punta Alice oggi ospita un villaggio e alcuni lidi, ma è un’antichissima area sacra, dove è stato ritrovato il tempio dedicato ad Apollo Aleo dai mitici fondatori di Krimisa.

Il mare di Cirò è blu come la sua bandiera, sulle spiagge ci sono docce pubbliche dappertutto, cestini per i rifiuti. Ma basta alzare lo sguardo per notare le gigantesche pale eoliche sulle colline circostanti. Nel romanzo di Abate gli Arcuri, la famiglia protagonista di una vera saga, attraverso più generazioni, si oppongono all’installazione delle pale sulla loro terra, che hanno difeso prima dalla prepotenza del latifondista, poi dall’avidità dei costruttori di villaggi per turisti. I romanzi sono belli per questo, ci rappresentano i nostri eroi come vorremmo che fossero, il romanzo di Abate mostra i fieri Arcuri attaccati alla terra e alla memoria della famiglia. Esattamente il contrario di quello che fanno i calabresi, di solito, ansiosi di lottizzare ogni angolo e di cementare ogni pezzetto del nostro territorio, soprattutto se ricco di alberi secolari.

La spiaggia di Punta Alice sembra davvero quella dove sbarcò l’eroe Filottete, con il suo infallibile arco, e questo può bastare al viaggiatore per giustificare l’attraversamento della Calabria. Ma arrivando a Cirò si incontra da sud un gruppo di palazzine nel nulla, piuttosto brutte, e sulla spiaggia antistante un inquietante impianto, un tubo gigantesco che corre a qualche metro di altezza, per sprofondare poi nella sabbia. Mi hanno spiegato che si tratta dell’impianto della salina di Scandale, una cava da cui si mandava il sale verso il mare, per caricarlo sulle navi.

Il lungomare di Cirò è come ci si aspetta, affiancato dalla solita edilizia un po’ troppo varia e approssimativa del passato, intervallato da cassonetti dei rifiuti piuttosto puzzolenti. Con i soliti lidi che evocano luoghi esotici nei nomi. Ma ecco la memoria della Magna Grecia, decine di formelle incastonate nelle ringhiere del lungomare riproducono monete e scene mitologiche di quelle antiche comunità insediate qui 2.700 anni fa. Quale sindaco (santo subito) avrà mai pensato o approvato una scelta simile? Non mi è capitato di vederne altrove, ho visitato un certo numero di città magnogreche, ma non ho trovato notizie sulle formelle in questione.

Qui a Cirò Marina fecero tappa, più volte, Paolo Orsi e Umberto Zanotti-Bianco, archeologi a cui la Calabria deve la nascita dei suoi parchi archeologici e soprattutto la riscoperta della sua storia. Paolo Orsi ha un posto importante nel romanzo di Carmine Abate, perché proprio lui venne a cercare la colonia di Krimisa e scavò a Punta Alice. Orsi e Zanotti-Bianco però quando conobbero la Calabria capirono che insieme agli scavi urgevano altri interventi; si preoccuparono si far sorgere ovunque fosse possibile scuole elementari e corsi di alfabetizzazione per adulti. Orsi era trentino e Zanotti-Bianco piemontese, fa quasi tenerezza pensare che all’epoca non andarono a fare anticamera per ottenere qualche consulenza; a quei tempi non c’era neanche la regione Calabria con i suoi indispensabili uffici e funzionari sparsi dappertutto. Altrimenti pure Paolo Orsi avrebbe rinunciato, piuttosto che affrontare un dirigente rampante indigeno sarebbe andato in Turchia a scavare.

Meglio leggere la bella e sentita evocazione che della sua presenza ci offre Carmine Abate, riportandoci in anni duri, in un tempo in cui le cose erano più chiare ed evidenti, i prepotenti mostravano la loro arroganza senza mascherarla dietro slogan innovativi e pubblicità. E i poveri sapevano che la loro vita sarebbe stata difficile, affidata solo alle proprie energie. Tempi mitologici; di mitologico ormai nei mari nostrani sono rimaste solo le meduse, quelle vere, che lasciano segni indelebili al viaggiatore in cerca di souvenir.

Mario De Filippis



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