Carnevale a Rio e Bahia: lo spettacolo più grande

Sgombriamo subito il campo da equivoci di sorta: il Carnevale di Bahia e quello di Rio sono due esperienze completamente diverse. Cambia il clima (quello atmosferico), la gente (intesa come razza), i tempi, le modalità in cui si articolano le manifestazioni e, naturalmente, lo stato d’animo di chi vi partecipa. Il Brasile è grande, molto...
Scritto da: aliseo1
carnevale a rio e bahia: lo spettacolo più grande
Partenza il: 26/01/2005
Ritorno il: 08/02/2005
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 2000 €
Sgombriamo subito il campo da equivoci di sorta: il Carnevale di Bahia e quello di Rio sono due esperienze completamente diverse.

Cambia il clima (quello atmosferico), la gente (intesa come razza), i tempi, le modalità in cui si articolano le manifestazioni e, naturalmente, lo stato d’animo di chi vi partecipa.

Il Brasile è grande, molto grande. Tanto che per spostarsi da una città all’altra spesso occorre prendere l’aereo… A meno che non vogliate sobbarcarvi 25/30 ore di viaggio via terra (e ve lo dice uno che ad Oslo ci è andato in autobus!). Questo per dire che, nonostante sulla cartina sembrino piuttosto vicine, le due città sono lontane non solo geograficamente, ma anche culturalmente, antropologicamente e soprattutto per usi e costumi. Quello che segue è una sorta di vademecum per chi accetta qualche consiglio, tenendo sempre ben presente che quando si va in Brasile per il Carnevale, è il Carnevale che si vedrà, non il Brasile.

I TEMPI – L’anno ideale per andare in Brasile con lo scopo di assistere al Carnevale è quello in cui Pasqua “viene alta”. Praticamente come è successo quest’anno. Il perché è presto detto. A Bahia si celebra una ricorrenza il 2 febbraio. E’ in onore di Iemanjà, importante figura di divinità importata direttamente dall’Africa durante il XVIII° secolo grazie al culto di cui era oggetto presso gli schiavi neri. Viene venerata come regina delle acque ma, a vederla rappresentata, il pensiero corre subito a qualcosa tra la sirena Partenope e l’Immacolata Concezione. E’ un’occasione unica per capire veramente come una popolazione di un altro continente, obbligata ad abiurare al proprio credo per sposarne forzatamente un altro (naturalmente la religione cristiana), abbia escogitato un metodo per contemperare le esigenze dettate dai propri principi con quelle dei padroni. Il rito inizia alle prime ore dell’alba a Rio Vermelho, una località fuori città facilmente raggiungibile con il taxi, che è sempre meravigliosamente economico. La prima cosa che noterete è l’incredibile dispiegamento di forze dell’ordine che, all’inizio della cerimonia, sono addirittura in numero maggiore dei fedeli. In pochi minuti la festa si anima: una fila interminabile di donne, uomini e anziani vestiti di bianco rende omaggio alla divinità portandole cesti colmi di fiori che, una volta giunti sulla scogliera dove sorge un santuario a lei dedicato, vengono gettati in mare sulle note di una nenia intonata dalle ragazze. I maschi giovani, invece, vengono impiegati a suonare (a Bahia la musica è una vera e propria colonna sonora esistenziale) o ad improvvisare incontri di capoeria, la tipica danza bahiana a metà tra arte marziale e ballo folcloristico.

Già dal primo pomeriggio l’atmosfera cambia: i fiumi dell’alcool iniziano a farsi sentire e per un turista naturalmente fornito di video/fotocamera/cellulare è meglio levare le tende. Peccato, perché è da questo momento della giornata che gli omaggi vengono resi a bordo delle barche, i pellegrini si infervorano e, specialmente al tramonto, tutto assume un sapore e, soprattutto, un colore particolare.

Tutto questo per dire che con un viaggio di una decina/quindicina di giorni potrete beccare la festa afro, l’inizio del Carnevale a Bahia e il culmine di quello di Rio con un semplice spostamento in aereo.

Un’ultima cosa: il periodo che stiamo considerando è anche quello che coincide con la sospensione delle attività scolastiche – che va da Natale alla fine del periodo carnevalesco – e con la maggior parte delle ferie estive. E’ quindi più facile, visto che solo un’esigua minoranza di brasiliani può permettersi di andare fuori per le vacanze, trovare gente disponibile e rilassata.

IL CLIMA – Benché ad un europeo possa sembrare strano, le città brasiliane hanno spesso climi molto diversi. In particolare le due che stiamo considerando in questo resoconto. Bahia, essendo più vicina all’Equatore, ha un clima decisamente “africano”: temperature molto alte nel periodo coincidente con la loro estate (da dicembre a febbraio) e serate simili a quelle della nostra canicola agostana. Rio, al contrario, essendo più vicina al tropico del Capricorno e a causa della vicinanza della foresta amazzonica, ha temperature lievemente inferiori e serate fresche, spesso allietate dalla brezza atlantica anche nei periodi più caldi. Il tutto senza dimenticare che peculiarità meteorologica dell’intero Brasile è la facilità con la quale variano le condizioni atmosferiche. La metà del nostro soggiorno, in entrambe le città, è stata caratterizzata da cielo chiuso e, spesso, da marcata piovosità. Ma quando esce il sole… si viene ripagati di tutto! Per chi viene dall’inverno italiano, quindi, converrebbe fare la prima tappa a Rio e poi dirigersi verso l’alto, dove il caldo inizia ad essere più pressante. In questo modo eviterete scottature estese e prolungate e potrete godervi di più le vostre “puntate” a mare.

LA CUCINA – Senza mezzi termini? Niente di speciale. I tre pilastri della cucina brasiliana sono carne (vitello), frango o galinha (pollo) e peixe (pesce). I tre pilastri dell’accompagnamento della cucina brasiliana sono arroz (riso), feijao (fagioli neri) e farinha (farina di manioca). Non che i piatti siano brutti o cucinati male, anzi. E’ che manca la varietà e quindi, dopo un po’, vengono a noia. Per fortuna i ristoratori brasiliani sono famosi per servire porzioni megagalattiche e ricche di contorni. E’ possibile, quindi, organizzarsi prendendo ogni giorno solo uno dei sei piatti di cui sopra, magari con qualche pastel (piccoli antipasti) o tiragosto (spuntini), e si riesce a cambiare pietanza ad ogni pranzo per l’intera settimana. La cosa più tipica che potrete trovare su un tavolo, è una sorta di piatto di presentazione (couvert), che è formato da una notevole quantità di uova di quaglia o fagiano su un letto di insalate varie e palmiti (teneri cuori di palma). Se a cena avete bisogno di risparmiare, ordinate in aggiunta solo un sandwich: non sentirete la necessità di mangiare altro, anche perché il couvert costa, e anche molto.

Un’avvertenza per chi ama mangiare in tranquillità. A Rio, la maggior parte dei bar, dei ristoranti e dei lanchonete (sorta di snack bar) che affacciano sul lungomare, viene considerata luogo di incontro tra i turisti e le “cariocas” (attenzione: solo gli abitanti di Rio possono fregiarsi di questo titolo, non tutti i brasiliani). Cosa che potrebbe non dispiacere ai più. Il problema è che dietro l’apparenza di un servizio impeccabile e cortesissimo, spesso vi verranno rifilati piatti modesti e, per giunta, a prezzi più salati. Meglio optare per le piccole trattorie appena dietro i grandi alberghi, nei vicoli e nelle traverse dove, al contrario, si mangia sempre bene e a poco prezzo.

Più serena è, invece, la situazione a Bahia. Quasi in ogni locale è possibile gustare piatti tipici a prezzi più che ragionevoli. Imperdibile è “Uauà”, al primo piano di rua Gregorio de Matos 36, vero must per i cultori della gastronomia locale e “La Cantina da Lua” in piazza 15 Novembre, dove più che mangiare è bello sedere e sorseggiare una caipirinha visto che si riforniscono di un’ottima cachaça (distillato di canna da zucchero e base per la bibita nazionale).

Provate come piatto di carne la carne do sol, vitello essiccato al sole, salato e poi servito con, indovinate un po’, manioca, riso e fagioli neri. Interessante, ma a dire il vero la “pastissada de caval” che fanno nel veronese è di gran lunga superiore. Come pesce, invece, non potete mancare la moqueca, stufato di pesce a basa di razza, nasello, tonno, granchio e strani molluschi autoctoni, spesso accompagnata dal pirao, una specie di semolino arancione che altro non è che la onnipresente farina di manioca impastata col sugo della zuppa. Ottima, non c’è che dire, ma il “caciucco” livornese o la zuppa di pesce napoletana… e badate che chi scrive è un patito della cucina etnica! Attenzione al condimento. Come in altri Paesi tropicali, anche in Brasile si usano il latte di cocco – e fin qui niente di che -, l’olio di palma che chiamano dendê e che può dar fastidio solo se usato copiosamente e il coriandolo, che al contrario, anche in piccole quantità, è in grado di rovinarvi un pranzo. I brasiliani sanno che noi italiani poco apprezziamo questo aroma e quindi, richiedendolo gentilmente al momento dell’ordinazione, vi verrà sostituito con quantitativi industriali di prezzemolo. Un semplice “Sem countro por favor” può andar bene.

Una particolarità della ristorazione brasiliana è il pranzo al chilogrammo (por quilo). Basta servirsi al buffet e farsi pesare quanto scelto. Soluzione conveniente per chi va di fretta e non vuole spendere molto. Non c’è bisogno di arrivare per forza al chilo, la maggioranza delle persone si sazia con poco più della metà. Il pane non viene servito se non dietro richiesta e la mancia in genere è compresa nel conto. Esiste, inoltre, una cucina popolare che è quella che più affonda le radici nella cultura africana. E’ fatta di pappette e carni molto speziate e ha nomi ardui da ricordare. Difficilmente riuscirete a trovarla nei ristoranti o negli alberghi, ma potrete farvene un’idea piuttosto precisa se sarete invitati presso qualche casa privata. Ricordo solo uno di questi piatti, il lelè, grani di tapioca macerati nel latte di cocco…Che viene servito a colazione! Una sottolineatura a parte meritano le acarajé. Non potrete non notarle perché vengono vendute agli angoli delle strade dalle Bahianas, donne del posto che indossano il tipico vestito bianco, ampio e merlettato, e il fazzoletto a punta sul capo. Si tratta di pizzette di purea di fagioli con sale e cipolle, ripiene di gamberetti essiccati, salsa di pomodoro e pepe. Il problema è che vengono fritte (e rifritte) nel dendê. Ne vale la pena, anche se rischierete di distruggere i due terzi della vostra flora batterica già al primo morso.

Ultima osservazione. Non pagate niente e in nessun posto senza aver prima verificato con perizia da ragioniere scontrini fiscali e conti vari. Non si capisce bene perché… ma nel conto ci scappa spesso la pietanza che non avete mai ordinato.

LINGUA – Attenzione a ciò che dite: come per lo spagnolo, anche per il brasiliano è possibile incorrere in alcuni “tragici” incidenti linguistici. Inutile dire che le situazioni più imbarazzanti capitano al ristorante. Ad esempio, non fatevi venire in mente di ordinare un primo: vi vedrete arrivare al tavolo il cugino del cameriere… e non so fino a che punto vi convenga. Né servirà a molto chiamare il ganso pensando al cameriere. Un petto d’oca sarà il risultato della vostra comanda. Se, infine, sconfortati vorrete porre fine alla vostra disavventura con della frutta, chiedete di tutto, ma non di un advogado, il direttore crederà che è vostra intenzione adire le vie giudiziarie. Non vi rimane che terminare a pane e burro. Ma attenzione! Dalle vie legali si passerà facilmente a quelle di fatto se pronuncerete questa parola: in brasiliano significa asino, fesso.

IL CARNEVALE – A Bahia il vero e proprio Carnevale inizia il giovedì. Già dal sabato precedente, però, si avverte qualcosa di frizzante nell’aria. I vicoli del Pelourinho, il centro storico di Bahia da poco restaurato grazie ai soldi dell’Unesco, si animano di cortei di ogni tipo – da quello dei bambini e a quello dei transessuali – con un unico artistico scopo: farvi vedere come si suonano tutti i tipi di strumenti a percussione. Esistono vere e proprie scuole in città, frequentate da ragazzi provenienti da tutto il mondo, che non aspettano altro che esibirsi. Chi non suona, o balla o in qualche modo si dimena. L’aria è spensierata, la musica ottima e lo spazio in cui muoversi inesistente. Un consiglio: non chiedete del samba. Quello si suona e si balla solo a Rio, città con la quale i bahiani si sentono continuamente in competizione. In particolare nel periodo del Carnevale. La musica che, invece, sentirete in maniera quasi ossessiva a Bahia è l’axé. Se vi trovate il martedì sera nella piazza principale del Pélo (come affettuosamente i bahiani chiamano il loro stupendo centro antico), non perdete il concerto. Ne avrete un ottimo esempio.

Il corteo carnevalesco si snoda da Farol de Barra fino a Ondina. E’ la zona mare della città, più fresca anche se un po’ più turistica del centro ma ideale, con il suo tipico lungomare, per una sfilata di carri. Anche se non si tratta di carri come li intendiamo noi italiani (e anche quando lo sono non superano in bellezza quelli di Putignano, con tutti il rispetto), ma di piccole formazioni musicali chiamate trios elétricos. Non è una tradizione molto antica e sembra più un espediente turistico per distanziarsi dal fratello maggiore carioca, ma funziona e rende il Carnevale a Bahia unico nel suo genere.

Il Carnevale di Rio, invece, è un’esperienza unica ed indimenticabile. Non è partecipativo e coinvolgente come quello di Bahia, ma è un monumento allo spettacolo e al divertimento assoluto. Nel nostro immaginario di occidentali, il Carnaval è sinonimo di una città intera dedita alla sregolatezza e alla baldoria senza limiti di sorta. Non è così. L’intera manifestazione è, piuttosto, un business perfettamente organizzato dove ciascun componente (e parliamo di migliaia di persone) sa perfettamente cosa deve fare e soprattutto quanto ci deve ricavare. Ciò non significa che gli eventi manchino di spontaneità o di autentica partecipazione popolare. E’ che l’atmosfera è diversa da quella tipo “Orfeo negro” di qualche decennio fa. L’intera città, che già da almeno undici mesi sta meticolosamente preparandosi, nella settimana che precede la festa improvvisamente si ritira e si dedica esclusivamente a quello che ogni anno risulta, sempre e comunque, il più bello spettacolo del mondo. Tutti i negozi, ad eccezione di quelli di generi alimentari, chiudono già dal giovedì precedente il Carnevale, mentre le litoranee vengono occupate da bancarelle di ogni tipo dove fare affari interessanti non è per niente difficile.

Nei giorni precedenti, un po’ dappertutto nella città si effettuano le prove per le sfilate. Con un po’ di fortuna e un buon portafoglio, è possibile assistervi. Gli spettacoli variano a secondo del tipo di scuola, da quello più professionale a quello più licenzioso.

Da quando è stato costruito il Sambodromo, uno sorta di stadio aperto ai lati che, tra l’altro, è una pregevole opera dell’architetto Oscar Niemeyer, si è persa un po’ la tradizione del Carnevale per le strade. Qualche colorato retaggio lo si può ancora scovare nei quartieri popolari, con un’unica scintillante eccezione: quello di Ipanema. La domenica verso le 16 le strade di questo elegante quartiere di Rio si trasformano in un enorme palcoscenico dove decine e decine di transessuali e gay sfilano tutti (tra)vestiti da Carmen Miranda, la cantante cui la città ha dedicato addirittura un intero museo! Benché già dal giovedì si può accedere al Sambodromo, il clou della manifestazione è rappresentato dalle sfilate della domenica e del lunedì. Sette scuole di samba per ognuna delle due serate sfilano incessantemente dalle nove e trenta della sera alle sette del mattino seguente. Per percorrere completamente il tratto di strada delimitato dagli spalti dello stadio, ogni scuola ci impiega circa 45 minuti dopo essere stata introdotta dalla presentazione di uno speaker che galvanizza la folla a squarciagola. Il tutto è corredato da raggi laser, fuochi di artificio e musica a tutto volume. L’atmosfera che si respira è fuori dal tempo. Tutto è sopra le righe: lo scintillio dei costumi, la bellezza delle coreografie, la vitalità degli enredo, i motivi musicali che accompagnano ogni sfilata, ma ciò che colpisce di più è il numero impressionante delle donne e degli uomini che sfilano. Di sicuro il Carnevale di Rio è l’unico spettacolo al mondo dove i partecipanti sono in numero maggiore degli spettatori! Alla fine dell’esibizione di ogni scuola c’è un pulmino che riporta in albergo chi non resiste fino alla fine, mentre i partecipanti alle sfilate, smessi i lustrini e le paillettes, si dirigono sfiniti, con i cappelli piumati sotto il braccio e in mutande, a prendere la metropolitana.

Unica nota dolente è il prezzo: se non conoscete nessuno, sarete obbligati a riferirvi al vostro hotel o a qualche agenzia. Il risultato è che, per accaparrarvi un biglietto che vi consenta di mantenere il posto in caso doveste andare al bagno, dovrete sborsare il corrispettivo dell’affitto mensile di un bilocale in semiperiferia. L’alternativa è prendere un biglietto ridotto dopo mezzanotte o per giorni diversi dalla domenica o dal lunedì, ma difficilmente potrete dire di avere visto il Carnevale di Rio.

Da qualche anno è possibile partecipare anche al Carnevale di Rio. Basta aver voglia di spendere almeno 200 euro per il costume, passare l’intera vacanza a provare coreografie e passi di marcia, avere un’ottima resistenza fisica e non aver la curiosità di vedere come sfilano le altre scuole. Perché? Ammesso che ne abbiate ancora la forza, vi immaginate vestiti con una corazza scintillante, piume da far impallidire una soubrette e trucco pesante a girare sugli spalti, tra turisti in fregola di foto ricordo e brasiliani sovreccitati? MARE – Si dice in giro già da qualche anno. E purtroppo è vero. Il mare in Brasile non è più pulito come una volta. Almeno nelle zone più battute dal turismo internazionale. La mancata adozione da parte del governo di una corretta e preventiva politica ambientalistica sta portando a risultati disastrosi. Piange il cuore vedere spiagge, come Copacabana o Farol de Barra, private di quella limpidezza e di quei colori che hanno fatto del Brasile un posto da cartolina nell’immaginario di ogni viaggiatore. Probabilmente imbarcandosi in avventure di vela o incamminandosi ben oltre i centri abitati, qualche specchio di acqua cristallino si trova pure, ma rimane il fatto che i lidi più rinomati non hanno più niente di magico. Se non fosse per la bellezza delle città che li ospitano, questi posti non attirerebbero neanche lo sguardo del passante più distratto. A ciò bisogna aggiungere che un po’ in tutto il Brasile, a praia significa “posto dove è possibile trovare qualcosa da arraffare”. Questo è il motivo per il quale, appena si scende in una spiaggia attrezzata (non fatevi neanche passare per la mente di andare in quelle libere… io ci stavo rimettendo la videocamera), i solerti ragazzi che affittano gli ombrelloni provvederanno ad inserire le maniche delle vostre borse da mare nel palo conficcato nel terreno, prima di incastrarvi sopra l’altro con il parasole. Ogni spiaggia ha una sua particolarità. A Rio, Copacabana è considerata una meta popolare e, specialmente nel periodo di Carnevale, vi troverete un numero impressionante di famiglie carioca (ma è c’è tanto posto da contenerle tutte) a godersi le meritate ferie estive. Ipanema, al contrario, è la spiaggia alternativa. E alternativa lo è in tutto: per classi sociali, che qui sono molto più agiate e alla moda, per scelte di vita – vi troverete i fricchettoni di mezzo mondo – e per scelte sessuali. Difatti, uno dei suoi lidi più “in”, chiamato Farme, è diventato privilegio della comunità gay internazionale: dopo una mattina passata lì, se vedrete una ragazza e un ragazzo camminare mano nella mano vi verrà il voltastomaco. Tuttavia il suo fascino è fuori discussione, sia di mattina, quando trovare un posto sulla spiaggia che passa per essere una delle più lunghe e larghe del mondo sarà difficile, sia di sera quando una passeggiata con vista sul Pan di Zucchero, o sul Cristo Redentore vi toglierà il respiro.

A Salvador, invece, la spiaggia popolare è Farol de Barra. Tanto popolare che vi vedrete vendere di tutto. Se per caso vi hanno rubato la valigia, cosa non rara nel Paese, passate una mattinata lì e avrete l’opportunità di procurarvi a buon prezzo tutto ciò che vi occorre. Le spiagge fuori città, invece sono più belle e rappresentano un po’ quello che ogni turista immagina di trovare in Brasile. Con 45 minuti di auto – affittare un taxi per un tragitto del genere vi verrà sui 10 euro a cranio – arriverete a Praia do Forte, dove una suggestiva chiesetta sul mare, che di notte si accende di neon azzurri, vi darà l’impressione di essere capitati in una specie di bar dello sport. Qui è possibile visitare anche uno degli insediamenti del progetto Tamar ( TARtaruga MARinha), la riserva marina istituita per la salvaguardia delle testuggini. Saltate Arembepe, una delle prime spiagge alla moda del Paese, meta degli hippy americani durante i favolosi anni Sessanta e Guarajuba, anonimamente moderna e residenziale, e soffermatevi sull’area che va da Itapuà ad Armaçao. E’ la più bella striscia costiera fuori Bahia. Il mare è cristallino e la spiaggia é delimitata da piccole dune sabbiose ricche di arbusti fioriti. Una particolarità di questa zona è che all’interno, ad almeno duecento metri dalla battigia, dove passano le strade statali, è possibili imbattersi in magnifiche lagune simili a laghetti, circondate da un anello di sabbia candida e dalla suggestiva atmosfera di un’oasi. La più bella è senza dubbio quella di Acaré.

CARTOLINE – Anche se in Brasile siete andati per il Carnevale, non potrete evitare di guardarvi intorno e scoprire tutte le altre meraviglie che hanno reso questo Paese famoso in tutto il mondo. Piuttosto il problema è scegliere il modo più appropriato per godersele. Dico subito che sia Rio de Janeiro che Salvador da Bahia sono città da vivere per strada. Prefissatevi solo due o tre punti di riferimento e, per il resto, lasciatevi guidare dal vostro istinto. Per quanto sforniti, ne uscirà sicuramente qualcosa di interessante. Rio è definita dai brasiliani “a cidade maravilhosa”. Salite in cima al Corcovado e capirete perché. Dietro il susseguirsi abbacinante di spiagge i cui nomi da soli evocano scenari da sogno (Copacabana, Ipanema, Botafogo, Flamengo), si snoda una striscia di quartieri alla moda, pulitissimi ed estremamente sicuri, che fanno da contraltare a quelli più popolari che occupano la parte nord, oltre le spiagge e fino al vero centro della città. Andateci, anche se con un po’ più di attenzione. Ne vale la pena, non fosse altro che per riconoscere le atmosfere di “Central do Brasil”, il film che rilanciò la cultura carioca sulla scena internazionale. Verso l’interno, appena dietro i palazzi che si affacciano sul lungomare, un’enorme laguna di acqua salata (la lagoa Rodrigo de Freitas) funge un po’ da laghetto di un suggestivo “parco pubblico” di circa 120 km quadrati (il Parque nacional de Tijuca), che è una vera e propria appendice della foresta equatoriale all’interno del tessuto urbano. Basti pensare che per visitare il Cristo Redentore, tra l’altro la più grande opera art dèco del mondo, occorre effettuare un tragitto all’interno del parco durante il quale non è per niente improbabile che la vostra auto venga presa d’assalto dalle scimmie cappuccine. Il tutto è completato dai morri, collinette con la cima tondeggiante, sparsi un po’ sul tutto il territorio cittadino e dei quali il più famoso è sicuramente il Pan di zucchero (Pao de Açùcar). All’orizzonte, avvolte da una bruma azzurrognola che contribuisce a creare un’atmosfera da favola, si adagiano le isole tropicali, quasi totalmente costituite da spiagge candide e foresta pluviale.

Anche Bahia è un posto tutto da vivere. Accettate l’invito di qualche ragazzo che vuole farvi da guida. Per pochi euro (una decina a testa sono più che sufficienti) potrete vedere i posti più suggestivi della città e contribuire al mantenimento di una sicuramente troppo numerosa famiglia locale. Non perdetevi l’opulenta Chiesa di San Francesco con i suoi effetti trompe l’oeil nell’atrio, gli azuleijos (maioliche azzurre) portoghesi alle pareti, gli angeli lignei delle balaustre gravidi o eccessivamente “dotati” e, nel cortile, l’altarino della schiava cui fu applicata una mordacchia fino alla morte perché parlava troppo. Non è di grande interesse invece la Fundação Casa de Jorge Amado. E’ il posto dove fino al 1835 avvenivano le aste degli schiavi, oggi trasformato nella sede della mostra permanente dedicata all’autore di “Dona Flor”. Più interessante il Museo da Cidade, proprio alla porta accanto, dove è possibile ammirare i costumi degli orixàs, le divinità di origine africane che si impossessano dei fedeli durante il candomblé, un rituale di invasamento collettivo.

A proposito, se qualcuno vi avvolge al braccio un nastrino colorato, non trattatelo male. E’ la fita, un’usanza che vi darà la possibilità (dietro modesto compenso, s’intende) di esprimere tre desideri che immancabilmente si avvereranno una volta che il laccetto si scioglierà. Ma attenzione: guai a chi lo taglia o lo strappa. Può succedere di tutto. Altra avvertenza: non buttate le lattine (in genere di birra, bevanda che a Bahia scorre a fiumi). Pochi sanno che il mestiere più diffuso in città è il raccoglitore di lattine usate. Una borsa di due chili di questi contenitori schiacciati vale circa mezzo euro. Perciò non spazientitevi se mentre bevete un guaranà o un’aranciata, c’è sempre qualcuno al vostro fianco che guarda ansioso, quasi fosse un cameriere in un locale di lusso: sta semplicemente facendo il suo lavoro.

* * * Insomma questo è il Brasile o, meglio, le cose di cui vi ho parlato fanno parte del Brasile. E’ chiaro che certe atmosfere, certi sorrisi, certi occhi lucidi possono essere colti appieno solo vivendoli e non, di sicuro, attraverso la memoria filtrata di un resoconto. Come quella sera a Bahia. Ero appena uscito da ben dieci ore di interrogatorio presso il locale commissariato di polizia, dove mi ero recato per denunciare il furto della mia borsa da mare. Per fortuna, nel giro di pochi minuti, il poliziotto di spiaggia era riuscito ad acciuffare il menino permettendomi di recuperare tutto: videocamera, cellulare, soldi e orologio. Mancavano solo gli occhiali da sole. Cosa per me piuttosto antipatica perdere gli occhiali da mare perché è difficilissimo trovarne un paio che mi stiano bene. Stressato e anche un po’ deluso, sono seduto sugli scalini di una chiesa insieme al mio compagno di viaggio, quando vengo avvicinato da un ragazzetto. E’ insolitamente chiaro di capelli, quasi rossiccio e con gli occhi celesti nonostante la pelle brunita. Con sorpresa noto che si rivolge a noi in un buon italiano. Cedo alla sua voglia irrefrenabile di raccontare, anche perché è molto gentile e rispettoso. Insomma, non si tratta del solito questuante lamentoso. Ha tredici anni e un padre italiano che subito dopo la sua nascita ha pensato bene di abbandonare tutto e ritornare in Italia; una mamma che non vede da sei anni perché studia all’Università per imparare a cucire (?) e una nonna con cui divide una camera nella vicina favela e che a stento riesce a sbarcare il lunario, visto che di pensione in Brasile manco a parlarne. Il suo racconto è fluido e sereno. Le parole gli scivolano da bocca con semplicità, ma anche con molta partecipazione. Forse é solo una parte ben recitata per scroccare un po’ di reais, ma c’è qualcosa di incantato in quella storia raccontata in una placida serata estiva mentre la brezza ci porta l’odore del mare. Mi confessa che il suo sogno è fare la guida turistica, ma non ha i soldi per pagarsi la scuola e la licenza. Per dimostrarmi che ha della stoffa, vuole illustrarmi le meraviglie architettoniche e artistiche della chiesa sul cui sagrato sono seduto, ma sono passate circa due ore dall’incontro e la piazza è ormai completamente svuotata. Decido di regalargli un po’ di euro. Difficilmente dimenticherò la sua faccia nel momento in cui ho estratto dalla tasca la banconota. Lo ringrazio della serata passata insieme e lui capisce, a malincuore, che deve andare. Faccio per girarmi e prendere la strada di casa, ma inciampo in qualcosa di luccicante. E’ mezzanotte e non si vede bene. Raccolgo l’oggetto: un paio di occhiali scuri nuovi di zecca. E mi stanno pure bene.

Note 1 – Bahia, come la chiamano i suoi abitanti è il nome di uno dei 26 stati confederati che costituiscono la repubblica brasiliana. La denominazione ufficiale della città è San Salvador da Bahia 2 – Al di là degli oggettini tipici e dei gadget, una buona idea per fare regali è rappresentata dalle pietre semipreziose. Quarzi (bianchi, rosa, citrini e ametiste), sodaliti, malachiti, agate, opali etc. Costano davvero poco. Chiaramente sulle bancarelle troverete i tagli più grossolani e gli esemplari meno puri ma aironi, colibrì e pappagalli multicolori vi faranno fare un’ottima figura con pochissimi euro. Se, invece, volete acquistare dei veri e propri capolavori di manifattura e di purezza rivolgetevi alla Stern, la casa di preziosi (e non) più famosa del Paese con sede a Ipanema.

3 – Nel testo non si parla degli hotel. Il fatto è che c’è poco da dire, se non che durante il periodo del Carnevale, i prezzi duplicano e, qualche volta, triplicano. Inutile prenotare in anticipo. La settimana rimane “calda” lo stesso. Un modo per risparmiare, almeno a Bahia, è prenotare una pousada, pensioncine alla mano, ma con tutti i comfort possibili. Sceglietene una nella zona di rua direita de Santo Antonio. In quella zona, oltre largo do Carmo, si trovano vecchie abitazioni che affacciano sulle favelas, perfettamente ristrutturate spesso anche con molta cura. Sui terrazzamenti lungo i quali si articolano i piani e le stanze, potrete rilassarvi su un’amaca e fare colazione con i colibrì.

4 – Della caipirinha esistono anche due varianti un po’meno alcoliche: la caipiroska (wodka al posto della cachaça) e la caipirissima (Bacardi invece che cachaça).



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