RIO DE JANEIRO: il bello, il brutto e i cattivi

IL BELLO Cosa c’è di bello da fare o vedere a Rio De Janeiro, una delle destinazioni turistiche più sognate del mondo? In primis il Corcovado, la collina in cima alla quale sorge l’imponente statua del Cristo. Le guide di viaggio asseriscono che la vista della città di Rio sia la più bella del mondo (seguita da San Francisco), e il posto...
Scritto da: Pietro
rio de janeiro: il bello, il brutto e i cattivi
Partenza il: 15/12/2006
Ritorno il: 18/01/2007
Viaggiatori: da solo
Spesa: 1000 €
IL BELLO Cosa c’è di bello da fare o vedere a Rio De Janeiro, una delle destinazioni turistiche più sognate del mondo? In primis il Corcovado, la collina in cima alla quale sorge l’imponente statua del Cristo. Le guide di viaggio asseriscono che la vista della città di Rio sia la più bella del mondo (seguita da San Francisco), e il posto migliore per constatarlo è proprio la cima del Corcovado. Tantissima gente presente, tanto che spesso bisogna fare i turni per fare le foto, ma poi quando si arriva al bordo del terrazzo si viene assolutamente ripagati. Da destra a sinistra lo sguardo passa dalla spiaggia di Ipanema a quella di Copacabana, a Botafogo, poi c’è il Pan di Zucchero, poi si vedono le tante favelas abbarbicate sulle ripide colline fino, all’estrema sinistra, il mitico stadio Maracanà, il più grande del mondo.

Seconda attrattiva in ordine di importanza è il Pan di Zucchero, anche se non si raggiunge qui lo spettacolo del Corcovado. In compenso però c’era uno spettacolo di ragazza brasiliana, praticamente perfetta, che ho provato a fotografare quando il suo ragazzo si girava, senza riuscirci però abbastanza da vicino.

Da citare poi il museo di arte contemporanea a Niteroi, cittadina contigua collegata con un lungo ponte, da apprezzare più per la sua architettura esterna (progettato da Oscar Niemeyer, architetto che disegnò Brasilia) che per le esposizioni interne (dei dell’antica Grecia).

Ma il vero spettacolo di Rio, ciò che da solo vale tutto un viaggio nella città carioca, è assistere agli spettacoli di samba e a come vi partecipano i brasiliani, cercando magari di farsi coinvolgere buttandosi in mezzo. E l’aver fatto una lezione privata di samba, tanto per imparare un minimo di passi base, mi ha aiutato.

Ho assistito a vari concerti di samba, sia nei bei locali di Lapa che nelle favelas (scuola di samba “Portela”), per finire con lo stupendo spettacolo al quale ho assistito l’ultima mia domenica a Rio, un saggio di una scuola di samba (Viradouro) tenutosi niente meno che nel famoso Sambodromo. Ora che il carnevale si avvicina, ogni week-end vengono effettuate le prove, gratuite, nelle quali vengono proposte le stesse danze e coreografie che verranno poi presentate al carnevale. L’unica differenza è che non ci sono i costumi, ma il vedere sfilare oltre 3000 bravissimi ballerini/e seguiti dalla “batteria” (400 – 500 percussionisti) che suona tanto forte da far tremare le gradinate, costituisce uno spettacolo emozionante. Al carnevale vero e proprio di Rio ho assistito 9 anni fa e ancor oggi ho uno splendido ricordo di quello spettacolo, a ragione considerato il più grande del mondo, sia per la bellezza che per i numeri: 14 scuole di samba che sfilano durante due lunghe notti, ognuna composta da 3000 – 5000 persone per un totale di circa 30000 persone sfilanti per notte, scatenatissime e coloratissime. Prima o poi devo ritornare a vederlo! E’ una di quelle cose che almeno una volta nella vita va vista, per cui se qualcuno è da quelle parti, a febbraio, si ricordi delle due notti di domenica e lunedì prima della “quarta feira da cinzas (in portoghese “il mercoledì delle ceneri”), a Rio, nel Sambodromo. Ci si arriva con la metropolitana, e poi cento metri a piedi (a fianco ad una favela; quando ci son andato ho incontrato un argentino al quale avevano appena rubato la macchina fotografica: aveva sbagliato strada ed era entrato nella favela!). Dovrebbe essere anche in diretta via satellite (Rede Globo), ma dal vivo è ovviamente un’altra cosa.

Le spiagge Copacabana e Ipanema le più famose, larghe e lunghissime, dove il fine settimana si riversa gran parte della città. La prima frequentata più dai turisti stranieri e dai brasiliani poveri, la seconda più dai carioca “in”, che si danno appuntamento sempre al prestigioso “Ponto 9” (che altro non è che il molto meno prestigioso cesso n° 9 della spiaggia, usato però come punto di riferimento). Bordate prima da una fila di palme da cocco e poi da alti alberghi (Copacabana) e alti palazzi (Ipanema), sono tuttavia delle belle spiagge, dalla sabbia bianca, l’acqua meravigliosamente gelida e le onde sempre alte (a volte anche pericolose).

Fantastico vedere le evoluzioni dei ragazzi che giocano a pallone in un gioco qui chiamato “Futvoley”, dove si gioca in un campo simile ai nostri di beachvolley ma si usa tutto (gambe, testa, spalle, petto) tranne mani e braccia. Impossibile riposare in spiaggia. Primo perché se si è soli ci si può ritrovare solo con il costume al risveglio, e secondo perché all’incirca ogni 20 secondi passano brasiliani adulti, brasiliani bambini, ragazzi, bianchi, neri e verdi a vendere qualsiasi cosa (soprattutto bibite fresche, formaggio caldo e gelati “Italia”), e se si è distratti o si fa finta di esserlo si viene subito richiamati all’attenzione. Però a volte erano utili. Per esempio quando si arriva in spiaggia ne arriva subito uno a proporti ombrellone e seggiole, e se si accetta va a piazzare tutto dove gli viene indicato. Costo 4 R$ (1,40 euro) per tutto il giorno. Alla faccia dei nostri stabilimenti italiani, dove anche nel più misero si paga enormemente di più che a Copacabana, una delle spiagge più famose del mondo. E anche facendo la proporzione con il più basso costo medio della vita qui, viene sempre di meno. E c’è anche la doccia gratis! Qualche coppia “improbabile” mi è capitato di vederla nelle spiagge (turista sessantenne e carioca ventenne, oppure gringo giovane e pallido e ragazzina nera) e fra l’altro spesso il Don Giovanni di turno parlava italiano, ma tutto sommato meno di quanto si pensi. Credo la situazione sia peggiore nel Nord-Est brasiliano piuttosto che qui nel Sud.

IL BRUTTO Quando si va in giro a Rio tutto è apparentemente tranquillo. C’è gente che fa shopping, che va/torna dal lavoro, che mangia nei tanti ristorantini che si affacciano sulla strada, qualcuno dorme per terra, qualche altro lava i vetri al semaforo o fa le capriole in aria per poi chiedere qualche soldo. Insomma, niente di strano. Nonostante sia ritenuta una delle città più violente dell’America Latina, per strada tutto sembra tranquillo, anche a notte inoltrata. Ma basta trattenersi in città qualche giorno in più che, abbastanza rapidamente, si viene a scoprire l’altro lato della bella città carioca. Così succede anche a me.

Tutto inizia un tranquillo pomeriggio quando, mentre son da solo nella spiaggia di Copacabana, un ladruncolo sfila abilmente i soldi dalla tasca dei miei pantaloncini appoggiati sulla sabbia appena, anche se solo per pochi minuti, li lascio alle mie spalle. Son solo 13 reais (4,50 euro), poco più dei 10000 pesos colombiani (3,30 euro) che l’anno scorso mi fregarono in Colombia. Insomma, considerando l’inflazione, la tangente ai ladruncoli sudamericani dovrei averla pagata anche questa volta. Spero basti. Ciò che mi ha sorpreso però è stata la velocità del ladro (che è riuscito anche a rimettere in tasca ciò che non gli serviva, come le chiavi dell’ostello) e anche l’omertà di quattro ragazze che erano vicinissime a me e hanno quasi sicuramente visto tutto. Ogni volta che le guardo si girano dall’altra parte. Farsi gli affari propri qui è una regola di vita. Il ladro comunque era un venditore ambulante di formaggio. Fate sempre attenzione ai venditori ambulanti delle spiagge di Rio, sono quelli che si avvicineranno di più a voi.

Il giorno dopo un altro ladruncolo si introduce nell’ostello ed entra in una camera a caso: la mia! Ma fra i 4 ripostigli chiusi a chiave, con bagagli, la sorte ha voluto che scassinasse proprio quello dell’unica brasiliana che c’era in camera, alla quale ruba una macchina fotografica e alcuni gioielli. Fra l’altro l’unico che lo ha visto e ci ha anche parlato è stato proprio… il sottoscritto! Ma il furbastro aveva già finito il suo lavoro e, non immaginando io chi fosse, abbiamo solo scambiato qualche parola di circostanza.

Il giorno dopo ancora, mentre ritorno dalla spiaggia in bus, assisto ad uno scippo. 2 ragazzini strappano qualcosa che non riesco a vedere (credo il cellulare) dalle mani di una ragazza che sta per salire sull’autobus. Poi, incalzati dalle urla dell’autista, corrono via attraversando veloci una trafficatissima strada a 4 corsie. La cosa più impressionante è stata non tanto assistere allo scippo ma vedere quei due piccoli bambini neri, scalzi e a torso nudo insinuarsi fra le auto in corsa. Per un attimo ho avuto il timore di vederne qualcuno schiacciato sull’asfalto. Ma ce la fanno.

Insomma, giorno dopo giorno il piacere che si prova passando qualche ora nelle belle spiagge cittadine o vedendo il Corcovado o scambiando qualche parola con i sempre sorridenti brasiliani, si alterna ad un clima talvolta pesante.

Inizio così a dare uno sguardo anche alle pagine di cronaca dei quotidiani, dove leggo notizie pazzesche. Una delle tante: rapina in una casa di Rio, gli occupanti (due adulti e due bambini) vengono chiusi a chiave in un auto e poi questa viene incendiata. Solo un adulto si salva. Altro che la banda della Uno bianca! Oppure oggi, a pagina 9 del quotidiano “O Globo”, c’è un piccolo articolo in fondo pagina dove c’è l’elenco dei 6 attacchi alle auto circolanti di ieri notte: auto fermate (ai semafori o mentre vengono parcheggiate) da almeno 3 o 4 persone armate che prima derubano gli occupanti e poi portano via anche l’auto. Questo spiega perché di notte nessuno qui si ferma ai semafori rossi, né le auto private né i taxi e bus. Finchè arriva il 28 dicembre, quando all’alba si scatena una vera e propria guerra urbana. Un autobus cittadino viene fermato da uomini armati, i passeggeri vengono prima derubati e poi viene dato fuoco all’autobus con le persone dentro. 19 morti bruciati vivi e 28 feriti. Poco dopo altri attacchi alle postazioni di guardia della polizia in varie zone della città. Uno di questi attacchi avviene proprio a Botafogo, nella zona dove sono io, e proprio davanti alla fermata dove spesso scendo dall’autobus. Qui si conteranno due morti. La sera, mentre passo lì vicino, vado a vedere la cabina. Con il gesso sono stati segnati i buchi dei proiettili: 51, tutti ad altezza d’uomo. Nonostante l’obiettivo fossero i poliziotti, chi ha sparato non si è minimamente interessato agli eventuali passanti. E infatti, oltre ad un poliziotto, ci è andata di mezzo una venditrice ambulante che sostava proprio li davanti, morta mentre con il suo corpo proteggeva il figlio di 6 anni.

Episodi questi ultimi di una guerra sempre più violenta fra i capi delle favelas (che controllano il ricco mercato locale della droga) e una fazione relativamente nuova a Rio, i paramilitari, gruppi armati semi-ufficiali (in quanto ci sono anche veri poliziotti in mezzo) che stanno a poco a poco prendendo in mano il controllo delle oltre 300 favelas cittadine, facendo fuori i loro capi. Una sorta di “male minore” che viene tollerato perché non si è trovata altra soluzione per combattere la fortissima criminalità locale. Anche in Colombia si iniziò così tanti anni fa, con ottenere però in seguito solo un pesante peggioramento della situazione.

A parte questa “guerra” che, escludendo i fatti di questi ultimi giorni, si combatte ogni notte all’interno delle favelas, i furti e aggressioni ai turisti sono tuttavia frequenti.

Bilancio degli ultimi 14 giorni, a Rio, delle persone che alloggiano qui in ostello (e che conosco): • Io (Italia!): furto dalla tasca di 13 R$ (quartiere Copacabana); • Tatiana (Brasile): furto di macchina fotografica e alcuni gioielli dalla camera dell’ostello (Botafogo); • Tomoko (Giappone): un pomeriggio viene spinta a terra da 2 ragazzi e le viene rubata la macchina fotografica (Lapa); • coppia di ragazzi francesi (Francia): scendendo a piedi dal Corcovado (la famosa statua del Cristo) vengono circondati da quattro ragazzi con machetes in mano (c’è la foresta ai lati della strada): solita macchina fotografica rubata + zaino; • Bart (Olanda): inoltratosi a piedi (errore!) nel buio tunnel che porta a Copacabana, un pomeriggio viene rapinato da due ragazzini dei soldi, 50 R$ (Botafogo / Copacabana).

Speriamo l’elenco dell’ostello si chiuda qui! Poi ci sarebbero altre notizie simili su fatti accaduti ad amici degli ospiti dell´ostello o a loro raccontati. Ne ricordo una in particolare, e cioe´ quando il 30 dicembre nel vicino Alpha Hostel (sempre qui a Botafogo) degli uomini armati si sono introdotti nell´ostello e hanno derubato i turisti. Dentro l´ostello! Una nuova regola che quindi imparo per stare serenamente a Rio De Janeiro (da aggiungere alle solite regole da usare in tutto il Sud America) è: escludendo le favelas, non ci sono grosse differenze di sicurezza tra le varie zone della città. E’ importante invece non andare in un luogo se la zona non è abbastanza frequentata. Quando non ci son passanti o comunque traffico, i ladri spuntano fuori più facilmente.

Ma cosa fanno le autorità per contrastare questa forte criminalità? Anche questa volta hanno scelto l’unico metodo al quale sempre ricorrono: la forza militare.

Ieri sono arrivati in città 500 soldati della Forca Nacional de Seguranca, uno speciale corpo militare con un severo addestramento da guerra, oltre che dotato di armi da guerra. Il governo locale dello Stato di Rio gli ha concesso completa licenza di compiere qualsiasi azione ritenga utile senza contattare preventivamente il governatore. Se già la polizia qui a Rio ha di fatto la mano libera quando si tratta di lotta ai narcotrafficanti, ora ha anche l’avallo ufficiale.

In risposta a ciò stanotte i narcotrafficanti hanno incendiato altri 2 autobus cittadini, per dimostrare che non hanno paura dei militari. Questa volta però facendo prima scendere gli occupanti, quindi senza morti.

Per quest’operazione verranno spesi 25 milioni di reais (9 milioni di euro) al mese per le spese extra di stipendi, alloggi, mezzi e armamenti. Se molti meno di questi soldi fossero stati utilizzati per costruire qualche scuola in più nelle favelas e strutture meno da terzo mondo, forse si inizierebbe ad ottenere qualche risultato più duraturo. Rocinha, la più grande favela dell’America Latina che sono andato a visitare alcune settimane fa, per una popolazione di 200.000 abitanti ha solo 4 piccole scuole elementari (ne parlerò più avanti di questo). Ma gli interventi militari danno più immagine. Ogni giorno leggo nei quotidiani pomposi discorsi dei politici locali e nazionali che illustrano l’efficienza e le dotazioni tecniche dei militari. Ieri al loro arrivo in città sono stati anche accesi in cielo i fumogeni con i colori nazionali. La festa sta per iniziare.

Domani ci sarà un’importante riunione nel miglior hotel di Copacabana dei presidenti di molti stati sudamericani (del Mercosur), quindi i 500 militari verranno utilizzati anche per la loro sicurezza (naturalmente domani andrò a curiosare :- ) ). Da dopodomani, venerdì 19, saranno effettivi e pronti al 100% per la repressione nelle favelas (soprattutto in quella di Mangueira) sospettate di essere i centri organizzativi degli attentati del 28 dicembre. Si preannuncia una feroce rappresaglia dei militari, che potrebbe poi essere seguita da ulteriori vendette dei narcotrafficanti, come già accaduto. Spero naturalmente che nulla di tutto ciò accada, però questa volta la mia partenza, che casualmente coincide con la vigilia di quest’operazione militare, credo giunga al momento opportuno. Nonostante abbia passato un meraviglioso mese qui a Rio De Janeiro, è ora giunto il momento di andare via.

I CATTIVI (i trafficanti e la polizia) Un paio di settimane fa sono andato a visitare Rocinha, la più grande favela di Rio e dell’intera America latina, che conta ben 200.000 abitanti. Non da solo, naturalmente, ma con un’associazione che effettua visite guidate per turisti. Era forse una … Forse questa era un po’ più commerciale di quella alla quale mi ero rivolto a Buenos Aires, ma è stata comunque un’interessantissima visita per capire come vive una grande fetta dei brasiliani; solo qui a Rio ben 2 milioni sui 13 complessivi della città vive nelle oltre 300 favelas cittadine. Ma cos’è una favela? La favela è un quartiere della città che segue un piano urbanistico molto semplice: una casa si costruisce dove c’è un minimo di spazio. E così, appena si trovano anche solo qualche decina di metri quadrati disponibili, si portano mattoni e cemento (nel migliore dei casi) oppure legno e lamiere, e si costruisce la baracca. Quasi sempre senza fondamenta, per cui in occasione di grandi piogge sono frequenti i crolli e gli smottamenti. Le case son così vicine che un’auto non ci passa, e ci si può spostare solo a piedi e uno per volta. E la luce? Si allaccia abusivamente un cavo elettrico qualsiasi al palo elettrico più vicino. La fogna? Si scarica fuori casa, all’aperto. L’acqua? Nelle favelas più organizzate come Rocinha ci sono precarie tubature di plastica che la portano, oppure ci si arrangia raccogliendo dal tetto l’acqua piovana.

A Rio le favelas sono tutte costruite nei quartieri più alti, i “morros” (colline di granito) per cui, nonostante tutto, godono della vista migliore e di un clima meno torrido di quello delle ricche zone di pianura. Rocinha è una di quelle più centrali, distante solo qualche centinaio di metri da Ipanema, una delle zone più “in” di Rio. Due zone così vicine e così lontane.

Non son tutti poveracci i suoi abitanti; per chi lavora in centro e non può pagarsi un costoso affitto cittadino, e non vuole farsi ogni giorno diverse ore dei costosi bus locali andando a vivere fuori città, spesso è l’unica soluzione possibile. Se nelle nostre grandi città italiane gli affitti e gli immobili continueranno a salire di prezzo, prima o poi anche noi potremmo avere le favelas! Ci sono piccoli market all’interno, bar, qualche panificio, un piccolo ufficio postale e addirittura, solo a Rocinha, una tv satellitare. Uno degli aspetti più interessanti è che all’interno delle favelas è presente un’organizzazione sociale che farebbe invidia ai quartieri più ricchi. C’è solidarietà fra tutti, ci si aiuta l’un l’altro e, nei casi di estrema povertà, i capi-favela provvedono anche a dare soldi. Non sono tollerati crimini, al suo interno, come furti e stupri. Alcuni giorni fa un peruviano che in passato sposò una donna di una favela e che con lei ci viveva dentro mi ha detto che, dopo aver lasciato la moglie, dovette andare via se no i vicini gliela avrebbero fatta pagare cara. Insomma, ci si aiuta per ogni cosa. E poi nelle favelas ci sono anche importanti centri culturali e artistici. Basti pensare solo alle scuole di samba, che hanno reso il carnevale di Rio il più famoso del mondo. Hanno quasi tutte sede nelle favelas! Ma… purtroppo nelle favelas c’è anche altro.

Le favelas sono anche i centri di raccolta e distribuzione della droga in Brasile. Solo a Rocinha le entrate dovute alla droga sono stimate in 3-5 milioni di dollari al mese e, quando girano così tanti soldi in zone poverissime, la violenza aumenta vertiginosamente. La polizia qui non può entrare normalmente, quando lo fa si tratta di vere e proprie operazioni di guerra, sempre seguite da scontri a fuoco (e morti). Tutti gli ingressi delle favelas infatti sono perennemente sorvegliati da ragazzini, la “manovalanza” dei trafficanti, che appena vedono arrivare la polizia accendono dei piccoli fuochi artificiali per segnalare a tutta la favela il pericolo. Subito dopo i trafficanti escono fuori con le armi e iniziano gli scontri. E infatti queste sentinelle sono sempre le prime a morire, uccise dai poliziotti nel tentativo di evitare che diano l’allarme.

C’è un bellissimo film che illustra perfettamente la vita all’interno delle favelas, “Cidade De Deus”, che credo si possa trovare anche in lingua italiana, ma ancor di più mi è piaciuto un documentario sullo stesso tema che ho visto sempre qui, “Noticias de uma guerra particular” (questo probabilmente reperibile solo qui in Brasile) interessante perché, con interviste dirette a tutte le parti coinvolte (trafficanti, poliziotti, gente comune, studiosi di criminologia) viene illustrata l’esatta realtà del fenomeno. E viene spiegato anche su cosa si regge tutto quanto: la polizia è corrotta! I capi dei trafficanti pagano cospicue tangenti alla polizia per garantirsi l’impunità. E ci son poliziotti che addirittura vanno nelle favelas a vendere le armi sequestrate altrove, per poi magari rischiare la vita quando devono entrarci “ufficialmente” per combattere i trafficanti. Semplicemente assurdo.

Dall’altra parte, i trafficanti iniziano la loro carriera giovanissimi quando, non avendo altri stimoli (a Rocinha ci sono solo 4 piccole e pessime scuole elementari), l’unico valore e ideale che hanno è diventare ricchi come il trafficante vicino di casa, che ha bei vestiti e l’auto fiammante. E le ragazze li seguono. Più un trafficante è importante e armato e più le affascina, tanto che i capi hanno sempre le donne più belle della favela. Tutti falsi ideali che per chi non ha l’opportunità di conoscerne altri, e passa tutto il giorno in strada (i genitori, quando ci sono, sono fuori per lavoro tutto il giorno e non possono seguirli) diventano troppo appetibili.

Io e altri 6 stranieri, accompagnati da Luiz (abitante di Rocinha), entriamo nella favela con dei mototaxi che risalgono l’unica strada asfaltata che porta sino in cima alla ripida collina. Poi da li iniziamo a scendere a piedi nelle strette viuzze, fra cumuli di spazzatura, canali di fogna a cielo aperto, fili elettrici intricatissimi e tanti bambini che gironzolano. Qualche sosta nei piccoli negozi di artigiani, in un market, nella sede di un’associazione di volontariato, e poi via via sempre più giù, verso le case più lontane dalla strada centrale, con il grosso Luiz sempre in prima fila per segnalare la sua presenza fra questo gruppo di estranei. Vietato allontanarsi anche di pochi metri dal gruppo. Foto possibili ma non dappertutto.

Qualche bambino chiede soldi ma in questo caso la risposta è sempre negativa. Qualche altro si ingegna di più e ha una piccola bancarella dove vende semplici braccialetti fatti con filo di rame. E allora qualcosa si può comprare. Finché, dopo 3 ore circa, usciamo. Ci avviciniamo al confine e dobbiamo spegnere e nascondere le macchine fotografiche. Ci sono le “guardie”. Una nuvola di fumo di marijuana ci avvolge, stanno tutti fumando e bevendo. Quasi tutti neri, giovanissimi, con gli occhi lucidi e rossi dal fumo. Ci squadrano bene ma non si muovono. Sanno chi siamo.

Usciamo da Rocinha, siamo di nuovo nella strada asfaltata che delimita i due mondi, passiamo fra centinaia di misere bancarelle. I grandi palazzi sono ora davanti a noi. Mi giro per dare un ultimo sguardo a Rocinha e scorgo ancora le sagome di quelle piccole teste nere che sporgono dai tetti e dagli spigoli delle ultime baracche. Sempre all’erta, con i loro fuochi artificiali in mano, pronti a far iniziare l’unica festa che abbiano mai conosciuto.

CONCLUSIONI Dopo quasi 6 mesi passati in Brasile, dei quali più di un mese passato a Rio, posso confermare che, fra le varie città visitate in Brasile (in cui mi son sempre fermato a lungo e quindi ne ho acquisito una discreta conoscenza), Rio rimane in assoluto la più pericolosa. Molto più, che so, di Salvador. Questo non significa che chi ci mette piede viene automaticamente accolto con una raffica di pallottole, ma significa che qui, nei fatti, la percentuale di rischio di subire un’aggressione è più alta di tante altre parti. E, putroppo, non lo dico solo io ma i numeri dei crimini. Con le dovute precauzioni, però, si può fare una tranquilla permanenza. E Rio rimane, soprattutto, una bellissima città (una delle più belle al mondo!) che sarebbe un vero peccato venga esclusa da un itinerario di viaggio solo per la sua pericolosità. In fin dei conti si rischia solo qualche soldo (perché non bisogna mai girare con molti soldi in tasca, come in tutta l’America latina) e la macchina fotografica. Della nostra vita non importa niente a nessuno, quindi non la si rischia.

Proprio alcuni giorni fa, a Manaus, parlavo in ostello con una ragazza norvegese alla quale, a Rio, a Lapa e in pieno giorno, hanno rubato lo zainetto con soldi, macchina fotografica, etc. Non era sola ma con due amiche. Bè, alla fine mi ha detto che… Ora aveva una cosa in più da raccontare! :- ) Andate a Rio, gente, andate! Pietro www.Travelbaila.It



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