Australia orientale: consigli e dritte

Tra l’Ayers Rock, Kangaroo Island, Adelaide, Melbourne, Sydney e lungo la panoramica Great Ocean Road
Scritto da: Lurens55
australia orientale: consigli e dritte
Partenza il: 05/07/2016
Ritorno il: 24/07/2016
Viaggiatori: 2

05 – 24 Luglio 2016

Partecipanti: io e Franca

 

Cambio valuta in banca: 1 AUD = 0.69 € (600 AUD in contanti)

 

 

Prologo

Anche nel 2016 la vacanza sarà nell’altro emisfero. Meta l’Australia. Cosa vedere in 3 settimane inclusi i viaggi non è semplice da stabilire data la vastità del territorio. Per forza di cose bisogna limitare le tappe e fare vari spostamenti in aereo. Cominciamo a settembre 2015 a dare un’occhiata ai viaggi organizzati tanto per avere un’idea e facciamo qualche simulazione per prenotare i voli e guardiamo i costi degli hotel. Concludiamo che è abbastanza costoso. Ravanando su internet troviamo ottime recensioni dell’agenzia Viaggi in Australia gestita da due veneti (Marco e Valentina) che vivono in Australia. Chiamiamo un numero di telefono italiano e ci rispondono dall’Australia (miracoli delle telecomunicazioni). Diciamo a Marco a grandi linee cosa ci interessa e diamo un limite di spesa e dopo un po’ di giorni ci arriva via mail una dettagliata proposta di tour il cui costo è paragonabile a quello che spenderemmo a organizzarcelo in proprio. Nell’arco di qualche settimana arriviamo a definire esattamente il giro e i tempi e a metà novembre 2015 mandiamo con un bonifico l’anticipo (4240€). Passano i mesi con telefonate di tanto in tanto per avere chiarimenti, si leggono un po’ di cose sulla fauna australiana che include un bel po’ di animali piuttosto pericolosi tipo un minuscolo ragno che pare sia letale, la medusa a scatola altrettanto letale, squali, coccodrilli, ecc. Ci si documenta sul clima che sarà molto vario, per cui in valigia ci finiranno il costume da bagno e la giacca a vento. A inizio giugno paghiamo il saldo (2571€) e a metà giugno riceviamo un plico contenente un fascicolo molto ben fatto con tutti i dettagli del nostro viaggio e informazioni turistiche. Il parcheggio a Malpensa è prenotato (GP Parking). I voli sono operati da Emirates e da Qantas. In loco dovremo pagare colazioni, pasti, carburante e poco altro.

 

Martedì 05-07-16

È arrivato finalmente il giorno della partenza. Alle 9.30 chiudiamo casa e puntiamo il navigatore verso il GP Parking di Somma Lombardo. È un po’ più fuori mano dei soliti parcheggi che utilizziamo ma ha il vantaggio che ha molti posti al coperto in cui si lascia l’auto e ci si tiene le chiavi senza sovraprezzo. Da oggi al 24 luglio 82€. A mezzogiorno facciamo il check-in. Alle 13.25 inizia l’imbarco del volo Emirates per Dubai con un sistema ordinatissimo che evita assembramenti e code. L’A380 è immenso! I sedili ampi e comodi anche con biglietto “poveracci”. A bordo dell’aereo c’è una connessione wi-fi gratis (con dei limiti) anche per la classe Economy. Sul monitor informano che da Milano a Dubai la rotta è lunga 4711 km. Alle 14.05 ci muoviamo e inizia il lungo viaggio. L’A380 è silenziosissimo (avendo comperato i biglietti a novembre e avendo scelto posti avanti è ancora più silenzioso). Voliamo a 12500 mt. E ci sono persino i film in italiano! Arriva il vassoio del pranzo. Buono a parte una salsina denominata Tomato & Piri Piri Dip immangiabile. Ore 16.10 CET sorvoliamo il mar Nero a nord di Istanbul. Poi sorvoliamo l’Iran. A parte due bambine arabe sedute nella fila di fianco molto fastidiose si viaggia bene. Arrivati a Dubai in perfetto orario. L’aeroporto è modernissimo e gigantesco. Prendiamo il trenino interno per andare al gate del volo per Adelaide. Purtroppo l’attesa è di quasi 4 ore. Da tagliarsi le vene. Il munifico aeroporto mette a disposizione giusto un’ora di connessione gratuita. Le successive ore costano sui 4 dollari l’una. Si bivacca su delle comode sedie e si passa a…

 

Mercoledì 06-07-16

Verso l’1 am il gate si popola di passeggeri e di personale dell’aeroporto. Sul display compare l’indicazione del volo. Tutti segnali positivi. La tratta Dubai-Adelaide è di 11000 km che faremo con un Boeing 777-300 che è più brutto e più scomodo dell’A380. Sarebbe stato meglio se fossero stati invertiti gli aerei. Con qualche difficoltà e molte scomodità si riesce a dormire qualche ora. Volando verso est la notte è durata pochissimo. E mentre sgranocchiamo una pizzetta gentilmente offerta degli emiri attraversiamo l’equatore iniziando così l’inversione di stagione. Il tempo non passa. E sto 777 è proprio una ciofeca per un viaggio così lungo. Sono ormai 21 ore che siamo partiti da casa e abbiamo ancora diverse ore che ci separano dal letto ad Adelaide. Manca meno di un’ora all’atterraggio. Non ne posso più! Sono già passate 26 ore da quando siamo usciti di casa. Finalmente a terra! Con 15 minuti di ritardo. Al controllo passaporti ci controllano il cartoncino che abbiamo compilato in aereo, quello solito dove devi dichiarare che non sei un delinquente, non hai in valigia un salame (cosa gravissima!), ecc. e ci mettono un segno. Con il cartoncino compilato si va al nastro dei bagagli e c’è un tizio che lo controlla di nuovo e fa delle domande specifiche tipo “hai della carne”? Certo che la porterei in valigia! Ritirate le valigie una terza persona controlla il cartoncino, se lo tiene e ci indirizza in una coda dove fanno sistemare valigie e borse per terra e poi passano con un beagle che le annusa. Finalmente usciamo. Prendiamo un taxi e con grande gioia arriviamo all’hotel Playford (5*). Il taxi costa 26,40 AUD (7 km di strada). Per pagare con la Visa vogliono un supplemento del 10%. Alla reception ci fanno prendere un bello spavento. Mostro il voucher con il codice della prenotazione e non la trovano. Ad un certo punto ci fanno notare la data 6 giugno. Già siamo suonati dal lungo viaggio e ci prende un colpo. Ma i babbei sono quelli della reception, perché il 6 giugno è la data in cui è stato emesso il voucher per la notte del 6 luglio. Risolto il problema finalmente abbiamo la camera e dopo esserci sistemati approfittiamo della SPA per rilassarci un po’ e poi a dormire.

 

Giovedì 07-07-16

Come al solito il jet lag si fa sentire. Sonno molto disturbato e alle 5 eravamo svegli a girare nel letto in attesa che facesse giorno. Così alle 8 eravamo già al bar a usufruire del “welcome cappuccino” omaggio. Abbastanza ben fatto. Le brioche invece hanno un’aria tristissima e oltre tutto pure care. Un croissant dall’aspetto appassito quasi 5 AUD. Facciamo un giro per la zona centrale della città per vedere quelle poche cose che la guida suggerisce tra cui la via commerciale (Rundle st. e Rundle Mall) con alcuni vecchi edifici che mi ricordano quelli di Bourbon St. a New Orleans e il Central Market dove abbiamo visto i broccoli venduti a 8.99 AUD/Kg. (cioè più di 6 €), del filetto di vitello a quasi 60 €/kg, sardine a 20€/kg. In generale i prezzi sono abbastanza alti (nei giorni seguenti nei supermercati troveremo prezzi sempre alti, ma abbastanza più bassi di questi). C’è un clima tipo Liguria a gennaio. Ci sono dai 10 ai 12 gradi. La cosa strana è che parecchie persone (sia uomini sia donne) girano in maglietta e sandali senza calze. Adelaide è una tappa funzionale al tour di Kangaroo Island. Per il resto non vale minimamente la pena. Andiamo all’AVIS a ritirare l’auto. Mi danno un SUV enorme con una caterva di automatismi in parte fastidiosi e che non si riesce a capire come disinserirli. Visto che si viaggia al contrario, una macchina così grande proprio non era il caso. Mi fanno una mini lezione sull’uso dell’auto, l’addetto se ne va, regolo il sedile, parto e già il freno a mano elettrico non si sblocca. A forza di fare riesco a sbloccarlo. Risolto il problema si parte per Glenelg, un sobborgo di Adelaide sul mare. Anche questo posto non vale un granché. Mentre giriamo un po’ a caso troviamo un ristorante cinese che propone dei piatti abbastanza attraenti e quindi ci fermiamo a pranzo. I piatti cucinati e serviti costano 10AUD; bottiglietta di birra 7, lattina di coca 5.

Si parte da Glenelg per Wirrina. Arrivando all’hotel ci siamo imbattuti in due canguri presumibilmente mamma a figlio. Buffissimi. Il canguro grande è alto almeno un metro e mezzo. L’hotel fa parte di un centro sportivo per il golf ed è in mezzo al nulla. È una struttura un po’ decadente tipo motel. Entrati in camera si gela. Accendo la pompa di calore e non parte. Così ci cambiano la camera. La connessione wi-fi in camera un po’ fa schifo un po’ non va per niente, nella hall invece va bene. Usciamo a perlustrare il nulla assoluto che circonda l’hotel e troviamo di nuovo i due canguri che pascolano. Ci avviciniamo lentamente, ma se andiamo a meno di una ventina di metri si allontanano. Dopo una breve siesta prendiamo l’auto per andare al paesino che c’è a 10 km a cercare un ristorante o qualcosa che gli somigli. Arriviamo alle 18.15 e sembra un paese deserto. C’è un bugigattolo tipo fast food, gestito da australiani, che propone filetto di barramundi (pesce australiano) alla griglia, insalata e chips per 15 AUD (molto poco). Buono. Poi in camera.

 

Venerdì 08-07-16

Continua l’effetto jet lag, quindi svegliarsi presto non è stato un problema. In camera ci sono bollitore e caffè solubile, così ci facciamo una colazione con i muffin comperati al supermarket. Decisamente meglio di quella di ieri da Safeway. Alle 7:45 si parte (temperatura 6°C) per Cape Jervis dove arriviamo in meno di mezz’ora senza correre. Facciamo il pieno prima della traversata perché sull’isola i benzinai sono rari. Ci mettiamo in coda per il traghetto. Facciamo il check in e poi comincia l’imbarco. La sfiga da traghetto che mi perseguita da sempre fa sì che mi facciano mettere l’enorme SUV in uno spazio strettissimo con non poche difficoltà di manovra. Quello dopo di me invece l’hanno sistemato in un posto comodissimo senza manco una manovra. Vabbé. Fin che le sfighe sono queste non c’è problema. Si parte. Mare calmissimo. Giunti a Penneshaw si sbarca. Un tizio sulla rampa di discesa è riuscito a tamponare l’auto davanti. Un bel modo per cominciare il tour. Le previsioni meteo danno bel tempo oggi e brutto domani. Perciò come prima tappa andiamo a Parndana al Wildilfe Park un bioparco di fauna prevalentemente australiana. Lungo la strada che porta al parco ci sono un sacco di animali, compresi vari canguri, morti investiti. Uno spettacolo molto triste. Il biglietto di ingresso adulti costa 22AUD. Insieme al biglietto ci danno un sacchettino di mangime poiché ci sono due aree in cui si può entrare a dare da mangiare a canguri e wallaby. Le razze di canguri sono varie. Qui ci sono esemplari che vanno dai piccoli wallaby a quelli che raggiungono un’altezza massima di 1,5 metri. Essendo abituati alla presenza umana sono praticamente domestici e se si mette in mano il mangime arrivano in gruppo e mangiano tranquillamente dalla mano spintonandosi tra loro. E si lasciano anche accarezzare. A parte qualcuno hanno tutti un pelo morbidissimo e non puzzano per niente. Sono come dei pacifici cagnoni. Siamo anche entrati nel recinto dei koala dove è stato possibile vederli da vicinissimo. Anche i koala sono particolarmente abituati alla presenza umana e si lasciano accarezzare il pelo straordinariamente morbido. Abbiamo passato 3 ore molto piacevolmente. Partiamo quindi alla volta del nostro hotel (Kangaroo Island Wilderness Retreat) situato quasi al fondo dell’isola poco lontano dall’ingresso del Parco Nazionale di Flinders Chase.

Purtroppo durante il trasferimento un canguro è sbucato dai cespugli per attraversare la strada. Pur inchiodando e sterzando è stato inevitabile lo scontro. Temevo che fosse morto, ma ho visto che si è rialzato (presumo un po’ acciaccato) ed è scappato nella boscaglia. Anche la macchina non ha ammaccature né macchie di sangue per cui spero che a parte la botta presa il simpatico marsupiale si riprenda in fretta e faccia tesoro della brutta esperienza. Su quest’isola i canguri non hanno predatori se non gli automobilisti. Sulle strade dell’isola è piuttosto rischioso andare con moto o scooter. I canguri sono grossi. Posate le valigie in hotel, visto che c’è un bel sole ancora per più di due ore e mezza, andiamo subito a fare il giro nel parco di Flinders Chase (adulti 1 giorno 11 AUD, 2 giorni 16). Tappe principali il vecchio faro, Admiral Arch e Remarkable Rocks dove rimaniamo fino al tramonto. Sulle rocce ci sono colonie molto numerose di grosse foche della Nuova Zelanda con i cuccioli. Frutto di una attività di ripopolamento visto che erano quasi scomparse a causa della caccia nei decenni passati. Questo ripopolamento però ha avuto anche l’effetto negativo di decimare le colonie di pinguini che c’erano a Kingscote e a Peneshaw. Insomma, qualunque cosa faccia l’uomo se tappa un buco apre un’altra falla.

Rientrati in hotel tiriamo un po’ il fiato in attesa dell’ora di cena che qui è rigorosamente dalle 18 alle 20. Quando fa buio arrivano alcuni wallaby nel giardino a razzolare. Questi però non sono domestici e si lasciano avvicinare giusto fino ad un paio di metri poi si allontanano. Quando sono uscito per andare alla reception mi sono preso uno bello spavento vedendomi passare quasi sui piedi come una saetta un wallaby sbucato all’improvviso da dietro un cespuglio. Visto che siamo nel bel mezzo del nulla e il paese più vicino è a svariate decine di chilometri ceniamo al ristorante attiguo, anche perché di alternative che non contemplino il salto del pasto non ce ne sono. Uno dei piatti del menu è la bistecca di canguro, ma dopo aver passato ore ad accarezzarli non ce la sentiamo proprio di assaggiarla. Ripieghiamo sul black angus. Due porzioni di black angus con pezzi di verdura lessa e scondita e una bottiglia di acqua gasata, costo 78Aud. Se si paga con la Visa c’è pure da aggiungere il 2% di commissione. I prezzi dell’Australia ricordano quelli insensati di Trømso. Non essendoci nulla da fare ci rintaniamo in camera. Nota: su larga parte di Kangaroo Island non c’è il segnale GSM

 

Sabato 09-07-16

Comincio a recuperare un po’ il jet lag. Questa notte ho dormito meglio e anche se alle 5.30 ero sveglio sono decisamente riposato. Questa mattina sono finalmente riuscito a vedere che nel lavandino l’acqua scende nello scarico facendo il mulinello in senso contrario rispetto a come lo fa da noi! Quindi l’accelerazione di Coriolis non è una balla! La camera include la colazione a buffet che risulta essere senza infamia e senza lode. I croissant italiani e francesi sono tutta un’altra cosa. Contrariamente alle previsioni meteo non piove. C’è un sole molto pallido dietro ad una velatura sottile. La temperatura alle 9:45 è di 8°C. Partiamo prendendo la strada sud e poco dopo vediamo in lontananza un piccolo animale attraversare la strada. Mentre ci avviciniamo vediamo che si tratta di una echidna che è piuttosto raro vedere. Fermiamo sul bordo della strada e seguiamo la bestiola fino dentro al bosco dove si è fermata con gli aculei bene in vista. Ho provato a toccar le punte e direi che sono un ottimo mezzo di difesa.

Proseguiamo fino ad Hanson Bay (ingresso adulti 9€), un grosso bosco di eucalipti dove vive una colonia di koala di una trentina di individui. Qui si vedono nel loro habitat naturale. Cercare i koala è un po’ come cercare i funghi, solo che invece di guardare per terra si deve guardare per aria. Vederli non è facilissimo perché sono piccoli, stanno sui rami più alti e si mimetizzano con il fogliame. Dei circa 30 koala ne abbiamo visti 6 girando circa per un’ora a naso in su. Col binocolo, una volta individuati, li abbiamo visti bene. Girulando ci siamo anche imbattuti in due canguri molto grandi (alti forse più di un metro e mezzo), in un cucciolone e abbiamo visto qualche wallaby. Soddisfatti del giro proseguiamo e facciamo una deviazione a Vivonna Bay segnalata dall’ufficio del turismo. Deviazione assolutamente inutile. Forse d’estate vale la pena per la spiaggia di sabbia bianca, ma in pieno inverno potevamo tranquillamente saltarla. Una sosta che invece è stata gradevole è quella a Little Sahara un sito di gigantesche dune di sabbia chiarissima su cui scendono con tavole da snowboard e tavole tipo slitta. Da qui in poi la giornata ha cominciato a girare un po’ storta. Volevamo vedere la distilleria di eucalipto, ma era chiusa. Poi siamo andati a Kingscote, centro più importante dell’isola, che sembra una città fantasma. Poi abbiamo girato come delle trottole per cercare la Pelican Bay e quando finalmente l’abbiamo trovata di pellicani nemmeno l’ombra. Decidiamo quindi di andare prima a Penneshaw e questa volta ci va bene, perché c’è un traghetto che sta per partire e ci cambiano il biglietto al volo evitandoci una noiosa attesa di 3 ore. Il mare è molto agitato e una ragazza dello staff passa a distribuire i sacchetti per vomitare e pezzuole fredde da mettere in fronte. Anche a me a prua ha dato qualche lieve disturbo. Poi sono andato a poppa è le cose sono andate meglio.

Finalmente si scende a terra. La traversata è stata un po’ uno strazio. Dopo un’ora circa di viaggio siamo all’hotel McCracken Country Club (4*). Posate le valigie andiamo in centro per cena. Qui si direbbe che i ristoranti non chiudano alle 20. Cenato al Caffè Primo, non male. Spesa per due: 57 AUD. In camera c’è la vasca per idromassaggio e noi approfittiamo dell’occasione. Solo che avendo ecceduto con il bagno schiuma dopo un po’ la schiuma tende ad aumentare esageratamente. E così si conclude la giornata.

 

Domenica 10-07-16

Oggi si parte alla volta di Halls Gap nei monti Grampiani. È un trasferimento lungo (~600 km) su strade con pochissimo traffico a velocità max di 110 km/h. Il SUV noleggiato fa “ben” 10.5 km/l. Beve come una spugna. Per fortuna la benzina costa solo 1.20 AUD al litro (84 cent. di euro) così si compensa. Lungo il tragitto ci sono distese interminabili di verde senza che si vedano segni di presenza umana. L’Australia dà l’idea di essere quasi disabitata. Pecore invece ce ne sono tantissime. Gli ultimi 200 km li facciamo sotto una pioggia battente e un cielo grigio uniforme senza speranza. Giunti a Halls Gap all’ingresso del paese un cartello luminoso ci avverte che oggi la probabilità di incendi è bassa. Con l’acqua che viene giù sembra umorismo molto “british”. Arriviamo finalmente al Dalton’s Resorts. Una struttura a cottage indipendenti che in estate è certamente bella, ma in inverno con 9 gradi e una pioggia torrenziale è meno attraente. Quando siamo arrivati il cottage era gelato. Sarebbe stato bello che all’arrivo avessero fatto trovare la camera calda. Inoltre non c’è una connessione wifi quindi non c’è molto da fare se non leggere nel letto vestiti sotto le coperte in attesa che venga ora di cena. Il riscaldamento del cottage tra l’altro è attivato con una chiavetta di plastica a cui è attaccata la chiave della porta in modo che le due non si possano separare così se si va via il riscaldamento si spegne. Allora lasciamo le valigie in macchina e andiamo al ristorante lasciando aperto. Fatto un rapido check in rete dei ristoranti il Kookaburra sembra essere quello che raccoglie più consensi. Ivi giunti ci lasciamo tentare dal fish’n’chips che è risultato una buona scelta. Un fritto ben cucinato. Leggero e asciutto (25 AUD). Finita la cena ce ne stiamo ancora un po’ lì a scaldarci. Non che si muoia di caldo neanche qui, comunque. Ciononostante ci sono persone in maniche corte, un tizio è in bermuda e una ragazza è senza calze. Hanno un concetto del freddo diverso. Torniamo in camera, che nel frattempo si è un po’ scaldata. Visto che il letto ha sopra al materasso la copertina elettrica scaldaletto ci rintaniamo sotto le coperte sperando che domani migliori un po’ il tempo. Con la pompa di calore a massimo regime, alle 21 (cioè dopo 4 ore che è accesa) ha portato la camera ad una temperatura accettabile. Un gradevole tepore l’abbiamo raggiunto verso mezzanotte. Questa situazione ci ricorda un po’ il soggiorno a Shangri La del 2010.

 

Lunedì 11-07-16

Nella notte le piogge torrenziali sono finite e il cottage si è riscaldato. Per rendere gradevole il soggiorno ci voleva davvero poco: sarebbe bastato che accendessero il riscaldamento verso mezzogiorno in modo da farci trovare la camera calda. Peccato per questa mancanza, perché il posto è bello. Questa mattina che c’è un po’ di sole tra nuvole bianche è proprio bello. Il programma di oggi prevede un giro nel Parco dei Grampiani e poi spostamento a Port Campbell. Provo a impostare la località come destinazione sul navigatore e non riesce a trovare un percorso. Fino a ieri ha funzionato a meraviglia. Perdo un po’ di tempo per determinare delle tappe intermedie conosciute dal navigatore e finalmente trovo un percorso. Soddisfatto del risultato vado a guardare un gruppo di canguri che brucano l’erba in mezzo ai cottage. Non sono domestici ma nemmeno troppo selvatici. Questi canguri sono molto diversi da quelli visti a Kangaroo Island. Hanno una pelliccia più grigia. Si lasciano avvicinare fino a un paio di metri. Altra miriade di foto che poi quando le metterò a posto con photoshop mi pentirò di aver fatto. Quando sto per venire via noto qualcosa di strano sotto la pancia di un canguro. In realtà è una femmina e spunta la testa di un piccolo che guarda fuori dal marsupio. Ovviamente altri scatti. Quando consegno le chiavi chiedo conferma alla reception dell’itinerario che ho trovato per Port Campbell e il tipo mi dice che non va bene e mi indica su una cartina quello giusto. Ho perso inutilmente tempo. Ci dà anche indicazioni su cosa andare a vedere nel Parco Nazionale. Partiamo e il cielo diventa sempre più grigio, ma fortunatamente non piove. C’è vento forte e la temperatura è sugli 8°.

Prima tappa le Mckenzie Falls. Non sono le cascate del Niagara, ma meritano il giro. Poi al Reed Lookout da cui si vede una vallata sconfinata interamente coperta di eucalipti (penso ci sia qualche milione di piante) e infine al Boroka Lookout da cui si vede Halls Gap e il lago artificiale con la diga. Torniamo a valle. In paese c’è un enorme prato con una numerosissima colonia di canguri che si dedicano alle loro due attività predilette: brucare l’erba e stare sdraiati con aria indolente. Anche questi non sono domestici, ma nemmeno selvatici. Ci si avvicina fino a mezzo metro. In questo prato abbiamo assistito all’allattamento di un cucciolone che infilava la testa nel marsupio per succhiare il latte. Uno spettacolo incredibile. Alla fine nonostante fosse già abbastanza grande si è infilato tutto nel marsupio, ma non ci stava tutto e una zampa era fuori. Non manca molto che mamma cangura lo sfratti definitivamente. Questa tappa a Halls Gap nel complesso è stata molto piacevole. Si parte e si viaggia per un bel pezzo in mezzo ai Grampiani. Verso le 16 siamo sulla Great Ocean Rd. e ci fermiamo ogni tanto ad ammirare questa costa selvaggia con un oceano molto agitato che sembra quasi ruggisca e un vento che porta via. Il sole tramonta e noi arriviamo al Portside Motel. Una sistemazione confortevole. Il paese è microscopico. C’è un ristorante elegante quasi vuoto che propone le solite cose, una pizzeria (che per principio evitiamo) e un ristorante alla buona strapieno (12 Rocks Café). Dato che il numero di commensali è sempre un buon parametro di giudizio entriamo. Due piatti di pesce molto abbondanti e buoni, coca e birra 59AUD. Poi in camera ad aggiornare il diario, controllare i conti, preparare il giro di domani, leggere, ecc. ecc. Buonanotte.

 

Martedì 12-07-16

Il cielo ha ampi spazi di azzurro, ma ci sono grossi nuvoloni scuri. La temperatura è di 6° e il vento è molto forte. Nonostante queste premesse non ci perdiamo d’animo e partiamo alle 9 per andare a vedere il “London Bridge”, una delle tante formazioni di arenaria della costa. Mentre con l’auto ci avviciniamo l’azzurro scompare. Quando arriviamo al parcheggio si mette a piovere. Quando sembra smettere andiamo fino al punto di osservazione e ricomincia a piovere. Due foto alla veloce e di corsa alla macchina. La tappa successiva è il sito de “i 12 Apostoli” (oggi solo più 7 o 8 a causa dell’erosione del mare) che è quello più scenografico della Great Ocean Rd. Arriviamo al parcheggio che piove a secchiate. Sconsolati ce ne stiamo rintanati in macchina invocando la buona sorte. Qualcuno ascolta l’invocazione e all’improvviso si forma un’ampia schiarita. Così andiamo al volo ad ammirare dall’alto su una terrazza questo scenario tra il maestoso e l’imponente. Spettacolare! C’è anche la possibilità di vedere due “Apostoli” dalla spiaggia percorrendo un sentiero di circa 2 km oppure andare in auto fino ad un altro parcheggio e poi scendere dalla scalinata. Scegliamo il sentiero e appena arriviamo sulla spiaggia il cielo è di nuovo grigio uniforme e cominciano a cadere le prime gocce. Rapido dietro front e di buon passo torniamo indietro. Risultato: arriviamo alla macchina belli bagnati. Fossimo stati più furbi saremmo venuti giù con la macchina vista l’alta variabilità. La tappa successiva è il faro di Cape Otaway, il più vecchio dell’Australia. Durante il viaggio di un’ora con riscaldamento al massimo tipo sauna riusciamo ad asciugarci un po’. Anche qui quando arriviamo piove a secchiate con vento fortissimo e 4°. Si gela. Proviamo ad aspettare e smette di piovere. Entriamo (19.50 AUD – un prezzo francamente esagerato). Saliamo in cima al faro dove è allestita la vecchia postazione del guardiano. Visto il maltempo e l’ora che si è fatta partiamo per Melbourne. Lungo la strada ci sono parecchi rami caduti sull’asfalto a causa del vento. E persino un albero che stanno rimuovendo. Ad un certo punto piove misto a neve. Finalmente alle 17 siamo all’Avis di Melbourne e restituiamo l’auto. Prendiamo un taxi per andare in hotel e ci mettiamo quasi 40 minuti e 22 AUD per fare 3 km intasati in un traffico bestiale. La camera del Travelodge Southbank è comoda e spaziosa. Sono un po’ micragnosi con la connessione wi-fi che è limitata a 100 MB/giorno a camera e se si vuole una connessione free costa 10AUD per 24 ore. Una esagerazione. Anche con gli asciugamani sono taccagni. Uno a testa da doccia. Cena. Due passi di orientamento e poi in camera.

 

Mercoledì 13-07-16

Il cielo è sereno, c’è un bel vento freddo e le previsioni meteo del governo australiano danno tempo variabile con buone probabilità di pioggia. Ci dirigiamo subito verso una delle vie più animate e piene di specie di barucci dove fare una rapida colazione. Sono uno più triste dell’altro. Uno dei meno peggio risulta essere il McDonald (sigh!) dove ci prendiamo un wrap eggs and bacon. Poi inizia il tour a piedi suggerito dalla Lonely che passa per vicoli pieni di graffiti, vie in cui le vecchie case vittoriane sono adiacenti a edifici moderni e attraverso l’immancabile chinatown dove c’è un ristorante dopo l’altro. Mentre siamo di fronte al Parlamento del Victoria arriva il tram gratuito Circle Line che percorre tutto il perimetro del centro. Tra l’altro, per limitare il traffico nel centro i tram in tutta l’area centrale sono gratuiti. Fuori dal centro invece si pagano. Ci facciamo tutto il giro completo e poi, tornati al punto di partenza, ripartiamo a piedi per completare il percorso suggerito dalla Lonely. Melbourne è una bella città. E fuori dalle ore di punta non è nemmeno tanto trafficata. Breve sosta in hotel in attesa del pullman con cui andare a Phillip Island per vedere i pinguini che tornano a terra al tramonto dopo una giornata passata a nuotare in cerca di cibo. Alle 14 puntualissimo arriva il bus della AATKings e siamo i primi che raccoglie così ci sediamo in prima fila e mentre fa il giro delle sette chiese nel centro per raccogliere gli altri ci vediamo bene la città. Rabastati tutti i partecipanti (in prevalenza con occhi a mandorla) si parte. Il viaggio è abbastanza lungo. Oltre 150 km. Lungo il tragitto si alternano ampi spazi di sereno e sole a pioggia a secchiate con forti raffiche di vento. Alle 17 siamo arrivati.

L’autista ci consegna i biglietti, scendiamo e cade qualche goccia. Tiro fuori l’ombrello e smette. Arrivati in riva all’oceano (a occhio sarà forza 7 o 8 vista l’altezza delle onde) ci sistemiamo su una gradinata in attesa che i simpatici minuscoli pinguini australiani (sono i più piccoli al mondo) tornino a terra. Il cielo è sempre più cupo. Ovviamente comincia a piovere, e pure di stravento. Il mio fido ombrellino cinese comperato a Xi’an fa quello che può. Dopo che mi sono inumidito per bene smette. Di pinguini nemmeno l’ombra. Finalmente con comodo quando è già buio (ci sono però delle lampade che rischiarano la battigia) sbuca sulla superficie dell’acqua un gruppetto di pinguini che lottano con la risacca per riuscire a tornare a terra. Sono davvero buffissimi. Per riuscire ad uscire dall’acqua devono fare molti tentativi, perché sovente, quando sembra che ce l’abbiano fatta, arriva una nuova onda che li riporta indietro. Io credevo di vederne centinaia e centinaia, invece nel giro di mezz’ora ne sono rientrati a piccoli gruppi una trentina. Una volta a terra questi piccoletti (saranno alti 25 cm) si addentrano in una zona di cespugli per raggiungere le loro tane. Qualcuno invece si avvicina al sentiero che porta verso l’uscita a guardare la fiumana di giganteschi bipedi che pagano il biglietto per venire a vedere loro che tornano dalla giornata in mare. Per la cena dobbiamo adattarci a ciò che è rimasto alla caffetteria e poi sul bus per tornare. Salgo sul bus con in mano il bicchiere con due dita di birra da finire. Mi siedo e l’autista mi chiede di andarla a bere fuori perché sul pullman è vietato bere alcoolici. Un filino esagerati.

 

Giovedì 14-07-16

Anche questa mattina il cielo è sereno e sembra che ci siano anche un paio di gradi di più. Speriamo in una giornata finalmente asciutta visto che andiamo allo zoo per vedere dal vivo l’ornitorinco. Andiamo al 7/11 per comperare il biglietto del tram e scopriamo che non esistono. Si deve comperare per 6 AUD un badge e poi ricaricarlo. Il pass giornaliero costa circa 8 AUD, quindi per andare e tornare in tram in due spenderemmo 28 AUD. Data un’occhiata alla cartina vediamo che dallo zoo alla zona tram gratuita è una passeggiata di poco più di mezz’ora, tra l’altro per buona parte lungo un parco, per cui andiamo in taxi e poi torneremo un pezzo a piedi. Anche la scelta di partire in taxi da davanti all’hotel non è stata proprio delle più furbe, infatti solo per arrivare dall’altra parte del fiume (a piedi ci vanno 5 minuti attraverso il ponte pedonale) ci mette 10 minuti e il tassametro arriva già a 10 AUD. Era meglio attraversare a piedi e prendere il taxi davanti alla stazione oppure andare gratis in tram a Queen Victoria Market e prendere il taxi da lì.

Giunti allo zoo (22 AUD di taxi) andiamo alla biglietteria. Il biglietto costa 32.50 AUD. Visto che i senior hanno lo sconto chiedo da che età parte. La bigliettaia mi parla per un bel po’. Io non capisco quasi nulla se non che visto che siamo stranieri e non risiediamo in Australia paghiamo entrambi 29 AUD. Entriamo. Io sono abbastanza contrario agli zoo e sono venuto solo perché è l’unico modo facile per vedere da vicino un ornitorinco. Devo dire però che è fatto molto bene con spazi molto ampi per gli animali e con adeguate ambientazioni. Gli unici che fanno proprio pena sono stati gli uccelli grandi nella voliera e la tigre che andava in continuazione avanti e indietro nello stesso posto. Poco dopo l’entrata c’era una miriade di coloratissimi pappagallini arcobaleno liberi che piantavano un fracasso infernale e litigavano tra loro a suon di beccate. Un padiglione molto bello è quello delle farfalle. Si entra dentro e intorno svolazzano centinaia di farfalle coloratissime in prevalenza australiane. Simpaticissimi i suricati che se ne stanno dritti come piccole sentinelle. Le uniche sentinelle in piedi che trovo simpatiche. Un altro animale particolare, e non certo usuale per noi, è il diavolo della Tasmania (un marsupiale carnivoro). Arrivati davanti al suo recinto non si vede. Dato che c’è una piccola grotta che probabilmente è la tana, prendo un pezzetto di legno e lo tiro davanti all’ingresso. Tempo un secondo scarso e l’animaletto esce incazzatissimo, tanto per tenere fede alla sua fama. Il cartello esplicativo dice che in realtà è aggressivo solo se deve difendere il cibo. Comunque un po’ l’aria irascibile ce l’ha e non verrebbe mai in mente di cercare di accarezzarlo. Siamo passati anche davanti a quella che sembrava una infermeria veterinaria che ospitava un gorilla che era seduto in una posizione che ricordava “Il Pensatore” di Rodin. In 3 ore abbiamo girato lo zoo in lungo e in largo. Con una gradevole passeggiata di 45′ arriviamo a Queen Victoria Market pensando di comperare un po’ di frutta, ma alle 3 p.m. è già tutto bello sprangato per cui andiamo in un bugigattolo di cinesi a mangiare qualcosa. Giruliamo un po’ per il centro e poi alle 4 pm andiamo alla visita guidata gratuita del Parlamento del Victoria. È piccolissimo. Peccato capire quasi nulla della spiegazione che deve anche essere divertente visto che gli australiani ogni tanto ridono. Poi in camera per un po’ di relax prima di cena. Visto che qui a Melbourne c’è Chinatown con una quantità inverosimile di ristoranti e che la cucina australiana non è così attraente, ci buttiamo sulla concorrenza. Entriamo in un ristorante di quelli più curati dove il cibo è cinese, ma i prezzi sono australiani. Una cena soddisfacente. Ultimo giro per il centro di Melbourne, che ci è proprio piaciuta. Girando per la città abbiamo visto alcuni homeless che sul marciapiede hanno un letto con materasso, cuscino e coperte. La sera c’era anche un furgone che faceva servizio di distribuzione pasti. P.s. oggi non ha piovuto!!!

 

 

Venerdì 15-07-16

Sveglia alle 6.15. Quando abbiamo chiesto a che ora sarebbe stato meglio partire per essere alle 8 all’aeroporto ci hanno consigliato di partire alle 7. In realtà così presto non c’è traffico e in mezz’ora siamo arrivati (60 AUD). L’unica coda è stata per entrare in aeroporto. In alternativa al taxi c’è anche uno shuttle bus che fa il giro degli hotel. Costa 19 AUD/persona, ma ci mette oltre un’ora. Alle 8 siamo già seduti al gate in paziente attesa con mezz’ora di internet gentilmente offerta da Qantas. Alle 9 siamo seduti a bordo del 737-800 Qantas che parte puntuale alle 9:10. Nonostante sia un volo interno la munifica compagnia aerea australiana elargisce il vassoietto breakfast nemmeno male che si conclude purtroppo con il peggior caffè mai bevuto su un aereo. Imbevibile. Il volo procede abbastanza tranquillo, a parte qualche turbolenza un po’ “de paura!”. Sotto di noi un’alternanza di distese infinite di prati, boscaglia, terreni brulli. Segni umani: strade sterrate tirate col righello che sembrano perdersi nel nulla. Mentre ci avviciniamo a Cairns sotto di noi c’è una coltre di nubi compatta da centinaia di km. Scesi a terra ovviamente il cielo è nuvoloso. Usciti dall’aereo percepiamo un gradevole tepore (sui 24-25°) e la tipica umidità tropicale. Ai taxi c’è una coda piuttosto lunga. Finalmente tocca a noi e nel giro di un quarto d’ora siamo all’hotel Mantra Esplanade di fronte all’oceano (costo taxi 25 AUD per 7 km di strada). La nostra camera, al 5° piano, è spaziosa e con un balconcino di fronte all’oceano. Però non c’è servizio di pulizia giornaliero e internet è a caro prezzo. Facciamo un giretto sul lungo mare e se non viene il sole non è che Cairns sia un posto così speciale. L’oceano non è balneabile e non c’è la spiaggia. C’è una enorme piscina di acqua salata (lagoon) dove c’è gente che fa il bagno, ma l’acqua è piuttosto fredda. Cairns è funzionale al tour che faremo domani alla barriera corallina, perché i tour partono da qui. Sul lungomare ci sono numerosi ristoranti di varie cucine compreso uno tedesco (?!?). Quello italiano propone nel menù delle improbabili insalate che in Italia mai nessuno si sognerebbe di fare. C’è una pizzeria con pizzaiolo asiatico imbranato da morire nel tirare la pasta che sforna pizze che sembrano tavolette di compensato ricoperte di pomodoro e formaggio. I ristoranti australiani fanno piatti con accostamenti troppo strani per i miei gusti o altrimenti piatti di fritto, così finiamo di nuovo dai cinesi. Questa sera però non è stata una scelta azzeccata. Non era un granché, sebbene in generale in Australia abbiano una cucina decisamente migliore di quella che si trova in Italia. Passeggiata lungo l’oceano e poi in camera.

P.s.

· girando per Cairns abbiamo visto i primi aborigeni di una etnia (sono tantissime le etnie dei nativi) con la pelle scurissima e tratti somatici molto diversi da tutte le etnie di colore viste finora.

· Al supermarket una signora alla cassa prima di noi ci ha regalato due frutti della passione.

 

Sabato 16-07-16

Alle 6:45 la sveglia suona. Alle 7.30 siamo al bancone della compagnia Passions of Paradise per andare alla barriera corallina con il catamarano. Il tempo non è bellissimo, ma ci sono sprazzi di sereno, l’aria è tiepida e il mare una tavola. Alle 8 si parte. Durante la navigazione ci fanno firmare un foglio in cui dichiariamo di essere sani e che non faremo stupidaggini, ci tengono lunghi sermoni sulla sicurezza della barca (che noi capiamo al 10%) e ci fanno un milione di raccomandazioni per evitare incidenti in acqua (idem, capiamo quasi nulla). Quando eravamo andati sul Mar Rosso andavamo invece su barconi sgangherati giusto con la protezione di Allah. Mentalità diverse. Mentre navighiamo si intravedono da lontano un paio di balene. Dopo due ore di navigazione prima sosta alla barriera. La temperatura dell’acqua è 25°, ma io che sono una piattola (come me ce ne sono tanti, comunque) noleggio la muta (8 AUD). Ci danno pinne e maschere di ottima qualità (queste ultime sono tenute a bagno in acqua e disinfettante). Da sempre per non far appannare il vetro si sputa un po’ di saliva e si sparge bene, loro invece hanno un boccettino di liquido da spruzzare sul vetro (saliva sintetica?). Pronti? In acqua! Giruliamo per circa un’ora tra coralli e pesci colorati. Il ricordo della barriera del Mar Rosso è lontano, ma abbiamo l’impressione che fosse più colorata e suggestiva anche se molto più piccola. Quella australiana è la più grande del mondo, ma i coralli hanno colori più spenti. Non abbiamo visto Nemo. Nel Mar Rosso di pesci pagliaccio ne avevamo visti parecchi. Tornati a bordo troviamo il pranzo a buffet pronto. Molta verdura, molta frutta, gamberi freschi e un piatto caldo di carne, verdure e riso. È stato il miglior pasto fatto finora. Mentre mangiamo la barca si sposta a Michaelmas Cay dove c’è un isolotto di sabbia bianca su cui vivono centinaia e centinaia di uccelli marini di varie specie. Ci portano sull’isolotto con una piccola imbarcazione e possiamo avvicinarci abbastanza a questa immensa colonia di uccelli godendo anche del fragrante olezzo di guano prodotto a quintali dai simpatici volatili. Si torna a nuoto al catamarano facendo snorkeling sopra alla barriera corallina. Qui oltre ai pescetti di barriera ci sono anche dei bestioni neri lunghi un bel metro e grossi pesci colorati di forma rontonda (batfish) assolutamente innocui. Vado un po’ su e giù e poi torno in barca a prendere un po’ di sole, visto che si è aperto un bello sprazzo di azzurro. Uno dello staff mi dice che siamo stati fortunati col tempo perché il tour di ieri è stato all’insegna del vento e della pioggia con mare mosso. L’escursione è al termine. Si salpano le ancore e si punta la prua verso il porto di Cairns. Dopo un’oretta di navigazione si alza un bel vento al traverso così issano il fiocco (sarà una sessantina di metri quadri) e torniamo a vela con i motori al minimo incontrando qualche delfino che si mette a gareggiare in velocità col catamarano. Il mare si increspa abbastanza, ma il catamarano è perfettamente stabile. Il rollio è quasi nullo. Sulla barca troviamo una telecamerina GOPRO che non è di nessuno dei passeggeri. Probabilmente era lì dal giorno o dai giorni precedenti. In effetti guardate poi le foto nella scheda le facce che si vedono sono di gente che non era in barca con noi. Dopo cena siamo andati a vedere una galleria d’arte che espone e vende quadri, boomerang e didgeridoo (lo strumento musicale in legno) realizzati da artisti aborigeni. I quadri sono straordinari. Arte astratta, bellissimi. Un quadro 50×50 acrilico su tela senza cornice 450-500 AUD. Si arriva fino ai 10000 AUD per quelli molto grandi, ma li meritano tutti. Su suggerimento della Lonely siamo andati anche a fare un giro al Casinò. È tipo quelli visti a Las Vegas ma grande un decimo. Macchinette, tavoli da roulette e giochi con le carte, video di corse di cavalli e via dicendo. È strapieno di gente soprattutto avanti negli anni che scommette. Un anziano ha cambiato 150 dollari in fiches e li ha puntati quasi tutti alla roulette perdendoli subito. È una malattia che andrebbe curata seriamente.

E anche oggi la giornata volge al termine.

 

Domenica 17-07-16

Ci alziamo con comodo. Oggi è abbastanza soleggiato. Dopo colazione partiamo a piedi per andare all’orto botanico a vedere il boschetto di mangrovie e piante tipiche della zona tropicale. Una gradevole passeggiata di 8 km (andata e ritorno) quasi tutti lungo l’oceano. Nel frattempo si è anche rasserenato e il sole tropicale si fa sentire. Nel giardino botanico oltre a tantissime belle piante che non si trovano in europa ci sono un sacco di insetti fastidiosi che pungono. Camminiamo per un po’ in mezzo ad un rilassante verde immersi in un silenzio totale. Tornati in hotel ci riposiamo un momento e poi usciamo con l’idea di prendere il sole nel parco davanti all’oceano, visto che non esiste la spiaggia se non in pochissimi punti che sono però lontani dall’hotel. Tempo pochi secondi e cominciano ad addensarsi le nuvole e il sole sparisce. Oggi che è domenica il parco è strapieno di gente che fa pic-nic. Ci sono persino delle piastre elettriche di pubblico utilizzo dove la gente cucina di tutto. Data la grande varietà di etnie che popola il parco, c’è una mescola di odori che si sprigionano dai vari punti cucina. Dato che il sole proprio non vuole saperne di tornare facciamo un giro per la città senza però trovare nulla di interessante se non alcuni bellissimi alberi di dimensioni giganti e forme contorte stranissime. Vere e proprie sculture della natura. Su un albero ci sono tantissimi pappagallini arcobaleno che piantano un fracasso incredibile. Non rimane che aspettare l’ora di cena tra letture e relax. Per cena abbiamo trovato finalmente un ristorante che cucina pesce alla griglia senza intrugli strampalati. Ci prendiamo un delizioso filetto di barramundi con patate al forno (18 AUD).

 

Lunedì 18-07-16

La sveglia suona alle 5:30. Sta piovendo. Ma non quei begli slavazzi tropicali che buttano acqua a mastelli. No. Una pioggerellina fine fine tipo autunnale. Però fa caldo. Check out e poi in taxi all’aeroporto. Data l’ora le strade sono deserte e arriviamo in meno di un quarto d’ora (speso 21 AUD). Andiamo al check e scopriamo che la Qantas ci ha cancellato la preassegnazione dei buoni posti che gentilmente Marco ci aveva riservato e ci piazzano nel peggior posto possibile su un Boeing 717, cioè con le orecchie a 10 cm dai motori. Fortunatamente ci sono diversi posti liberi così riusciamo a spostarci in una zona meno rumorosa. La coltre di nubi è a perdita d’occhio. Ogni tanto ci sono delle aperture e sotto si vede terra brulla color marrone. Ad Uluru stando alle previsioni ci sarà un bel sole. Quando ci avviciniamo a Ayers Rock vedo il massiccio di Uluru dall’altra parte. Visto che i posti sono liberi mi sposto, ma dato che l’aereo è già nel corridoio di discesa la hostess mi sgrida. Però riesco a fotografare Uluru dall’alto. Atterriamo su una striscia di asfalto circondata da una distesa di terra rossa. Sembra di essere in un campo da tennis di dimensioni giganti. C’è un sole stupendo, ma l’aria è abbastanza fredda. Alle 10 ci sono 15°. All’Avis per noleggiare l’auto l’impiegata mi chiede la traduzione certificata della patente. Meno male che l’avevo fatta. In tanti anni di noleggi auto in giro per il mondo è la prima volta che mi capita (all’Avis di Adelaide non me l’hanno chiesta). Mi hanno dato una Holden Barina. Un’auto totalmente priva di automatismi fastidiosi e con un bel freno a mano tradizionale. Che bello! Arrivati all’hotel Outback Pioneer Resort facciamo il check in, ma le camere non sono ancora pronte. Lasciamo le valigie e partiamo immantinente per le Olgas di Kata Tjuta, la zona di formazioni rocciose a cupola. L’ingresso al Parco Nazionale costa 25 AUD a persona e vale 3 giorni. Camminiamo per qualche kilometro nei sentieri che si snodano tra le numerose formazioni rocciose. Il colore rosso della roccia crea un bellissimo contrasto con l’intenso azzurro del cielo e le macchie di verde della vegetazione che riesce a svilupparsi nonostante le condizioni estreme di questo deserto. Arrivando vicino a queste gigantesche formazioni si vede che sono un conglomerato di pietre tenute insieme da (sembra) terriccio compresso. La gradevole passeggiata è stata parecchio infastidita in alcuni punti da piccole mosche particolarmente noiose (al supermarket vendono delle retine che coprono la faccia e il collo). Rientriamo in hotel per sistemarci e poi alle 17.30 ripartiamo per andare a vedere Uluru al tramonto in compagnia di qualche altro centinaio di persone. È uno spettacolo molto suggestivo. Uluru prima si colora di un rosso intenso per poi pian piano “spegnersi” man mano che il sole scompare. Oggi poi ad abbellire ulteriormente la scena c’era la luna piena proprio sopra al massiccio. Tornati in hotel abbiamo cenato con pochissima soddisfazione al take away Pionier Kitchen che c’è nel resort. Tempi geologici di attesa per una meat pie giusto da scaldare con patatine fritte (che richiedono pochi minuti di preparazione) e un’insalata verde con qualche pezzetto di pomodoro e striscioline di carne di vitello. Rapporto prezzo qualità molto scadente. Siamo poi andati a fare una passeggiata per vedere le stelle senza peraltro riconoscere nemmeno una delle costellazioni australi. La luna è talmente luminosa che si vedono solo le stelle più brillanti.

 

Martedì 19-07-16

Visto che ci siamo svegliati presto partiamo per vedere l’alba su Uluru. L’auto è coperta di rugiada. Quindi c’è parecchia umidità nell’aria. Ecco perché c’è molta vegetazione. Il punto in cui si vede bene l’alba non è vicino e quando il sole stava sorgendo avevamo ancora una decina di km da fare. Quindi è andata un po’ a buca. È stato comunque bello vedere l’alba su questo strano deserto (o savana?) di sabbia rossa, piante e cespugli. Per consolarci puntiamo verso il bar che c’è a Yulara pregustando fragranti pan cakes, ma le delusioni sono sempre dietro l’angolo. Infatti al bar hanno solo panini e wrap salati stantii e quattro croissant, dall’aria asfittica. Tentiamo con il supermarket. Anche qui il reparto biscotti e dolciumi intristisce. Dopo lunga analisi comparativa comperiamo un pacco di biscottini che hanno sulla confezione l’immagine di un pappagallino arcobaleno. Mi sono chiesto cosa c’entrasse un pappagallino con i biscotti. Dopo aver mangiato il primo, abbastanza duro e assolutamente impermeabile al caffè in cui l’ho immerso, ho pensato che fossero biscotti per pappagallini. In realtà da quanto scritto sulla confezione si evince che sono per umani (senza pretese gastronomiche). Finora gli unici dolciumi passabili che abbiamo mangiato sono i muffin, che però qui non abbiamo trovato. Verso le 10 si riparte con l’obiettivo di percorrere a piedi tutto l’anello di strada che circonda il massiccio o “rucassun” (10.5 km). Dopo una prima sosta al Cultural Centre dove ci sono informazioni sulla popolazione aborigena Anangu ci spostiamo al Mala Car Parking dove c’è una notevole quantità di auto e persone. Nel piazzale c’è un cartello che spiega in tante lingue, tra cui anche l’italiano, che Uluru ha un significato sacro per gli aborigeni Anangu e quindi invitano a non salire in cima; oltretutto è anche pericoloso e alcune persone in passato sono morte (ci sono le lapidi sotto) e molte si sono fatte male. Naturalmente la coerenza non è di questo mondo, soprattutto quando c’è di mezzo il business (in questo caso del turismo) e alla faccia dell’invito a non salire hanno addirittura installato paletti e corda per agevolare la salita e, ovviamente, c’è una caterva di gente che sale. Noi per rispetto della cultura Anangu non siamo saliti. Non certo perché è ripidissimo e mazzoso. Il giro completo intorno alla base è da non perdere. Tra l’altro è tutto pianeggiante e non presenta alcuna difficoltà e ci sono anche punti sosta con l’acqua. Alcuni lo fanno in bici, ma personalmente trovo che farlo a piedi consenta di cogliere molte più sfumature. Uluru modifica il suo aspetto a seconda dell’incidenza della luce. È in mutamento continuo. Non si può descrivere a parole. Bisogna vederlo. La roccia di Uluru è arenaria ed è totalmente diversa da quella delle Olgas di Kata Tjuta. Per fare tutto il giro con qualche deviazione, soste foto, soste panchina ci mettiamo 3:15 h. Mica male per due anziani. Tornati a Yulara ci prendiamo una meat pie calda al supermarket (4.50 AUD) abbastanza buona. Dopo una bella doccia rigenerante e un po’ di relax, non possiamo fare a meno di tornare a vedere il tramonto sul “rucassun”. Arriviamo quando le ombre si stanno già allungando e Uluru comincia a tingersi di rosso acceso. La luna questa sera non è ancora sorta. Quando il sole tramonta definitivamente, e Uluru “si spegne”, da dietro comincia a spuntare una luna piena di una luminosità incredibile. Anche questa sera lo spettacolo è stato grandioso. Per cena tentiamo con Ayes Wok, un take away gestito da due giovani: un asiatico alle padelle e un australiano al confezionamento, consegna e cassa. Cucinano stir fry noodles in vari modi serviti in un cestino di cartone per 16 AUD. La coda di clienti è lunga, per cui si spera che sia un buon segno. In effetti non è male. La porzione è molto abbondante e con molto condimento. Per concludere la serata andiamo in macchina un paio di km fuori dal centro abitato dove non ci sono luci per guardare le stelle. Abbiamo visto la famosa croce del sud. Una costellazione di quattro stelle disposte come un aquilone. Soddisfatti della bellissima giornata ci ritiriamo in camera.

 

Mercoledì 20-07-16

Per la colazione abbiamo deciso di trattarci bene e siamo andati al buffet del Bough Restaurant. Con 26 AUD c’è un bell’assortimento di salato e dolce sia caldo sia freddo e tanta frutta. Qui finalmente abbiamo trovato delle brioche buone. Ne valeva la pena. Esageratamente satolli (ci abbiamo dato dentro) partiamo con l’auto per andare a vedere il villaggio aborigeno di Mutitjulu e il Water Hole (che ieri abbiamo saltato). Il villaggio è costituito da casette molto essenziali. Le strade e la piazza sono sterrate. C’è una piccola scuola molto colorata e una caterva di ragazzini che giocano per strada. O è l’ora della ricreazione o hanno tagliato in massa. L’aspetto generale è abbastanza povero. I bambini sono tutti scalzi. Ci sono anche gruppi di adulti che stanno seduti al sole senza far nulla. Danno l’idea di essere degli esclusi in casa loro. Rimaniamo poco senza scattare fotografie perché sembra poco educato stare lì ad osservarli come fossero una semplice curiosità. Ci spostiamo al parcheggio che dà l’accesso pedonale a Water Hole. Un quarto d’ora di passeggiata e arriviamo in un posto incantevole. Un piccolissimo laghetto cristallino in cui scende un filo d’acqua dalla sommità di Uluru. Dato che non nevica e che lassù non può esserci una sorgente, come è possibile? Mentre siamo lì arriva una guida del parco che scopriamo avere un nonno di Mestre. La ragazza ci spiega che sopra c’è una specie di imbutone che quando piove si riempie di acqua che poi filtra attraverso una fenditura fino al laghetto. Torniamo facendo una sosta al distributore di benzina Shell di Yulara dove il prezzo della unleaded è di 1,90 AUD/l. Circa 70 cent/l in più. Ma siamo in mezzo al deserto e far arrivare le autobotti costa caro. Tra l’altro ho visto che al baruccio del distributore hanno delle colazioni migliori di quelle del bar al Visitor Centre. Si va all’aeroporto per prendere il volo JetStar per Sydney. La vacanza volge al termine. Il volo parte in orario alle 14:15. Ciao ciao Uluru, posto magico e fantastico! Per oltre due ore sotto di noi c’è il nulla. Nessuna traccia umana. Man mano che ci avviciniamo a Sydney ci sono sempre più nuvole. Stiamo sorvolando Sydney in fase di atterraggio. È buio e si vede una immensa distesa di luci a perdita d’occhio (ma quanto è grande?). Quando arriviamo pioviggina e la temperatura gradevole. Non fa freddo. Recuperati i bagagli andiamo a prendere il treno proprio sotto l’aeroporto per andare in città (17,40 AUD p.p.). In 15 minuti siamo alla stazione Wynyard. Come sempre si tratta di indovinare da che parte uscire. Mentre siamo lì che tentiamo di orientarci una signora ci chiede dove dobbiamo andare e ci indica l’uscita. Questa stazione della metro ha le scale mobili con i gradini di legno. E come quelle che c’erano a Mosca nel 1985. L’hotel Travelodge è appena a 100 m. di distanza. Check in, bagagli in camera e giro nel circondario per mangiare qualcosa alla veloce. Quindi si torna in camera per pianificare i prossimi due giorni. La camera non è molto grande ma comunque comoda. In questo Travelodge non sono micragnosi con il wifi come in quello di Melbourne. Ci sono 500 MB al giorno free, più che sufficienti.

Giovedì 21-07-16

Dopo colazione (oggi morigerata: muffin e cappuccino) andiamo a Town Hall dove alle 10:30 parte un giro a piedi semi gratuito guidato da ragazzi. Semi gratuito nel senso che al termine del giro si lascia una mancia a propria discrezione. Dico all’accompagnatore che la nostra comprensione dell’inglese è scarsa e quella dell’inglese australiano ancora peggio, ma che se parla adagio abbiamo maggiori possibilità di capire. No problem! Quando partiamo dice come si chiama in modo talmente chiaro che non abbiamo nemmeno capito il nome. Cominciamo bene. Ci accompagna a vedere alcuni monumenti importanti, tra cui l’imponente sede delle poste, e le zone più caratteristiche. Delle spiegazioni abbiamo capito molto poco, però è stato utile per orientarci nella città. Il tour si conclude al porto su una terrazza da cui si vedono bene sia l’Opera House sia il ponte, che merita un commento. È il più largo e più pesante ponte in acciaio ad una sola arcata mai costruito al mondo ed è pochi centimetri più corto di un analogo ponte americano. Lo hanno costruito a inizio del 1900 cominciando dai due lati e si sono congiunti al centro (pensa se sbagliavano le misure anche di poco). Sui due lati ci sono i piloni in cemento e sull’esterno delle arcate ci sono delle scalinate su ciascun lato. Salire a piedi i 200 scalini che portano sulla terrazza del pilone costa 13 AUD, mentre salire (accompagnati) la scala sulle arcate del ponte costa 270 AUD. Proprio duecentosettanta. Circa 190 €. Per salire fanno indossare una tuta, mettono una imbragatura con un moschettone che si aggancia ad un cavo di acciaio che corre lungo la scalinata. Il nostro accompagnatore dice che ogni giorno ci salgono alcune centinaia di persone. Per il comune di Sydney è una gallina dalle uova d’oro ‘sto ponte. Il tour a piedi ha stimolato l’appetito. Per placare la fame torniamo in una galleria commerciale in cui ci ha portato questa mattina dove ci sono cucine di tutte le etnie. Ci buttiamo sul turco. Finalmente verso le 3 pm si rasserena. Allora ne approfittiamo per andare al ponte e salire in cima al pilone. La vista vale la spesa. Con il sole del pomeriggio l’Opera House ha anche una bella illuminazione, mentre stamattina col cielo nuvoloso era smorta. Il cielo comincia ad imbrunire. Passeggiamo un po’ per The Rocks, un piccolo quartiere costruito su una rocca. Sembra un mondo a parte. Casette, strade strette lastricate, lampioni, poche auto. Molto suggestivo. Dopo una pausa in camera usciamo per andare a cena. Questa sera, al contrario di ieri, le strade sono molto animate e un sacco di negozi sono aperti. Ci infiliamo in una galleria dove c’è un ristorante messicano tipo Chipotle dove ceniamo con soddisfazione e una spesa irrisoria. Tornando in camera entro in un negozio per comperare una lattina di birra. Vado alla cassa, pago, il cassiere mette la lattina in un sacchetto di carta e mi raccomanda di non tirarla fuori per strada. Ma sono paranoici! Comunque onde evitare di finire nelle galere australiane seguo la raccomandazione.

 

Venerdì 22-07-16

Quando ci svegliamo, come sempre sul presto, vediamo un bell’azzurro nel cielo e vento abbastanza forte. Usciamo per colazione e la temperatura è proprio gradevole. Si sta bene in maniche di camicia. È la giornata ideale per un giro in battello nella baia di Sydney, così vediamo da una prospettiva diversa sia il ponte sia l’Opera House. Ci sono varie linee di traghetti di linea che partono dal porto. Noi prendiamo quello che in mezz’ora va a Manly, una delle più belle spiagge di Sydney (A/R 15.20€). Dalla barca vediamo l’Opera House quasi tutta intorno e il ponte proprio di fronte. Arrivati a Manly, con 10 minuti di passeggiata siamo alla spiaggia sull’oceano. Nonostante siamo in pieno inverno australe la temperatura è così tiepida che c’è gente che fa il bagno. È un po’ come fare il bagno in una calda giornata di fine aprile in Liguria. Giriamo un po’ per il lungomare poi prima di tornare comperiamo da Coles alcune cose da mangiare tra cui un sacchettino di una specie di pane “crispy” sottile (buono) di cui non abbiamo guardato prima il costo. Arrivati alla cassa abbiamo scoperto che 125 gr. costano 7 AUD. Circa 35 euro al kilo (da noi un sacchetto di crostini da 3 etti costa meno di 2€). Dopo averli mangiati leggo l’etichetta e vedo che sono fatti con l’olio di colza la cui vendita in Italia è proibita. Tornati al porto di Sydney c’è un aborigeno che suona il didgeridoo e si fa fotografare previa mancia. Andiamo poi a rivedere il Cadman Cottage più che altro per capire meglio che cos’ha di speciale l’albero che c’è piantato nel prato antistante di cui ci ha parlato ieri la guida nel suo incomprensibile (per me) inglese australiano. Aiutandomi con google ho trovato che questo albero si chiama Wollemi Pine (wollemia nobilis) ed è una conifera della famiglia delle Araucarie. È un albero antichissimo (risale ai tempi dei dinosauri) nonché molto raro, tant’è che i botanici temevano fosse estinto finché nel 1994 ne è stato trovato uno per puro caso nel Parco Nazionale Australiano di Wollemi. Sono in corso attività di coltivazione di questa pianta per diffonderla nuovamente. Il giro cittadino prosegue fino alla Cattedrale di St. Mary, la più grande chiesa cattolica d’Australia. Per cena troviamo un simpatico ristorante in George Street nel quartiere The Rocks. Al bancone si sceglie un trancio di carne o di pesce, poi si esce e si cuoce autonomamente su un barbeque. Insalate, frutta e pane a volontà comprese nel prezzo. Noi abbiamo preso due filetti di barramundi (30 AUD l’uno) che ci sono stati consegnati avvolti nella stagnola e da cuocere senza aprirli per evitare che si rompano. Quando abbiamo aperto il cartoccio per mangiarli ci siamo resi conto delle dimensioni pantagrueliche dei filetti. Io ho faticato a finirlo, Franca ha dato forfait a poco più di metà. Peccato perché è un pesce molto buono e sciuparlo è un delitto. Dopo cena ultimo giro al porto per vedere l’Opera House e il ponte illuminati, poi mesti in camera a preparare le valigie. Sob!

 

Sabato 23-07-16

Le valigie sono chiuse. Abbiamo ancora circa 4 ore per girulare per Sydney. C’è un bel cielo azzurro e un vento frescolino che porta via. Andiamo a girare per le stradine di The Rocks in cui siamo sempre passati un po’ di corsa. È un quartiere molto particolare. Abbiamo anche trovato un vecchio lavatoio pubblico, ovviamente dismesso da molti anni. Passeggiamo sotto il ponte dove si vedono le strutture in ferro unite tra loro con bulloni da 100-120 mm e dadi da 160-180 mm. Torniamo poi verso il porto dove c’è il Museum of Modern Art (ingresso gratuito). Ci sono opere di arte contemporanea che come sempre mi lasciano perplesso. Anche qui, come in altre mostre di arte contemporanea, abbiamo il dubbio che un divanetto con due libri sopra sia un’opera d’arte, invece serve solo per sedersi e sfogliare il catalogo della mostra. Interessante la collezione di quadri realizzate da artisti aborigeni. Terminata la visita ci mettiamo a prendere il sole sulla banchina del porto. Ieri sera al ristorante abbiamo avanzato del pane che abbiamo tenuto per gli ibis che razzolano qui tutto il giorno. Hanno molto apprezzato il pensiero. Percorrendo Pitt St. passiamo casualmente davanti al piccolo museo degli opali molto interessante (ingresso gratuito) che visitiamo rapidamente. Tornando in hotel spendiamo gli ultimi dollari comperando due lattine di birra e delle pastiglie. Ci sono avanzati 30 centesimi. Poi ritiriamo i bagagli e con il treno andiamo all’aeroporto (biglietto 18.20 AUD).

Ciao ciao Australia. È stata una bella vacanza.

 

 

Riepilogo spese

 

Anticipo ad Agenzia 4240€

Saldo ad Agenzia 2571€

Spese per andare a MXP

· Park 82€

· Autostrada 25€

· Gasolio 20€

Contanti (in AUD) 420€

Visa 900€

Totale ~ 8300€

P.s. per informazioni scrivetemi a L.MASERA@ALICE.IT

NOTE

 

· È tutto molto caro. Un cappuccino 4.50 AUD, una brioche 5 AUD, una pizza 20-25 AUD, le mele 5 AUD/Kg, …

· La benzina invece costa poco: 1.20 AUD

· I cappuccini sono fatti bene. Ci mettono solo un eterno a farli.

· A parte viaggiare dal lato sbagliato della strada usano metri, litri e gradi centigradi come da noi.

· Alle stazioni di servizio funziona come da noi: riempi e poi vai dentro a pagare. Solo in USA devi lasciare i soldi o la carta prima. Chi non si fida non è da fidare dice il proverbio.

· Ci sono un sacco di uccelli bellissimi, e alcuni coloratissimi, che non ho mai visto altrove. Difficili da fotografare perché sempre in movimento.

· I canguri e i koala non puzzano minimamente. Quelli del bioparco li abbiamo accarezzati e sulle mani non è rimasto il benché minimo odore.

· In inverno a Melbourne che fa abbastanza freddo c’è un sacco di gente che gira per strada con le infradito o sandaletti senza calze.

· In generale si coprono pochissimo.

Le mie personali opinioni su hotel, ristoranti, ecc.

Cominciamo con Viaggi in Australia

Se hanno soddisfatto me che sono molto esigente vuol dire che sono proprio bravi. Io amo la precisione e tutto è stato organizzato senza intoppi. La scelta degli alberghi e dei tour fatti in loco è stata soddisfacente. I tempi di permanenza nelle varie tappe sono stati adeguati. Buona assistenza telefonica e molta pazienza.

Hotel Playford Comodo per un veloce giro della zona centrale di Adelaide. La nostra camera era grande, molto pulita con un bel bagno. Nel sotterraneo c’è una bella palestra con piscina, jacuzzi e sauna a disposizione gratuitamente per gli ospiti. La connessione wi-fi in camera funziona bene.

Wirrina Cove Ubicato in mezzo al nulla, fa parte di un centro sportivo di golf. È una struttura tipo motel americano un po’ decadente però pulito. La camera è grande, con balconcino (inutile in inverno). Il letto è comodo. Il bagno è grande, ma non è riscaldato e la pompa di calore in camera non ce la fa a riscaldarlo. A luglio quando siamo stati noi era quasi deserto e dato che la SPA è esterna era inusabile. Per una notte in attesa di imbarcarsi per Kangaroo Island va bene.

Kangaroo Island Wilderness Retreat Molto isolato. La camera è molto essenziale, ma spaziosa e pulita. Il letto è comodo e c’è tutto ciò che serve per un breve soggiorno confortevole. La connessione wi-fi è solo nel salone della reception dove ci sono divani, poltrone e tavolini. Alla reception sono molto cordiali e gentili. C’è un ristorante attiguo dove i prezzi non sono proprio popolari, ma non ci sono alternative. Extra charge 2% per pagamento con carta di credito.

McCracken Country Club Hotel di un centro di golf. La struttura è elegante e molto curata. La camera SPA che hanno assegnato a noi è grande con il balcone. Il bagno ha la doccia e la vasca con idromassaggio. Il wi-fi funziona bene.

Caffè Primo Victor Harbour Ristorante alla buona con una scelta abbastanza ampia. Io ho preso una grigliata mista di carne in cui c’erano anche anelli di calamaro e gamberi fritti. Porzione molto abbondante. Offrono a fine pasto un pancake con panna e sciroppo d’acero. Non male. Spesa per due piatti e due coca: 57 AUD

Dalton’s Resort È una struttura a cottage indipendenti che in estate è certamente bella, ma in inverno con 9 gradi e una pioggia torrenziale è poco confortevole. Inoltre quando siamo arrivati verso le 17 il cottage era gelato e la pompa di calore ci ha messo ore prima di portarlo ad una temperatura accettabile. Sarebbe bello che all’arrivo facessero trovare la camera calda. Non c’è wi-fi, ma in compenso ci sono i canguri nel prato vicino. L’illuminazione esterna è quasi inesistente per cui fare manovra con l’auto al buio si rischia di bollarla contro piante, massi, muretti, …

12 Rocks Café Un ristorante alla buona, molto grande e molto frequentato. Io ho preso un fish pie con contorno di verdure (al vapore e scondite, ma qui è la norma) buono. Con una birra piccola 30 AUD. Servizio molto veloce.

Travelodge Southbank La camera è comoda e spaziosa. Molto pulito. Sono un po’ micragnosi con la connessione wi-fi che è limitata a 100 MB/giorno a camera e se si vuole una connessione free costa 10AUD per 24 ore. Una esagerazione. Anche con gli asciugamani sono taccagni. Uno a testa da doccia e bon.

Mantra Esplanade È situato sul lungomare. A noi hanno assegnato una camera al 5° piano spaziosa e con un balconcino di fronte all’oceano. Però non c’è servizio di pulizia giornaliero e internet è a caro prezzo. C’è una postazione PC nella hall (gratis). La grande piscina (lagoon) è a 100 metri. C’è anche una piscina interna, ma l’acqua non è riscaldata e quindi freddina. A 300 metri c’è il terminal da cui partono i tour per la barriera corallina.

Passions of Paradise. Abbiamo fatto il tour alla barriera corallina e a Michaelmas Cay con partenza alle 8 e rientro alle 17. Catamarano molto bello, personale gentile, maschere e pinne di ottima qualità, il pranzo a bordo buono con tanta frutta fresca e verdura. Bevande a parte. Noleggio muta da sub 8 AUD.

Outback Resort Grande struttura a cottage. Camera spaziosa, senza fronzoli ma c’è tutto ciò che serve per stare comodi. Molto silenzioso. Buona connessione Wi-Fi gratuita in camera. Quando siamo stati noi era pienissimo e abbiamo avuto problemi a parcheggiare l’auto. Nella struttura ci sono un ristorante, un take away e un bar. A 10 minuti a piedi c’è un supermarket abbastanza fornito. I prezzi sono un po’ più alti, ma è anche in mezzo al deserto.

Ayes Wok È un take away gestito da un asiatico alle padelle e un australiano al confezionamento, consegna e cassa che fa stir fry noodles in vari modi serviti in un cestino di cartone per 16 AUD. La coda di clienti è generalmente lunga (buon segno). In effetti non è male. La porzione è molto abbondante e con molto condimento. Sulla piazza antistante ci sono tavolini e sedie.

Pionier Kitchen Tempi geologici di attesa per una meat pie giusto da scaldare con patatine fritte (che richiedono pochi minuti di preparazione) e un’insalata verde con qualche pezzetto di pomodoro e striscioline di carne di vitello (16 AUD spesi male). Rapporto prezzo qualità molto svantaggioso.

Travelodge Wynyard È appena a 100 m. di distanza dalla stazione del treno che collega con l’aeroporto e circa un quarto d’ora a piedi dal porto. La camera non è molto grande ma comunque comoda. Un po’ piccolo il bagno. In questo Travelodge non sono micragnosi con il wifi come in quello di Melbourne. Ci sono 500 MB al giorno free, più che sufficienti. A breve distanza ci sono Food Court e ristoranti.

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