Australia: outback on the road

In camper da Melbourne a Darwin, attraversando tutto il Red Centre, poi in volo fino a Cairns per un po’ di Queensland
Scritto da: cimolais
australia: outback on the road
Partenza il: 05/05/2016
Ritorno il: 29/05/2016
Viaggiatori: 2
Spesa: 3000 €
Ciao a tutti, questo è il racconto del nostro viaggio in Australia dal 5 al 29 maggio: 7500 km percorsi on the road in camper da Melbourne a Darwin, attraversando tutto il Red Centre, e poi in volo fino a Cairns per un po’ di Queensland, con una spesa complessiva di 5000 € tutto compreso per due persone.

Let’s get ready to start! Buona lettura!

5-6 MAGGIO: VENEZIA – DOHA – SINGAPORE – MELBOURNE

La ricerca dei voli, vista l’assenza di prezzi favorevoli nel periodo che ci interessava, ci ha portato a valutare di spezzare il volo intercontinentale a Singapore per poi usufruire di un collegamento successivo con una compagnia diversa; facendo così, riuscivamo anche ad ottimizzare la partenza del ritorno, che volevamo fare da Darwin senza dover per forza ritornare a Melbourne. La scelta per il volo intercontinentale è caduta, come spesso ci accade, su Qatar Airways, compagnia che abbiamo già usato diverse volte, sempre con grande soddisfazione. Anche in questa occasione tutto è filato liscio, in perfetto orario e con una qualità dei servizi a bordo decisamente superiore alla maggior parte delle altre compagnie aeree. Partenza da Venezia Marco Polo alle 18.30 del giorno 5 e arrivo a Singapore Changi alle 15.00 del giorno 6, con cambio di 1,5 ore a Doha Hamad senza il minimo intoppo, e volo sul nuovo splendido A350 appena inaugurato da Qatar. Per la tratta successiva da Singapore a Melbourne e per tutti i voli successivi in Australia abbiamo scelto Jetstar, compagnia con cui ci siamo trovati molto bene nonostante online si trovino recensioni non troppo lusinghiere: per quanto ci riguarda l’esperienza è stata ottima: aerei nuovi e confortevoli, perfetto orario e procedure di imbarco snelle e funzionali.

Trascorriamo qualche ora nell’aeroporto di Singapore, dove tutto si può fare meno annoiarsi, e ci imbarchiamo alle 21 per Melbourne sul 787 Dreamliner che non avevo ancora avuto occasione di prendere: fortunatamente ci sono diversi posti liberi e possiamo sdraiarci in due file da 3 posti per farci una gran bella dormita fino a destinazione.

7 MAGGIO: MELBOURNE – TORQUAY – OCEAN ROAD

Arriviamo in orario alle 5.30 a Melbourne Tullamarine, dove espletiamo le lente e iper formali pratiche di ingresso in Australia, con la solita manfrina sulla frutta e verdura e le mille domande sul perché siamo andati fino laggiù, cosa che personalmente mi irrita sempre parecchio ma che devo dissimulare dietro un bel sorriso di circostanza. Riusciamo finalmente a ritirare le nostre valigie e prendiamo un taxi per andare al centro di consegna del camper, che si trova a circa 20 km dall’aeroporto. La scelta del camper come mezzo di trasporto è figlia di una serie di considerazioni sulle difficoltà di trovare luoghi dove dormire ad un ragionevole rapporto qualità-prezzo, specialmente lungo la Stuart HW e ai prezzi esorbitanti di un noleggio auto con drop off in una località diversa da quella di ritiro. Per i camper esiste invece la possibilità, scandagliando a fondo le offerte online, di trovare qualche noleggio che non applica la tassa di drop off perché ha necessità di spostare un camper da un luogo all’altro in vista del cambio di stagione. Nel nostro caso abbiamo trovato un’offerta del genere fatta da Britz, una delle principali compagnie di noleggio australiane, che per alcuni modelli ci offriva questa possibilità per la tratta Melbourne-Darwin, riducendo notevolmente i costi.

Ritiriamo il nostro 3 Berth Highball, d’ora in avanti soprannominato Britzino, e siamo finalmente pronti ad incominciare l’avventura; la prima tappa obbligatoria è una spesa gigante al primo supermercato, dove fare rifornimento di tutto il necessario con il solo vincolo di non esagerare con la frutta perché anche all’interno dell’Australia ci sono diversi check point della quarantena, dove si viene costretti a buttare via tutto pena multe salatissime, quindi è perfettamente inutile comprare molta frutta o verdura se poi si deve passare uno di questi punti. Noi, a conti fatti, ne dovremo incontrare uno tra 3 giorni, e quindi ci regoliamo di conseguenza. Se avete intenzione di intraprendere un viaggio on the road, fatevi un’idea precisa di dove sono situati per evitare spiacevoli problemi.

La prima tappa del nostro viaggio è l’Ocean Road, la magnifica strada costiera che corre lungo l’oceano per qualche centinaio di Km, con alcuni degli scorci più suggestivi dell’intero paese, a partire dai famosi 12 Apostoli. Ci muoviamo lungo l’autostrada fino a Geelong e poi a Torquay, la capitale mondiale (o quasi) del surf: qui si respira la cultura e il life style dell’autentico surfer in ogni angolo, le tavole compaiono ovunque e c’è dappertutto un sacco di gente che carica l’auto per andare sulla costa ad inseguire l’onda; sembra di essere sul set di Point Break, che non a caso è stato girato proprio qui, sulle magnifiche spiagge di questo tratto di costa.

A poca distanza da Torquay, l’Ocean Road raggiunge la costa ed inizia a snodarsi sinuosa in riva al mare su un saliscendi continuo tra insenature, scogliere a picco sul mare e spiagge di sabbia candida. Per un lungo tratto è costantemente affiancata da un sentiero costiero, accessibile in diversi punti, che permette comode e gratificanti escursioni con discese fino al mare: decidiamo di fermarci in un paio di punti nel Great Otway NP e da là partiamo per due belle passeggiate, fermandoci a guardare le decine di surfers nell’oceano che cavalcano onde di dimensioni pazzesche. Come giornata di apertura del viaggio, poteva andare peggio! All’imbrunire saliamo sul nostro camper e ci muoviamo lungo la costa fino a trovare un posticino tranquillo dove fermarci per la cena e la nanna, nei pressi di Apollo Bay.

8 MAGGIO: OCEAN ROAD- 12 APOSTLES NP- DUNKELD

Dopo una gran bella colazione sul Britzino in riva al mare, ci avviamo lungo l’Ocean Road e i suoi splendidi panorami fino al 12 Apostles NP, casa dei famosi faraglioni calcarei che si stagliano in mezzo al mare, e di altri luoghi noti come il London Bridge e la Loch Gorge. Il tempo non è dei migliori: cielo nuvoloso e qualche leggera pioggerella, con un vento che lascia presagire il mare in burrasca, cosa che si dimostra vera non appena giungiamo in prossimità del Parco Nazionale.

I punti di accesso al mare e i diversi scenic view lungo la strada sono collegati da comode passeggiate che si dipanano a partire dai diversi posteggi e dal visitor center. In una giornata come questa, con il mare in tempesta, vento e onde gigantesche che si abbattono sulle diverse concrezioni calcaree, si percepisce l’immane potenza dell’oceano e ci si sente “piccoli piccoli” nelle diverse insenature in cui le onde, senza preavviso, arrivano veloci costringendoci a rapide corse per evitare di finire a mollo. La forza degli elementi ha modellato e in qualche caso anche distrutto alcuni Apostoli e il London Bridge, che oggi non è più direttamente raggiungibile dalla terraferma proprio perché spezzato in due tronchi distinti. L’atmosfera è particolarmente affascinante e siamo soddisfatti di aver visto questa parte di costa con questo meteo.

Nel pomeriggio, dopo aver percorso buona parte dei sentieri a disposizione nelle diverse località del Parco, ci dirigiamo verso Port Campbell dove ci fermiamo per un rapido rifornimento e da là verso Warrnambool e Dunkeld, meta della serata, da cui domani partiremo per il Grampians NP.

Arriviamo a destinazione in serata, ci sistemiamo in un camping attrezzato visto il desiderio impellente di una gran bella doccia calda e prima di cena facciamo quattro passi attorno al campeggio: in pochi minuti, ci troviamo circondati da canguri che sbucano da ogni lato e facciamo i primi avvistamenti di una lunga serie. Ne vediamo una ventina in breve tempo, intenti a brucare e a saltellare a destra e sinistra, fino a ritrovarceli di fianco al camper in campeggio. Non rimane altro che tornarcene alla base per una buona cena e la nanna.

9 MAGGIO: DUNKELD – GRAMPIANS NP – MILDURA

Ci svegliamo sotto un temporale con i fiocchi: piove a catinelle e la giornata non si preannuncia facile. Siamo a lungo indecisi su cosa fare, ma poi decidiamo di scommettere sulla buona sorte e sul meteo che annuncia miglioramenti in giornata e partiamo alla volta di Hall’s Gap, cuore del Grampians NP.

Il piano originale prevedeva l’ascesa al Mount Williams, la vetta più alta del parco, che domina gli altipiani delle Grampians a perdita d’occhio, ma ci accorgiamo rapidamente di dover cambiare programmi perché la montagna è avvolta dalle nuvole e dalla nebbia. In arrivo ad Hall’s Gap qualche squarcio azzurro ci mette di buon umore e, dopo aver raccolto informazioni al Visitor Center, optiamo per l’ascesa al The Pinnacle, considerato il miglior punto scenico della zona. Arriviamo al posteggio proprio mentre il sole vince la sua battaglia ed inizia a scaldare l’aria: il sentiero si snoda tra stretti canyon e fitte foreste di eucalipty, salendo in maniera graduale e senza particolari difficoltà fino alla vetta. Scendiamo da un altro versante, seguendo le indicazioni, in questo caso molto chiare e abbondanti.

Rientrati al posteggio, pranziamo sul nostro Britzino e ci dirigiamo per l’escursione pomeridiana alla MacKenzie Falls, imponenti cascate a nord ovest del parco, a cui si accede sia dalla sommità che scendendo un rapido sentiero fino alla base. Lo spettacolo è notevole: sia dall’alto che poi nella discesa si ammirano queste grandi cascate che hanno modellato la montagna e disegnato un piccolo canyon tra pareti a picco.

Nei boschi intorno si vedono un sacco di pappagalli di mille colori diversi, dal rosso al verde fino al turchese acceso, e i soliti immancabili canguri che saltellano tra gli alberi: siamo praticamente da soli, sarà per la giornata non particolarmente soleggiata ma il parco è veramente poco frequentato.

Conclusa l’escursione, partiamo alla volta di Mildura dove abbiamo in programma di fermarci a dormire: la strada è molta, ma contiamo sul fatto di poter viaggiare spediti visto la quasi assoluta assenza di traffico; andiamo ad Horsham, e da lì a Warracknabeal lungo la Henty HW, per poi puntare a nord sulla Calder HW fino a Mildura. Il viaggio prosegue liscio, ma nel tratto tra Ouyen e Mildura nei pressi del Murray Sunset NP veniamo travolti da una tempesta di sabbia. In pochi minuti si alza un vento pazzesco e ci troviamo immersi in una nuvola rossa, sballottati a destra e sinistra: devo azionare i tergicristalli per togliere la sabbia dal vetro e chiudere immediatamente finestrini e prese d’aria dell’abitacolo; passiamo il classico “brutto quarto d’ora”, ma poi ne usciamo, anche se il vento continua con forza.

Arrivati a Mildura ci fermiamo in un’area di sosta lungo la Sturt HW per la cena e la nanna: il vento fischia e il Britzino oscilla, ma siamo stanchi morti e ci addormentiamo in fretta.

10 MAGGIO: MILDURA – IKARA FLINDERS RANGE NP

Dopo la solita buona colazione a bordo, partiamo lungo la Sturt HW (oltre alla ben più famosa Stuart HW, c’è anche la Sturt HW), dove valichiamo il confine tra Victoria e South Australia. Al confine c’è il Quarantine check point, dove veniamo vivisezionati e dove viene perquisito il camper alla ricerca della famigerata frutta che non si può trasportare da uno stato all’altro. Siamo preparati all’evento, passiamo l’esame a pieni voti e ci rimettiamo al volante verso Renmark, dove ci fermiamo per un buon caffè.

Da lì ripartiamo alla volta di Burra e poi verso nord in direzione di Peterborough e delle Flinders, lungo la Barrier HW, dove il traffico, se possibile, è ancora più ridotto. Le uniche tracce di vita, o di morte visto il caso, sono le infinite carcasse di canguro che si incontrano sulla strada: una quantità impressionante, considerando anche le pochissime auto in circolazione, che ci dimostrano ampiamente quanto sia pericoloso guidare con il buio da queste parti. Molte auto sono infatti corazzate per evitare danni in caso di impatto con i canguri o altre specie selvatiche.

Attorno a mezzogiorno arriviamo a Wilpena, accesso al parco e sede del Visitor Center: raccogliamo le informazioni necessarie e ci sistemiamo nell’adiacente campeggio per un veloce spuntino; nel pomeriggio percorriamo il trekking che porta al Wangara lookout attraverso l’Hills Homestead, un sentiero che conduce ad un punto elevato da cui si gode una gran bella vista a 360° e permette di cogliere l’ampiezza dell’intero anfiteatro che caratterizza il parco, primo avamposto di vero deserto verso sud.

La percezione da qui è che si tratti di un enorme cratere vulcanico creatosi in ere geologiche lontane, infatti si vede chiaramente la forma circolare e l’anello di montagne intorno che chiude l’anfiteatro.

A pochi km da qui parte l’Oodnadatta track, una delle piste più famose dell’outback australiano, che si aggancia alla Stuart HW nei pressi di Coober Pedy e di Marla, e che fa da anticamera al deserto di Simpson.

Rientriamo in campeggio al crepuscolo per una doccia, e ci godiamo la nostra cenetta prima di andare a nanna.

11 MAGGIO: IKARA FLINDERS RANGE NP – PORT AUGUSTA – GLENDAMBO

L’escursione della mattina è l’ascesa al Mount Ohlssen Bagge, la vetta più elevata del NP. Il sentiero, come tutti gli hike dell’Ikara NP, parte dal retro del Visitor Center su una traccia comune, per poi puntare a sinistra e salire in maniera piuttosto ripida: non vi sono particolari difficoltà tecniche ma le pendenze non sono banali, specialmente nell’ultimo tratto, quando si emerge dalla vegetazione boschiva e si gira attorno alla vetta.

Lungo la strada vediamo diversi canguri e anche alcune capre selvatiche che ci scrutano dai massi: la vista dalla vetta ripaga ampiamente della fatica e si estende ben oltre i confini del parco, essendo nettamente più alta di tutto il paesaggio circostante. Rientriamo al campeggio attorno a mezzogiorno e, dopo una doccia e uno spuntino, partiamo verso Port Augusta, dove ci fermeremo per una mega spesa e dove inizieremo il percorso sulla mitica Stuart HW.

Port Augusta è, possiamo dirlo serenamente, un posto orribile: persino la Lonely Planet che solitamente esalta in maniera dissennata qualunque postaccio, si limita a dire che è un luogo che “sta cercando la propria identità”; il che tradotto in termini più concreti significa che è tremendamente brutto; noi non ci aspettiamo nulla, se non un buon supermercato dove riempire il nostro Britzino di tutto il necessario, e veniamo soddisfatti da un Coles lungo la strada principale dove facciamo incetta di bidoni d’acqua, scatolame, frutta e verdura.

Dopo un rifornimento di carburante, alle ore 15.05 del giorno 11 maggio 2016, svoltiamo a destra ed entriamo al KM 0 della mitica Stuart HW, una strada che non ha bisogno di grandi presentazioni e che sarà la nostra via per diversi giorni sino a Darwin.

Siamo determinati a goderci al massimo ogni singolo istante su questa strada cogliendone i colori, gli odori, gli scorci e vedendo il più possibile chi, in pieno sfregio a qualunque logica condivisa, ha deciso di vivere in mezzo al nulla in un ambiente totalmente ostile.

La prima tappa di questo percorso è Woomera, la prima località abitata che si incontra partendo da Port Augusta, e da cui parte una strada che conduce ad un luogo sperduto nel nulla, ma abitato da 4000 persone perché sede della più grande miniera di uranio del mondo. Come avremo modo di vedere nei prossimi 2 giorni, il tratto sud della Stuart è il più arido e ostile: un paesaggio surreale, rosso e grigio, senza nessuna forma di vegetazione, totalmente piatto e che sembra la foto di un pianeta lontano scattata da un satellite.

Entriamo dal benzinaio dove, sulla porta, leggiamo un avviso che la dice lunga sui gentiluomini che abitano qui: “ No shoes, no shirt = no service”, ovvero “va bene tutto ma non entrate in mutande”.

Noi abbiamo sandali e maglietta quindi siamo a posto, ma all’interno non tutti sono rispettosi dei dettami del proprietario: mentre sono in fila per pagare vengo abbordato da un tizio, scalzo ma con canottiera, la cui ultima doccia risale ai mondiali di Italia 90, che mi bofonchia qualcosa che non sono in grado di capire; al terzo tentativo capisco che vuole sapere da dove arriviamo e soddisfo volentieri la sua curiosità, anche se ho l’impressione che non abbia la più pallida idea di dove sia l’Italia, e forse nemmeno l’Europa. Mi concede comunque un bel sorriso con i suoi 4-5 denti rimasti, mostrandosi molto cordiale.

Ci rimettiamo in viaggio e ci fermiamo per la notte in un’area di sosta nei pressi di Glendambo, non senza aver fatto una capatina dal benzinaio che però non ci regala le stesse soddisfazioni del precedente.

12 MAGGIO: GLENDAMBO – COOBER PEDY – ERLDUNDA

La meta odierna è la località di Coober Pedy, un luogo simbolo se ce n’è uno, di questa parte di outback e della sua incredibile ostilità.

Città nata sulla febbre estrattiva per gli opali è oggi un luogo post apocalittico dove vi sono decine di miniere a cielo aperto, buchi e crateri ovunque con il concreto rischio di ammazzarsi se non si guarda bene dove si cammina, abitata da una comunità eterogenea di personaggi da film, milioni di noiosissime mosche cavalline e parecchi dingo che vagabondano sulle strade. Aggiungete il fatto che qui si sfiorano i 50 gradi e che buona parte della gente vive sottoterra in case costruite nelle grotte e avrete una vaga idea del posto.

Qui sono stati girati diversi film, tra cui la saga di Mad Max, e credetemi, senza bisogno di effetti speciali: ovunque vi sono carcasse arrugginite di auto, furgoni, pulegge enormi per l’estrazione degli opali, aerei schiantati e abbandonati in mezzo alla strada, persino uno scheletro di navicella spaziale, reduce dal set di Pitch Black.

Il Confort Inn si trova in una grotta interamente ricoperta da centinaia di copertoni d’auto che fungono da isolante: immaginate una collina totalmente coperta di Bridgestone, con in cima il cartello del resort, una roba difficilmente immaginabile altrove; ne sono totalmente affascinato, non vedo l’ora di fare un giro e fare quattro chiacchiere con chi abita qui.

Ci incamminiamo lungo la Main Street e gironzoliamo tra le diverse botteghe che vendono soprattutto opali ed una marea di cianfrusaglie di ogni risma: i gestori sono tutti personaggi ai limiti dell’incredibile, capitati qui chissà come, e mi ispirano un’enorme curiosità. Proprio al fondo della Main Street, nei pressi della Old Mine, vedo un vecchietto seduto fuori da un negozietto incasinatissimo: devo assolutamente farci quattro chiacchiere. Da vicino è ancora più curioso: potrebbe tranquillamente recitare in qualche scena di Mad Max, mi aspetto che, da un momento all’altro, si sviti un occhio di vetro o qualcosa del genere ma si limita a raccontarmi che è greco e, con una prosa entusiasta, che nel suo negozio potrò trovare gli opali più belli e convenienti della città. Si è guadagnato i miei dollari, nulla da dire, e decido di fare qualche acquisto, portandomi a casa alcune pietre particolarmente belle.

Nel primo pomeriggio facciamo una visita guidata alla miniera per vedere come funziona l’estrazione degli opali, attività ancora ampiamente diffusa, e ripartiamo verso nord alla volta di Erldunda.

Tra i mille vividi ricordi di questo viaggio intenso, considero Coober Pedy uno dei principali: personalmente, non avevo mai visto un posto così strano, per certi versi assurdo ma estremamente affascinante.

Al tramonto varchiamo la linea di confine tra South Australia e Northern Territory, dove c’è una grandissima Rest area; decidiamo però di proseguire ancora per qualche decina di Km, fino ad Erldunda dove ci fermiamo per la notte.

13 MAGGIO: ERLDUNDA – ULURU – YULARA

Oggi è il giorno dell’Uluru, immagine simbolo dell’Australia e del suo outback, ampiamente nota a tutti, grande macchina da guerra per turisti, decisamente lontana dal nostro stile di viaggio. Ma venire fino a qui e non vederlo ci sembrava troppo e quindi abbiamo programmato i prossimi due giorni nell’Uluru- Kata Tyuta NP.

Erldunda è il luogo da cui si dipana la strada che dalla Stuart HW conduce a Yulara, base di partenza per le escursioni nel parco. Per qualche strana ragione molte persone sono convinte che Uluru sia vicino ad Alice Springs e ancor di più qui, ma in realtà dal bivio di Erldunda ci sono ancora quasi 300 Km e circa 450 Km da Alice.

Si percepisce che stiamo entrando in una zona turistica perché incontriamo qualche auto in più: negli scorsi due giorni, non abbiamo incrociato praticamente nessuno, se non i mastodontici Road Train, i camion a 3 o 4 rimorchi che sfrecciano sulla Stuart a velocità folli vista la loro mole; possono arrivare a 53 metri di lunghezza e non so quante tonnellate di peso, e sono davvero impressionanti quando li incroci lungo la strada avvolti in una nuvola di polvere rossa.

Arriviamo tranquillamente a Yulara, dove facciamo un veloce check-in nel campeggio prima di avviarci all’interno del NP: i programmi prevedono per oggi la visita dell’Uluru e per domani del Kata Tyuta, cercando di fare qualche escursione tra i sentieri che offre il parco.

Apro una parentesi su cui tornerò anche dopo: l’Australia è sicuramente un paese magnifico dal punto di vista naturalistico, con spazi enormi e natura incontaminata, ma dal punto di vista puramente escursionistico c’è, a nostro avviso, molto da fare; la fruizione del paesaggio attraverso l’escursionismo individuale offre relativamente poche opportunità e la maggior parte dei sentieri al di fuori dei classici più battuti non è quasi mai ben tenuta o ben segnalata.

Decidiamo di percorrere interamente il loop che gira intorno all’Uluru per apprezzarne i diversi scorci ed evitiamo di salire, opportunità che oggi è ancora possibile ma che non ci interessa particolarmente. Nel pomeriggio, lungo un Nature walk che collega il Cultural Center alla Roccia avvistiamo un esemplare di “Diavolo spinoso”, uno degli abitanti più strani del deserto australiano: si muove molto lentamente, con la caratteristica andatura ondeggiante, e lo osserviamo e fotografiamo a lungo fino a quando non sparisce tra la vegetazione.

Più tardi, ci mescoliamo agli enormi pullman delle agenzie turistiche per andare al sunset point of view, da cui ammirare il tramonto sull’Uluru e i cambi di colore progressivi che fa la roccia: uno spettacolo decisamente unico ed imperdibile, comodi sul nostro Britzino, sorseggiando una birra ghiacciata ci guardiamo il sole che scende fino all’imbrunire e torniamo al nostro campeggio.

14 MAGGIO YULARA – KATA TYUTA – WATARRKA NP

Sveglia all’alba, colazione e siamo pronti per una giornata al Kata Tyuta: dopo una sosta al benzinaio che ci rifornisce con la benzina più cara che abbiamo trovato fino ad ora, partiamo alla volta dell’altro grande complesso roccioso del NP, il Kata Tyuta.

Fare benzina nell’outback è un aspetto a cui prestare sempre attenzione perché i distributori, specialmente in certe zone, sono pochi. Il prezzo è conseguente, con oscillazioni anche significative da un luogo all’altro: in questo nostro viaggio abbiamo fatto rifornimento da un minimo di 1,10 AUD nel Victoria e a Darwin, sino ad un massimo di 1,91 AUD nelle zone più remote. Un’alternativa per contenere un po’ il prezzo nell’outback è fare il pieno con benzina di opale, che si trova nei distributori più sperduti nel nulla: tutto sommato gli effetti sono gli stessi della normale unleaded, a parte una puzza mostruosa che esce dal tubo di scappamento.

Percorsi i circa 40 km che separano Yulara al Kata Tyuta, partiamo per il nostro trekking quotidiano: ci sono due possibilità di fare escursioni da queste parti: la più interessante e lunga si trova nella Valley of the wind, da dove parte un loop che, attraverso un comodo saliscendi di circa 2-3 ore, entra nelle gole e offre diversi magnifici look-out, a partire dal Karingana, dove si domina un’ampia pianura circondata da rocce rosse.

Il clima oggi è perfetto, ma ricordatevi che il sentiero viene chiuso senza preavviso attorno ai 36 °, o se i Ranger ritengono che sia il caso di farlo per i più svariati motivi, cosa per me del tutto inconcepibile ma tant’è; oggi per fortuna non ci sono spiacevoli sorprese in tal senso.

Nel pomeriggio percorriamo il secondo breve trek del complesso, che si dipana nella Walpa Gorge, entrando dentro una gola fresca ed ombrosa fino ad una sorgente dove avvistiamo un paio di enormi scorpioni.

Chiuso anche questo secondo giro, mettiamo in moto il Britzino e salutiamo Kata Tyuta e Uluru per muoverci in direzione del King’s Canyon: ci aspettano circa 200 km per giungere ad un’area di sosta dove abbiamo in programma di fermarci per la notte. Il viaggio scorre via liscio, con una sosta a Curtin Springs per il rifornimento e una doccia e arriviamo a destinazione al tramonto, in tempo per cena e nanna alla Salt Creek Rest Area.

Anche qui, come in diverse altre località sperdute dell’outback, ci troviamo circondati da enormi roulotte guidate esclusivamente da pensionati, talvolta anche piuttosto anziani e malconci: si tratta dei “grey nomads”, i “nomadi grigi”, ovvero pensionati in continuo pellegrinaggio da un luogo all’altro alla ricerca del sole e del caldo, in giro per l’Australia. In questo periodo dell’anno fuggono in massa dall’inverno che inizia a mordere a sud e si riversano nel Northern territory con i loro mastodontici pick up e roulotte al seguito, dotate di ogni accessorio e confort; decisamente un bel modo di vivere gli ultimi anni di vita, senza le fisse e le paranoie che spesso condizionano la nostra vita di europei e italiani in particolare… niente da dire, è una bella lezione di vita per noi.

15 MAGGIO WATARRKA NP – KING’S CANYON

La meta di oggi è lo splendido Watarrka NP, ed in particolare il King’s Canyon e i suoi sentieri escursionistici.

A nostro avviso il Watarrka è assolutamente imperdibile, nonostante sia meno noto e frequentato dell’Uluru; ma se facciamo una valutazione puramente naturalistica ed escursionistica, vince 10-0 il confronto con il ben più noto vicino. Il sentiero principale è costituito dal“Kings Canyon Rim Walk”che si snoda in un percorso discretamente impegnativo che richiede 2-3 ore per essere concluso: offre vedute spettacolari delle gole e dei paesaggi circostanti, con punti di vista a picco su precipizi profondi e discese a picco nel canyon, come quella che permette di ammirare il Giardino dell’Eden, una piscina naturale permanente circondata da una vegetazione rigogliosa o le insolite formazioni di roccia erose dal tempo di Lost City, la città perduta.

Non paghi di quanto visto, poco prima di chiudere il loop, prendiamo la deviazione per l’Ernest Giles Track, un magnifico sentiero di complessivi 22 km che si snoda nella parte meno frequentata del parco su picchi e cenge di roccia rossa fino a raggiungere le Kathleen Springs. Qui non incontriamo nessuno e, forse anche per questo, riusciamo ad avvistare e seguire a lungo un grande varano che si scalda al sole, e un furtivo western brown snake che si infila immediatamente in un buco prima di riuscire ad estrarre la macchina fotografica.

Ne percorriamo un tratto di circa 5-6 km fino a quando, raggiunta la quota più alta, si muove in cresta su una prateria di arbusti pungenti e poi ritorniamo indietro al nostro Britzino, piuttosto stanchi e accaldati.

Oggi il sole, forse per la prima volta in questo viaggio, picchia duro e inizia a fiaccare le gambe.

Per la sera abbiamo prenotato un campeggio a King’s Creek, lungimiranti sul fatto che avremmo avuto voglia di una gran bella doccia calda e decidiamo quindi di rientrare alla base: sulla via del ritorno facciamo una tappa sul breve track delle Kathleen Springs e poi ci sistemiamo in campeggio per la serata.

16 MAGGIO: WATARRKA – EAST MACDONNELL – ALICE SPRINGS

La meta del trekking quotidiano sono le poco note ma incredibilmente ricche MacDonnell Ranges, la catena montuosa che cinge in un abbraccio da est ad ovest la piana di Alice Springs.

Ritorniamo sui nostri passi fino alla Lasseter HW e da là proseguiamo per Erldunda, dove riprendiamo la cara vecchia Stuart HW in direzione nord. L’alternativa sarebbe un azzardato off road sulla Larapinta Drive, strada più corta ma non asfaltata e quindi ricca di incognite circa lo stato del manto stradale: non abbiamo dubbi nel barattare i KM in più con la tranquillità di una strada ben tenuta e senza brutte sorprese.

In tarda mattinata vediamo all’orizzonte la mitica Alice Springs, per tanti anni piccolo avamposto di civiltà nel mezzo del nulla (o qualcosa del genere), oggi invece cittadina di 25000 abitanti in continua esplosione urbanistica grazie agli enormi flussi turistici, che da qui partono per le numerose gite organizzate, a prezzi folli, al Kata Tyuta.

Gli effetti di questa crescita disorganica sono evidenti fin dal primo impatto: nelle periferie vi sono ovunque resort, hotel, camping e caravan park, mentre nel centro, piuttosto trasandato, si incontrano frotte di aborigeni che bivaccano per le strade o nei posteggi dei centri commerciali.

Le East MacDonnell si raggiungono percorrendo la Ross HW per circa 80 Km a est di Alice Springs, una strada in larga parte asfaltata che poi prosegue nel nulla dell’outback fino a scomparire nel Colson Track. Tra le diverse opportunità escursionistiche di questa zona, scegliamo la Trephina Gorge, una profonda gola circondata da montagne rosse dove si colgono ancora i segni della recente wet season: il sentiero principale è il Ridgetop trail che percorriamo interamente sino a congiungersi con il John Hayes Rockhole, sul quale però dobbiamo a malincuore tornare indietro perché ci troviamo circondati improvvisamente da una quantità enorme di api.

Anche qui vale la stessa considerazione di prima: le MacDonnell Ranges sono tra le mete meno note di questa parte di Australia, ma da un punto di vista naturalistico sono, insieme al Watarrka, quanto di meglio abbiamo visto, decisamente da non perdere se capitate da queste parti.

Concluse le escursioni ritorniamo ad Alice, dove è in programma una super spesa, visto che il Britzino ormai latita di generi alimentari e di acqua: al nostro scopo risponde al meglio il solito Coles, dove riempiamo i carrelli a dismisura, contando di non doverci più fermare sino a Darwin.

Per questa sera, e per la prossima, abbiamo prenotato al Gday Mate Caravan Park, uno dei tanti campeggi della città, piccolo ma dotato di tutto quello che serve per una comoda serata.

17 MAGGIO: ALICE SPRINGS – WEST MACDONNELL

Sull’onda di quanto fatto ieri, oggi ci spingiamo nella parte occidentale (e più frequentata) delle MacDonnell Ranges. Anche qui non mancano le alternative per numerosi e appaganti trekking, per tutti i gusti e tutte le abilità: la nostra scelta ricade sull’Ormiston Gorge, 140 Km ad ovest di Alice Springs, sulla Namatyira Drive lungo la via per il western boarder.

Decidiamo di percorrere l’Ormiston Pound Walk, un circuito di circa 8 km che parte dal Visitor Center: subito veniamo colpiti da un cartello che segnala la necessità di essere abili nuotatori per riuscire a chiudere il circuito poiché l’ultimo tratto scende nel profondo della gola, per molto tempo piena d’acqua.

Dopo un rapido scambio di opinioni, optiamo per andare avanti e scoprire “vivendo” quanto quel cartello sia attuale e quanto riferito all’appena conclusa wet season. Il sentiero è, nella prima parte, piuttosto sfidante in quanto sale in vetta rapidamente, permettendo una visuale completa della gola e dell’anfiteatro che la circonda: mi ricorda Ngorongoro per le fattezze, in dimensione ridotta, e probabilmente si tratta di un antico cratere vulcanico risalente ad ere geologiche lontane. Nella discesa, vediamo nuovamente un western brown, questa volta piuttosto nervoso e scattante: direi impressionante la rapidità con cui si muove e si mette in posizione di allerta, decisamente da tenere in grande considerazione.

Dopo la discesa nella gola, proseguiamo per qualche km lungo il greto del fiume con la fiducia che cresce nella possibilità di chiudere il cerchio senza intoppi, ma sul più bello l’amara verità ci si presenta senza sconti: la gola diventa sempre più stretta e l’acqua piano piano la invade totalmente. A conti fatti dovremmo essere a circa 600-700 metri dalla chiusura del loop, ma oramai proseguire significa nuotare.

E’ un bel dilemma e, fatta un’attenta analisi dei pro e contro, decidiamo di tornare indietro perché nuotare nell’acqua fredda e profonda per 700 metri, vestiti e con zaino al seguito, ci pare troppo azzardato; accanto a noi arriva un arzillo vecchietto che, fatte le nostre stesse considerazioni, decide invece di proseguire a nuoto: ci diamo appuntamento al visitor center per condividere l’esperienza.

La nostra è un faticoso rientro sui nostri passi, sotto un sole caldo e aggressivo, che concludiamo in un paio d’ore; giunti al Visitor Center troviamo il nonnetto seduto al bar e circondato dai ranger, in preda ad evidente panico: ci racconta di essersela vista davvero brutta in alcuni passaggi e di aver fatto molta fatica ad arrivare alla fine perché probabilmente il tratto di nuoto era di circa 1 Km, e zaino e vestiti lo stavano portando a fondo. Scambiamo quattro chiacchiere finchè si tranquillizza e lo accompagniamo alla macchina, dove sistema le sue cose. Non posso fare a meno di notare che porta sul tetto una notevole bici da corsa, niente male il nonno! Più o meno 75 anni, si è appena fatto un loop in montagna con tanto di nuotata nell’acqua gelida rischiando la pelle, e magari adesso si spara pure un giro in bici… mi auguro di invecchiare nella stessa maniera.

Noi ci riposiamo e andiamo a scattare qualche foto dai diversi point of view in zona, prima di rientrare per la serata ad Alice Springs.

18 MAGGIO: ALICE SPRINGS – TENNANT CREEK

Nelle prossime due giornate ci attendono un paio di impegnative tappe di trasferimento verso nord, per raggiungere l’ultima grande meta di questa traversata, ovvero il Kakadu NP; saranno giornate di relax, dopo diversi giorni consecutivi di impegnativi trekking, condite da alcune perle sorprendenti.

La mattinata la trascorriamo facendo una passeggiata rilassante ai Botanic Gardens di Alice Springs, devo dire nulla di eccezionale, e gironzolando per il centro e i mille negozi di souvenir, dove acquistiamo qualche regalino per amici e parenti.

Attorno all’ora di pranzo, partiamo per Tennant Creek dove contiamo di fermarci per la notte in una Rest Area attorno al centro abitato.

Questo tratto di HW offre poche divagazioni rispetto al mordere l’asfalto, quindi la tentazione di schiacciare l’acceleratore a manetta si fa sempre più forte, ma riesco a non esagerare.

Lungo la strada ci fermiamo per fare benzina a Barrow Creek, dove, dopo aver evitato un clamoroso frontale con una macchina tutta scassata, senza finestrini nè vetri anteriori, e con a bordo 4 aborigeni piuttosto su di giri (insomma il contesto ideale in cui fare una constatazione amichevole), cambio rapidamente idea visto il prezzo assurdo del carburante: decido di fare il minimo indispensabile per giungere sino al prossimo distributore e, quando entro a pagare, vengo travolto dalle note a tutto volume dei Negramaro e mi trovo di fronte ad un tizio barbuto e sdentato con la maglia dell’Italia. Guarda che mi tocca vedere… il benzinaio più paraculo di tutto l’outback è un paisà, strano o forse no.

Per farla breve il tizio in questione è figlio di emigranti italiani e vive qui, in mezzo al nulla dove vende benzina come fosse oro, circondato da cimeli della Prima Repubblica, come le mitiche Mille lire della Montessori che ha appese dietro la cassa. Incontro decisamente inaspettato, che però non risolve il problema di trovare benzina ad un prezzo accettabile.

Proseguiamo quindi fino a Wycliffe Well, noto come Ufo Centre, perché qui si dice che spesso atterrino gli UFO: oggi per fortuna non ci sono navicelle spaziali posteggiate nell’area di servizio, ma la benzina costa pochissimo! Forse arriva direttamente da Marte, ma questo distributore, tutto agghindato con cimeli ispirati agli alieni, vende il carburante agli stessi prezzi delle città, in media 40-50 centesimi in meno di quanto si trova in zona.

Lungo la strada verso la nostra Rest Area ci sono le Devil’s Marbles, luogo sacro della cultura aborigena, dove decidiamo di fare un giretto: si tratta di enormi massi rossi in mezzo al deserto, in incredibile equilibrio l’uno sull’altro e capitati qui chissà come, che sfidano le leggi della gravità e della geologia, attirando visitatori lungo questa parte di HW.

Al tramonto arriviamo alla nostra Rest Area, pronti per cena e nanna.

19 MAGGIO: TENNANT CREEK – KATHERINE

Seconda giornata di trasferimento massiccio verso nord, alla volta di Katherine; ci mettiamo di buon ora al volante sotto un sole cocente fin dalla prima mattina: man mano che proseguiamo verso nord aumentano a dismisura caldo ed umidità, rendendo il nostro amato Britzino sempre più simile ad un forno a microonde, 24 ore al giorno.

Oggi si scoppia e non vediamo l’ora di fermarci alla prima tappa: Daly Waters, dove si trova uno dei luoghi più caratteristici e famosi dell’outback, ovvero il Daly Waters Pub. Costruito negli anni ‘30, ha rappresentato negli anni sempre più un punto fermo dove ristorarsi e ritrovarsi per tutti quelli che attraversano questa parte di outback, alimentando fama e leggenda del luogo.

E’ usanza lasciare un segno del proprio passaggio qui e, sulle travi del pub si può trovare di tutto, rigorosamente diviso e ordinato in sezioni: mutande da uomo e da donna, calzini, reggiseni, magliette, pantaloni, scarpe, ciabatte, cappelli, insomma qualunque cosa; basta cercare la sezione di proprio interesse e lasciare il proprio segno, attingendo magari dalla valigia.

Merita sicuramente una sosta, anche per bere una buona birra ghiacciata nel bel mezzo dell’inferno, cosa che ci concediamo nel fresco dehor.

Alla ripartenza puntiamo verso Mataranka, sede dell’Elsey NP, la nostra meta del pomeriggio. In questo piccolo NP, quasi totalmente sconosciuto, vi sono diverse piscine termali create dallo scorrere del Roper River nella lussureggiante foresta tropicale.

C’è anche la possibilità di fare alcuni piccoli ma interessanti trekking nella fitta foresta, dove si ammirano tantissimi volatili, in particolare gli enormi e coloratissimi cacatua. Ma l’attrazione principale sono certamente le piscine termali con acqua tiepida, dove rilassarsi e godersi un lungo e riposante bagno nel mezzo della natura incontaminata: qui iniziano a vedersi i tipici paesaggi del profondo nord, dove all’arido deserto si sostituiscono i billabong e gli stagni con ninfee e lilium acquatici, canneti e cipressi.

E’ possibile fare il bagno in 3 diverse piscine, di cui almeno due molto grandi, ma non nelle rimanenti e tantomeno nel fiume perché qui inizia ad essere terra di coccodrilli, basta seguire le indicazioni e godersi un fantastico pomeriggio alle terme.

Ci rilassiamo alla grande e rimaniamo a mollo per un bel po’, scambiando quattro chiacchiere con i soliti “grey nomads” che anche qui abbondano alla grande; a sera ripartiamo verso Katherine, dove ci fermiamo per la notte.

20 MAGGIO: KATHERINE – NITMILUK NP – PINE CREEK

Oggi riprendiamo alla grande con i trekking: il Nitmiluk NP, a pochi Km da Katherine, offre infatti diverse e sfidanti opportunità, in particolare nella Katherine Gorge e nelle Edith Falls.

In prima mattina ci rechiamo al Nitmiluk Visitor Center da cui parte tutta la rete dei Southern Tracks, una serie di sentieri di diversa lunghezza e difficoltà, interconnessi tra loro, che salgono e scendono sulla Katherine Gorge, offrendo scenari mozzafiato. Con una buona mappa si può personalizzare l’itinerario perché i punti di connessione sono diversi e sempre ben segnalati. Noi decidiamo di percorrere i tratti che portano al Pat’s lookout e poi alla Butterfly Gorge e Lily Pounds, attraverso il Southern Rockhole.

Ne viene fuori un giro di circa 12 km, molto vario e discretamente impegnativo ma spesso ombreggiato, cosa che oggi fa particolarmente piacere.

Sulla via del ritorno, quasi in prossimità del Visitor Center ci troviamo circondati dalle volpi volanti: ovunque, sugli alberi attorno, vi sono decine o forse centinaia di questi strani pipistrelli notturni che, al tramonto si spostano in massa alla ricerca di frutta e di giorno riposano a testa in giù appesi ai rami degli alberi. Li avevamo visti in azione in Indonesia e sono veramente impressionanti quando si alzano in volo tutti insieme.

Dopo pranzo ci spostiamo nella seconda parte del NP: le Edith Falls, magnifiche ed imperiose cascate a cui si accede tramite un comodo e facile sentiero che parte dall’omonimo posteggio lungo la strada. Lo spettacolo è decisamente accattivante e il giro è impreziosito dall’avvistamento di un clamidiosauro, piuttosto rapido nel darsela a gambe levate al nostro passaggio.

Nulla da dire, il Nitmiluk merita decisamente una sosta importante perché offre numerose opportunità in un contesto naturalistico splendido.

Per la nanna ci spostiamo ancora un po’ a nord, verso Pine Creek, dove sostiamo in un piccolo camping (credo l’unico della zona) con annesso pub.

21 MAGGIO: PINE CREEK – KAKADU NP – JABIRU

Dopo una notte piuttosto calda e una buona colazione, partiamo alla volta del Kakadu NP lungo la Kakadu HW: questo parco nazionale, ampio e molto noto, è costituito in larga parte da una fitta rete di fiumi, paludi e billabong che modellano il paesaggio in funzione dell’alternanza tra stagione secca e stagione umida. Per una buona parte dell’anno è ampiamente ricoperto di acqua e poco fruibile al turismo, man mano che avanza la stagione secca diventa progressivamente più asciutto. In questa fase dell’anno siamo nella prima parte della stagione secca, con alcune zone ancora chiuse e diverse altre già disponibili.

In generale però, l’impressione del parco è che tutto sia fatto per scoraggiare la fruizione individuale e spingere i turisti verso i costosissimi tour che organizzano gite in 4WD o in barca lungo i fiumi. Se c’è un luogo dove l’escursionismo è reso difficile dalla scarsità di sentieri e dalla loro pessima manutenzione, questo a nostro avviso è il Kakadu.

Il parco è diviso in 7 regioni distinte, dove vi sono alcune brevi passeggiate o sentieri, ma nessun itinerario di una certa rilevanza che sia realmente fruibile, vuoi come dicevo per la totale assenza di manutenzione ed indicazioni, vuoi per le fantomatiche chiusure “per motivi di sicurezza” che sono ovunque molto abbondanti; a conti fatti, consideriamo il Kakadu, d’ora in avanti rinominato Kakkiadu, una delusione rispetto alle aspettative che avevamo prima del viaggio.

La nostra prima meta è la Nourlangie Region, dove vi sono diverse pitture rupestri e dove è possibile percorrere una parte del sentiero che circumnaviga il Arnbangbang billabong, incantevole specchio d’acqua zeppo di lilium, che funge da punto di ritrovo per tutta l’avifauna della zona.

Dopo la sosta al Bowali Visitor Center, dove non ci dicono nulla che non sapessimo già, nel pomeriggio decidiamo di esplorare la East Alligator Region, in particolare la zona di Ubirr, dove vi sono alcuni brevi sentieri che permettono di accedere a siti preistorici ricchi di pitture rupestri. Facciamo quattro passi fino all’unico viewpoint un po’ elevato, che permette di osservare l’estensione palustre della zona e poi rientriamo a Jabiru dove trascorriamo la serata e la notte.

22 MAGGIO: JABIRU – ST MARY RIVER NP – DARWIN

Il programma della giornata prevedeva qualche escursione nella South Alligator Region, ma giunti sul posto apprendiamo (ieri al Visitor Center non ci avevano detto nulla) che buona parte dei sentieri sono chiusi per la possibile presenza di coccodrilli e l’unico percorribile si addentra in una fitta foresta dove veniamo assaliti dalle zanzare. Decisamente contrariati, decidiamo di chiudere la nostra frequentazione del Kakkiadu e proseguiamo verso il piccolo e sconosciuto St. Mary River NP, lungo la strada che ci condurrà a Darwin.

Come spesso accade, qui invece troviamo pane per i nostri denti e una bella scelta tra splendidi itinerari nella natura: scegliamo di percorrere il track che conduce al Bird Billabong e veniamo ripagati da un incantevole e sfidante percorso che ci permette di avvistare numerosi wallabies, cacatua, aironi e moltissimi uccelli acquatici, anfibi e coccodrilli nel bagnasciuga del billabong. Promosso a pieni voti e decisamente consigliato, con una sola nota di allerta rispetto al fatto che, da un certo punto in poi, il sentiero non è facilmente individuabile : il tratto fino alla piattaforma di avvistamento sull’acqua è semplice e ben tracciato, poi diventa molto difficile da seguire specialmente nelle praterie per via dell’erba alta, e quindi richiede una certa attenzione per non perdersi; se non ve la sentite, tornate indietro dalla piattaforma sulla stessa strada senza chiudere il loop.

Finalmente soddisfatti per il bel trekking, a metà pomeriggio partiamo alla volta di Darwin, meta finale e traguardo simbolico di questa grande avventura. Nella testa e nel cuore si rincorrono le immagini e le emozioni forti di questa parte di viaggio e l’avvistamento della periferia di Darwin segna inevitabilmente la chiusura di un capitolo.

Per la serata ci concediamo il soggiorno in un camping con piscina, dotato di ogni comfort, per rilassarci un po’ e per sistemare bagagli e Britzino con calma, visto che domani dovremo riconsegnarlo e non vogliamo avere alcun problema.

23 MAGGIO: DARWIN – CAIRNS

Oggi è il giorno del passaggio dal deserto al mare, dal Northern Territory al Queensland: un comodo volo Jetstar ci aspetta nel pomeriggio per condurci a Cairns sulla Grande Barriera Corallina.

Prima però abbiamo ancora una buona mezza giornata da trascorrere a Darwin, che passeremo facendo quattro passi in Downtown e lungo l’Esplanade che costeggia l’oceano. Chiuse le pratiche di sistemazione bagagli e di pulizia e riassetto del camper, posteggiamo in centro e iniziamo a fare la nostra passeggiata.

Tutto è molto curato, pulito e ben rifinito, anche se piuttosto anonimo: Darwin non è certamente una città affascinante, ma comunica comunque una sensazione di ordine e funzionalità. Il centro ha una zona pedonale con diversi negozi dove acquistare qualche souvenir a prezzi ragionevoli e, lungo l’Esplanade, ci sono diversi locali e caffetterie dove bersi un cappuccino in tutta tranquillità.

Dopo pranzo andiamo al Drop off Center di Britz per riconsegnare il nostro caro Britzino, il compagno fedele di questa avventura, che ci è rimasto nel cuore: ha fatto il suo lavoro alla grande, non creandoci mai il minimo problema, quindi merita un bacino sulla carrozzeria ed è promosso a pieni voti. Espletate le pratiche di riconsegna, stranamente veloci e poco pedanti per i canoni australiani, prendiamo un taxi e andiamo in aeroporto dove ci imbarchiamo per Cairns.

Il volo è puntuale e tutto fila liscio: arrivati a Cairns, ritiriamo l’auto al Car Rental poco fuori l’aeroporto e ci avviamo alla nostra destinazione delle prossime notti: il Whiterock Leisure Park dove abbiamo prenotato una casetta nel campeggio e dove sosteremo fino alla partenza.

Ci sistemiamo nella casetta, dove c’è tutto il necessario per una comoda vacanza e ci abbandoniamo alle braccia di Morfeo per una bella nottata.

24 MAGGIO: CAIRNS – CAPE TRIBULATION – CAIRNS

Ci svegliamo freschi e riposati ma sotto un cielo che promette poco di buono: dopo parecchi giorni di sole cocente, oggi invece minacciano temporali che, puntualmente, arriveranno nel corso della mattinata.

La meta prescelta è Cape Tribulation, circa 200 Km a nord di Cairns, una penisola ricoperta di una fitta foresta tropicale a picco sul mare e su spiagge bianche di sabbia finissima.

Ci muoviamo lungo la Cook HW verso Port Douglas e man mano che andiamo a nord, il cielo si fa sempre più nero e la pioggia inizia a scendere sempre più forte: fino a Daintree siamo avvolti da una nuvola d’acqua che non ci lascia grandi prospettive ma poi, con la tipica variabilità di queste latitudini, il cielo ritorna più chiaro e smette di piovere. Poco dopo Daintree è previsto l’attraversamento di un fiume a bordo di una chiatta che permette di accedere alla penisola: molto suggestivo il passaggio sulla barca, che contiene circa 10-15 auto alla volta e si muove ininterrottamente da un senso all’altro per tutta la giornata, limitando al minimo i tempi di attesa sulle due sponde.

Giunti dall’altra parte, la strada diventa immediatamente stretta e tortuosa, completamente circondata e avvolta da una foresta incredibilmente fitta che chiude la volta in una continua galleria di rami e foglie; lungo il tragitto per Cape Tribulation vi sono diversi punti di accesso alle spiagge e alcuni sentieri naturalistici che si addentrano nella vegetazione fino ad arrivare al mare, tutti molto interessanti.

Notevoli sono gli estuari ricchi di mangrovie che conducono alle spiagge e che permettono di vedere immagini da cartolina con il mare azzurro che sfiora questa foresta di un verde iridescente.

Giungiamo fino alla fine della strada asfaltata in prossimità del Cape Tribulation Sanctuary e ritorniamo indietro: da qui infatti parte una sconnessa pista in terra battuta e sabbia che porta alla sperduta località di Cooktown e da là nel nulla più assoluto della York Peninsula.

Rientrati a Cairns facciamo una passeggiata sulla bella Promenade dove, nelle vicinanze del porto, vi è una grande e bella piscina all’aperto, ad accesso libero, che è il ritrovo di tutti per un bagno serale. Il paradosso di Cairns è infatti che, nonostante abbia un mare all’apparenza fantastico, non è balneabile per la presenza di molte specie pericolose: coccodrilli, cubo meduse, serpenti di mare, talvolta squali… c’è solo l’imbarazzo della scelta su “da chi farsi ammazzare”. Le persone quindi preferiscono un bagno più sicuro nell’enorme piscina sul lungomare, e noi ci aggreghiamo ben volentieri.

25 MAGGIO: GREEN ISLAND

Per la giornata di oggi abbiamo prenotato una gita nella splendida Green Island, una piccola isola sulla barriera corallina dove si possono fare immersioni, snorkeling o semplicemente godersi una bella giornata di sole e mare sulla spiaggia. L’appuntamento è per le 7.30 al porto, da dove partirà il nostro catamarano per l’isola, che dista circa 50 minuti di navigazione.

Il tempo è tornato bello e ci sono tutti gli ingredienti per una giornata memorabile di mare: nella barriera si avvistano facilmente decine di pesci tropicali, tartarughe marine e altre specie marine dai mille colori, anche facendo semplicemente snorkeling a poca distanza dalla spiaggia. Nadia ha prenotato due immersioni ed io, nell’attesa, mi rosolo al sole e mi faccio qualche bagno ristoratore con la maschera sempre pronta.

Sull’isola ci sono bar, doccie, cabine per cambiarsi, armadietti per posare i propri effetti personali e tutto il necessario per vivere al meglio la giornata.

Alle 16.30, puntuale, la barca riparte per Cairns dove arriviamo dopo circa un’oretta, in tempo per quattro passi e il rientro alla base per la notte.

26 MAGGIO: CAIRNS – WOOROONOORRAN NP – MISSION BEACH – CAIRNS

Oggi si va verso sud, direzione Wooroonooran NP, un parco nazionale nell’entroterra del Northern Queensland, e Mission Beach, una delle spiagge più famose di queste zone.

Partiamo lungo la Bruce HW fino a Miriwinni, un piccolo centro dopo cui parte la deviazione per le Josephine Falls e per il Bartle Frere Trail, le due mete della mattinata.

Le Josephine Falls sono delle enormi cascate che si raggiungono con un sentiero asfaltato di pochi km, meta ambita dagli abitanti della zona per fare il bagno nelle ampie piscine naturali che formano nel loro percorso; dallo stesso posteggio, parte anche il lungo ed impegnativo Bartle Frere Trail che conduce in vetta al monte più alto dello stato, dopo un percorso nella fitta foresta di diversi Km. Noi decidiamo di fare il tratto che conduce al Broken Nose, passando per il Big Rock Camp, giungendo ad un imponente lookout che permette di vedere fino alle bianche spiagge e all’oceano.

La salita è impegnativa e richiede diversi attraversamenti di ruscelli e torrenti che, viste le piogge degli scorsi giorni, sono pieni ed impetuosi: la difficoltà principale sta nel terreno sdrucciolevole e nel rischio di scivolare. Attenzione anche alle numerose sanguisughe che qui abbondano e che risalgono velocemente sui vestiti e sulle gambe.

Chiuso il trail, dopo pranzo ci spostiamo ancora verso sud fino a Mission Beach, un complesso di spiagge tra le più note e suggestive del Queensland. Lo spettacolo è notevole: spiagge di sabbia fine e bianca, mare cristallino, montagne che cadono a picco sul mare ricoperte da vegetazione tropicale fittissima, mangrovie.

Percorriamo l’intero sentiero costiero del Kennedy Trail, che parte dall’estremità sud della spiaggia e che conduce in pochi km ad altre bellissime insenature: lungo il tragitto vediamo anche un casuario, che fugge veloce non appena ci avviciniamo. Da queste parte sono comunque numerosi ed è uno dei posti migliori per poterne vedere uno.

A sera rientriamo a Cairns, consapevoli che oggi abbiamo concluso la nostra grande avventura australiana: domani si starà tranquilli a Cairns e poi si ritornerà a casa.

27 MAGGIO: CAIRNS – DARWIN

Ci aspetta una giornata di totale relax, in attesa di volare su Darwin, dove domani mattina ripartiremo alla volta di Singapore e quindi dell’Italia. Dopo la sistemazione definitiva dei bagagli, decidiamo di trascorrere la mattinata nei Botanic Gardens di Cairns, ad ingresso gratuito che si trovano lungo la Cook HW nella parte nord della città.

Sono estremamente belli e curati e meritano certamente una visita avendone la possibilità: in 2-3 ore si girano ampiamente, anche nei brevi percorsi naturalistici previsti intorno, vedendo decine di specie di piante tropicali e di fiori coloratissimi.

Decisamente soddisfatti della visita, decidiamo di trascorrere il rimanente tempo a disposizione nella piscina lungo l’Esplandade di Cairns, sempre molto gettonata, specialmente da ragazzi e studenti: troviamo un angolino dove posare l’asciugamano e ci rosoliamo un po’ al sole prima di un bagno ristoratore.

Il tempo vola e si avvicina il tempo di riconsegnare l’auto e di volare a Darwin: in una decina di minuti arriviamo all’aeroporto ed espletiamo tutte le pratiche prima di attendere il nostro volo che, puntuale, ci riporta a Darwin; domani mattina decolleremo alle 6, quindi abbiamo deciso di prenotare presso il Novotel dell’aeroporto in modo da perdere meno tempo possibile negli spostamenti.

28 MAGGIO: DARWIN – SINGAPORE

Alle 4.30 torniamo in aeroporto e alle 6 decolliamo puntuali per Singapore dove atterriamo alle 9 ora locale. Abbiamo tutta la giornata libera perché la ripartenza per l’Italia è prevista per le 2 di domani mattina e quindi ben volentieri sfruttiamo il tempo per un giro di Singapore.

In pochi minuti abbiamo il nostro visto, posiamo i bagagli al deposito e andiamo alla stazione della metropolitana per andare in città. Spostarsi a Singapore è estremamente semplice, rapido ed economico: la metropolitana raggiunge efficacemente le zone importanti della città, a costi molto ridotti ed è certamente la soluzione migliore per muoversi.

Il programma che abbiamo stilato prevede di visitare i Botanic Gardens, vero fiore all’occhiello di Singapore, poi i quartieri etnici di Little India e Chinatown e di concludere il giro ai Gardens of the Bay sulla baia.

Viviamo la giornata con intensità e visitiamo tutto quello che ci eravamo prefissi, ma certamente Singapore è molto lontano dai nostri gusti e dalle nostre aspettative: una fila infinita di grattacieli e centri commerciali da cui escono ed entrano milioni di persone in un continuo movimento che mi ricorda un formicaio impazzito. Non siamo le persone più adatte per esprimere una valutazione positiva del luogo, che rimane comunque interessante da vedere per la sua particolarità.

All’ora di cena rientriamo in aeroporto, per scoprire che buona parte dei singaporesi ( si dice così??) sono all’aeroporto per cenare: in ogni ristorante c’è infatti una fila pazzesca di gente che aspetta per cenare, tutti chiaramente lì non per volare, ma solo per cenare. Pazzesco, come se i romani andassero a cena a Fiumicino, o i milanesi a Malpensa… mah!

Anche noi ci accodiamo per sgranocchiare qualcosa e attendiamo l’orario del nostro check in.

29 MAGGIO: SINGAPORE – DOHA – VENEZIA

Decolliamo puntuali alle 2 e, con il solito cambio perfetto a Doha, atterriamo a Venezia alle 12 ora italiana, concludendo questa grande avventura senza intoppi.

Per concludere, l’Australia si è confermata un paradiso assoluto dal punto di vista naturalistico, con spazi ed ambienti unici ma con ampi margini di miglioramento nella gestione del turismo escursionistico. È certamente una meta dove il costo della vita e delle strutture ricettive è folle ed ingiustificato in rapporto alla qualità offerta, ma con alcuni accorgimenti si possono ridurre notevolmente i costi.

Se avete domande, contattateci… ciao a tutti

Francesco e Nadia

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Australia: outback on the road



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