rebecca e oliver down under

Il nostro viaggio in Australia si è svolto in agosto nella parte centro-orientale dell’isola: partenza e arrivo da Melbourne. Prima del racconto qualche pillola di praticità: •Le stagioni sono invertite: nei nostri mesi estivi – la dry season - fa freddo al sud (Melbourne, Adelaide, Sydney, ecc…) ed è caldo secco al nord. Il rischio...
Scritto da: Dudu
rebecca e oliver down under
Partenza il: 03/08/2009
Ritorno il: 29/08/2009
Viaggiatori: in coppia
Il nostro viaggio in Australia si è svolto in agosto nella parte centro-orientale dell’isola: partenza e arrivo da Melbourne.

Prima del racconto qualche pillola di praticità: •Le stagioni sono invertite: nei nostri mesi estivi – la dry season – fa freddo al sud (Melbourne, Adelaide, Sydney, ecc…) ed è caldo secco al nord. Il rischio di meduse nei mari a Nord è praticamente nullo: temperatura dell’acqua più o meno 20-25 gradi. •Attenzione ai fusi orari interni all’Australia: in particolare, tra lo stato di Victoria (es. Melbourne) e del South Australia (es. Mount Gambier o Adelaide) c’è mezz’ora di fuso…

•Se prendete auto a noleggio il consiglio è di fare la patente internazionale: in motorizzazione a Milano ci impiegano 2/3 settimane, a Genova 5 giorni. In effetti in Australia conoscono bene le patenti italiane, spesso questa è sufficiente per affittare le auto, ma siccome va da stato a stato e a volte da persona a persona, per precauzione consigliamo di fare quella internazionale.

•Circa i noleggi auto vi consigliamo di prenotarli con anticipo solo nelle zone a disponibilità più ridotta (cioè nell’outback): nelle città hanno sempre disponibilità, almeno in agosto. Probabilmente si riesce a risparmiare qualcosa rivolgendosi alle agenzie di noleggio locali.

•Ricordate di fare il visto (altrimenti non entrate !!!): per i cittadini della Comunità Europea è sufficiente l’eVisitor, che si fa su Internet velocemente (il percorso è http://www.Immi.Gov.Au/. I tempi di risposta del governo sono 1-2 gg massimo.

•Se pagate con carta di credito, vi potrebbero chiedere un sovrapprezzo dall’1 al 3% (in pratica fanno pagare al cliente la commissione), indipendentemente da quale sia la carta. Fate un po’ i vostri conti e tenetevi sempre un po’ di contanti in tasca. Se avete solo l’AMEX (come noi) considerate che non sempre la prendono (come in tutto il resto del mondo).

•Abbiamo spiacevolmente riscontrato che spesso negli alberghi in cui avevamo prenotato e pre-pagato dall’Italia, anche in catene “famose”, hanno tentato di rifilarci delle stanze pessime, che ci siamo sempre e puntualmente fatti cambiare. Il consiglio è di limitare i pre-pagamenti alle zone realmente necessarie (es. Outback), chiedere sempre di vedere la camera, e, perché no, se riuscite, magari di contrattare il prezzo (cosa tanto più difficile, quanto più l’hotel appartiene ad una catena). In ogni caso se vi rifilano una stanza al di sotto delle vostre ragionevoli aspettative, fatevi chiamare il manager e protestate. Di fronte ad un cliente incazzoso avrete altissime probabilità di un “complimentary upgrade”.

•In molti tour semi organizzati propongono di fare in macchina la Great Ocean Road: l’abbiamo fatta anche noi da Melbourne ad Adelaide. I kilometri sono circa 1000 e di tutto quel tragitto la parte che vale veramente la pena vedere è quello attorno a Port Campbell. Se si hanno tanti giorni va bene, ma se si deve comprimere in pochi il consiglio è di visitare la parte di Port Campbell partendo da Melbourne in auto e poi tornare indietro, oppure volare su Mount Gambier visitare la zona e ripartire sempre da lì per Adelaide o Melbourne.

LUNEDI’ 3 – MERCOLEDI’ 5 AGOSTO: MILANO-LONDRA-ABU DHABI-MELBOURNE Abbiamo preso il Milano Londra con le miglia Alitalia e poi il volo Heathrow-Melbourne con Etihad.

Il volo complessivamente ci è costato 1.100 euro (di cui circa 100 euro sono le tasse sul biglietto premio di Alitalia). Tra tutte le alternative che avevamo vagliato Etihad è stata la soluzione più conveniente. E anche più azzeccata: gli aerei sono nuovissimi, c’è molto spazio tra i sedili anche in economica, e ti puoi distrarre con un sacco di videogiochi e una scelta di una sessantina di film anche in italiano. Le più di 20 ore di volo passano abbastanza in scioltezza.

Arriviamo a Melbourne alle 6 e 30 di pomeriggio e prendiamo immediatamente l’auto a noleggio alla HERTZ: l’omino ci fa anche pre-pagare il pedaggio per entrare in città (le macchinette sono nei parcheggi delle auto a noleggio: si indica la destinazione, si digita la targa dell’auto e si paga circa 12 dollari AUD, anche con carta di credito, anche AMEX).

Il viaggio per arrivare in hotel dura circa 20 minuti: il nostro hotel, prenotato dall’Italia, è il MERCURE (voto 6 – circa 70 euro a notte) in Little Bourke street, in piena Chinatown. La zona è centrale, non è molto facile trovarne l’ingresso.

Il nostro benvenuto in Australia si traduce con la prima incazzatura di Rebecca: la stanza in effetti è minuscola, i muri macchiati, il bagno scrostato…Vero che con 70 euro in Italia oggi non vai oltre le 2 stelle, però noi avevamo pagato per una “standard” room, e in tutto il mondo la standard room ha certi requisiti di ordine e spazio.

Dall’alto del suo metro e 82 Rebecca fa la voce grossa con il manager che senza battere ciglio ci passa ad una stanza qualche piano più in su di livello decisamente “europeo”.

Siamo stanchi, però tentiamo di tirare avanti qualche ora senza dormire in modo da assorbire il più possibile gli effetti del fuso: ceniamo al BECCO (voto 8,5 – circa 30 euro a testa), un ristorante molto carino, atmosfera soft, dove ci facciamo bistecca e tagliata e un super gelato (passion fruit da urlo) con 4 birre locali. Inizia così all’insegna della birra la nostra avventura down under.

Notiamo solo una cosa che sarà poi una costante del viaggio: gli australiani evidentemente mangiano sempre la carne accompagnata da qualche salsa. Se non si amano le salsine di accompagnamento e si chiede la carne “naturale”, si scopre che qualitativamente è carne buona, ma alla fine risulta insipida (occorre inondarla di sale!!).

GIOVEDI’ 6 – PORT CAMPBELL La città di Melbourne non offre granché da vedere: in effetti il bello è vivere le città australiane, adattandosi ai loro ritmi, piuttosto che visitarle.

Facciamo colazione in hotel e poi dedichiamo la mattinata a passeggiare per le vie della metropoli, tra coloratissimi murales, passaggi coperti pieni di negozi e caffè, grattacieli contrapposti a minuscole chiesette battiste, avventiste e luterane.

Molto suggestiva la vista dello skyline dal fiume.

Chiudiamo la visita con un caffè (ottimo, ma tiepido) da Pellegrini in Bourke Street e poi ci tuffiamo in macchina in direzione della Great Ocean Road, lottando contro la guida a sinistra, i tergicristalli a posto delle frecce e il cambio manuale (ovviamente da gestire con la mano sinistra…).

Facciamo uno stop per pranzo a Geelong, un’insipida cittadina ad un’oretta da Melbourne (comunque la seconda dello stato di Victoria). Pranzo da GO! Consigliato dalla Lonely (voto 7,5) un localino talmente kitsch (si sprecano i ritratti e le statuette a carattere religioso all’interno) da essere quasi affascinante. Ottime le focacce (da non aspettarsi però la focaccia come la intendiamo noi…).

Dopo pranzo proseguiamo per la GOR: sarà per il tempo un po’ grigio (e per il freddo e il vento) ma questo tratto di strada non è proprio indimenticabile… Il buio ci sorprende verso le 18 e 30: arriviamo nella gigantesca e vivacissima (ovviamente per modo di dire) Port Campbell e troviamo una camera al Loch Ard Inn (voto 6 – circa 70 euro a notte).

Cena all’indimenticabile (!!) 20 STONES (voto 4) uno degli unici aperti questa sera.

Andiamo a letto prestissimo sperando che domani il tempo possa essere più clemente.

VENERDI’ 7 – MOUNT GAMBIER Durante la notte si è scatenato l’inferno, con venti fortissimi e secchiate di acqua piovana.

Questo più qualche problema di smaltimento del fuso incidono parecchio sulla notte parzialmente insonne.

Ci alziamo definitivamente alle 8 e andiamo a fare colazione al WAVE (voto 7): ci pentiamo di non esserci stati a cena ieri sera, il posto è carino e la signora che lo gestisce è estremamente affabile. Peccato che gli australiani spesso mangino cose indescrivibili, molto English: sono riusciti a inventarsi un piatto per colazione “really typical” con cereali rammolliti nel succo d’arancia e costellati di pezzi di frutta.

Praticamente ciò che avremmo nello stomaco un’ora dopo aver mangiato, qui ce lo hanno presentato nel piatto… Rebecca si fa infinocchiare (lo ordina e ne lascia metà…) mentre Oliver si limita ad un più maschio toast + espresso.

Fatta colazione ci tuffiamo a visitare le numerose amenità della zona: vediamo la Loch Ard Gorge (che con il mare così mosso è veramente impressionante), i 12 apostoli (che in realtà sono 9…), i Gibson steps, il London bridge e The Arch.

Sono tutte formazioni rocciose naturali (tranne i Gibson steps) che si susseguono lungo questo tratto di costa (che danno poi popolarità a tutta la Great Ocean). Sicuramente è il tratto di strada più interessante di tutta la GOR. Peccato che si perdano 3 giorni di viaggio in auto per una visita da mezza giornata.

Smarcate le visite di rito e scattata la nostra dose di 50/60 foto ci dirigiamo verso la fine della GOR verso Warrnambool, dove, alla luce di un’occhiata di sole, ci fermiamo per uno spuntino al FISHTALES CAFÉ’ (voto 5) per un mediocre hamburger di manzo e un pessimo hamburger di pollo. Considerando che non abbiamo ancora in mano i biglietti aerei per andare a Kangaroo Island (prevista fra un paio di giorni) andiamo in biblioteca (dove si può usare Internet gratis per 20 minuti…Troppo avanti!) e ci prenotiamo i voli e ci facciamo un mini aggiornamento su quello che succede in Italia surfando sui quotidiani nostrani.

Cambiati un po’ di contanti in banca (che, come quasi ovunque, non ha la guardia di sicurezza alla porta, il che la dice lunga sul livello di criminalità in questo paese) ci dirigiamo al Whales Nursery dove avvistiamo per 20 minuti buoni il passaggio di megattere (solita carrellata di 60 foto…E prendi la pinna, e prendi il bitorzolo, e prendi la coda, e guarda che ha il piccolo, e becca lo sbuffo …Insomma solite cose).

Riprendiamo la macchina e andiamo verso Mount Gambier, altra ridente e vivacissima (!!) località che serve giusto per fare un stop per la notte. Arriviamo verso le 18,30 e troviamo una camera all’ARKANA MOTOR INN (voto 8 – 110 AUD) della catena Golden Chain, che tutto sommato è una buona scelta in tutta l’Australia a prezzi ragionevoli.

Cena al REDFINES (voto 8 – circa 100 AUD il conto) di fianco all’hotel Mount Gambier, dove ci facciamo due piattoni di carne, 4 birre e due dessert golosissimi.

A nanna presto: domani prosegue la marcia di avvicinamento verso Adelaide.

SABATO 8 – ADELAIDE Sveglia e colazione in camera sfruttando il caffè solubile ed il latte offerti dall’hotel.

Prima tappa i laghi vulcanici di Mount Gambier: molto belli, di un azzurro glaciale…E in effetti anche la temperatura spinge a fare certi paragoni… Poi in marcia verso Robe, una cittadina fortemente consigliata dal motel di Port Campbell.

La strada è lunga e si snoda in mezzo a pascoli sterminati: il paesaggio è abbastanza monotono e questo avvalora la convinzione che la parte della GOR realmente imperdibile sia quella attorno a Port Campbell.

Finalmente arriviamo a Robe, ridente ed elegante villaggio sul mare: c’è vento e fa freddo ma almeno c’è il sole. E’ ora di pranzo e non c’è anima viva in giro…Una costante di queste zone ad agosto… Facciamo un giro consigliato dalla sfavata del Tourist Center (a cui non sembrava vero ci fossero turisti l’8 di agosto), vediamo l’obelisco a picco sul mare… diciamo che sono tutte zone probabilmente molto belle in alta stagione quando sono affollate e si può fare il bagno. Ad agosto sono piuttosto tristarelle.

Pranziamo in un triste pub, tra gente che segue corse dei cavalli e gioca al video poker: caffè (decente) da THE ROBE PROVIDORE, un curioso concept store in mezzo al paese.

Facciamo una puntata a Long Beach (che è veramente lunghissima) e poi partenza per i 150km che ci separano da Adelaide.

La strada paesaggisticamente migliora, fiancheggia il parco di Coorong e numerosi pascoli: i cartelli ci avvisano della presenza di vombati e canguri, ma ciò che più ci impressiona è la sfilza di cadaveri ai lati della strada di canguri, gazze, volpi, lepri e vombati. Se ne vedono anche di vivi: ad un certo punto incrociamo una macchina che viene in senso opposto al nostro e ci sfanala. Di lì a 50 metri ci attraversa la strada di corsa un canguro gigantesco… Il tramonto ci coglie all’improvviso vicino a Meningie, dove ci fermiamo a fotografare un cielo stupendo rosato dalle poche e leggere nuvole sopra il lago Albert.

Decidiamo comunque di non fermarci oltre e tiriamo dritti verso Adelaide dove arriviamo alle 20: in realtà arriviamo con 1 giorno di anticipo rispetto al previsto (abbiamo già in mano una prenotazione ma per domani sera). Ora però dobbiamo trovare una sistemazione per la serata.

Nell’hotel dove saremo domani non c’è posto, proviamo in altri due, riusciamo a trovare una stanza al terzo tentativo al CONFORT INN della North Terrace, in effetti un po’ caro (voto 7,5 – 215 AUD) ma stasera non si capisce bene perché sia tutto pieno… O meglio ce lo spieghiamo da soli: è sabato sera, la zona dei locali è in fermento, Hummer limousine nere, gialle e fucsia sfrecciano lungo Hindley Street piene di ragazzi e ragazze festeggianti.

Ceniamo in un ristorante-naftalina lontano dalle tentazioni, allo SPICE MARKET (voto 7,5), annesso all’hotel Rockford, sempre sulla Hindley Str.

Un’altra stranezza delle città aussie è che spesso i ristoranti più affollati sono quelli all’interno degli hotel: la gente si veste di tutto punto per riunirsi e passare la serata in questi locali… Dopo cena ci facciamo un paio di vasche tra la folla e visto l’andazzo e l’essenzialità di certi vestitini femminili quella bacchettona di Rebecca mi trascina in hotel.

DOMENICA 9 – ADELAIDE Lazy Sunday in Adelaide.

La città é semideserta, causa mattina domenicale uggiosa e umidiccia; seguiamo il percorso pedonale consigliato dalla Lonely nella parte al di la del fiume.

Ci dirigiamo poi nella zona commerciale per cercare un Internet Café e prenotare l’auto per Kangaroo Island: in realtà incrociamo un ufficio della Budget e ci prenotiamo una Hyunday Getz per l’indomani con ritiro direttamente all’isola.

Ci sono 2 possibilità di raggiungere l’isola: • in aereo, con la Regional Express, e in quel caso la macchina va affittata in loco (i biglietti A/R costano circa 150 AUD ossia meno di 100 euro) • in traghetto, partendo da Cape Jervis, 100 km a sud di Adelaide. Non tutte le agenzie di noleggio vi permettono però di traghettare l’auto sull’isola e più avanti si capirà perché. A scanso di spiacevoli equivoci conviene chiedere e chiarire dove si vuole andare Già che siamo in zona centrale facciamo una puntatina in Rundell Street per cercare un posto per il pranzo: la strada è chiusa per un mercato, che molto piacevolmente ci giriamo in totale relax. Pranziamo con un ottimo panino da FELICI e giriamo un po’ per negozi del centro: qua è periodo di saldi, vendono abbigliamento invernale con sconti anche del 60-70%. Decidiamo di non approfittarne, anche perché lo spazio in valigia è limitato: verso metà pomeriggio cambio di hotel e ci spostiamo al MERCURE sempre sulla North Terrace.

Come a Melbourne, anche qui tentano di rifilarci una camera economica: sarà una caratteristica dei Mercure ? Bah…Solita piazzata, solito teatrino del manager e solito complimentary upgrade.

Prendiamo un aperitivo all’AUSTRAL, sulla deserta Hindley Street (fino alla sera prima gremita di persone) e ceniamo al ristorante argentino SOSTA (voto 7) dove onoriamo la tavola con fantastici filetti di carne argentina. Avvertenza: non fidarsi del vino australiano, sembra leggero ma ti piega le gambe. A fatica ci alziamo dalle sedie e rantoliamo verso il Mercure.

Domattina sveglia presto per prendere il volo per l’isola.

LUNEDI’ 10 – KANGAROO ISLAND Sveglia alle 4 e 45, il volo per l’Isola dei canguri ci attende.

Lasciamo i bagagli in deposito all’hotel (in quanto ci torneremo domani sera) insieme ad un amabile sacchetto per la lavanderia. In 10 minuti circa siamo all’aeroporto, non prima di aver fatto il pieno alla macchina, in quanto va restituita alla Hertz.

Il volo per Kangaroo dura 35 minuti: arriviamo con un tempo infame.

Ritiriamo la macchina alla Budget dell’aeroporto e scopriamo che l’assicurazione non copre NULLA dal tramonto all’alba: infatti capita che per vedere gli animali dell’isola nel pieno delle attività le ore più indicate siano quelle notturne. Ciò aumenta anche la possibilità di avere incidenti o di investire animali…Da lì deriva la non copertura assicurativa (ecco perché se si affitta l’auto ad Adelaide occorre specificare bene se si vuole andare a kangaroo).

Nooo…La Getz è verde pisello metalizzata…Bruttissima, ma almeno è 1.6 e ha il cambio automatico.

Ci dirigiamo subito a Kingscote per organizzare il tour…Peccato siano le 8 del mattino e sia ancora tutto chiuso: facciamo colazione al ROGER’S DELI (voto 5) uno dei pochi aperti sotto questo diluvio infame e attendiamo che arrivino le 9 per l’apertura del DEH, l’ufficio che gestisce i parchi (dalla Lonely si capisce essere una fonte di informazioni e di pass). Scopriamo che: 1) il pass per i parchi può essere acquistato in qualsiasi parco (tra l’altro conviene solo se si vogliono visitare tutte ma proprio tutte le cose indicate) 2) non fanno tour organizzati ma al massimo danno qualche dritta 3) non fanno prenotazioni di stanze per la notte.

Vabbé ci penseremo a tempo debito: prima tappa Parndana Conservation Park dove sembra abitino tutti gli animali presenti in Australia. Scopriamo che più che un parco si tratta di uno zoo: gli animali ci sono ma sono nei recinti, è una cosa più per famiglie e non per Giovani Marmotte come noi.

Facciamo marcia indietro facendoci largo tra un gruppo di pavoni (che riconoscono nel vanitoso Oliver un loro simile) e andiamo a Seal Bay, dove stanzia la colonia di leoni marini. Amazing ! Entriamo (a pagamento) nel parco e la guida ci porta sulla spiaggia: ci sono leoni marini sdraiati a prendere il sole ovunque, anche sulle scale per la discesa alla spiaggia e sul sentiero asfaltato.

In religioso silenzio facciamo gimcane tra i bestioni, tra colpi di tosse fortissimi e singhiozzi infernali. Molto divertente.

Ci dirigiamo poi verso Vivonne Bay: c’è un po’ di sterrato da fare ma la Getz ruggisce che è un piacere sul fondo sconnesso. La baia è carina (niente di più), un paio di foto e procediamo con il giro. Decidiamo di andare ad American River: sarà la stagione (morta) ma anche qui ci assale la tristezza. Continuiamo per Penneshaw, il molo dove attraccano i traghetti…Ma peggio che andar di notte, niente locali, ristoranti, non c’è nessuno in giro.

Probabilmente in inverno è un figata, ma in questa stagione…Avete presente la Liguria in novembre ? Ripieghiamo prepotentemente su Kingscote dove arriviamo giusto in tempo al “pelican feeding” delle 17 al molo: lo speaker ci fa sedere in prima fila sugli scogli e comincia a tirare lische e mozziconi di pesce a gabbiani e pellicani…Ne veniamo letteralmente sommersi. Rebecca cerca di partecipare al pasto luculliano ma la prendo di forza e la trascino via…

Tornati in centro contrattiamo una stanza all’OZONE HOTEL (voto 8, 120 AUD) ottenendo una suite al prezzo di una camera normale. Magie della bassa stagione… Ceniamo al bistrò dell’OZONE…Assolutamente dimenticabile…

MARTEDI’ 11 – KANGAROO ISLAND Ci svegliamo di buonora e ci facciamo colazione in camera con il solito latte e caffè solubile in dotazione: stiamo sempre più apprezzando questo tipo di risveglio.

Fatto check-out ci dirigiamo verso il Flinder Chase National Park all’estremità occidentale dell’isola a 1 ora e un quarto da Kingscote.

Sulla strada vediamo la solita moria di opossum e wallabies: quasi giunti alle porte del parco l’occhio arguto di Rebecca avvista un wallaby (vivo) sul ciglio della strada. Inchiodata, retro e scattiamo quella decina di foto (prendo di lato, prendo di fronte, si lecca la zampa, si gratta l’orecchio, fa una salto di lato, ecc…).

Arrivati verso le 9 e 30 al parco, il guardiano Belinda ci dice che parte dei sentieri, tra cui quello che porta alle tane degli ornitorinchi, non sono praticabili per la tempesta scesa nella notte.

Visitiamo allora solo ciò che è praticabile: iniziamo dal sentiero fino alla Snake Lagoon, che ha veramente dell’incredibile in quanto abbiamo camminato per almeno 1 ora senza che volasse neanche un insetto. C’era un silenzio quasi “assordante” attorno a noi: superata una prima parte in mezzo ad un bosco, si arriva al fiume, quasi in secca in questa stagione, e seguendo il suo corso si arriva all’oceano.

Sul ritorno dal sentiero avvistiamo il secondo canguro vivo in libertà, sempre per merito della vista di Rebecca. Sta sdraiato su un fianco, tipo Paolina Bonaparte, in mezzo ad una radura: ci avviciniamo lentamente e in silenzio. Il bestione si sdraia sulla schiena , sbadiglia, si fa fotografare: poi ad un certo punto pigramente si alza, si gratta sulla schiena e saltella via un po’ scocciato… La gioia per il nostro primo incontro ravvicinato è incontenibile.

Poco più avanti sempre Rebecca avvista due gobbe in mezzo ad un prato: sono due canguri (mamma e cucciolo) che brucano l’erba indisturbati.

Io comincio a sentirmi inutile perché non vedo un animale che sia uno.

Ci dirigiamo poi a vedere l’Admiral Arch le Remarkable Rocks e la puzzosissima colonia di leoni marini (quelli con la pelliccia).

Sulla via del ritorno facciamo anche il Koala Walk, il santuario dove vive stabilmente una colonia di una ventina di koala (l’ingresso è ad offerta libera): ne vediamo veramente tanti sparsi sugli eucalipti, alcuni amoreggiano lanciando strilli come maiali… Riusciamo anche a vedere un wallaby con piccolo e un’echidna dal passo goffo ma sicuro… Siamo abbastanza soddisfatti: ci saremmo aspettati in realtà invasioni di animali ovunque. Così non è ma qualche soddisfazione ce la siamo tolta.

Torniamo lentamente in aeroporto perché il volo per Adelaide è alle 19 e 50.

Il volo, neanche a dirlo, è in perfetto orario e atterriamo con un filo di anticipo. Nuovo check-in al Mercure, dove recuperiamo bagagli e magliette stirate, e ceniamo all’APOTHECARY 1878 sulla solita Hindley Street: posto molto carino, il maitre un po’ inquietante, e prezzi un po’ sopra la media (voto 9 – cena circa 130 AUD). MERCOLEDI’ 12 – ALICE SPRINGS Il volo per Alice Springs è uno scomodissimo Qantas: fa caldissimo e lo spazio tra i sedili è ridotto al minimo. Rebecca sta per dare di matto.

Per fortuna il volo dura poco più di 2 ore: prendiamo l’auto a noleggio, uno sboronissimo Nissan Pathfinder, e andiamo verso il paese.

Alloggiamo al CROWN PLAZA (voto 8,5 – 85 euro) prenotato dall’Italia – qui non si verificano spiacevoli incomprensioni sulla qualità delle camere. Fatto check-in ci dirigiamo in paese e veniamo presi dalla tristezza.

Alice Springs è veramente una città di passaggio, inventata dal nulla e piuttosto triste: tra l’altro, non si sa bene da dove prenda il nome (Springs), in quanto non esistono sorgenti d’acqua . Ogni tanto si incontra qualche aborigeno, assolutamente non integrato con il resto della popolazione, steso nell’erba ad oziare o in cerca di elemosina. Nessuno di loro occupa posti in cu si possano avere contatti col turista: si ha la netta impressione di trovarsi in situazioni tipo Sudafrica. Comunque, per dirla tutta, non ci sentiamo mai minacciati o guardati con fare sospetto.

Dopo un veloce snack, ci facciamo consigliare una possibile gita nel pomeriggio: l’ufficio del turismo ci indica le East McDonnell Range, una catena montuosa con una serie di canyon, più vicina rispetto alla West Range. Raggiungiamo il punto più lontano, a circa 100km da Alice, dove poi mettiamo subito alla prova il Pathfinder andando a visitare la N’dala Gorge, una gola spettacolare in fondo a un canyon. Arriviamo solo fino a metà percorso perché l’atmosfera è un po’ surreale. Come a Kangaroo, anche qui il silenzio assoluto lacera le orecchie, non volano uccelli, ma delle fastidiosissime mosche non ci danno tregua. Sulla via del ritorno verso Alice, ci fermiamo a Trephina Gorge: un sentiero ad anello parte dal canyon, si snoda lungo le rosse pareti rocciose e finisce nel letto del fiume in secca che riporta poi al punto di partenza (il percorso può essere fatto anche al contrario).

Tornando ulteriormente verso Alice visitiamo Jessie Gaps, ma sinceramente non è niente di che: forse vederlo al tramonto sulla parte più alta gli farebbe acquistare qualche punto. Diciamo che alla fine dei conti il punto veramente imperdibile è Trephina Gorge.

Si sta facendo buio (in fondo sono già le 18) e torniamo in hotel: cena al ristorante tailandese nell’albergo (voto 5) e poi a nanna perché domani ennesima sveglia mattutina per dirigerci verso King’s Canyon.

Se non avessimo già le prenotazioni per domani sera a King’s Canyon ci saremmo molto probabilmente fermati in zona qualche notte in più per poter fare le West McDonnell Range, e percorrere tutte le tappe del Larapinta Trail, che sono più belle e più varie delle East Range. Tra l’altro esiste una strada, solo per 4WD, che direttamente dalle West McDonnell Range porta a King’s Canyon (in alternativa a quella asfaltata che faremo noi domani).

Avvertenza: siccome nel fare questo tragitto si passa per i territori aborigeni, occorre dotarsi prima del pass (costa un paio di dollari AUD a persona) rilasciato dall’Ufficio del Turismo di Alice, o dal King’s Canyon Resort (se lo si fa in senso inverso).

GIOVEDI’ 13 – KING’S CANYON Sveglia alle 7 per un’ipotetica partenza alle 8: in realtà la ricerca di approvvigionamenti di acqua e di un benzinaio ci portano a lasciare Alice Springs alle 8 e 30.

La strada per King’s Canyon passa attraverso un lungo tratto di deserto roccioso tipico australiano, dove il paesaggio è uniforme fino a sfiorare la monotonia: rari rilevi rocciosi, per lo più sabbia rossa e bush poco fitti a destra e sinistra.

Percorrendo la strada asfaltata, ad un certo punto si ha poi la di decidere se fare un taglio per una strada sterrata lunga 100km oppure fare tutta la strada asfaltata allungando di 140km, ma da fare tutta a 130km/h.

L’ernia al disco di Oliver prega di fare la seconda: accontentata.

Arriviamo a King’s Canyon Resort (l’unica sistemazione della zona, da prenotare con un certo anticipo) alle 13 circa: la receptionist Caroline, che parla italiano, ci dice che la camera sarà pronta alle 15. Pertanto molliamo i bagagli in reception, anche se avremmo potuto tranquillamente e senza rischi portarli con noi…In fondo non siamo in Italia…, e ci dirigiamo subito al Canyon dove facciamo il percorso più lungo.

Simile a quanto visto all’East Range, si passa da strette gole, si raggiungono estesi altipiani, si corre lungo crinali a pochi metri da pareti a strapiombo…Un paesaggio molto vario dove la roccia rossa la fa da padrona.

In fondo ad una gola vediamo anche il Garden of Eden, dove nel mezzo delle rocce, senza neanche un goccio d’acqua, riesce a crescere una fitta vegetazione di palme: gli uccellini che ci volano attorno danno proprio l’idea dell’eden…La mia proposta di spogliarci e coprirci solo con una foglia di fico viene bocciata da Rebecca… Scattiamo un sacco di foto: finiamo il percorso in 2 ore e 20 (contro le 3-4 preventivate) e ci avanza tempo per vedere Kathleen Spring, un sentiero di 1 km circa che finisce con un laghetto.

Stremati dal trekking estremo torniamo al King’s Canyon Resort (voto 8,5 – 230 euro) e ci prepariamo per la cena, non prima di aver preso due birre allo spaccio e di aver festeggiato l’impresa pomeridiana nella quiete della nostra camera.

Essendo bassa stagione ci sono aperti solo 2 ristoranti: la cena al ristorante Outback bbq la scartiamo perché l’impostazione è tipo mensa e self-service (come ogni santo giorno lavorativo…). Optiamo pertanto per una meno caratteristica cena al DESERT OAKS CAFE’ (voto 7) dove ci facciamo un filetto di canguro eccezionale !! Domani direzione Ayers Rock.

VENERDI’ 14 – AYERS ROCK Stiamo prendendo l’abitudine di fare colazione in stanza con generi di prima necessità tipo frutta, biscotti e yogurt. Ci sembra di essere a casa (Rebecca che prepara il caffè, Rebecca che butta giù dal letto Oliver che non vuole alzarsi, ecc…) e ci permette di fare le cose con più calma.

Partiamo alle 9 e 30 e affrontiamo i 350 km di strada nel deserto che ci separa da Ayers Rock: arriviamo alle 13 circa, facciamo check-in al LOST CAMEL (voto 9 – 275 euro) e introduciamo un po’ di mondanità quando, in modo non casuale, ci incontriamo con Sara e Luca, qui in luna di miele.

Breve sandwich take-away e con loro ci dirigiamo alla roccia. Per entrare nel parco si pagano 25 $ AUD a testa e si ottiene un pass valido 3gg: dall’entrata si percorrono circa 10 km e si arriva ad un o dei posteggi alla base della roccia.

Ragazzi…Anche se la vedi in foto e ti documenti prima, vederla dal vivo fa venire la pelle d’oca… Sembra un meteorite schiantatosi sulla terra…Non ha nulla di terrestre.

Oggi è aperto anche il Climb Walk, il sentiero che porta in cima. La tradizione aborigena vieta l’ascesa per la sacralità della roccia: l’amministrazione del parco permette l’ascesa, ma la sconsiglia, più prosaicamente, per liberarsi da ogni tipo di responsabilità in quanto in certi punti è abbastanza pericolosa e scivolosa.

Oliver e Luca si cimentano nell’arrampicata.

Si segue il sentiero tracciato, nel punto più ripido supportato da una catena e da paletti, tipo ferrata: il primo pezzo è spacca-polpacci, molto ripido e richiede le calzature adatte (no infradito, le scarpe da ginnastica sono al limite…).

Salito il primo pezzo c’è ancora mezz’ora di cammino, più pianeggiante ma non di meno impegnativo, fino all’arrivo al punto finale dove c’è il classico obelisco con indicazione delle distanze dalle varie località aussie.

La discesa è infida per il rischio di scivolare, ma infinitamente meno faticosa.

Mi sentirei di consigliare di riflettere bene prima di salire, in quanto l’esperienza è faticosa, occorre essere un minimo allenati e avere l’equipaggiamento giusto.

In quota poi tira un vento molto forte, quindi niente “fuori pista”.

Però una volta in cima il panorama attorno è eccezionale (sei a 400 metri e non hai ostacoli alla vista su nessun lato) e i crateri e le dune di roccia presenti sulla cima fanno sembrare di essere sul pianeta marte.

Una volta a terra andiamo al punto di osservazione del tramonto, mentre Sara e Luca ci lasciano per andare alla serata “Sound of Silence” (che, sulla base dei loro racconti, consigliamo).

Al calare del sole, la roccia passa dall’arancione, al rosso sempre più scuro al marrone, quando il sole è calato del tutto (oggi alle 18 e 27). Non è che sia un fenomeno straordinario e unico al mondo, probabilmente anche sulle dolomiti è così, però è uno spettacolo godibilissimo.

Tornati in hotel e non avendo voglia di riprendere l’auto per andare a mangiare, optiamo per il ristorante più vicino, il GEKO CAFE’ (voto 6,5) dove diamo una soddisfazione enorme alla ragazza che ci serve prendendo sia lo starter che il main course del giorno.

SABATO 15 – AYERS ROCK-DARWIN-LITCHFIELD Abbandonati i deserti oggi volo per Darwin via Alice Spring: riempiamo il serbatoio con benzina “Opal non sniffable” (per evitare che gli aborigeni la usino per stonarsi), passiamo a prendere Sara e Luca e via in aeroporto.

Ad Alice Springs ci separiamo: loro si fermano, noi ci dirigiamo verso nord.

A Darwin ci accoglie una temperatura tropicale, diciamo addio al caldo secco desertico. Ritiriamo la macchina all’Avis (una Nissan Patrol molto più “ruvida” del Pathfinder)…Qui nei territori del Nord non si scherza mica! Via di volata verso Batchelor, che si trova subito fuori dall’ingresso del parco Litchfield, dove abbiamo preso alloggio al BATCHELOR RESORT HOTEL (voto 6- – 130 euro). La stanza sarebbe anche carina non fosse arredata con gli scarti di qualche trasloco (sotto la TV c’è un mobile stereo che contiene tè, caffè, ecc…, c’è la scrivania che sembra più un banco di scuola e 3 sedie verdi imbottite che probabilmente arrivano da qualche bisca…).

Fatto check-in ci dirigiamo al parco. Prima tappa: Termite Mounds, dove termitai alti svariati metri (fino a 5) si ergono come lapidi di cimitero in mezzo ai prati.

Dopo andiamo verso le Florence Falls, una laguna bellissima e sicura dove Rebecca fa anche il bagno, e dove vediamo anche una coppia di short eared wallabies, e poi alle Buley Rockhole, dove si potrebbe fare il bagno se orridi ventenni circondati da casse di birra non occupassero già tutte le vasche naturali.

Paesaggisticamente tutto comunque molto bello.

Rientriamo in hotel e ceniamo al ristorante interno (tristissimo): cibo valido ma ambiente da amarezza totale.

DOMENICA 16 – KAKADU Sveglia alle 7 per completare la visita al parco. Nell’ordine: – Tolmer Falls, con il suo sentiero e la sua acqua non balneabile – Wangi Falls, cascate più piscina naturale super-gettonate. Appena arrivati scena incredibile: un wallaby terrorizzato parte come una freccia dalla foresta, si lancia in mezzo alle persone, incespica, si rotola un paio di volte, si rialza e riparte a razzo. Il posto è molto bello, peccato che quello che sembra l’allegro chiocciare di pappagalli altro non è che il rumore di un’enorme e disgustosa colonia di pipistrelli. Facciamo una passeggiata sotto i “tiri” della contraerea di pipistrelli che ci guardano appesi ai loro alberi… – Lost City: 10km di sterrato (4WD obbligatorio e divertentissimo) e appare una serie di rocce che sembra una città in rovina oppure una città in rovina che sembra un ammasso di rocce.

Torniamo a Batchelor per il ritiro bagagli, preleviamo in un simil-bancomat all’interno del pub del paese (sotto gli occhi degli ZZTop locali) e partiamo per la Stuart Highway fino a Pine Creek, per poi prendere la 21 (Kakadu HW).

Lungo la via decidiamo di fare ancora un po’ di sterrato per andare a vedere Maguk: sulla strada diamo un passaggio a un aussie di mezza età, inzaccherato e scalzo… Arrivati al parcheggio non siamo tranquillissimi: il sentiero si snoda a fianco di un corso d’acqua stagnante e di alcuni billabong infestati da coccodrilli.

Facciamo dietro front alla volta di Cooinda, dove alloggiamo al Gagadju Lodge Cooinda (voto 8 – 140 euro), che include lodge, camping e motel. La stanza è molto carina e abbastanza lontana dalla cambogia… Ceniamo al BARRA BISTRO del camping (voto 6,5 – media tra il 5,5 del cibo e il 7,5 delle patatine…).

LUNEDI’ 17 – KAKADU-CAIRNS …Un lunedì da leoni…

Al mattino nulla lasciava presagire cosa sarebbe accaduto durante il giorno.

Solita colazione in camera, pieno di benzina, ritiro del cash e check-out: prima di lasciare il lodge decidiamo anche di prenotarci 2 posti per la crociera al tramonto sullo Yellow River, che implica il ritorno all’imbarcadero vicino al Cooinda per le 16,30.

Decidiamo di dedicare la giornata alle Twin e Jim Jim Falls: percorriamo circa 10 km di Kakadu Highway e poi prendiamo la deviazione per le cascate.

Dalla deviazione sono 60km di sterrato, di cui 50 si possono fare a 80-100km/h, mentre gli ultimi 10 sono per veri amanti del fuoristrada, con buche, dossi, pozze di sabbia e guado di fiumi.

Prima di intraprendere questo pezzo si passa anche un check veloce di un ranger che ti stacca anche il biglietto per il passaggio in barca per le Twin Falls (25$ a testa): di questo biglietto non né parla né la Lonely né le altre guide.

Comunque innestiamo il 4WD e ci avventuriamo negli ultimi 10km di sterrato: al crocevia tra Jim Jim e Twin rallentiamo per capire il da farsi e questo basta per farci insabbiare.

Scendiamo subito tentando di disincagliare il Patrol, scavando sotto la scocca con assi di legno trovate lì vicino. Oltre tutto passano pochissime macchine e nessuna ha in dotazione il cavo per il traino (guide turistiche comprese…).

Il sole delle 11 si sta facendo insopportabile: tentiamo di piazzare anche dei ciocchi sotto le ruote per tentare di far fare presa, ma ogni sforzo si rivela vano.

Si fermano 4 ragazzi tedeschi che tentano di aiutarci spingendo l’auto in retro, ma niente da fare: per fortuna si ferma un ragazzo che ci fa notare che le ruote anteriori sono “libere” ossia non sono in trazione benché avessimo impostato il cambio con i rapporti 4WD ridotti (ma chi lo sapeva !!!!).

Praticamente stavamo ancora andando in 2WD…Mi chiedo come non ci fossimo insabbiati prima… All’ennesimo tentativo la macchina esce dal baratro in retro nell’esultanza generale (anche perché stavamo ostruendo il passaggio).

Lo scherzetto ci fa perdere circa 1 ora. Corriamo a tutta birra alle Jim Jim falls: parcheggiata l’auto si percorre un sentiero di 20-25 minuti inerpicandosi tra le rocce e si arriva alla Pool…Uno spettacolo veramente figo ! Sotto un costone di circa 100 metri, si stende una spiaggia bianchissima e una piscina d’acqua verde scuro: qui si può fare il bagno al sicuro dai coccodrilli. E’ veramente uno spettacolo imperdibile !! Ci togliamo un po’ della sabbia accumulata in mattinata e proseguiamo per le cascate. Purtroppo essendo dry season le cascate non ci sono, ma ugualmente la pozza alla base delle cascate è uno spettacolo mozzafiato. Sarebbe da trascorrere qui almeno un paio di ore.

Torniamo alla macchina e proseguiamo per le Twin Falls. Stessa scena: dal parcheggio circa 20 minuti di cammino e si arriva ad un piccolo molo dove ti imbarcano su una chiatta per attraversare un punto di fiume non sicuro (neanche 5 minuti di traversata) e ti fanno sbarcare 1 km più in là dove si riprende il cammino per altri 20 minuti.

Si arriva nel paradiso…Io pensavo che certi spettacoli fossero invenzioni dei film.

Qui, a differenza di prima, non si può fare il bagno causa coccodrilli, però le cascate almeno ci sono.

Diciamo che bisogna mettere in preventivo di passarci almeno 1 giorno intero in modo da prendersi anche un po’ di tempo per riposare su queste spiagge bianchissime.

Riprendiamo l’auto e torniamo a tuono verso l’embacadero perché alle 16,30 ci inizia il tour e manca meno di 1 ora…Oltre tutto davanti a noi nella strada sterrata c’è una carovana di macchine, quindi non possiamo neanche andare velocissimi.

Arriviamo all’embarcadero alle 4 e 35 mentre stavano imbarcando gli ultimi ottuagenari: la crociera in sé è carina (74$ AUD a testa, circa 2 ore di durata) e se si fa la prima del mattino o questa della sera ci sono più possibilità di vedere animali in giro (cicogne, bufali, coccodrilli, ibis e altri simpatici uccelli acquatici). Per poco non ci addormentiamo per la caduta di adrenalina.

Torniamo alle 18 e 30 circa al Cooinda: ci diamo una sistemata e mangiamo un boccone. Domattina alle 5 abbiamo il volo da Darwin per Cairns e perciò decidiamo di viaggiare di notte dal Kakadu a Darwin e passare la notte in aeroporto.

Facciamo il viaggio sotto una stellata pazzesca e arriviamo a Darwin in 3 ore e mezza.

Lasciata l’auto alla sfavatissima hostess dell’Avis aspettiamo fino alle 3 l’apertura del check-in. Per un simpatico gioco di boarding, ci fanno imbarcare assieme a gente che arriva da Singapore, estendendo a tutti le ben note regole del trasporto liquidi.

Peccato che al check-in nessuno ci avesse detto nulla:ci rimettiamo un tonico per viso, una crema abbronzante (circa 70 euro di merce) e un po’ di salute nervosa di Rebecca che per poco non scende le mani sulla faccia picassiana dell’addetto di sicurezza.

Per fortuna la stanchezza prende il sopravvento e, sebbene l’aereo sia sufficientemente scomodo, sprofondiamo in un sonno profondo fino all’arrivo a Cairns.

Qui prendiamo un taxi che per 18 $ ci posta in centro e blocchiamo una stanza in un altro motel della Golden Chain: c’è da organizzare il soggiorno al mare ! MARTEDI’ 18 –CAIRNS Monito al viaggiatore: lo shuttle bus per il centro conviene solo se si viaggia da soli. A partire da 2 viaggiatori in su conviene prendere un taxi.

Il tassista si presenta con camicia a maniche corte bianca (con i gradi sulle spalle), calzoncini bianchi, calze di spugna bianche alle ginocchia e scarpe da barca bianche…Mi chiedo se siamo a in Australia o sulla love Boat. Il capitano Stubing ci porta fino all’HERITAGE CAIRNS (voto 7 – 95 $ AUD): la stanza è pulita e il bagno ha una doccia immensa (e noi, vista la notte di viaggio, ne abbiamo bisogno…). Ma cos’è quella cosa attaccata alla parete ? Da wikipedia: dicesi catafalco “…Un’impalcatura in legno ricoperta di parati (generalmente drappi neri), sulla quale si pone la bara durante le cerimonie funebri…”. Noi ne abbiamo uno ai piedi del letto dove, al posto della bara, a 1 metro e mezzo da terra è incastonato il frigo…(voleva essere un mobile porta TV…).

Ci dirigiamo subito in centro per fare colazione, riprendere un po’ le forze e concentrarci sull’organizzazione dei giorni di mare: l’hotel è ad un paio di isolati dalla zona pedonale e dall’esplanade, la passeggiata a mare. Facciamo colazione nell’isola pedonale (malgrado i buoni propositi di stare leggeri ci sbafiamo un’omelette di minimo 4 uova e ci beviamo un caffè decente) e ci infiliamo in uno dei mille internet café per capire come e dove andare nei prossimi 5 giorni.

Decidiamo per le Whitsundays, che da Cairns sono raggiungibili in aereo (altrimenti via traghetto, imbarcandosi ad Airlie Beach un porto a più di 600 km a sud di Cairns): ci facciamo fare dei preventivi ma costano tutte un occhio della testa!!! Ma non era bassa stagione ? Vediamo che la Qantas organizza anche pacchetti, per questo decidiamo di entrare direttamente in agenzia, sempre nell’isola pedonale, dove ci accoglie Velma, una “ragazza di una volta” con le unghie dipinte di rosa confetto che ci propone Hamilton Island, l’unica isola delle Whitsundays in cui c’è l’aeroporto.

Le lasciamo il compitino di verificare disponibilità e preventivi, mentre noi andiamo a prenderci un po’ di sole verso il lungomare, dove l’acqua in realtà è quasi totalmente ritirata per la bassa marea e dove al suo posto c’è solo fanghiglia e mangrovie.

L’atmosfera è di un rilassato da non credere: Cairns è una micro cittadina, piena di studenti e di locali dove il passatempo tipico è starsene seduti a riscaldarsi al sole dell’esplanade. Cerchiamo anche di comprare una crema solare (in sostituzione di quella requisita a Darwin) e scopriamo che in Australia vendono solo protezione 15 e 30… C’è da dire che quanto a pulizia, senso dell’ordine e del saper convivere gli aussie sono avanti anni luce.

Ritorniamo da “Velma dalle unghie rosa” per vedere se ha qualcosa di interessante da proporci: dopo qualche telefonata e una nostra nuova sortita ad un altro Internet point (per non annoiare eccessivamente sto tralasciando una serie di chicche sulla legnosità mentale di Velma…), riusciamo finalmente a prenotare attraverso la nostra nuova amica un bungalow per 5 giorni ad Hamilton Island ad un prezzo più basso di quanto siamo riusciti a vedere finora. Sono già le 17 e siamo riusciti a chiudere il tutto giusto in tempo per la chiusura degli uffici: se non fossimo riusciti ad organizzarci ci saremmo probabilmente dedicati alla visita della costa da Cairns a Brisbane.

La sera ceniamo al RATTLE AND HUM (voto 7) dove capendo male il menù, ci troviamo a mangiare due cordon bleu di pollo impanati… Vabbé, comunque erano buoni… A letto presto, domani si va al mareeeeeeee.

DAL 19 AL 24 – HAMILTON ISLAND Volo alle 8 meno 10 e arrivo a destinazione in 1 ora.

Arrivati al resort ci aspettiamo di prendere posto nel bungalow, invece, botta di fortuna, finiamo con un doppio upgrade al 9° piano dell’hotel.

E’ veramente figo perché la vista dalla nostra suite e dal nostro balcone è mozzafiato: praticamente diamo sulla spiaggia principale dell’isola e abbiamo di fronte l’isola di Whitsundays.

Peccato essere finiti in un vero e proprio eco-mostro, una torre bianca che si erge per 19 piani nella vegetazione dell’isola, ad altissimo impatto ambientale… Hamilton è molto carina, attraversata solo da buggies e free buses (elettrici) che fanno la spola tra la Marina e i vari alloggi.

Tra l’altro abbiamo la fortuna di capitare sull’isola nei giorni della Hamilton Audi Race, una 5 giorni di regate…Ecco perché la fatica a trovare posto e i prezzi alti: stand spuntano come funghi attorno alla Marina, e ogni sera organizzano musica dal vivo, presentazioni (di Audi) e anche la partita di rugby Australia vs Nuova Zelanda vista tutti assieme in piazza.

C’è proprio un’atmosfera da villaggio vacanze.

Noi in linea di massima siamo stati in resort giusto per dormire e per colazione, per il resto ci siamo cercati anche spiagge nei lati meno conosciuti dell’isola e per cena siamo sempre scesi alla Marina.

Tutt’attorno pappagalli cacatua, gabbiani, corvi, pivieri: di notte abbiamo sempre incrociato una famiglia di opossum che stazionavano sempre vicino al bar della spiaggia.

Durante l’escursione a Escape Beach (1 ora e mezza di cammino dal resort, indicazioni recuperate dal concierge, un ventenne palestrato e biondo che ci dà 2 indicazioni striminzite e finisce col pollice in alto dicendoci “It’s easy!”) abbiamo incrociato anche dei fishermen, un enorme varano nel bosco, e 2 tartarughe marine.

E non contenti una delle ultime mattine scopriamo che proprio a 20 metri dalla riva, quando ancora la marea non è scesa (perciò al mattino e fino verso le 14) una colonia di 4/5 testuggini (di cui una enorme!) stazionavano abitualmente vicino ad un isolotto.

Un incontro ravvicinato (noi eravamo in canoa) da pelle d’oca !! MARTEDI’ 25 – CAIRNS – SYDNEY Il volo di rientro sulla terraferma è alle 9 e 20 del mattino.

Pertanto sveglia presto, in media come gli altri giorni, colazione e via in aeroporto: qui ad Hamilton ce la siamo proprio goduta! Giunti a destinazione, considerando che abbiamo il volo stasera per Sydney alle 7 e 30 decidiamo di prolungare il soggiorno di mare e ci affittiamo un’auto in aeroporto e ci dirigiamo una quarantina di km a Nord verso Trinity beach. Ci piacerebbe andare a Cape Tribulation, visto che ce ne hanno parlato tutti benissimo, però la distanza è piuttosto considerevole da fare in qualche ora… La giornata è bella e il sole piuttosto caldo: troviamo un posto sulla lunghissima spiaggia di Trinity dove piazzare i parei e ci facciamo quest’altra giornata di mare.

La location non offre molto, neanche per pranzo: troviamo un posto a bordo spiaggia dove mangiare un sandwich e dove ci mangiamo anche un Magnum alla menta (in Italia non esistono).

Sono troooooppo buoni !!! La giornata ci passa via velocemente oziando sulla sabbia.

Verso le 4 e 30 ci muoviamo per ritornare in aeroporto dove lasciamo la macchina e ci imbarchiamo con la Virgin verso Sydney (viaggio circa 2 ore).

Sbarcati alle 22,15 circa ci siamo diretti subito al MACQUARIE BOUTIQUE hotel (voto 6 – 75 euro), uno stranissimo posto centrale con annessa discoteca e wine room, e dove ci assegnano una stanza orrida sulla quale protestiamo e pretendiamo upgrade (giusto per chiudere in bellezza la vacanza).

Per la notte ci chiedono di fermarci nella stanza assegnata l’indomani il manager farà il possibile per cambiarcela.

MERCOLEDI’ 26 – SYDNEY Per fortuna la giornata inizia subito bene: il fatidico manager ci cambia la stanza, offrendoci un upgrade ad una leggermente più grande e meno diroccata… Ci dà anche due buoni per due micro-colazioni da prendere al caffè di fronte.

Sistemate le valigie nella nuova camera ci tuffiamo nella splendida Sidney con direzione Circular Quay, la banchina dove si prendono i traghetti. Risaliamo in verticale la città, facendo le vie principali: ne approfittiamo e passiamo anche da Etihad dove riusciamo a confermare il volo di ritorno.

Sidney ci appare subito la tipica megalopoli americana, fatta di grosse arterie, grattacieli e un simpatico anello di metropolitana sopraelevata che percorre attorno al centro cittadino (sempre che un “centro” di Sidney esista…).

Arriviamo alla banchina e prendiamo due biglietti di sola andata per Manly Beach: vogliamo fare il giro a piedi suggerito dalla Lonely e da Sara e Luca, i nostri amici che sono stati qui due settimane fa. Partiamo sulle note del didgeridoo accompagnato da un sottofondo tecno, suonato dall’aborigeno truccato che per qualche spicciolo si esibisce sulla banchina.

Il tragitto per Manly dura circa mezz’ora: si passa davanti all’Opera House (c’è chi dice che la vista migliore di tutte sia proprio dall’acqua) e ci si dirige verso Nord passando vicino a ville hollywoodiane. Manly è uno spettacolo: sei a mezz’ora dal downtown e ti sembra di essere in un posto di villeggiatura. La spiaggia poi non ha nulla di che invidiare alle Maldive…

Facciamo lo Scenic Walkway, il percorso suggerito dalla guida: sono una decina di km tra pezzi di spiagge caraibiche, acqua cristallina, parchi, incontri con kookaburra, e ville da sogno.

Per chi ha tanto tempo da spendere consigliamo di farlo interamente: una volta arrivati dall’altra parte, allo Spit Bridge, si deve cercare un bus che riporti verso il centro. Qualora il tempo a disposizione sia poco consigliamo di arrivare fino alla Forty Baskets Beach e poi di tornare indietro al molo di Manly per riprendere il traghetto per la Circular Quay.

Tant’è che noi siamo arrivati fino in fondo e poi ci abbiamo messo più di 1 ora per tornare verso il centro… Arrivati ormai a metà pomeriggio verso l’hotel breve sosta, e poi la sera a cena da ARIA, di fronte all’Opera House (voto 9 – 260 AUD il conto finale…): posto fighissimo, abbastanza naftalina dove noi ci presentiamo con felponi e anfibi. Però ragazzi…Non si mangiava così bene da giorni…

Peccato il vino, un acido Traminer australiano: niente da fare il vino locale (forte dei tappi a vite) non fa per noi.

GIOVEDI’ 27 – SYDNEY Con ancora qualche traccia di Traminer in corpo ci rituffiamo nella metropoli, non prima di aver consumato un’altra sontuosa (!) colazione al Segafredo café. Visto che la colazione di domani sarà l’ultima, mi sa che ci cercheremo un posto un po’ più confortevole… Ci dirigiamo verso the Rocks, che si trova di fianco al Circular Quay, un quartiere un tempo ricettacolo di avanzi di galera e dagli anni ’70 rifatto stile liberty. Molto turistico ma carinissimo.

Da qui si godono anche splendidi scorci dell’opera House e dell’Harbour Bridge (per gli amici “l’attaccapanni”). Ma cosa ci fa tutta questa gente a metà mattina nei giardini ? Capiamo un’altra cosa del modo di vivere australiano: tutto è all’insegna del “take your time”: non sono indolenti o pigri, ma non si stressano e vivono all’insegna dell’ottimismo…Se una cosa non riesci a farla oggi…Vedrai che domani ci riuscirai.

E’ molto probabile che a metà mattina si possano vedere manager in giacca e cravatta che si bevono un caffè da Starbucks o prendono il sole su una panchina con il laptop sulle gambe, oppure che svestono per 1 ora gli abiti da lavoro e coi pantaloncini si fanno una corsetta per il Darling Harbour.

Forse che c’hanno ragione loro ? Secondo noi sì… E’ quasi ora di pranzo: fortemente consigliato dalla Lonely (e a posteriori anche da noi) andiamo verso il fish market dove ci scegliamo personalmente uno snapper e un trancio di salmone freschissimi e ce li facciamo cucinare alla griglia. Indimenticabile questo pranzo sul molo a base di pesce con i pescherecci che tornano carichi di tonni e altre prelibatezze del mare…Peccato che i gabbiani siano sempre in agguato, non bisogna distrarsi un attimo… Dopo pranzo scendiamo verso il darling Harbour : anche qui si tratta di un posto molto turistico, pieno di ristorantini e bar sul molo di legno. Ci facciamo anche un giro completo sul monorail, la metropolitana sospesa.

Scendiamo al Paddy’s Market, un grande magazzino nel quartiere cinese dove riusciamo a beccare anche un negozietto con i saldi sulla roba di Abercrombie (la dritta era di Sara…).

Rientriamo lentamente in hotel: il tratto comune di tutte le metropoli australiane è che oltre ad essere visitate devono essere assolutamente vissute. Purtroppo limitando il giro a 3 settimane non abbiamo molto tempo per bighellonare in giro… A cena ci dirigiamo nuovamente verso the Rocks, dove ci fermiamo al ROCKS CAFE’, un ristorante carino in stile francese sulla George Street: la cena non è a livello di quella di ieri ma tutto sommato piacevole.

Tornati in hotel ci tocca fare e valigie… VENERDI’ 27 – SYDNEY-MELBOURNE Ultime ore in territorio australiano: abbiamo il volo per Melbourne alle 13, quindi decidiamo di fare un ultimo giretto per imprimere sulle nostre retine quanto più possiamo prima di lasciare questa splendida città.

Colazione dietro l’hotel al TWO EGGS: assolutamente consigliatissimo, è piccolo, difficile da vedere tra la Golbourne e la Brisbane Street.

Decidiamo di fare un giro verso Kings Cross: di giorno sembra essere un quartiere normale, con un po’ di localini e sale giochi, qualche ubriaco che dorme per terra e l’inconfondibile insegna della Coca-Cola stile Piccadilly Circus che troneggia dall’alto di Victoria Street. Di notte sembra che il quartiere sia particolarmente “vivace”, o almeno così dice la guida.

Verso le 11 ritorniamo in hotel, ritiriamo i bagagli e via in direzione dell’aeroporto.

Aereo chiaramente puntualissimo arriviamo a Melbourne alle 15 circa.

Ideona: visto che tanto dovremo mangiare qualcosa lasciamo i bagagli in deposito, prendiamo il Melbourne shuttle che in 20 minuti ci porta in città. Facciamo una corsa da Pellegrini, dove il primo giorno prendemmo solo un caffè, per un piatto di pasta della signora Pellegrini (alle 4 del pomeriggio): i sughi sono ottimi, la cottura delle mie penne è però english-style (praticamente colla). Invece la pasta di Rebecca è impeccabile.

Fatta la merenda, nuovo e ultimo giretto per il centro e poi ritorno in aeroporto per le 7 di sera per fare il check-in e toglierci dalle spalle i nostri pesantissimi zaini.

Ci aspettano più di 24 ore di volo.

Ciao Australia, ciao animali stranissimi, ciao affascinante outback e ciao super-ospitale popolo australiano: l’unica raccomandazione che ti facciamo è di rendere il cibo un po’ meno inglese e un po’ più naturale, in fondo…It’s easy!



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