Qualche nota sull’Australia

Il nostro itinerario, svolto in tre settimane effettive di permanenza in terra australiana, è stato il seguente: - arrivo a Brisbane (dopo sosta di due giorni a Bangkok) e ritiro auto; - da Brisbane fino a Cape Tribulation (km. 2.500 circa), visitando Fraser Island e le Withsunday con “day tour” organizzati; - volo (diretto, ore 2,15)...
Scritto da: Fabio Cerretani
qualche nota sull'australia
Partenza il: 16/08/2007
Ritorno il: 10/09/2007
Viaggiatori: fino a 6
Il nostro itinerario, svolto in tre settimane effettive di permanenza in terra australiana, è stato il seguente: – arrivo a Brisbane (dopo sosta di due giorni a Bangkok) e ritiro auto; – da Brisbane fino a Cape Tribulation (km. 2.500 circa), visitando Fraser Island e le Withsunday con “day tour” organizzati; – volo (diretto, ore 2,15) Cairns – Darwin e ritiro auto; – Darwin – Kakadu – Alice Springs – Ayers Rock (km. 2.925); – Volo Yulara (Ayers Rock) – Sydney; – 3 gg. A Sydney, con noleggio di una terza auto.

Avevamo pensato che fosse meglio puntare sul – per noi – consueto raid automobilistico piuttosto che saltellare qua e là con i voli interni per toccare tutti i luoghi consacrati dal turismo, e così abbiamo fatto.

Va tenuto presente che le distanze da percorrere per portare a termine un itinerario come il nostro sono notevoli, e che la segnaletica stradale è quasi sempre insufficiente. Consiglierei di portarsi un navigatore, o di noleggiarlo in loco. E, a proposito di noleggi, un’avvertenza importante per ridurre il costo del noleggio da Darwin a Yulara (o viceversa) è quella di PRENOTARE CON MOLTO ANTICIPO. Noi, che abbiamo prenotato in febbraio per andare a fine agosto, abbiamo speso per una Corolla solo 450 euro (a fronte degli oltre 1.500 dei quali ho letto su molti resoconti).

I posti, però… I posti valgono davvero il viaggio. Personalmente rimpiango di non aver potuto, per colpa del tempo a disposizione (che è tiranno per definizione), trascorrere almeno un paio di giorni in più (quelli trascorsi in modo altrettanto piacevole a Bangkok, in pratica) nel Queensland: uno nella splendida Cape Tribulation, magari per arrivare fino a Cooktown, l’altro per spezzare il lungo trasferimento da Hervey Bay a MacKay visitando con più calma la costa, o anche l’outback del Queensland, che è molto bello e anche meno turistico del percorso da Katherine ad Ayers Rock/Uluru. Quanto alle isole, nel novanta per cento dei casi dovrete visitarle con escursioni organizzate che non mantengono mai TUTTO quello che promettono ma che ciò nonostante vi lasceranno soddisfatti sia perché vedrete comunque dei posti molto belli, sia perché non risulteranno eccessivamente costose. Noi siamo stati alle Withsundays (con la Three Island adventure Cruise, www.Wiac.Com.Au; tenete presente che, anche se avete prenotato via internet, la sera precedente l’imbarco dovrete comunque presentarvi all’ufficio di Airlie Beach per confermare e pagare) e a Fraser Island, dove ci ha fatto compagnia il peggior inizio di primavera degli ultimi cento anni nella zona di Brisbane, meteorologicamente parlando. Anche in quel modo, però, l’isola è risultata affascinante, e magari anche lei meriterebbe un’escursione di due giorni anziché di uno solo. L’unica sensazione sgradevole, che di tanto in tanto si avverte in maniera piuttosto nitida in questa zona del Queensland, è quella di essere finiti in un ingranaggio macina-turisti. Sensazione che invece si avverte molto meno procedendo oltre: Cape Tribulation è magnifica (almeno per noi che non avevamo mai visto la foresta pluviale tropicale), e rimpiango di non essermi spinto fino a Cooktown; o nel Lichtfield, dove si possono fare dei bagni memorabili sotto le cascate del bush (Florence Falls in particolare). Nel Kakadu non mancate la navigazione all’alba sulle acque dello Yellow Waters. L’itinerario da Katherine ad Ayers Rock non deve essere considerato un’avventura; in certe zone degli Stati Uniti (ad esempio nel Nevada) sarebbe molto più preoccupante restare appiedati. Il rischio, semmai, è che qualcuno, invece di restare coinvolto da quello strano “fascino della desolazione” fatto di lamiera ondulata, serbatoi arrugginiti e paccottiglia varia ammucchiata nei pub dell’Outback, possa trovarlo soltanto monotono. Ma non date ascolto a chi vi parla dei cammelli, dei canguri e delle mucche che attraversano la strada causando incidenti. E’ vero, di animali morti se ne vedono tantissimi, ma tutto deve accadere di notte; di giorno abbiamo visto solo qualche mucca in lontananza, e di cammelli e canguri nemmeno l’ombra. E’ sufficiente quindi avere l’accortezza di viaggiare di giorno e la fortuna di ottenere un’auto in buone condizioni – e la nostra Corolla non era esattamente nuova…

La stessa assicurazione integrativa per la riduzione della franchigia in caso di incidenti è MOLTO meglio stipularla per percorrere la Bruce Highway del Queensland, dove gli animali, e il traffico, ci sono davvero.

Qualcosa vorrei dire anche sul livello di pulizia degli ostelli e dei motel: in qualche resoconto di viaggio avevo letto la memorabile opinione che “in Australia è un po’ come sulle Dolomiti”, nel senso che – con l’unica eccezione dell’ormai famigerato ostello di Melbourne – si va sempre sul sicuro. Ora io non sono un grande ammiratore della creatività e della giovialità degli altoatesini, però, avendo frequentato e frequentando le Dolomiti, devo riconoscere che, per quanto riguarda la pulizia, pochi li superano. Per cui, anche memore della positiva esperienza con i motel americani dell’est e dell’ovest, non sono stato a preoccuparmi troppo. Le cose, invece, si sono rivelate molto diverse da come me le aspettavo, perché i motel – per non dire gli ostelli – sono generalmente piuttosto squallidi, e neanche particolarmente economici, almeno per noi che viaggiavamo con figlio di nove anni al seguito. In non pochi casi si sono aggiunte situazioni di carenza di pulizia piuttosto evidenti, e credo sia il caso di segnalare, sotto questo particolare aspetto, le lenzuola (ma anche il pavimento sotto i mobili) dell’ostello YHA di Airlie Beach, e la moquette del Desert Rose Inn di Alice Springs. Faccio presente che non sono particolarmente schizzinoso, e se devo dormire all’aperto e in condizioni igieniche precarie (che so, nel Sahara, in India, in Perù…), ancora adesso a cinquant’anni passati lo faccio senza tante storie. Ma le lenzuola dell’ostello di Airlie Beach, cosparso di capelli e peli di nazionalità assortite SU ENTRAMBI I LATI (eh già! A nulla è servito il tentativo di provare a girarlo…) e la moquette di Alice Springs mi hanno fatto rimpiangere il catino con cui nel deserto ci si lava il viso, l’insalata, i piatti e spesso anche altre parti del corpo. Molto piacevoli, invece, almeno dopo le precedenti esperienze, il Gagudiju Lodge di Cooinda e l’Outback Pioneer Lodge di Yulara (e te credo, visto quanto ci sono costati!), ma anche, a prezzi più ragionevoli, il PK’s JUNGLE VILLAGE di Cape Tribulation. Essendo italiani all’estero, non si può non spendere una parola sul “come si mangia”.

Ovviamente si mangia male. La cucina è quella americana, a base di hamburger (provate a pronunciarlo come sapete fare, e vedrete che faccia faranno!…), pollo e pesce fritto, uova e pancetta, e patate fritte sempre e dovunque. E’ vero che ci sono molti ristoranti thailandesi, e che sul momento – e soprattutto quando si ha fame – quel tipo di cucina risulta piuttosto stuzzicante. Peccato, però, che venga presto a noia, e che alla lunga renda i processi digestivi sempre più elaborati e nauseanti. Anche se presi dalla nostalgia gastrica per i semplici ingredienti nostrani, però, diffidate dei ristoranti italiani: quasi sempre si tratta di discendenti di terza o quarta generazione, che oltre a non parlare più la lingua, non hanno la benché minima idea di come si mangi davvero in Italia (non sanno nemmeno che gli spaghetti vanno bolliti in acqua salata!). Cosa dovreste fare, allora? Beh…Arrangiatevi, come abbiamo fatto noi. In fondo non si va mica in Australia per fare esperienze gastronomiche, no? L’unico ristorante italiano che mi sentirei di consigliare si trova a Sydney, nella zona di Kings Cross (Macleay Street, per la precisione, quasi di fronte all’Hotel DeVere): si chiama IL FAGIANO, e farebbe la sua figura anche da noi. Tra l’altro ci lavora un ragazzo di Bologna che si è trasferito da poco e che è ancora indeciso se rimanere o meno in Australia, ma che tuttavia può già darvi delle utili indicazioni sulla visita della città, e per una volta vi permetterà di fare le ordinazioni parlando, invece di esprimervi a gesti e con mugugni.



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