Cile e Argentina fly & drive

Lungo sconfinati paesaggi alla scoperta della regione dei laghi
Scritto da: Klaus22
cile e argentina fly & drive
Partenza il: 26/02/2017
Ritorno il: 03/03/2017
Viaggiatori: 2
Spesa: 1000 €

1° giorno

Partiamo da Stiago con il volo LAN delle 15.40 per atterrare a Temuco dopo un’ora e 20 minuti. Vogliamo esplorare la regione dei Laghi, territorio dei Mapuche, di Cile e Argentina. E’ difficile trovare informazioni strutturate su questa zona, però almeno per la parte cilena si trovano ottime mappe dettagliate su http://www.mapas.mop.cl. Non tutti gli autonoleggi consentono di portare il veicolo in Argentina (non so quanto sia vero il viceversa) e quelli che lo permettono lo fanno a caro prezzo (extra di 150.000 CLP con Hertz); poi occorre inviare in anticipo copia di Patente e Passaporto del guidatore. Per sicurezza prima di prenotare l’alloggio in Argentina abbiamo aspettato il nulla osta finale; per noi europei è inimmaginabile!

L’aeroporto di Temuco (Araucania) è a sud, piuttosto fuori dalla città, e così imbocchiamo subito l’Autopista 5 – la Panamericana – in direzione Sud fino a Freire, dove svoltiamo verso Villarrica: un nome per una città, un lago e un vulcano. La strada è buona e poco trafficata ma non si arriva mai. In Cile tutto sembra dilatato, anche perché mancano i punti di riferimento: pochi agglomerati, si percorrono chilometri e chilometri senza vedere una casa. Improvvisamente in lontananza si staglia il Volcan Villarrica, ma data la dimensione non è chiaro quanto disti. E’ estate ma la cima è innevata. Arriviamo a Villarrica dove pernotteremo. Il paese si dispiega sulle sponde dell’omonimo lago ed è densa la balneazione: ombrelloni, gente in acqua, giochi per bambini, un piccolo lunapark, auto in fila sul lungo lago. Sapevamo essere una zona di forte turismo locale, ma non credevamo fino a questo punto. Ci sono pure diverse imponenti costruzioni brutte. Si fa presto però ad allontanarsi e l’Hosteria dove alloggiamo è un po’ fuori, in alto, in una bella posizione. Villarrica è deludente, a parte le tipiche ferias artesanal, è una cittadina senza nessuna caratteristica. Sorprendentemente per cena fatichiamo a trovare un ristorante; è domenica e parecchi sono chiusi, altri sono quasi fast-food. Alla fine arriviamo al lago e imbocchiamo al Fuego Patagonico (niente male!).

2° giorno

Tra laghi e montagne le strade sono poche, le distanze grandi e bisogna fare una scelta. Dobbiamo purtroppo rinunciare alle Termas Geometricas e ci avviamo alle pendici del Volcan a circa 20km da Villarrica. Attraversando boschi di alberi enormi, alcuni secchi e contorti, si arriva all’attacco degli impianti di risalita (piuttosto malmessi) che però sono chiusi; da lì servono circa 4 ore di cammino per arrivare in cima al cratere fumante e occorre attrezzatura da montagna perché si attraversa il nevaio. Ci incamminiamo per un breve tratto tra rocce di tutti tipi, dall’ossidiana nera lucida alla pomice grigia: è il paradiso dei geologi; l’ultima eruzione è del marzo 2015. Tornando ci avviamo in direzione Pucon, anch’essa località “balneare” ma molto più carina: una bella piazza con un giardino e diverse grandi sculture in legno testimoniano le radici Mapuche, vorremmo visitare il museo a loro dedicato ma è chiuso, sia perché è lunedì, sia perché è allagato. Assistiamo ad una singolare parata dove sfilano gauchos, mapuche, squadre sportive. Una empanada al volo e si riprende la strada che costeggia il Rio Liucura. Una deviazione sulla sinistra conduce prima al Los Ojos del Caburgua, (è un bel posto per fermarsi, magari anche per uno spuntino, ingresso a pagamento per pochi pesos) dove il Rio Caburgua forma delle grandi pozze di colore azzurro intenso ma incredibilmente trasparenti, poi la deviazione prosegue verso il lago Caburgua che, pur essendo uno di quelli piccoli, ha la stessa superficie del Lago di Bracciano. Anche qui ci sono ombrelloni e attività da spiaggia, ma il vento increspa l’acqua che non è proprio invitante. Torniamo indietro costeggiando la spiaggia, su un percorso sterrato e, riguadagnata la strada 907, con un’altra piccola deviazione si raggiungono i Tres Saltos, altro bel punto di sosta dove un affluente del Rio Liucura, forma 3 cascate, attorno a cui si può fare una camminata. Finalmente ci avviamo lungo la S907 verso il nostro Hotel [Peumayen Lodge&Termas- molto consigliato].

3° Giorno

Sveglia presto perché dobbiamo fare più di 150 km per stare alle 13 all’imbarco di Puerto Fuy per attraversare il Lago Pirihueico e varcare il confine con l’Argentina a Passo HuaHum. Il percorso è piuttosto articolato sempre per la presenza di laghi e montagne; ripassiamo da Villarrica, per dirigerci verso Lican Ray, costeggiamo il lago Calafquen fino a Coñaripe, poi tutto il Lago Panguipulli, sfioriamo il Lago Neltume (attualmente oggetto di una contesa tra i Mapuche e la locale Società Elettrica) e finalmente arriviamo a Puerto Fuy. Purtroppo la giornata è piovosa e non possiamo apprezzare al meglio i paesaggi che attraversiamo, che sono comunque quasi totalmente disabitati. La strada è complessivamente buona, ci sono diversi tratti sterrati, ma si incrociano pochissime macchine (poco prima di Purto Fuy c’è l’unico distributore di benzina della zona). A Puerto Fuy, a parte l’imbarcadero, ci sono giusto 4 case, una specie di bar e un paio di bancarelle di souvenir. Il battello in estate fa 3 corse al giorno A/R ed è indispensabile prenotare il passaggio per l’auto, perché i posti sono circa 20 e non ci sono strade alternative https://barcazahuahum.com/inicio/welcome-to-hua-hum-ferry. La traversata richiede poco più di un’ora, il lago è stretto e lungo e le sponde sono costituite da una foresta impenetrabile, forse inesplorata. Lo sbarco è rapido e poi ci sono altri 20km di sterrato fino al confine. Le procedure alla dogana cilena sono abbastanza rapide: controllo dei documenti, riconsegna del foglietto doganale, timbro e via: sono più preoccupati da ciò che potrebbe entrare piuttosto che da ciò che esce. La parte argentina invece è più lunga: a parte una differente efficienza, si rimbalza da uno sportello all’altro perché ognuno guarda una cosa sola: uno i documenti dell’auto, uno il passaporto, poi c’è il controllo dei bagagli e infine il controllo dell’auto: alla fine, non si sa perché, ci sequestrano 3 sassi che avevamo raccolto sul Vulcano Villarrica dicendo che non si possono portare (è inutile discutere con il doganiere). Complessivamente c’è voluta circa un’ora. Siamo in Argentina! Passiamo davanti al famoso Cristo de la Paz scolpito dai maestri d’ascia dell’isola di Pasqua, ma piove a dirotto e non ci fermiamo.

La strada verso San Martin de los Andes è quasi tutta sterrata, costeggia prima il lago Nonthue, e poi il Lago Lacar che però non si vede, per via della fitta cortina di alberi (nel nostro caso anche di pioggia). Almeno man mano che ci avviciniamo il cielo sembra schiarirsi. Ogni tanto svetta una araucaria, stranissimo albero preistorico, a crescita lentissima, somigliante a un abete stilizzato, con pinoli grandi come mandorle. San Martin si presenta bene, vivace, turistica ma in modo non fastidioso; si capisce che è un posto d’elite, anche dai prezzi. E’ in piano, il centro città è lontano dal lago, che non si vede, e non si percepisce come un elemento centrale. Tanti negozi di vario genere, souvenir e cioccolata, tanti ristoranti. In posizione un po’ periferica c’è “La Pastera”, il museo di CheGuevara, che ha sostato a San Martin come descrive ne I Diari della Motocicletta. E’ chiuso il martedì, gli orari sono un po’ elastici; dentro non c’è molto, ma come si fa a venire qui e non passarci!

4° giorno

C’è un po’ di vento ma la giornata è splendida: ci avviamo così verso il giro dei “sietes lagos” (dell’Argentina). La strada da San Martin sale subito a mezza costa lungo il lago Lacar che è il primo dei sette (in realtà i laghi sono più, ma la Ruta 40 ne tocca 7 tra San Martin e Bariloche). Sembra impossibile che, essendo comunque vicini l’uno all’altro e tutti ugualmente selvaggi, possano essere così diversi: Machonico, Hermoso (deviazione), Villarino, Falkner, Escondido, Traful (deviazione), Correntoso, Espejo, fino a Villa Angostura che affaccia sul Nahuel Huapi – ottavo lago, enorme – lo stesso di San Carlos de Bariloche. La strada sale e scende, in uno scenario di boschi e pascoli; ogni tanto c’è un mirador dove ci si può fermare in sicurezza, anche se il traffico è esiguo. Per essere apprezzato con calma, il percorso richiede quasi tutto il giorno; non sono tantissimi chilometri ma è bene sapere che non ci sono distributori, né posti di ristoro, se non a Villa Angostura, che è un paesetto diviso in 2 parti: parte alta vero e proprio paese, parte bassa accesso al lago.

Costeggiando il Nahuel Huapi, in direzione Bariloche, ci sono alcune indicazioni degli insediamenti/riserve Mapuche, comunque invisibili dalla strada. Appena ci si allontana dallo spartiacque andino, il paesaggio cambia radicalmente e diventa arido, arbusti ed erba secca, è l’Argentina dei film. San Carlos de Bariloche però segna nuovamente il confine tra questo paesaggio e quello montano. Costruita sulla sponda meridionale dell’enorme Lago, ha tracce di un glorioso passato, in particolare nel quadrilatero che circonda il Centro Civico. Costruzioni di pietra e legno, in stile alpino, ne testimoniano la profonda influenza tedesca e, se non fosse per la bandiera bianca e celeste, si potrebbe pensare di stare in un altro emisfero. Il lago qui, diversamente da San Martin, è una presenza costante, si vede da ogni punto, e si sente; la sua dimensione e le onde lo fanno sembrare il mare. Il lunghissimo Lungolago Bustillo è un susseguirsi di costruzioni in stile montano, chalet, alberghi, tra cui il nostro. Impieghiamo la serata per visitare la Catedral Nuestra Señora de Nahuel Huapi: bella costruzione in stile gotico moderno, proprio sul lago. Alcune delle vetrate illustrano scene storiche tra cui il martirio dei missionari da parte delle popolazioni native (chissà come andarono veramente le cose?); originale e bella la via crucis. Una bella statua di Maria con il Bambino ha un singolare collegamento con Santa Maria Maggiore a Roma. Tira un forte vento e fa piuttosto freddo, il lago è agitato: pile e giacca a vento sono il giusto abbigliamento. Ci avevano consigliato per cena il ristorante Alto el fuego, che però è pieno e tutto prenotato anche per il giorno seguente, ripieghiamo su un altro.

5° giorno

Primo impegno: visita del Museo de la Patagonia, intitolato a Perito Moreno. Veramente interessante e bello. Una parte è tutta dedicata a geografia, fauna e flora della Patagonia: ci sono parecchi animali impagliati tra cui due condor, dei quali si può apprezzare la dimensione esagerata. Si capisce come influiscono le Ande sulle correnti determinando, a parità di latitudine, climi così diversi tra Cile ed Argentina. La seconda parte è invece dedicata alla conquista e colonizzazione della Patagonia, le popolazioni native, le diatribe sulla spartizione dei territori tra Argentina e Cile, l’arrivo della ferrovia. Uscendo si ha la sensazione di capirne un po’ di più di questa immensa terra affascinante e tutt’ora un po’ misteriosa. La via principale di Bariloche si chiama Mitre ed è tutto un susseguirsi di negozi di cioccolata, alcuni veramente grandi: le vetrine sono invitanti, ma all’assaggio la cioccolata non è proprio eccellente, almeno per chi ama quella pura e amara. Ovviamente tanti negozi di souvenir e qualche libreria, dove purtroppo non riusciamo a trovare l’edizione locale dei Notas de viaje -diarios de la moticicleta di Che Guavara (non ce l’avevano neanche a San Martin!) mentre invece pullulano i libri sulla presunta fuga di Hitler e il suo soggiorno nella zona. Bariloche non è un granchè, ma rimane comunque un posto mitico per l’immaginario di chi come viene dall’altra parte del mondo.

Tentiamo un’esplorazione verso sud lungo la famosa Ruta 40, costeggiando il lago Gutierrez e poi il Lago Mascardi. Chilometri e chilometri senza sostanziali cambi di scenario. Sulla mappa non ci sono segnate mete significative, si capisce presto che procediamo verso il niente. Torniamo indietro e costeggiando nuovamente il lago Gutierrez passiamo alle spalle di Bariloche nella bella zona residenziale Villa Arelauquen. Al di là del lago si intravedono quelle che dovrebbero essere le piste da sci; fare paragoni è quasi sempre sbagliato ma, per chi è abituato a sciare sulle Alpi, fanno un po’ tenerezza. Magari è anche una fortuna perché si preserva il territorio. Più in distanza si vede il Cerro Tronador sul confine con il Cile.

Proseguendo verso nord riagganciamo il Lungolago Bustillo, a ovest di Bariloche, per percorrere il Circuito Chico. E’ una bellissima strada ad anello (in tanti lo percorrono in bicicletta) che si snoda tra anse, promontori e fiordi del lago NahuelHuapi e del laghetto Perito Moreno. La strada passa in mezzo al bosco e ogni tanto ci sono le indicazioni per spiaggette, lagune, mirador e ogni punto ha una sua caratteristica. Diversi colori dell’acqua, sabbia, roccia, palude… Il tempo cambia repentinamente e la natura regna imperiosa. Qui tutto è smisurato.

6° giorno

Rientro in Cile: ci aspettano quasi 500 km e il maledetto passaggio di frontiera. Ritorniamo verso nord per passare il confine al Paso Cardenal Samorè. Piccola sosta a Villa Angostura e poi, a circa 10 km dal confine avvistiamo una fila di una decina di auto ferme in prossimità di un gabbiotto; per fortuna precediamo un pullman. Nessuno passa, nell’altra direzione ogni tanto qualche veicolo transita. Non è chiaro perché siamo fermi e ipotizziamo un’apocalisse alla dogana. Dopo una ventina di minuti ci si muove, al gabbiotto ci consegnano un pezzetto di carta con segnato il numero di targa, e proseguiamo.

Arriviamo in prossimità della dogana Argentina e da un altro gabbiotto ci viene richiesto il pezzetto di carta di prima. Dopo qualche metro si parcheggia e si presentano i documenti in una specie di ufficio postale, in cui si mescolano quelli che vanno e quelli che vengono. Solita storia, uno guarda il passaporto, un altro i documenti dell’auto. Non controllano nient’altro. Totale 40 minuti. Risaliamo in macchina e percorriamo un lungo tratto di tornanti prima di veder sventolare la bandiera cilena e il cartellone Bienvenidos a Chile, proprio sul crinale. Riscendendo nell’altro versante, prima di raggiungere la dogana cilena, percorriamo diversi chilometri attraverso un paesaggio spettrale di alberi completamente secchi e grigi, effetto dell’eruzione del Volcan Puyehue del 2011. Arrivati alla dogana prima si parcheggia e si sbriga la parte documenti e dichiarazione doganale, poi si porta l’auto in fila all’ispezione inclusi i bagagli. In tutto il transito di frontiera, compreso il percorso ha richiesto un po’ più di 2 ore. Saranno quelle che ci impediranno di fare tappa a Panguipulli! Il viaggio prosegue tranquillo, le strade sono buone, costeggiamo il lago Puyehue e ci fermiamo a Entre Lagos, sperando in un “empanadero” in riva al lago e invece ci dobbiamo veramente accontentare di una baracchetta che non ha neanche da bere: o la stagione è considerata conclusa o non hanno nessuno spirito commerciale. Altri 40 km e imbocchiamo la Ruta 5 all’altezza di Osorno. Dobbiamo arrivare a Temuco e mancano ancora 250km. Procediamo spediti, ma sfuma del tutto la possibilità di fare una deviazione a Panguipulli. Peccato! Non è che qui ci si ripassi facilmente. Prima di riconsegnare l’auto decidiamo di affacciarci a Temuco città ed è una pessima idea: la parte di città che riusciamo a vedere è veramente brutta, ci sono parecchi lavori in corso e c’è un traffico bestiale, quasi rischiamo di perdere l’aereo. Ore 20:20 volo per Santiago e la considerazione finale è sempre la stessa di tutti i viaggi: ci sarebbe voluto almeno un giorno in più.



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