Viaggiare di gusto

Racconto con ricette di Pepa

Sull’isola, Roulla abitava in cima alla via che finiva sul lungomare. La strada verso la fine diventava ripida e l’asfalto era di quelli ruvidi e ghiaiosi, un vero pericolo per le ruote di qualsiasi motorino. Mentre salivo lentamente le scale della sua casa...
Pepa, 03 Dic 2002

Racconto con ricette

Sull’isola, Roulla abitava in cima alla via che finiva sul lungomare. La strada verso la fine diventava ripida e l’asfalto era di quelli ruvidi e ghiaiosi, un vero pericolo per le ruote di qualsiasi motorino. Mentre salivo lentamente le scale della sua casa bianca le mie narici venivano stuzzicate da profumi delicati e forti allo stesso tempo: lei è un’appassionata di cucina, bravissima a preparare i piatti tipici della sua terra: c’è chi dice che gli uomini della sua vita li abbia attirati tutti così, prendendoli per l’olfatto e le papille. Ha un fascino tutto speciale Roulla, una di quelle misteriose capacità che si celano dietro le mani e la mente di chi fa della cucina il suo piccolo regno.

Le fiamme dei fornelli si specchiano come lingue di fuoco nei suoi occhi neri mentre un ciuffo morbido di capelli scuri le cade sul volto .

Quella sera insieme a Panos e Jorgos ero stata invitata anch’io. Yorgos era l’amico di vecchia data. Panos era la preda, il potenziale compagno, quello da stupire, da prendere all’amo, da far cuocere a fuoco lento come un piatto di souzoukakia.

E il principio di cottura, già avviato da qualche giorno, doveva avere il suo compimento proprio questa sera davanti a un tavolino in terrazza, complice qualche bottiglia di Makedoniko…

Perché non una cena a due però? Mi chiedevo salendo le scale bianche. Ma la domanda si rivelò superflua dopo pochi minuti che avevo messo piede in casa sua: Panos e Yorgos erano già arrivati e Roulla stava danzando tra le pentole nel salotto-cucina: nell’aria una canzone di qualche anno fa diceva “ta melancholiso” e lei la intonava con fare da gran diva, reclinando la testa e finendo di mescolare energicamente la taramosalata , incorporando l’olio a poco a poco.

Dal forno saliva un profumo ricco e aromatico, di carne speziata. Uno di quei profumi che danno alla testa, che una volta sentiti non si dimenticano più ed entrano a far parte della tua memoria olfattiva. Stavamo assistendo a uno spettacolo vero e proprio: Roulla era in scena.

Panos la osservava estasiato mentre lei deambulava, leggera e si versava con scioltezza un bicchiere di Retsina per poi portarlo alle labbra come fosse nettare divino.

– posso darti una mano?- le chiede con un filo di voce, rapito dai suoi gesti e dalla sua espressione.

Roulla alzò lo sguardo su di lui, lentamente e sorrise: poi fece un cenno indicando la tavola.

Ecco, l’unico aiuto che si concedeva era quello: permettere ai propri ospiti di apparecchiare per farli sentire utili, per creare un clima più caldo, meno rigido, per preparare il terreno allo spettacolo successivo dove lei e solo lei sarebbe stata l’indiscussa protagonista.

La tavola era pronta, Roulla anche: la temperatura in terrazza era straordinariamente dolce, un vento leggero soffiava dal mare e sfiorava la pelle diffondendo tracce salmastre.

Eravamo tutti e tre seduti e osservavamo Roulla venire verso di noi con la taramosalata, la melizanosalata e l’insalata di prezzemolo. – Quanto mi piace la taramosalata Roulla…- esordì Panos estasiato dal profumo – Quanto ti piace, dimmi? – gli chiese Roulla suadente facendone scivolare un po’ nel piatto di lui – Quanto la tua insalata di melanzane: …Che connubio di sapori, che delizia per il mio palato… – Yorgos nel frattempo se la rideva sotto i baffi: lui conosceva la sua amica da immemorabile tempo, non si stupiva affatto di quello che vedeva e sentiva, era come se tutto facesse parte di un copione di cui conosceva già il finale.

Io dal canto mio mi divertivo ad assistere spettatrice a questa insolita rappresentazione.

– Quest’insalata di prezzemolo è sublime …- continuò Panos sempre più rapito – Già, – rispose lei guardandolo di sottecchi – ma il trucco è il prezzemolo, bello fresco, appena colto dal mio terrazzo e tagliuzzato fine fine… – – Sarà ma non ne ho mai mangiata una così buona- replicò Panos che nel frattempo era già al secondo bicchiere di Makedoniko.

Panos spazzolava gli antipasti con metodo e cura degni di un cultore gastronomico. Ma quello che trovavo incredibile era il coinvolgimento che ci prendeva tutti consumando le prelibatezze di Roulla: era come se ciascuno di quei piatti fosse capace di ammaliare chiunque lo assaggiasse. E tutti noi su quella terrazza quella sera eravamo vittime inconsapevoli della magia.

Quando Roulla portò in tavola il maiale avgolemono e lo stufato di coniglio l’aria era un tripudio di aromi.

Panos la guardò appoggiare le casseruole bollenti sui poggiapentola di ferro battuto: com’è bella Roulla, sembravano dire i suoi occhi; come è profumata Roulla, sembrava sottendere il fremito del suo naso; com’è dolce Roulla, sembravano sussurrare gli angoli increspati delle sue labbra.

Tutt’un tratto un trambusto giunse dalle scale. Bussavano alla porta.

– Ma chi è?- si domandò Roulla infastidita. Si alzò e si avvicinò lentamente alla porta. La aprì.

– Ciao Roulla, passavo di qui e ho sentito il profumo del tuo maiale avgolemono … – Noi tre ci sporgemmo dalle sedie curiosi: percepivamo una voce maschile, impacciata: ma chi diavolo è ? sembrava chiedersi perplesso Panos.

– Vi presento Alexandros, lui è un mio…Amico di qualche tempo fa… Alexandros loro sono Pepa, Yorgos e Panos.

Alexandros sorrideva timidamente, ma quello è l’unico gesto contenuto e insicuro che gli vidi fare per il resto della serata. Prese posto tra me e Yorgos come fosse di casa. Roulla non sembrava affatto a disagio, gli dava spazio, lo lasciava fare: dopo tutto l’obiettivo della sua serata era un altro e su quello lei si doveva concentrare.

Il maiale e lo stufato di coniglio danzavano nei piatti e nelle nostre bocche mentre un profumo continuo si diffondeva per l’aria e la forchetta affondava nei tocchetti di carne morbida come burro.

– non ho saputo resistere sapete? – attaccò a parlare Alexandros guardando me e Yorgos e poi proseguì: – non ho mai saputo resistere alla cucina di Roulla: quando abbiamo smesso di vederci le ho chiesto gentilmente di ricordarsi di chiudere le finestre all’ora di cena, perché non sarei stato capace di trattenermi, nulla avrebbe potuto fermarmi. – Lei- continuò Alexandros masticando un boccone dietro l’altro e versandosi del vino fresco – lei è qui dentro – e così dicendo indicò il piatto di maiale davanti a lui – e questi profumi nell’aria mi parlano di Roulla. E io non posso non ascoltarli, è come un sortilegio, una magia…

Noi seguivamo il suo ragionamento rapiti, non imbarazzati no, affatto: la situazione era talmente strana e surreale che non si poteva far altro che stare al gioco. Roulla ogni tanto sorrideva, concedeva qualche battuta ai suoi commensali e poi tornava subito a Panos, non lo lasciava un attimo non lo trascurava minimamente.

– purtroppo so, di non poterla più avere tutta per me…- e allora ogni tanto quando passo di qui e un profumo irresistibile mi solletica le narici mi dico: ecco, Maiale Avgolemono…Questa è Roulla…Oppure. Ecco, Pastissio…Questa è Roulla…Ecco, Souzoukakia, questa è Roulla… Salgo le scale, busso e lei mi viene ad aprire e mi lascia entrare e io mi sento di nuovo a casa. Folle no? – – No, non direi. – La risposta veniva dalle labbra di Yorgos. Io lo guardai un po’ stupita. Non tanto per quel che aveva detto quanto piuttosto perché quel monosillabo era uscito proprio dalle sue labbra: lui, l’amico decennale di Roulla, in teoria il più oggettivo, quello che forse avrebbe potuto essere insensibile al fascino del suo stufato o della sua melitsanosalata.

Scoppiammo tutti a ridere, l’atmosfera era euforica e ammaliatrice allo stesso tempo, come se ormai l’incantesimo fosse caduto su tutti noi.

Dal porto soffiava un aria tiepida e vellutata mentre alle nostre orecchie arrivano le note di “Dynatà”: “dynata, dynata, ina olla dynata t’adynata” cantava la canzone. E forse era vero. Anche l’impossibile poteva diventare possibile quella sera… Roulla si alzò: era arrivato il momento del dolce, dei suoi Baklavà. Panos era rapito completamente da lei: addentava i dolcetti di mandorle, miele e pasta sfoglia come se dentro ci fosse parte di lei, li assaggiava in religioso silenzio e noi tutti facevamo altrettanto.

Un secondo rumore ci distrasse. Bussavano ancora alla porta e Roulla andò ad aprire. Ricomparve pochi secondi dopo con una nuova persona.

– Amici, vi presento Mina, lei abita sotto di me – ci disse Roulla con un sorriso.

La nuova arrivata lasciava trasparire un certo imbarazzo ma si capiva al volo che nulla sarebbe stato più forte della sua voglia di assaggiare i dolci di Roulla: – Scusate l’intrusione – disse – ma quando ho sentito il profumo dei baklavà di Roulla non ho saputo resistere e mi sono detta: perché non salire su un attimo? – – già, perché no? – quella volta a rispondere ero stata io. Le parole mi erano uscite dalla bocca in modo del tutto autonomo e indipendente. Quasi come se non venissero dal cervello ma dallo stomaco e dal cuore. Ma cosa mi stava succedendo? Ci guardammo tutti uno a uno: ognuno preso dall’incantesimo, a suo modo.

Dalla sua sedia Roulla ci fissava divertita e sorniona con l’espressione di chi la sapeva lunga.

Ancora oggi non so cosa sia successo quella sera, non so se sia stato merito della cucina di Roulla, della brezza che soffiava dal mare o del troppo Makedoniko che scorreva fresco nelle nostre vene. So solo che non dimenticherò mai quella cena . Taramosalata Mettete in una terrina un cucchiaio pieno di tarama (uova di salmone) e della mollica di pane raffermo (tre volte il volume della tarama) bagnato in acqua fredda. Strizzatelo bene e poi schiacciatelo insieme alla tarama creando un composto omogeneo. Mescolate con una forchetta e con energia come faceva Roulla e a aggiungete a poco a poco olio (di mais o di arachidi) in modo da ottenere una bella crema densa.

Aggiungete il succo di un limone, poi una cipolla non troppo grossa tritata fina fina e una spolverata di pepe. Mescolate ancora e mettete in frigo fino al momento di portarla in tavola.

Melitsanosalata Prendete quattro o cinque melanzane, punzecchiatele e mettetele in una teglia a cuocere a fuoco medio in forno per un’ora e mezza circa. Toglietele dal forno lasciatele raffreddare e poi tagliatene ognuna a metà . Poi con un cucchiaino togliete via tutta la polpa e infine tritatela. Ricordatevi di scolarla ben bene . Tagliate poi due pomodori maturi a piccoli pezzi e tritate una cipolla: poi aggiungeteli alla polpa di melanzana, unite sale e due cucchiaini di prezzemolo tritato: poi versate l’olio ‘oliva a poco a poco (150-170 grammi) e il succo di un limone spremuto. Come la Taramosalata anche la Melitsano va messa in frigo e servita fresca.

Insalata di prezzemolo Prendete tre belle manciate di prezzemolo e tagliate le foglie fini fini. Aggiungete due spicchi d’aglio pestato, un pizzico di sale, quattro cucchiai d’olio extravergine d’oliva e un limone spremuto.

Mescolate il tutto e servite .

Stufato di coniglio con cipolline E’ un piatto abbastanza complesso e :dopo aver tagliato a pezzi il coniglio, mettetelo in una salsa marinata fatta così: tre cucchiai di aceto, due di olio d’oliva extravergine, una foglia di alloro, un ramo di timo, tre quarti di litro di vino rosso, una cipolla tritata piuttosto grande, due spicchi d’aglio tritati, un rametto di prezzemolo, una carota media a fette, un gambo di sedano, pepe nero in grani , due chiodi di garofano e due bacche di ginepro. Lasciare riposare il coniglio nella marinata per 24 ore e mescolatelo di tanto in tanto. Poi scolate bene i pezzi di coniglio, salateli, aggiungeteci un po’’di pepe e fateli rosolare e dorare in una tazza di olio d’oliva Aggiungete poi il liquido della marinata, una tazza di brodo di carne, una di passata di pomodoro, un cucchiaino scarso di zucchero, pepe nero in grani, ancora due chiodi di garofano, una foglia di alloro, sale. Coprite il tutto e portatelo ad ebollizione, poi cuocere a fuoco lento per un’ora. Aggiungete poi mezzo chilo di cipolline pelate e cuocete il tutto a fuoco lento per un’altra ora.

Maiale Avgolemono Fate rosolare in una casseruola la cipolla finché appassisce. Aggiungete poi la carne (1 kg e mezzo di maiale) tagliata in piccoli pezzi, sale pepe e acqua quanto basta e lasciate bollire il tutto per un’ora e mezza. Pulite poi un chilo d sedano, tagliatelo a pezzi grossi e disponetelo su un lato della casseruola. Cospargete il tutto di aneto (2 cucchiai) e lasciate cuocere per 35 minuti circa poi togliete dal fuoco.

Prendete poi due uova e sbattete gli albumi in una terrina, aggiungete i tuorli, un cucchiaio di farina, il succo di due limoni e brodo della casseruola in abbondante quantità: è importante che man mano che si aggiungono gli ingredienti si continui a sbatterli. In ultimo versate il tutto nella casseruola mescolando piano. Servite il tutto caldo.

Baklava’ Prendete una terrina nella quale mescolerete mandorle tritate e sgusciate (due tazze), zucchero (mezza tazza) e cannella in polvere (un cucchiaio). Poi imburrate una piccola teglia e metteteci dentro diversi fogli di pasta foglia 8in tutto mezzo chilo) sempre imburrati. Alternate poi uno strato di impasto di mandorle a uno di sfoglia facendo in modo che gli strati siano tutti dello stesso spessore: gli strati dovrebbero essere almeno 6 e tutti imburrati. Con un coltello affilato poi incidete la superficie formando dei rombi e spruzzate il tutto con un po’ d’acqua. Cuocete poi in forno medio per un’ora e nel frattempo preparate lo sciroppo: in un pentolino mettete a bollire a foco piuttosto alto due tazze d’acqua, una tazza di miele, tre di zucchero e una stecca di cannella. Dopo un’ora togliete il baklavà dal forno, lasciatelo raffreddare e versateci sopra lo sciroppo caldo. Poi tagliatelo a pezzi seguendo le incisioni che avevate fatto prima della cottura.



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